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Autore: time_wings    01/09/2017    2 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DISTRUZIONI E DICHIARAZIONI
 
Hazel non aveva per nulla voglia di andare in biblioteca per la ricerca di storia che il professore le aveva assegnato, ma non poteva davvero fare altrimenti.
Era l'ora libera che tutti i ragazzi avevano [1] e non poteva certo starsene con le mani in mano. Qualche giorno prima, però, aveva visto un interessantissimo libro sulle pietre preziose più rare trovate sulla Terra e, pensando che sarebbe andata esattamente dove l'aveva visto la prima volta, non poté resistere, una volta in biblioteca, all'idea di leggerne almeno un paragrafo. Così giurò a se stessa che avrebbe lavorato alla ricerca quella sera e che non si sarebbe fatta tentare proprio da niente.
Mentre indugiava con lo sguardo sui tavoli della biblioteca non poté fare a meno di imprecare mentalmente: perché gli studenti dovevano occupare tutti i tavoli pur essendo di gran lunga di meno del numero dei posti liberi? Per sua fortuna, però, vide un'inconfondibile chioma bionda china su un enorme libro di letteratura americana. Il viso era seminascosto dai capelli, ma non le ci volle comunque molto per capire di chi si trattasse. Hazel si avvicinò con un sorriso, ma, prima che potesse parlare, gli occhi grigi della ragazza si puntarono nei suoi: "Vuoi provare tu a dire a Piper che può sedersi qui con noi?" Domandò indicando con un cenno della testa la ragazza in questione due tavoli più avanti. Hazel non poté fare a meno di sorridere mentre si sedeva di fronte alla sua amica: "Ce l'ha ancora con te per la faccenda del bacio?" Domandò riferendosi chiaramente alla serata che Annabeth aveva passato con Percy qualche giorno prima e che era finita non proprio bene: "Sí, non ci vediamo da allora e Piper ha deciso di ignorarmi finché non andrò a parlarci. Puoi cercare di farla ragionare tu?" Domandò riprendendo a guardare il libro. La sua attenzione sembrava essere totalmente su di esso, ma stava chiaramente aspettando una risposta da Hazel: "Io credo abbia ragione. Dovresti parlarci." Sussurrò timidamente. Annabeth alzò lo sguardo di scatto: "Ovviamente la reazione di Piper è spropositata, ma sai benissimo cosa dovresti fare." Aggiunse la riccia, intimidita dallo sguardo gelido dell’amica.
Annabeth abbassò lo sguardo per poi alzarlo di scatto qualche secondo dopo prendendo a fissare l'amica che aveva di fronte con un misto di paura ed ansia nello sguardo. Hazel capì subito e si girò guardandosi alle spalle. Percy, Leo, Jason e Frank si stavano avviando proprio verso di loro. Piper sembrò abbandonare il suo punto per un po' e si avvicinò alle ragazze sedendosi accanto alla sua migliore amica, cercando di incrociare il suo sguardo per capire come avrebbe reagito. Loro si capivano sempre al volo, ma la bionda non si girò a guardarla e rimase con gli occhi fissi sui nuovi arrivati, mentre i ragazzi si sedevano nei posti liberi, lo sguardo indecifrabile. Annabeth ringraziò Leo con un’occhiata per essersi seduto nell'unico posto libero accanto a lei.
"Allora" iniziò Piper per diminuire la tensione che si era inevitabilmente creata tra loro: "Che ci fate da queste parti?"
"Abbiamo appena finito gli allenamenti" iniziò Leo, poi sembrò pensarci su: "Veramente io ho appena finito gli allenamenti, dato che il coach ha di nuovo pensato bene di farmi fare mezz'ora in più." Si corresse Leo sorridendo ironico.
"Io stavo venendo da Hazel e li ho incontrati nei corridoi." Disse Frank che si era seduto accanto alla sua ragazza e le aveva messo un braccio attorno alle spalle. Era da qualche giorno che sia Hazel che Frank avevano un sorrisetto dipinto continuamente in volto.
"Che ne dite se stasera venite tutti a casa mia? Mio padre ha da fare e mia sorella esce con le sue amiche." Propose Jason, che sembrava essersi leggermente rabbuiato accennando al padre, gli altri preferirono lasciar correre per non mettere il ragazzo a disagio.
Annabeth e Percy si fissarono per un attimo, non sembravano essere felici all'idea di passare di nuovo del tempo insieme, ma sapevano anche che avevano gli stessi amici e non potevano certo continuare ad evitarsi per sempre.
"Va bene" dissero nello stesso istante e tutti gli altri presero a fissarli. Era ovvio che anche Percy avesse parlato dell'appuntamento ai tre ragazzi. Leo sembrò sul punto di fare una delle sue solite battute, ma si trattenne quando vide la tensione che aleggiava sul tavolo, non riuscì, però, a trattenersi dall'alleggerire l'aria: "E va bene, distruggiamo casa di Jason." Sentenziò chiudendo il discorso.
 
“Ciao, nonna!” Salutò Frank entrando in casa e superando il piccolo atrio per recarsi in cucina, dove sua nonna sembrava piuttosto presa dalla verdura che stava tagliando. Con sua sorpresa, la donna alzò lo sguardo prendendosi un secondo per guardarlo in viso: un sorriso raggiante era dipinto sul volto del ragazzo. Nonna Zhang scosse la testa sorridendo e portò di nuovo tutta la sua attenzione sulle verdure: “Bella giornata?” Domandò con un sorriso ironico in volto.
“Sì…” Rispose vago Frank che, dopo anni, aveva imparato a riconoscere ogni sfumatura di significato delle parole della nonna e non gli piaceva a fatto la piega che stava per prendere quel discorso.
“Con quella ragazza… Hazel, vero?” Iniziò la nonna, alzando ancora una volta lo sguardo sul ragazzo solo per vederlo arrossire vistosamente: “Va a gonfie vele, mi sbaglio?”
“Ehm… sì!” Esclamò Frank, desideroso di cambiare discorso: “Oh, nonna! Stasera Jason mi ha invitato a casa sua, scendo tra po…”
“Frank!” Lo interruppe la nonna: “Avevi promesso che mi avresti aiutato con il negozio stasera!” Lo rimproverò. La nonna di Frank gestiva un negozio di cibo cinese. Alcuni dei prodotti che vendeva erano assolutamente impossibili da trovare in qualunque luogo d’America. Era diventato famoso nel quartiere, poi, perché occasionalmente la proprietaria preparava delle composte tradizionali cinesi. In quei casi, quindi, come quella sera, rimaneva spesso a casa a cucinare e suo nipote si occupava del negozio al posto suo.
“Lo farò domani, prometto.” Tentò il ragazzo, sapendo che non avrebbe in nessun modo fatto cambiare idea alla nonna.
“Non se ne parla. Ho fatto le composte proprio perché mi avevi assicurato che saresti stato al negozio.” Rispose nonna Zhang. Il suo tono non ammetteva repliche, nonostante Frank conoscesse abbastanza bene sua nonna da sapere che replicare sarebbe stato un tentativo vano.
“Avverto Percy.” Rispose infatti mogio Frank, avviandosi verso la sua stanza mentre sua nonna si lasciava scappare un piccolo ed appena accennato sorriso vittorioso non appena il ragazzo le voltò le spalle.
 
“Annabeth!” Una voce femminile gridò alle spalle della ragazza bionda che, per poco, non fece cadere i libri che teneva fra le braccia dallo spavento.
“Hazel, cos’hai?” Domandò Annabeth, che era riuscita a tenere tutti i libri di nuovo in bilico, mentre vedeva l’amica trafelata che tentava di parlare e riprendere fiato contemporaneamente.
“Per stasera… dici a Jason che non posso venire…” Iniziò ancora con il fiatone: “Devo lavorare alla ricerca di storia del professor Johnson. Studierò come minimo tutto il giorno. L’avevo dimenticato.” Concluse indicando col capo i tre mattoni di storia che aveva tra le braccia. Annabeth sospirò per poi lasciarsi andare ad un sorriso mentre lanciava un’occhiata ai libri ingombranti che Hazel teneva fra le mani: “Storia dell’antica grecia, eh?” Domandò alludendo alle immagini stampate sulla copertina del libro che si trovava in cima alla pila: “Credo di poterti aiutare. Potrei passare da te per le sei.”
“E la serata da Jason?” Domandò Hazel che, da un lato, non voleva far passare alla sua amica una serata chiusa in casa a studiare, dall’altro, sperava di avere dell’aiuto prezioso per finire la ricerca al meglio ed in poco tempo.
“Non è che mi importi molto. Ci saranno altre occasioni.”
“Non è che non t’importi. Qui mi sembra che qualcuno non voglia vedere un certo ragazzo dagli occhi color del mare…” Dichiarò Piper, inserendosi nella conversazione. Annabeth le regalò un’occhiataccia, ma si guardò bene dal ribattere. Hazel si lasciò sfuggire un sorriso: quelle due si trovavano sempre in disaccordo.
“Piper, perché non vieni anche tu?” Domandò iniziando a chiedersi come avrebbe preso la cosa suo fratello che non amava conoscere nuova gente. La ragazza fece spallucce, come a dire che la cosa le andava più che bene.
“D’accordo, ma dobbiamo studiare, non metterci a parlare e perdere la serata.” Dichiarò Annabeth osservando le amiche.
 
Hazel era al settimo cielo. Suo fratello le aveva concesso di invitare le sue amiche a patto che non invadessero la sua privacy, il che significava non entrare nella sua stanza. Era stato piuttosto vago sui suoi progetti per quella sera, ma aveva detto a Hazel che sarebbe uscito per cena senza sapere quando sarebbe rientrato con precisione. La ragazza sapeva bene che quello che poteva avvicinarsi di più ad un amico, per lui, era Frank, quindi non aveva idea di cosa o chi dovesse vedere quella sera, ma decise di non fare troppe domande. Le ragazze bussarono alle sei in punto ed Annabeth sembrava piuttosto determinata, il che assicurò a Hazel che avrebbero studiato ed il suo progetto non sarebbe andato male: “Ho avvisato Jason. Sembrava piuttosto dispiaciuto.” Buttò lì la bionda in attesa di una reazione da parte di Piper che sembrò sul punto di dire qualcosa per poi ripensarci senza lasciarsi sfuggire neanche un suono. Né ad Annabeth, né a Hazel la reazione della mora sfuggì, ma decisero, con uno sguardo, che quello non era il momento adatto per indagare.
Hazel invitò le ragazze ad entrare e mostrò loro la strada per la sua stanza, mentre prendeva qualcosa di fresco da bere. Piper si stese sul letto della ragazza ed iniziò, annoiata, a scrollare la home di Instagram in cerca di qualcosa di interessante o divertente da guardare, mentre Annabeth e Hazel, come da programma, lavoravano al progetto.
L’equilibrio che si era creato si ruppe verso le otto, quando la porta della stanza della padrona di casa si aprì silenziosamente. Qualche secondo dopo una voce maschile fece sussultare Annabeth e Piper, che si guardarono sorprese alla vista della testa di un ragazzo dai lunghi capelli corvini che faceva capolino dal corridoio: “Scusate l’interruzione.” Iniziò il ragazzo per nulla turbato dalla reazione delle ragazze. Sembrava esserci abituato. Puntò i suoi occhi neri prima in quelli di Annabeth e poi in quelli della sua migliore amica. Le stava studiando: “Hazel, sto scendendo.” Annunciò dando un’occhiata all’orologio a muro che la riccia aveva nella stanza: “Sono le otto. Fossi in voi mi sbrigherei a chiamare delle pizze. Tra poco le linee saranno tutte occupate.” Consigliò salutando Hazel e gettando un’ultima occhiata alle ospiti prima di richiudere la porta della stanza.
“È mio fratello.” Spiegò Hazel quando sentì il portone di casa chiudersi: “È un po’ inquietante, ma è tutta una copertura.” Disse sorridendo: “Allora… Chiamiamo queste pizze?”
Le tre ragazze si sistemarono sul tavolo della cucina di Hazel, mentre Piper tirava fuori dallo zaino un pacco di patatine in busta che la proprietaria di casa stentò a credere fosse stato davvero lì tutto il tempo, viste le dimensioni. Parlarono del più e del meno mentre Annabeth tagliava le pizze e le altre due ragazze imbandivano la tavola, poi un silenzio tombale scese fra loro mentre mangiavano. Erano troppo affamate per fermarsi a parlare, ma nessuna delle tre sembrò trovarsi a disagio. La situazione divenne tesa quando il cellulare di Piper trillò. Il nome che comparve sullo schermo non passò inosservato né a Hazel, né ad Annabeth: “È Jason.” Sentenziò Piper, le amiche presero a fissarla senza muovere un muscolo: “Vi dispiace se…”
La magia si ruppe e le altre due ragazze tornarono normali: “Oh, certo, fai pure!” Disse Annabeth tornando a concentrarsi sulla sua pizza. Piper si lasciò sfuggire una risata e lesse ad alta voce: “Perché non siete venute? Non hai idea di cosa stia succedendo qui.
 
Leo fu il primo ad arrivare a casa di Jason. Il biondo ne fu felice: non sapeva ancora come gestire al meglio Percy. Ogni volta che tentava di essere gentile, il moro fraintendeva le sue parole e le vedeva come una sfida. Jason, poi, dal canto suo, aveva sempre voluto essere amico di Percy ed, in un certo senso, avrebbe voluto una vita come la sua: senza regole, senza nulla da dimostrare, niente aspettative da deludere. Ormai, il loro, era un rapporto che Jason avrebbe potuto, senza troppe difficoltà e con una buona dose di collaborazione da parte di Percy, trasformare in amicizia.
Percy arrivò una mezz’ora dopo scusandosi per il ritardo e rivelando di aver avuto problemi alla pasticceria di sua madre.
“Cosa?!” Domandò sorpreso Leo: “Tua madre è la signora che fa i biscotti glassati di blu?” Continuò Leo incredulo riferendosi chiaramente al suo primo ricordo felice a New York.
“Ehm… sì” Ammise Percy: “Ma diciamo che la prima volta che te l’ho svelato eri occupato a ricordare cosa fosse successo la sera della festa a sorpresa di Annabeth.” A Jason sembrò che un velo di nostalgia passasse sugli occhi di Leo. Erano passati solo due mesi dal compleanno di Annabeth, ma per Jason sembravano un’infinità. In quel tempo si era preso una cotta per una ragazza che, a suo parere, era totalmente irraggiungibile, aveva messo a posto, almeno un po’, il rapporto con Percy ed aveva trovato un amico che avrebbe potuto, senza farsi troppi problemi, classificare come il migliore.
“Leo” Esordì Jason per cambiare discorso dopo aver visto Percy e Leo rabbuiarsi al pensiero di Annabeth e Hazel: “Le ragazze non sono qui perché Hazel aveva una ricerca importante da fare… Non siete nella stessa classe di storia?” Continuò il biondo non riuscendo a fare a meno di ridere.
“Il mitico Leo Valdez ha tutto sotto controllo. Ho ancora due giorni per farla. Ce la farò!” Sentenziò con sguardo sicuro. Quello dei suoi amici, però, non rivelava certo la stessa sicurezza, ma Percy si limitò ad una scrollata di spalle mettendo definitivamente un lucchetto a quella conversazione.
“E va bene. Ho trovato un nuovo videogioco ad un prezzo scontatissimo, non so se si possano collegare tre joystick alla mia vecchia console, ma…”
“Non preoccuparti” L’interruppe Leo con la stessa sicurezza nello sguardo di qualche attimo prima, il che fece sorgere qualche dubbio nella mente di Jason: “Ho passato intere giornate, in Messico, a riparare o migliorare attrezzi elettronici. So cosa fare.” Concluse condendo il tutto con un occhiolino.
Qualche minuto dopo Leo armeggiava con più fili di quanti si possa pensare servano per collegare tre joystick ad una presa mentre Percy e Jason parlavano del più e del meno. Di tanto in tanto Leo sbuffava affranto o dichiarava di essere il più geniale dei geni sulla Terra facendo girare i suoi amici verso di lui. Percy cercava di aiutare come poteva suggerendo idee, mentre Jason aveva rinunciato da tempo a rendersi utile conoscendo Leo abbastanza da sapere che quando era così concentrato (cosa che accadeva di rado) era impossibile farsi ascoltare da lui.
Una manciata di minuti dopo Leo alzò le mani in aria con un sorriso folle e radioso insieme urlando: “FATTO!”. Due secondi dopo si sentirono una serie di scoppi e qualche rumore poco incoraggiante provenienti dalla console, poi la stanza fu immersa nel buio: “Vuoi dire che hai fatto un casino!” Ironizzò Percy cercando a tentoni il suo cellulare per accendere la torcia. Jason si avviò verso il contatore ed abbassò la leva che monitorava la luce elettrica della stanza per poi alzarla di nuovo senza alcun risultato.
“Ehm… Forse so come farla funzio…” Iniziò Leo guardando dalla spalla di Jason le leve del contatore.
“Direi di no.”
“Ma sono bravo con queste cose, so come far tornare la luce!”
“Facciamo così: non ho molto in casa. Scendo e vado a prendere delle patatine fritte. Tu e Percy cucinate un po’ di pasta. Sapete cucinare della pasta… vero?” Domandò Jason non molto sicuro di voler sapere la risposta.
“Ma certo, amico, stai tranquillo. Ci pensiamo noi.” Lo rassicurò Leo guidando lentamente Jason verso la porta, una mano sulla spalla.
“Wow Leo, quando hai detto distruggiamo casa di Jason, oggi, dicevi sul serio.” Disse Percy che non sembrava in grado di rinunciare alla sua ironia quella sera. Leo si lasciò scappare una risata, ormai stava già richiudendo la porta di casa di Jason, quando sentì la voce di quest’ultimo un attimo prima che la porta si chiudesse: “E non provare a mettere le mani su quel contatore!”
Quando Jason tornò trovò la casa ancora più incasinata di quanto si aspettasse. Leo e Percy non erano stati particolarmente bravi a collaborare. Leo si era messo ai fornelli, Percy aveva riempito la pentola d’acqua e l’aveva messa a bollire. Nessuno capì mai come metà delle stoviglie andò a fuoco. Fortuna che Jason era riuscito a prendere una scodella di patatine fritte. Così i tre ragazzi si accomodarono al buio. L’unica fonte di luce erano le torce dei cellulari posizionate in modo strategico da Leo: “Mi aspettavo che, alla fine, avresti ceduto al mio fascino, Grace, ma non era così che immaginavo il nostro primo appuntamento.” Disse Percy con il suo solito sorriso ironico che, con la luce emanata dai telefoni, era, in un certo senso inquietante. Leo gli diede una gomitata affettuosa lasciandosi sfuggire una risata: “Zitto tu. Avresti fatto meglio a lavorare alla ricerca di storia, stasera.” Lo ammonì scherzando il proprietario di casa.
“E tu avresti un naso rotto, visto che sareste rimasti voi due soli.” Rispose pungente Leo.
Jason scosse la testa sorridendo e si allungò al centro del tavolo riprendendosi il telefono: “Ehi, amico, ma che fai?!” Lo riprese Leo mentre il suo migliore amico distruggeva l’improvvisata creazione del messicano. Jason ignorò l’amico e cliccò sull’icona dei messaggi e, trovato il nome che cercava tra i contatti, iniziò a scrivere il testo del messaggio: “Perché non siete venute? Non hai idea di cosa stia succedendo qui.”
 
Tornate nella stanza di Hazel, dopo alcuni tentativi di Annabeth di tornare a studiare, le tre ragazze si sistemarono sul letto. Ananbeth e Hazel tempestarono Piper di domande mentre, quest’ultima, tentava di essere vaga: “Invece di parlare di me, perché non ci racconti come mai in questi giorni tu e Frank avete sempre avuto questo sorrisetto stampato in faccia?” Domandò Piper, che aveva sempre avuto un certo fiuto per le faccende amorose. La domanda di Piper ebbe l’effetto desiderato perché Hazel arrossì violentemente ed iniziò a balbettare: “B-bè, scusa, ma non stavamo parlando di te?” Domandò poco convincente: “Dico bene, Annabeth?”
“Veramente vorrei sapere anch’io il perché di quei sorrisini.”
Hazel non seppe spiegare come, ma dopo una serie di risposte imbarazzate e sorrisi celati finì per raccontare alle amiche cosa era successo tre pomeriggi prima: “Frank aveva pensato di fare qualcosa di diverso dal solito e mi ha portata in un parco qualche isolato vicino casa sua. È piuttosto piccolo e lui dice che in tutte le volte che è stato lì avrà visto in totale tre o quattro persone. Il che è assurdo per una città popolosa come New York.” Iniziò Hazel.
“Non saranno certo delle notizie statistiche a farci smettere di fare domande.” S’intromise Piper spronando l’amica ad arrivare al punto: “E va bene, ci siamo seduti all’ombra di una quercia e abbiamo parlato per un sacco di tempo con della musica tranquilla come sottofondo. Poi non so come sia successo, ma mi ha baciata…”
 
Hazel aveva, ormai, baciato Frank tante volte, ma non si era ancora abituata alle sensazioni che il ragazzo le faceva provare. Esplorò le sue labbra finchè non iniziò a giocare con la sua lingua, mordendogli, talvolta, il labbro inferiore. Poi decise di farsi più audace sedendosi sulle sue gambe ed avvicinandosi pericolosamente al cavallo dei suoi pantaloni. Come per un riflesso involontario, Frank spinse il bacino verso l’alto facendo scontrare le loro intimità. Hazel sentì un brivido percorrerle la schiena e percepì i suoi muscoli irrigidirsi e la mente perdere lentamente lucidità. Frank divenne paonazzo mormorando qualche scusa che Hazel troncò prontamente con un bacio. I respiri si fecero via via più affannosi e le mani meno timorose. Frank trovò il coraggio di far scivolare le sue mani sui fianchi della ragazza, appena sotto la maglietta. La mente di Hazel collegò immediatamente quel gesto all’immagine di Leo, che scacciò con un pizzico di paura. Timorosa di associare di nuovo quell’eccitazione al messicano, non si rese nemmeno conto di star esitando con la mano sulla patta dei pantaloni del fidanzato. Prese coraggio e gli sbottonò il pantalone. Frank sentì la ragazza afferrare qualcosa che gli apparteneva e sentì il cervello scollegarsi del tutto. Riusciva a seguire solo il suo istinto e l’amore che era ormai sicuro di provare per Hazel. Mentre lei lo faceva impazzire, lui si guardò bene dal lasciare la sua ragazza senza attenzioni e fece scivolare una mano sotto la gonna di Hazel, che non riuscì a non farsi sfuggire un gemito.
“Sei sicura?” Domandò, nonostante una parte di lui non era sicuro che, in caso di una risposta negativa, sarebbe riuscito a fermarsi tanto facilmente.
Hazel annuì facendo cadere tutti i dubbi di Frank nel momento in cui scartò la bustina che aveva preso dalla sua borsetta in fretta e furia, guardandosi bene dal porgerla al suo ragazzo, che era totalmente in balia del desiderio.
 
“E poi?” Domandò Piper curiosa.
“E poi puoi immaginarlo. Insomma, posso ritenermi soddisfatta della mia prima volta.” Disse Hazel che, nonostante fosse ancora rossa in viso, era riuscita a sentirsi un minimo più a suo agio. Hazel non aveva ancora raccontato alle ragazze della sua storia, sapeva che non avevano la più pallida idea di cosa significasse Frank per lei, di quanto riuscisse a farla sentire completa nonostante nella sua vita mancassero parecchi tasselli, ma decise che, per quel momento, quanto sapevano era abbastanza e fu felice di aver raccontato della sua esperienza a qualcuno.
 
Percy si era divertito parecchio a casa di Jason, anche se non credeva avrebbe mai pensato una cosa del genere del capitano, ma non lo trovava poi tanto male. Frank gli aveva detto più o meno un miliardo di volte dove abitasse Hazel, quindi, quando passò proprio ai piedi del suo palazzo un’idea assurda iniziò a formarsi nella sua testa. Non voleva tornare a casa. Non voleva sentire sua madre reprimere le lacrime che uscivano prepotenti per tutto quello che avrebbe voluto dare al figlio, per le continue pressioni di Gabe, che non la lasciava respirare un momento. Quindi fu quasi un gesto automatico fermarsi di colpo, afferrare il telefono dalla tasca e comporre il numero di Annabeth: “Ehi” Lo salutò lei senza alcuna emozione.
“Io… ehm… volevo parlarti. Puoi uscire un attimo?”
“Percy, sono a casa di Hazel…”
“Lo so. Sono qui sotto.” L’interruppe lui sorridendo.
 
“SCENDI SUBITO!” Gridarono all’unisono Piper e Hazel costringendo Annabeth ad uscire di casa prima che potesse ribattere.
“Dimmi.” Gli disse appena lo raggiunse, sistemandosi imbarazzata una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
“Volevo dirti che non ce l’ho con te per la camicia, se la cosa ti preoccupa. Ah, e non credo neanche tu sia un disastro.” Iniziò, inspirando profondamente: “Insomma, sto cercando di dirti che qualunque cosa ti abbia fatto credere che allontanarti fosse la scelta giusta non è per nulla vera. Perché l’ultima cosa che direi di te è che sei un disastro e, l’ultima cosa che vorrei, è vederti andare via.” Disse Percy avvicinandosi pericolosamente alla ragazza, la quale sperò con tutta se stessa che l’oscurità celasse l’irrimediabile rossore sul suo viso. Ad Annabeth passò per la mente l’immagine di Rachel che baciava Percy in un modo tutt’altro che discreto. Pensò a tutte le ragazze che lui usava e poi gettava via come giocattoli, a tutte le altre ragazze a cui aveva detto, con molta probabilità, quelle parole prima di lei, ma mandò al diavolo, per la prima volta, tutti i dubbi che non avevano mai smesso di sorgere nella sua testa, quando lui poggiò le sue labbra sulle sue, mozzandole il fiato quando lasciò scivolare la sua lingua ad esplorare ogni angolo della sua bocca, facendola impazzire quando prese a morderle il labbro inferiore rendendolo irresistibile agli occhi della ragazza.
“Io… Mi staranno aspettando.” Dichiarò Annabeth guadagnandosi un’occhiata triste da parte del ragazzo: “Magari ti scrivo.” Tentò la ragazza mentre rientrava facendo di nuovo sorridere Percy.
 
La prima cosa che Percy notò quando tornò a casa fu il silenzio. Un campanello d’allarme si accese nella sua testa e corse impulsivamente verso la camera di sua madre, dove un televisore illuminava ad intermittenza la stanza snocciolando risultati sportivi. Sally Jackson lo guardò stupida da tanta paura nel suo sguardo: “Percy, tutto bene?” Domandò lei accigliandosi: “Cosa? Sì!” Esclamò il ragazzo notando che sua madre, stranamente, non aveva la voce incrinata dal pianto: “Tu… tu come stai?”
“Sai cosa? Per la prima volta dopo tanto tempo sto bene.” Sentenziò Sally col solo risultato di confondere Percy ancora di più.
 
Nico rientrò a casa dopo mezzanotte. Hazel dormiva già. Andò dritto verso la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
[1] Nel modello di scuola americana tutti i ragazzi hanno diritto ad una “study hall”, ovvero un’ora libera in cui i ragazzi possono avvantaggiarsi con lo studio.
 
Note dell’autrice: DAN DAN DAN DAN El è tornata! Sì, lo so, sono imperdonabile, ma non ho avuto un attimo di tempo per scrivere ed il computer non mi ha certo aiutata facendomi riscrivere le stesse dieci righe almeno venti volte! Ma adesso sono qui!
Ovviamente ad inizio storia mi sono dimenticata di chiarire una cosa. Quindi sì, perché non chiarirla al dodicesimo capitolo? Mi sembra giusto. Ma abituatevi perché io sono così. Insomma, non vi ho detto che i nostri cari amici (solo i sette) sono al terzo anno di high school (quindi il penultimo secondo il modello di scuola americana). Sì, lo so che è terribile, ma mi serviva che avessero tutti la stessa età per una certa cosa che scoprirete alla fine della storiaaaa.
MA ADESSO PARLIAMO DEL CAPITOLO
Andiamo per punti:
  1. Volevo fare un capitolo leggero da un po’ in cui Percy e Leo distruggono cose (Eh sì, mi piace troppo l’idea di quei due che combinano casini) ma mi serviva una figura razionale che li controllasse (Chi meglio di Jason?)
  2. Visto che dovevo far raccontare ad Hazel quella cosa ed era assolutamente così che volevo la leggeste (raccontata) ho colto la palla al balzo per far vedere le ragazze da sole e parlare di questa cosa.
  3. So che vi ho fatto soffrire con Nico che non racconta com’è andato un certo appuntamentoooo, ma dovrete subire il mio sadismo fino al prossimo capitolo (forse)
  4. So che Frank è praticamente assente, ma doveva andare così.
  5. Percy e la sua storia personale iniziano a farsi un po’ più chiare. Chissà perché Sally si sentiva particolarmente felice quella sera…
  6. Jason è leggermente invidioso di Percy e del suo essere ribelle e bravo con le ragazze perchè non ha idea di quale sia la sua storia e non conosce i suoi problemi. Percy è a sua volta invidioso di Jason perchè è il capitano. Diciamo che ho dovuto fare in questo modo perchè nei libri sono rivali perchè entrambi leader. Non potevo certo ricreare una situazione simile, quindi ho pensato che l'invidia fosse il modo migliore di creare rivalità.
Spero che la Frazel non risulti affrettata (dovevo assolutamente far succedere ciò che è successo adesso) e che abbiate gioito nel vedere finalmente il bacio tra Percy ed Annabeth che tutti aspettavamo. Questo capitolo non mi soddisfa per nulla e ho trovato imbarazzatissimo scrivere quella scena tra Hazel e Frank. Ho una paura matta di non aver reso per nulla la scena. Scusate la nota lunghissima, ma fatemi sapere se vi ha fatto schifo, se la storia vi sta deludendo o se vi piace con una recensione. Grazie a tutti quelli che stanno mettendo la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite (crescente a dismisura ed io vi adoro) ed un grazie speciale a Triptoaster per aver commentato lo scorso capitolo ed a Micina_miao per avermi scritto un pensiero ed un’opinione praticamente sempre (lo apprezzo tantissimo e mi aspetto di trovarti ancora)
Adieu,
 
El.
   
 
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