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Autore: Ginevra1988    01/09/2017    6 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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"Ma allora," ardii commentare, "siete ancora lontano dalla soluzione..."
"Ci sono vicinissimo," disse Guglielmo, "ma non so a quale."
"Quindi non avete una sola risposta alle vostre domande?"
"Adso, se l'avessi insegnerei teologia a Parigi."
"A Parigi hanno sempre la risposta vera?"
"Mai," disse Guglielmo, "ma sono molto sicuri dei loro errori."


Il nome della rosa – Umberto Eco
 
 
 
 
 
13 luglio 1998 – Hogwarts
 
   I polmoni di Harry accolsero con gioia l’aria fresca del mattino, distendendosi dopo la compressione della Smaterializzazione; la testa prese a girare. A malincuore – e assolutamente in silenzio – il ragazzo dovette dare ragione a Hermione, che aveva insistito perché Ron eseguisse la Materializzazione Congiunta, giudicando Harry ancora troppo debole per Smaterializzarsi da solo. Harry aveva protestato con tutte le sue forze, ma alla fine l’amico gli aveva passato un braccio attorno al fianco senza tanti complimenti.
   E per fortuna, pensò Harry; Ron si era accorto di quel giramento di testa e aveva stretto appena la presa.
   “Tutto ok?” chiese guardandolo con la coda dell’occhio. Harry annuì e raddrizzò la schiena, convincendo Ron ad allontanare il braccio. Hermione e Ginny apparvero con un sonoro pop a pochi passi da loro.
   “Non vedo l’ora di potermi Smaterializzare da sola!” esclamò Ginny liberandosi dalla presa dell’amica. Non era un segreto per nessuno che durante la Guerra la ragazza avesse imparato a farlo, ma ora che il Ministero funzionava di nuovo a pieno regime avrebbe dovuto sostenere l’esame prima di potersi Smaterializzare senza essere trascinata di peso davanti al Wizengamot.
   Harry alzò lo sguardo e respirò a fondo, lasciando che la vista gli riempisse la mente: il cancello sormontato dai cinghiali alati era aperto e incorniciava la sagoma del castello di Hogwarts, che sonnecchiava nella luce del mattino. Sembrava impossibile che qualcosa potesse turbare la quiete di quel posto incantato – e invece se Harry chiudeva gli occhi poteva ancora sentire i boati della Battaglia, la marcia dei Mangiamorte su quell’erba delicata, la fredda risata di Voldemort nella Foresta Proibita…
   La mano di Ginny scivolò sotto il braccio destro di Harry e strinse con delicatezza.
   “Andiamo” disse lei con un sorriso incoraggiante. “La McGranitt ci aspetta.”
 
   Fu incredibilmente strano vedere Minerva McGranitt in tenuta estiva: infilata in un leggero abito verde chiaro, smanicato e con la gonna ricamata a piccoli fiori, la Preside di Hogwarts li aspettava davanti al portone di quercia aperto con i capelli raccolti in una morbida treccia invece che nel consueto chignon stretto; era come vedere un Ippogrifo riportare scodinzolando un bastoncino a Draco Malfoy.
   “Benvenuti!” disse la McGranitt aprendosi in un sorriso e stringendo una ad una le mani dei ragazzi. “Che piacere vedervi!”
   Non chiese loro come stavano, si limitò ad osservarli con attenzione da capo a piedi da dietro le lenti squadrate, soffermandosi su Harry e sul suo braccio ancora infilato nel fazzolettone appeso al collo; poi senza aggiungere una parola si girò e fece loro strada lungo l’atrio e le scale.
   “Hagrid vi manda i suoi saluti. Al momento è in viaggio con la professoressa Caporal per reperire alcune nuove Creature che vogliono trattare con gli studenti, il prossimo anno.”
   “Insegneranno insieme?” si informò Hermione.
   “Sì, hanno optato per una collaborazione stretta, piuttosto che dividersi le classi. E devo dire che la cosa mi rincuora.”
   Rincuorava molto anche Hermione, a giudicare dal sospiro di sollievo che Harry le vide fare.
   “Mi dispiace che Harry e Ronald non saranno tra i miei studenti il prossimo anno, ma è comprensibile” decretò la professoressa continuando a camminare a schiena dritta. Hermione e Ron si scambiarono un’occhiata di fuoco, poi cominciarono a parlare simultaneamente, accavallando frasi e parole, chiaramente proseguendo una discussione che andava avanti in privato da almeno un mese.
   “Io ho provato a spiegare che è importante finire gli studi, ma…”
   “Ma mi hanno preso al corso da Auror, cosa c’è da aggiungere?”
   “Il diploma…”
   “Il diploma me lo daranno honoris causa, Hermione, in che diavolo di lingua devo dirtelo?”
   “Come se fosse la stessa cosa!”
   “Ma cosa cambia, per le mutande di Merlino!”
   “AH! Voglio proprio vederti al tuo corso da Auror senza un minimo di basi di Incantesimi Avanzati!”
   “Siamo sopravvissuti a…”
   “Come cavolo fai a pensare che sia sufficiente!”
   “Fanno un corso, qualcosa mi insegneranno!”
   “Basta così” la McGranitt si bloccò in mezzo al corridoio. “Mi state facendo venire mal di testa, a questo punto preferisco di gran lunga che Ronald non termini il settimo anno. Zenzerotti.”
   L’ultima parola era rivolta al Gargoyle che custodiva lo studio del Preside di Hogwarts; la creatura di pietra balzò elegantemente di lato, lasciando passare la piccola comitiva.
   Chissà perché, Harry si era aspettato di trovare la solita stanza, con i delicati strumenti a sbuffare al loro posto sui tavolini; invece l’ufficio di Silente era semplicemente diventato quello della McGranitt: i dipinti dei vecchi Presidi erano stati risistemati in file ordinate in modo da fare spazio a due alte librerie stracariche di tomi dall’aria noiosa e antica, che, nemmeno a dirlo, attirarono subito l’attenzione di Hermione. I tavolini e – Harry lo notò con una stretta al cuore – il trespolo di Fanny erano spariti. Al centro della stanza la scrivania era occupata da pile di pergamene ordinate all’interno di alcuni schedari di legno laccati in diversi colori; in un angolo c’era una scatola dal decoro scozzese dentro alla quale, non c’erano dubbi, era conservata una buona scorta di biscotti. Qualche basso mobiletto dallo stile essenziale occupava i pochi spazi liberi delle pareti. A destra e a sinistra della porta di ingresso erano stati appesi due stendardi: il blasone di Hogwarts e la bandiera della Scozia.
   Harry si sentiva vagamente a disagio in quell’ufficio, come se tutto avesse l’aspetto sbagliato; ovviamente la voce del buon senso nella sua testa gli dava dello sciocco: era normale che le cose cambiassero, che la vita andasse avanti. Silente non era più il Preside di Hogwarts, era solo un dipinto alle spalle della scrivania della McGranitt. Un dipinto che, a differenza dei suoi colleghi, non fingeva di dormire, ma guardava il ragazzo con quel suo sguardo curioso e penetrante.
   Di nuovo Ginny gli passò una mano sotto al braccio destro, stringendo appena, come se riuscisse a percepire in qualche modo il disagio di Harry.
   “Perdonate la confusione” disse la Preside; il ragazzo alzò un sopracciglio: quella non era proprio la sua idea di disordine, la McGranitt avrebbe dovuto vedere la camera che lui e Ron dividevano. “Ma siamo in piena riorganizzazione. Il primo settembre è terribilmente vicino. E la cerimonia dei Diplomati lo è ancora di più, per fortuna Pomona – la professoressa Sprite, insomma – mi sta aiutando molto.”
   “Ho sentito dire che l’ha nominata Vicepreside, giusto?” chiese Hermione.
   La McGranitt annuì.
   “Sto facendo anche i colloqui per sostituire gli insegnanti di Trasfigurazione, Difesa contro le Arti Oscure e Babbanologia. Il professor Lumacorno mi ha confermato che tornerà entro l’inizio dell’anno scolastico e riprenderà la cattedra di Pozioni.”
   Ripeteva tutto come se fosse un discorso imparato a memoria, fatto a sé stessa e agli altri un’infinità di volte. La professoressa alzò lo sguardo come se all’improvviso si fosse ricordata che c’erano anche altre persone nella stanza con lei.
   “Ma non siete qui per ascoltare le mie preoccupazioni di Preside! Hermione mi ha scritto per chiedermi di utilizzare il Pensatoio. Poi Molly mi ha scritto per spiegarmi il perché.”
   Hermione arrossì come se fosse stata beccata a chiedere cibo agli Elfi Domestici delle cucine.
   “Cercate solo di stare lontani dai guai” disse la McGranitt massaggiandosi una tempia con due dita. Estrasse la bacchetta, Appellò con un gesto elegante il Pensatoio da uno dei mobiletti e lo fece atterrare al centro della propria scrivania. I ricordi si agitarono dolorosamente nel petto di Harry: l’ultima volta che aveva usato il Pensatoio era per… si impose di scacciare quei pensieri in blocco. Prese la mano di Ginny e la strinse con forza; lei restituì la stretta, senza dire nulla, senza guardarlo, non ce n’era alcun bisogno.
   “Quando avete finito cercatemi nella Sala Grande, sarò lì con gli altri Insegnanti” disse la Preside; lanciò ai quattro ragazzi un’ultima severa occhiata in tipico stile McGranitt e lasciò l’ufficio a grandi passi. Hermione si avvicinò al Pensatoio con aria titubante ed estrasse il Ricordo dalla propria borsa.
   “Pensi ancora che sia una buona idea?” chiese Ron alla sua ragazza; lei lo guardò dritto negli occhi e annuì.
   “Bene, allora” disse lui. “Di te mi fido. Facciamolo.”
   Fu strano sentire Ron dare ragione e fiducia a Hermione, dopo anni e anni di battibecchi; ma ora stavano insieme, pensò Harry, era naturale, anzi, era necessario che lui lo facesse.
   Hermione stappò la fiala e ne versò il contenuto nel Pensatoio; la superficie si agitò per qualche momento, né gassosa né liquida, vorticando in delicate spire, poi tornò liscia e calma, grigia come il mare d’inverno. I quattro ragazzi allungarono contemporaneamente le teste sopra il bacile: sul fondo li aspettava una stanza di pietra, senza finestre, molto simile al tribunale del Wizengamot ma più piccola, all’apparenza, con solo due file di gradoni da un lato. Harry scambiò sguardi vagamente tesi con Ginny, Hermione e Ron, poi annuì e tuffò il volto nella superficie del Pensatoio.
 
   Atterrarono nella stanza di pietra, che era davvero molto piccola e aveva un’unica porta, sulla loro destra; Greg era seduto al centro della prima fila di gradoni e con un mezzo sorriso sulle labbra guardava dritto davanti a sé, fissando un tavolaccio di legno consunto al centro del quale erano saldate due grosse catene. Due sedie poste ai lati del tavolo completavano lo scarno arredamento. Harry, Ginny e Ron si sedettero di fianco all’Auror, in attesa, mentre Hermione cominciò a misurare la stanza a grandi passi, osservando tutto con estrema attenzione.
   La porta si aprì lasciando entrare Narcissa Malfoy, i polsi legati strettamente da una corda. A pochi passi di distanza la seguiva un uomo sulla cinquantina, dai capelli che una volta dovevano essere stati biondi ma ora tendevano più che altro al bianco; teneva la bacchetta tesa davanti a sé, puntandola dritta alla nuca della donna. Chiudeva la piccola fila il signor Prewett, un sigaro spento infilato tra i denti e le mani dietro la schiena, l’aria compiaciuta di un gatto che ha appena catturato un grosso topo. L’uomo biondo spintonò senza tanti complimenti Narcissa su una delle sedie e agitò la bacchetta in direzione delle catene, che strisciarono verso i polsi della donna e vi si avvilupparono strettamente – forse un po’ troppo a giudicare dalla smorfia di lei.
   L’uomo si sedette di fianco a Greg e scambiò con lui un cenno di saluto.
   “Williams.”
   “Spade.”
   Ron diede di gomito a Harry.
   “E’ l’Auror che doveva interrogare Zeismann insieme a Frankie!”
   Harry annuì.
   Prewett nel frattempo si era seduto con estrema calma davanti a Narcissa Malfoy; la donna era quasi irriconoscibile: Harry era sempre stato abituato a vederla con un aspetto impeccabile, curata e pulita. Adesso i capelli erano sciolti sulle spalle, sporchi e spettinati, grosse ombre scure le cerchiavano gli occhi spenti e aveva diverse unghie spezzate; portava una lunga veste grigia e consunta, gli orli sfatti in diversi punti.
   “Allora Narcissa” esordì Prewett estraendo la bacchetta dalla veste e accendendosi il sigaro. “Hai avuto modo di riposare dal nostro scorso… incontro? L’ultima volta non avevi proprio voglia di parlare con me. Forse eri stanca. Ti sei ripresa?”
   La donna alzò gli occhi su Frank e contrasse le labbra.
   “Sono passate solo poche ore” sibilò.
   “Hai trovato un Difensore?” continuò lui come se non avesse nemmeno sentito la risposta alla precedente domanda.
   “Mi prendi in giro?” ghignò Narcissa. “Sai bene che nessun Difensore lavorerebbe per i Malfoy oggi. Né per i Carrow, o i Rockwood o… devo continuare?”
   Prewett soffiò lentamente una boccata di fumo.
   “Tutti ad Azkaban” disse con un ampio sorriso. “Come tuo figlio, giusto?”
   Le mani di Narcissa si contrassero involontariamente contro le catene; lei annuì.
   “Anche Draco è un Mangiamorte, no?”
   “E’ stato accusato di…” cominciò Narcissa.
   “Ha il Marchio Nero sull’avambraccio sinistro, questo basta” la interruppe Frank; l’uomo si alzò e andò dietro di lei, quasi per sussurrarle all’orecchio. “Ha servito Voldemort. Doveva uccidere Albus Silente…”
   “Ma non l’ha fatto!” esclamò Narcissa.
   “Non l’ha fatto” scandì Prewett; prese un’altra boccata di fumo, si portò davanti a lei e proseguì: “Ha partecipato alla Battaglia di Hogwarts?”
   La donna esitò.
   “Ti ho fatto una domanda” disse brusco Frank. Narcissa annuì e l’Auror chiese di nuovo: “E dov’era durante la Battaglia?”
   Il respiro della donna accelerò e lei alzò gli occhi verso l’uomo prima di rispondere.
   “Nel castello.”
   “Nel castello” ripeté annuendo Prewett, come per dare conferma che quella fosse la risposta giusta. Proseguì camminando di nuovo verso la propria sedia. “E cosa dici che pensino i suoi amici ad Azkaban? Cosa credi che ne pensi che so, Rockwood, o Mulciber, o Dolohov di un ragazzino che non è riuscito a portare a termine un solo compito affidatogli dal Signore Oscuro e che per di più durante la Battaglia si era rintanato dentro al castello di Hogwarts come un ratto?”
   La voce era cresciuta man mano di intensità, così come la frequenza del respiro di Narcissa.
   “Cosa pensi che siano in grado di fare i Carrow oppure… Lestrange” Prewett calcò su quest’ultimo nome e la donna fu scossa da un brivido. “A questo ragazzino codardo e viziato?”
   “Sono sorvegliati” boccheggiò Narcissa.
   “Mangiano insieme, lo sapevi? Ora che i Dissennatori non sono più i guardiani qualche regola è cambiata ad Azkaban… è più umana. I detenuti hanno più… contatti.”
   Prewett non aveva detto niente, non aveva specificato nulla, ma aveva riempito la testa di Narcissa di insinuazioni, di dubbi. Lasciò passare qualche momento di silenzio, durante il quale la donna ebbe il tempo di rispondere con i propri peggiori incubi alle domande provocatorie dell’Auror. Frank si sedette sulla propria sedia, aspirò un’altra bocca di fumo e incrociò le gambe.
   “Cosa sei disposta a fare per tuo figlio?” chiese osservandola con attenzione. Narcissa si limitò a guardarlo con gli occhi sgranati. “Sappiamo che hai fatto molto per lui: lo hai cresciuto, lo hai protetto…”
   “Hai mentito per lui” intervenne all’improvviso Greg. Harry, Ginny, Ron e Hermione si voltarono di scatto a guardarlo. Frank rivolse all’Auror un’occhiata penetrante, poi riportò lo sguardo su Narcissa.
   “Un… uccellino mi ha raccontato una storia interessante” continuò Prewett. “Per poter tornare nel castello di Hogwarts a riprendere il tuo piccolo figlio ratto avresti mentito a Colui che…”
   “Cosa vuoi?” lo interruppe Narcissa gelida.
   “Lo sai cosa voglio: la verità.”
   La donna gli scoccò un’occhiata carica di odio.
   “Ho una proposta da farti” proseguì Prewett; si infilò una mano nella veste e ne estrasse una pergamena. “Ma siccome non hai un Difensore dovrai valutarla da sola. Questo” disse srotolando la pergamena lentamente. “E’ un decreto ad effetto immediato firmato dal Ministro in persona che consente di spostare tuo figlio da Azkaban al centro di detenzione ex Villa Malfoy. Con te.” Frank sorrise, il sigaro stretto in bocca. “Manca solo la mia firma. E tu sai bene quali sono le condizioni che porteranno questo decreto firmato sulla scrivania del Direttore di Azkaban. Ora te lo chiedo un’ultima volta: cos’è successo il diciassette giugno?”
   Narcissa chiuse gli occhi e si abbandonò contro lo schienale della sedia.
   “D’accordo” sussurrò la donna. Il sorriso di Prewett si allargò ancora di più; schioccò due dita e Greg scattò in piedi, portando di corsa una pergamena pulita e una Penna Prendiappunti sul tavolo.
   “Sapevo che Zeismann avrebbe fatto le visite agli aspiranti Auror, come tutti gli anni” cominciò Narcissa; la Penna scattò e cominciò a grattare il foglio. “E il Profeta aveva detto che Potter era tra questi aspiranti. Avevo da tempo una Pietra di Sangue, me l’aveva venduta Sinister durante la Prima Guerra Magica, ma non l’avevo mai utilizzata.”
   “Come hai usato questa pietra?” chiese Prewett.
   “E’ sufficiente staccarne un frammento e applicarlo sulla pelle di un Vampiro. E’ bastato aspettare Zeismann fuori dal San Mungo e usare un incantesimo di Adesione Permanente; non si è accorto quasi di nulla…”
   “Perché ti era necessaria la Pietra di Sangue?”
   “Le Maledizioni che funzionano sugli umani raramente hanno effetto sui Vampiri, sono creature magiche molto potenti, circondati da un’aura oscura forte; ma la Pietra di Sangue è in grado di aprire una… breccia nella magia protettiva dei Vampiri, diciamo così.”
   Narcissa parlava guardando le proprie mani, senza nessuna esitazione.
   “Una volta messo il frammento della Pietra di Sangue è stato facile: sono molto brava nella Maledizione Imperius.”
   “Perché volevi uccidere Harry Potter?” chiese ancora Prewett.
   La donna alzò gli occhi verso l’Auror e lo guardò a lungo.
   “Tutti i buoni servitori del Signore Oscuro odiano Potter” rispose con un filo di voce; Frank la fissò per qualche momento, un sopracciglio alzato, aspettando che proseguisse. La Penna Prendiappunti vibrava lievemente, in attesa.
   “Tutto qui?” chiese alla fine. “Perché sei un buon servitore del Signore Oscuro? Quello stesso Signore Oscuro a cui hai mentito?”
   Narcissa scattò in piedi, il volto deformato dall’ira.
   “Che cosa vuoi ancora, dannato figlio di puttana?” urlò a pieni polmoni, strattonando con forza le catene che le legavano i polsi; un rivolo di sangue le corse lungo l’avambraccio di destra. “Cosa vuoi ancora? Ti ho detto quello che volevi sentirti dire! Dammi mio figlio!”
   Prewett estrasse la bacchetta e Pietrificò Narcissa, sorridendo malignamente. Harry pensò con un brivido che si stesse divertendo.
   “Non sei tu a dettare le regole del gioco” disse Frank. “Firma la confessione.” Con un gesto lento scacciò la Penna Prendiappunti e portò la pergamena davanti alla donna. “Io firmerò il decreto. Poi avremo modo di parlare anche di chi ha ucciso Zeismann.”
   Prewett pronunciò il contro incantesimo e Narcissa cadde sulla sedia come un sacco vuoto, pallida come un fantasma.
   Harry si sentì trascinare verso l’alto, la stanza stava rimpicciolendo davanti ai suoi occhi e ben presto i suoi piedi toccarono il pavimento dello studio della Preside di Hogwarts. Attorno a lui Ginny, Ron e Hermione avevano tre identiche espressioni provate.
   “E’ una pedina” affermò Hermione con sicurezza. “Se Prewett pensa veramente che sia finita con lei si sbaglia di grosso!”
   “Se ha ritirato la scorta di Harry vuol dire che il pericolo imminente è passato” disse Ron. “Penso che stiano continuando a indagare. Non l’hai sentito quando le ha chiesto il motivo e lei ha buttato lì quella scemenza del tutti odiamo Potter?”
   “La cosa più inquietante è un’altra” Harry interruppe il battibecco di Ron e Hermione con voce ferma. “Come diavolo facevano a sapere che Narcissa ha mentito a Voldemort?”
   Ron e Hermione lo guardarono con aria interrogativa.
   “Pensi che si riferissero… a te?” chiese lei in un soffio.
   “A cos’altro si potrebbero riferire?” chiese Harry stringendosi nelle spalle; per lui era così ovvio. “Solo qualcuno che era nella Foresta Proibita quando…” non sapeva che parole usare, quindi optò per la via più facile. “Quando… insomma, la notte del due maggio, poteva sapere che Narcissa ha mentito a Voldemort.”
   Un silenzio carico di tensione scese nella stanza.
   “Gli Auror e Kingsley stanno indagando” disse alla fine Ron, probabilmente mettendo insieme tutto il coraggio che era riuscito a trovare. “La McGranitt ci ha detto di tenerci fuori dai guai. La mamma ci ha detto di lasciar fare a loro. Papà ha detto che di Frankie si fida.”
   “Noi dobbiamo solo tenere gli occhi aperti” concordò Harry. Non era sicuro che sarebbe riuscito a tenere fede a quell’ottimo proposito, ma almeno ci avrebbe provato.
 
   Harry scendeva la scalinata di marmo stringendo la mano di Ginny, cercando di trasmetterle almeno un po’ di sicurezza; da quando avevano lasciato il Pensatoio la ragazza non aveva spicciato una parola e per esperienza Harry sapeva che quello non era un buon segno. All’ingresso della Sala Grande lei si fermò; Ron e Hermione si voltarono con aria interrogativa.
   “Andate avanti” disse Ginny. “Noi… vi raggiungiamo subito.”
   Il cuore di Harry prese a battere troppo veloce e il cervello smise di funzionare: la paura di un nuovo tentennamento di Ginny aveva decisamente preso il sopravvento su qualsiasi tipo di pensiero razionale. La ragazza aspettò che gli altri si allontanassero a sufficienza, poi si voltò verso Harry.
   “Grazie per avermi portata con voi” disse Ginny con un timido sorriso. “Vuol dire molto per me.”
   Il ragazzo emise un rumoroso sospiro di sollievo, senza preoccuparsi di quello che avrebbe pensato lei.
   “Stai bene?” le chiese Harry, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lei annuì, poi spostò lo sguardo sulla Sala Grande: Ron e Hermione avevano raggiunto la McGranitt, che al tavolo degli Insegnanti sommerso da pergamene era impegnata in una fitta conversazione con la Sprite e Vitious.
   “Harry, voglio parlarti di una cosa” disse Ginny respirando quasi a fatica; alzò il viso e guardò Harry dritto negli occhi. “Voglio raccontarti cosa sogno. Voglio raccontarti l’incubo che mi sveglia la notte. Voglio che tu conosca le mie paure.”
   Harry non era mai stato bravo con le parole, decisamente no. Per questo quando Ginny gli raccontò con la voce incredibilmente ferma e gli occhi asciutti il suo incubo, quel sogno che la perseguitava da molto prima della Battaglia di Hogwarts e che ancora non la lasciava in pace, tutto quello che Harry riuscì a dire fu: “Grazie”.
   Avrebbe voluto chiederle “Perché non me lo hai detto prima?”, oppure esclamare: “Finalmente!” o ancora dirle quanto la ammirava per quella forza così meravigliosamente tenera; ma tutto quello che uscì fu solo un misero “Grazie” sussurrato a mezza voce mentre le spostava ancora una volta quella ciocca ribelle dietro all’orecchio. Ginny sorrise, perplessa.
   “Grazie?” chiese quasi ridendo; Harry annuì e si sentì un’idiota integrale. La abbracciò e posò la guancia nell’incavo del suo collo, giusto per spezzare l’imbarazzo.
   “Grazie per essere tornata. Per essere qui con me.”
   Ginny ricambiò la stretta con calore – lei che preferiva scrivere lettere piuttosto che parlare. Harry capiva perché aveva scelto proprio quel momento per raccontargli quel sogno, ambientato proprio lì, nella Sala Grande – dove Voldemort era morto. I due si staccarono, ma lui tenne una mano sulla guancia di lei.
   “Sei pronta?”
   Ginny annuì sorridendo.
 
   “Pomona, ti prego, non ho nessuna intenzione di assumere una squilibrata!” stava sbraitando la professoressa McGranitt quando Harry e Ginny arrivarono al tavolo degli Insegnanti. “E non mi interessa se ha fatto un corso sui Licantropi…”
   “Ha passato due anni in una comunità di Lupi Mannari a Bucarest” specificò la professoressa Sprite a labbra strette.
   “E si vede! Ha cercato di annusarmi, Pomona! E’… inquietante! E poi non assumerò una donna che vuole insegnare Difesa Contro le Arti Oscure direttamente nella Foresta Proibita!”
   “Perché no?” intervenne Harry; la McGranitt si voltò di scatto, il suo sguardo avrebbe incenerito il Platano Picchiatore all’istante. Il ragazzo deglutì ma non abbassò gli occhi.
   “Il modo migliore per imparare a difendersi dalla Magia Oscura è affrontarla” proseguì. “Il nostro miglior professore aveva portato un Molliccio in classe… ed era un Licantropo.”
   Gli era costato uno sforzo immenso dire quelle parole – e pensare a Lupin. Non sapeva nemmeno perché lo aveva fatto, la Preside stava parlando di una perfetta sconosciuta.
   “Va bene” le labbra della McGranitt erano così serrate da essersi ridotte ad una fessura. “Ci penserò.”
   Chiuse di scatto il fascicolo che aveva davanti a sé e lo mise da parte con decisione.
   Un gruppetto di Elfi Domestici percorse trotterellando la Sala Grande; divisi in coppie portavano tre vassoi carichi di cibo e bevande, che caricarono faticosamente sul tavolo davanti ai tre professori.
   “Ecco il pranzo, signora Preside” disse con una vocetta squillante un’Elfa.
   “Grazie, Haeley, è tutto perfetto come sempre” rispose con un sorriso la McGranitt. Tutti gli Elfi si voltarono e si incamminarono di nuovo verso l’uscita, ma uno rimase indietro, stropicciandosi il bordo del proprio strofinaccio con le manine rugose. Fu solo in quel momento che Harry lo riconobbe.
   “Kreacher!” esclamò raggiungendolo ed inginocchiandosi per essere all’altezza dei suoi occhi.
   “Padron Harry! Kreacher non vuole disturbare il padrone mentre è con i suoi amici, ma Kreacher voleva salutarla, signore.”
   “Non disturbi affatto” rispose il ragazzo. “Come stai?”
   “Kreacher sta bene…” il vecchio Elfo continuava a tormentare il suo straccio immacolato.
   “C’è qualcosa che vuoi chiedermi, Kreacher?”
   L’Elfo alzò gli occhi acquosi sul ragazzo.
   “Kreacher… Kreacher si chiedeva cosa ne sarà della casa della padrona, signore.”
   Aveva detto quelle parole quasi sussurrando, come se si vergognasse di quella domanda che lui riteneva così indiscreta.
   “Vuoi dire la casa di Grimmauld Place?”
   L’Elfo annuì scuotendo la testa su e giù con foga, poi tornò a fissare Harry con aria contrita. Il ragazzo non sapeva cosa rispondere: l’ultima volta che era stato in quell’edificio lui, Ron e Hermione stavano scappando dai Mangiamorte; probabilmente la casa era sotto sopra e abbandonata da quasi un anno. In tutta onestà non aveva mai pensato seriamente di ritornare ad abitare in quel posto, anche se l’idea lo aveva sfiorato quando Ginny… beh, quando non sapeva se sarebbe potuto tornare alla Tana. Ma adesso che aveva una casa, il pensiero di tornare in quell’edificio buio e pieno di ricordi terribili gli faceva accapponare la pelle.
   Harry aprì la bocca in imbarazzo, ma Hermione si inginocchiò di fianco a lui e venne in suo soccorso.
   “Se Kreacher è d’accordo, io avrei un’idea” disse sorridendo. L’Elfo le scoccò un’occhiata terribile, ma non disse nulla, cosa che la ragazza prese come un invito a parlare. “E’ un po’ che ci penso… sarebbe bello trasformare Grimmauld Place in un museo.”
   “Un museo?” chiese Harry sorpreso.
   “Kreacher non ha idea di che cosa la Nata Babbana con i capelli brutti stia dicendo” borbottò l’Elfo fissando i propri piedi; Hermione ignorò la serie di insulti con un sorriso tirato.
   “Si tratta di un posto dove conservare i ricordi della famiglia Black in modo che le persone possano sapere chi erano e cosa hanno fatto” la ragazza si voltò verso Harry. “Specialmente Regulus e Sirius.”
   Kreacher alzò gli occhi verso Hermione, dubbioso, le labbra strette.
   “Le persone potrebbero entrare nella casa della signora?” chiese con una nota scandalizzata nella vocetta gracchiante.
   “Naturalmente tu saresti il Custode: dovrai controllare che tutto sia a posto e in ordine e che nessuno tocchi niente” disse Hermione. “Ma ti verrà affiancato un… un Direttore umano.”
   L’Elfo strusciò i piedini per terra ancora una volta.
   “Kreacher ci penserà, ma… Kreacher forse è d’accordo.”
   Scoccò un’altra occhiata torva a Hermione, rivolse un inchino profondo a Harry poi si avviò lungo la Sala Grande. I due ragazzi si rialzarono.
   “Tu che ne pensi?” chiese Hermione.
   “E’… un’idea meravigliosa” rispose Harry; la mente era sfrecciata in automatico verso la stele al centro dell’Atrium del Ministero: Il Mondo Magico non dimentica. Era importante. “Dovremmo parlarne con Kingsley.”
   “Gli manderemo un gufo” l’amica gli passò una mano sul braccio sano e sorrise; ancora una volta Hermione si comportava come una sorella maggiore previdente. Il quindicenne inquieto che Harry era stato tre anni prima le avrebbe detto di farsi gli affari suoi e lasciarlo in pace; ma il ragazzo spossato che era in piedi davanti al tavolo degli Insegnanti in quel momento aveva un disperato bisogno di famiglia. Harry sorrise a Hermione e allungò una mano verso Ginny.
 
   “Ragazzi, basta! Ho detto basta!”
   Molly fece atterrare sulla tavola una pirofila di stufato in modo che passasse dritta tra Hermione e Ron, impegnati in una fitta discussione sulla scorta ritirata di Harry.
   “Penso che Ron abbia ragione” borbottò Arthur masticando un pezzo di pane. “Se Frakie ha ritirato la scorta vuol dire che ritiene Harry al sicuro.”
   “Finalmente!” esclamò Ron.
   “Chi credete che sia… l’uccellino di cui parlava il signor Prewett?” chiese Harry a nessuno in particolare. “Quello che sapeva che Narcissa ha mentito a Voldemort.”
   “Scommetterei su Williams” disse Ron digrignando i denti; Hermione sbuffò alzando gli occhi al cielo.
   “Per favore” sbottò la ragazza. “Fino all’altro giorno era il tuo adorato collega Greg e adesso pensi che sia un Mangiamorte?”
   “Però è stato lui a dire per primo che Narcissa aveva mentito per suo figlio” intervenne Ginny. “Non era lui a guidare l’interrogatorio, perché è intervenuto?”
   “E’ strano, certo” dovette ammettere Hermione. “Ma non è detto che sia lui… l’uccellino” sentenziò poi attaccando con decisione il suo stufato. Ron si rabbuiò ma ebbe il buon senso di tenere la bocca chiusa.
   “Vi saluta Angelina” intervenne George all’improvviso e senza un motivo apparente. Il silenzio piombò nella cucina della Tana, persino Teddy dalla sua culla non osò fiatare.
   “Angelina?” chiese Molly con la forchetta sospesa a mezz’aria.
   “Sì, è passata oggi in negozio. Vi saluta” disse George con noncuranza.
   “Angelina è passata in negozio da te” ripeté la signora Weasley quasi sotto shock. Suo figlio buttò le posate nel piatto in uno scatto nervoso.
   “Mamma, non ho detto che il Ministero vuole una fornitura ventennale di Caccabombe! Ho solo detto che Angelina vi saluta, c’è qualcosa di strano in questa frase?”
   Molly guardò George ancora per qualche secondo come se volesse cercare di lanciargli uno Specialis Revelio non verbale, poi riprese a mangiare come se nulla fosse.
 
   “Ci crederesti? Mio fratello con… Angelina Johnson?”
   Harry e Ron erano già a letto, le luci spente, ma come al solito continuavano a chiacchierare.
   “Molly esagera” disse con sicurezza Harry. “Angelina è solo… passata dal suo negozio!”
   “Credimi, George non ha mai, mai nominato una ragazza ai nostri genitori” Ron si fermò un attimo, poi aggiunse: “Beh, a dire il vero nessuno di noi ha mai nominato ragazze ai nostri genitori… a parte Fleur.”
   Cose serie, quindi.
   “E Hermione” aggiunse Harry.
   “Lei è una cosa diversa!”
   “Lei è passata dalla Tana ogni estate negli ultimi sei anni, non è mai stato necessario nominarla, giusto?”
   Harry non aveva bisogno di guardare il suo amico per sapere che le sue orecchie erano rosso fuoco. Colse al volo il momento di silenzio e cambiò argomento.
   “E’ stato… strano assistere all’interrogatorio, no?”
   “Strano in che senso?”
   “Beh, io non lo conosco bene come te, ma vedere il signor Prewett in quelle vesti mi… mi ha fatto venire i brividi. Sembrava… sembrava che si divertisse.”
   “No, non direi. E’ il suo lavoro e miseriaccia se lo fa bene!” esclamò Ron, le braccia incrociate sotto la testa e lo sguardo verso il soffitto. “Potremmo esserci noi in quella stanza tra qualche anno… senza catene ai polsi, si capisce!”
   Harry si agitò a disagio nel letto: era stato troppe volte dalla parte delle catene ai polsi per pensare di sentirsi a suo agio dall’altro lato di quel tavolo. Decise di confidare i propri timori al suo amico.
   “Non so, Ron… proprio non mi ci vedo.”
   “Vorrà dire che saremo una buona squadra” disse Ron sbadigliando. “Tu li prendi e io li interrogo, che dici amico?”
   “Ci sto” Harry si accorse di sorridere al buio; non ci aveva mai pensato seriamente prima: lui e Ron con la divisa blu pavone, nell’open space al secondo livello del Ministero, alle prese con Maghi Oscuri e rapporti da compilare…
   Per la prima volta da molto, molto tempo, Harry scivolò in un sonno tranquillo, popolato da sogni meravigliosamente normali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Eccolo finalmente, questo benedetto Ricordo! Anche se ci ha lasciato più dubbi che altro. Se non altro, vedere quella specie di dublinese chiassoso all’opera nello strappare una confessione alla granitica Narcissa Malfoy credo non abbia fatto venire i brividi solo a Harry…
Mi sono divertita ad immaginare una McGranitt in versione estiva, deve essere uno spasso vederla con il vestitino ricamato e la treccia Rapunzel style!
Breve cammeo del nostro Kreacher, che ci permette di sistemare anche Grimmauld Place. Onestamente credo che un posto così non sia abitabile mai più, intriso di Magia Oscura con Incantesimi di Adesione Permanente in ogni centimetro di carta da parati. E allora tanto vale lasciar fare alla saggia Hermione, la sorella maggiore di tutti noi!

 E dai diciamocelo: finalmente, dopo una marea di capitoli angoscianti, almeno questo finisce con “sogni meravigliosamente normali”.
Godiamoceli, ce ne servirà una scorta.
 
La settimana prossima ritorno “in trincea” a lavoro, quindi non ho idea di quando sarà la prossima volta in cui riuscirò ad aggiornare, ma spero di essermi fatta perdonare in anticipo con questo capitolo (per i miei brevi standard) chilometrico!
 
Come sempre grazie a chi ha letto e leggerà, a chi segue e chi dedica un po’ del suo tempo a lasciarmi il proprio pensiero.
 
A presto!
Smack
Gin
   
 
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