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Autore: Ginevra1988    11/09/2017    7 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ho guardato così a lungo quelle foto di te
Che sono quasi convinto che siano reali
Ho vissuto così a lungo con le mie foto di te
Che sono quasi convinto che le foto siano tutto quello che riesco a sentire
Pictures of you – The Cure
 
 
 


 
11 agosto 1998 – La Tana
 

 
   Il giardino della Tana era un’esplosione di Fate, chiuse in barattoli di tutte le dimensioni e sparsi in ogni angolo, dentro ogni cespuglio e sopra ogni singolo ramo. Molly e Fleur avevano dato il meglio di loro stesse e in quel momento rimiravano soddisfatte l’espressione raggiante di Ginny, che, con un improbabile cappello di pelo fucsia gentile omaggio dei Tiri Vispi Weasley, era seduta al posto d’onore alla sgangherata tavola imbandita a festa. Rideva, la piccola Ginny, sfogliando le pagine di un enorme album di fotografie che la ritraevano in ogni anno della sua vita: il suo primo compleanno, il vestitino argentato per le grandi occasioni, i giochi con Ron, Fred e George, in braccio al papà mentre saluta i fratelli più grandi che vanno a Hogwarts, i suoi primi tentativi di stare su una scopa.
   Harry le sedeva accanto e ascoltava i racconti che lei o qualcun altro dei Weasley aveva per ogni foto, sorridendo affascinato.
   “Oh no!” si lamentò Ginny. “Questa speravo proprio che fosse andata persa!”
   La ragazza scoppiò in una risata mentre Molly faceva capolino da dietro le sue spalle e sbirciava la pagina dell’album. Una Ginny poco più che bambina, rossa come un peperone e con gli occhi bassi, stringeva nervosamente il carrello con il proprio baule davanti all’arco dorato del Binario Nove e Tre quarti, la divisa di Hogwarts nuova fiammante.
   “Il tuo primo giorno di scuola!” trillò Molly prima di sciogliersi in lacrime per la decima volta dall’inizio della cena. “Oh tesoro, eri così carinaaaaa!”
   Fleur le allungò un fazzoletto con aria rassegnata, poi rivolse uno sguardo supplichevole al marito poco distante.
   “Ma fa così a ogni compleanno?” chiese.
   “No cara, solo quando i suoi figli diventano maggiorenni” rispose Bill con un sorriso comprensivo.
   “Grassie al Scielo Sginny è l’ultima…”
   Harry sarebbe rimasto a guardare quelle foto per ore: gli scaldava il cuore vedere quegli attimi di vita vissuta, quei piccoli gesti di affetto sparsi qua e là nella quotidianità di quella famiglia numerosa. Era meraviglioso vedere la sua Ginny ancora bambina cadere in quella foto che la imbarazzava così tanto, e vederla poi essere presa in braccio con tenerezza da Molly, che le asciugava le lacrime ridendo; o ancora osservare la Ginny di qualche anno più grande segnare un punto al fratello maggiore a cavallo di una delle vecchie scope. C’erano anche immagini di Ginny ad Hogwarts, che chissà come Hermione era riuscita a reperire: foto di classe e di squadra, foto scattate agli allenamenti e nei dormitori, c’erano addirittura foto di lei e Neville al Ballo del Ceppo e una rarissima immagine di Ginny abbracciata ad Harry in riva al Lago.
   “Ti piace, piccola?” chiese Arthur portando altri due piatti di torta al cioccolato, a cui i due ragazzi non dissero di no. Ginny chiuse l’album e guardò suo padre raggiante.
   “Papà, è stupendo. Grazie!”
   Harry provò una piccola fitta al cuore, ma decise di mangiarci su la seconda fetta di dolce; fu alzando lo sguardo per caso che trovò gli occhi di Hermione, che lo fissavano vuoti, come se stessero in realtà guardando qualcos’altro. Ron stava parlando dall’altra parte del tavolo con George, quindi Harry decise di alzarsi e andare dalla sua amica.
   “Tutto bene, Hermione?”
   La ragazza gli regalò un sorriso triste.
   “Ti va di fare due passi?” gli chiese.
   Harry annuì; si allontanarono insieme dal tavolo, dalle voci festanti e dalle luci delle Fate, in silenzio, verso un angolo più tranquillo del giardino.
   “E’ una bella festa, eh?” chiese Hermione guardando le sagome dei Weasley; Harry annuì di nuovo. “Sono… sono una così bella famiglia…” mormorò lei.
   La voce della ragazza si ruppe; non era mai stata brava a dissimulare le emozioni – e forse in quel momento non ce n’era davvero bisogno. Harry sapeva perfettamente cosa la tormentasse.
   “Tornerai in Australia a prendere i tuoi?” le chiese tenendo lo sguardo sul tavolo della festa.
   “No” disse con decisione Hermione scuotendo la testa. “L’Incantesimo di Memoria che ho fatto loro è molto… è molto potente” si asciugò le guance con il dorso della mano e drizzò la testa. “Si potrà indebolire con il tempo e forse dovrò… dovrò rinnovarlo. Ma non si può tornare indietro, Harry.”
   Il ragazzo rimase qualche momento in silenzio.
   “Mi dispiace, Hermione. Mi dispiace davvero che tu abbia dovuto fare tutto questo… per me.”
   “Non l’ho fatto per te, Harry, l’ho fatto per loro, per tenerli al sicuro. E non me ne sono pentita” aggiunse con decisione.
   “Ma non per questo fa meno male” completò Harry.
   La guardò negli occhi e seppe di aver centrato il bersaglio; per una volta era lui a dover prendere la parte del fratello maggiore: la abbracciò e strinse forte. La famiglia Weasley era meravigliosa, piena di amore e accogliente; ma se da una parte riempiva la voragine presente in Harry e Hermione, dall’altra non faceva che ricordare ai due ragazzi che cosa avevano perso per sempre.
 
   Qualche ora più tardi, mentre Fleur liberava con un colpo di bacchetta le Fate che se ne andarono ronzando insulti, Harry e Ginny avevano ricevuto il via libera da Molly: almeno nel giorno del suo compleanno, la “sua principessa” poteva essere esonerata dai compiti di casa. I due ragazzi fecero un giro del giardino, ma quando si accorsero che in un angolo Hermione stava piangendo tra le braccia di Ron, optarono per la camera che Harry divideva con l’amico.
   “Che cos’ha?” chiese Ginny mentre percorrevano il corridoio d’ingresso; Harry si strinse nelle spalle.
   “Le mancano i suoi genitori.”
   La ragazza annuì seria; ma almeno per quella sera, si disse Harry, Ginny non doveva preoccuparsi di tutti gli altri.
   “Allora, ti sei divertita?” si affrettò a chiedere mentre passava un braccio attorno alle spalle della ragazza.
   “E’ stata una serata… magnifica! Davvero!”
   Gli occhi di Ginny brillavano mentre lei stringeva ancora tra le braccia il suo regalo, quell’album che tutti alla Tana avevano contribuito a realizzare; di nuovo Harry sentì il cuore accelerare i battiti: era stupendo vederla così felice.
   Mentre passavano davanti alla camera della ragazza al secondo piano, Harry si ritrovò a pensare che poco più di un anno prima, proprio in quella stanza, lei gli aveva dato il “suo regalo di compleanno”, quell’ultimo bacio prima che lui partisse alla caccia degli Horcrux, quel bacio che lui aveva conservato come una luce durante i mesi bui che erano venuti dopo. Sembrava tutto così lontano, così diverso da quell’estate che invece stava passando tranquilla nella Tana – anche se di certo non c’era da starsene con le mani in mano.
   Era venuto fuori che Herimione aveva già nel cassetto un milione di progetti per il “Museo di Grimmauld Place” – nome assolutamente provvisorio in attesa che le venisse qualche altra idea brillante in merito. Kingsley si era mostrato entusiasta e Kreacher aveva finito con l’accettare, anche se controvoglia, la collaborazione con la signorina Butler, esile bibliotecaria di mezz’età strappata a forza dagli scaffali polverosi dell’archivio del Ministero. Le premesse non erano le migliori, tra l’Elfo Domestico e la burbera signorina che lo squadrava arcigna da dietro le spesse lenti, ma l’entusiasmo di Hermione era tale che lo stesso Harry aveva cominciato a darle man forte durante le lunghe ispezioni alla dimora dei Black. Erano giornate alla ricerca del continuo compromesso, quelle: da una parte la signorina Butler pretendeva di catalogare ed etichettare tutto, dall’altra Kreacher insisteva per chiudere un’intera ala della casa e ricoprire qualsiasi cosa con potenti Incantesimi anti Ladro che prevedevano nei casi migliori mutilazioni istantanee; in mezzo Harry cercava di smorzare i toni e trovare delle soluzioni quantomeno fattibili.
   Hermione dal canto suo aveva un’idea tutta particolare per quel museo, con pannelli incantati praticamente ovunque che ricordassero episodi delle due Guerre e le attività clandestine contro Voldemort intraprese dai due fratelli Black, le cui camere sarebbero state il punto culminante della visita guidata. La cosa non piaceva per niente a Kreacher, che era evidentemente – e fisicamente – combattuto tra la disapprovazione di tutto quello che usciva dalla bocca di Hermione, il tentativo disperato di ignorarla e l’ordine esplicito che Harry gli aveva dato di non insultare nessuno per nessun motivo, tanto meno la sua amica.
   Non avevano ancora una data precisa di apertura, ma una volta imbastita la struttura generale e messi d’accordo cane e gatto, Hermione riteneva che i lavori sarebbero potuti andare avanti anche senza la loro presenza costante.
   Alla Tana, invece, Harry si era buttato anima e corpo nell’imparare a prendersi cura di Teddy: sotto la guida esperta di Molly, il ragazzo aveva preso confidenza con tettarelle, pannolini, riposini, giochi e anche le prime pappe. Ormai la signora Weasley era tranquilla a lasciare il bambino con Harry e Ginny quando usciva o semplicemente quando aveva bisogno di un po’ di riposo.
   Andromeda non era migliorata, anche se aveva avuto qualche momento di inquietante lucidità in cui chiedeva con insistenza ad Arthur perché l’avessero portata in quel luogo. Aveva perso completamente l’interesse nei vestitini da bambino e non parlava più della gravidanza della figlia, ma si aggirava per il reparto chiuso con gli occhi attenti, osservando tutto con molta attenzione e spesso in silenzio. Aveva riconosciuto Frank ed Alice Paciock e ogni tanto li avvicinava in corridoio cercando di parlare con loro, ma senza grandi risultati. Harry non era più tornato a trovarla; aveva provato un paio di volte, ma si era sempre bloccato sulla soglia del reparto chiuso.
   Chi invece sembrava migliorare di giorno in giorno, almeno a detta della figlia, era Xenophilius Lovegood: Luna mandava lettere regolarmente ed erano man mano più entusiastiche sulla ritrovata serenità del padre. A fine luglio la notizia dell’attacco a Harry era arrivata anche a loro, che in quel momento si trovavano nella Foresta Nera nel cuore della Germania; la conseguenza era stata un enorme gufo nero dallo sguardo cattivo che aveva consegnato a Ginny una lettera carica di ansia e che si era rifiutato di ripartire senza una risposta esaustiva.
   L’ultima pergamena era stata invece recapitata da una graziosa civetta arruffata e conteneva anche un piccolo pettegolezzo sul quale Ginny e Hermione avevano fantasticato per diversi giorni: Luna raccontava del loro viaggio attraverso le Alpi Svizzere, durante il quale avevano incontrato un giovane mago in viaggio studio come Magizoologo. La ragazza si era dilungata in una descrizione dei suoi morbidi capelli color sabbia e aveva usato toni entusiastici per annunciare loro che aveva scoperto che il ragazzo era niente meno che il nipote di Newt Scamander, l’autore del loro libro di testo di Cura delle Creature Magiche. Nell’eccitazione del racconto Luna aveva completamente dimenticato di scrivere il nome di questo affascinante mago – assolutamente tipico di lei, come aveva decretato Ginny leggendo per la terza volta la lettera.
   Altri due gufi avevano portato a metà luglio le lettere di Hogwarts, con due belle spille nuove e luccicanti: prevedibilmente, Hermione era stata nominata Capo Scuola, mentre Ginny si sorprese non poco quando dalla sua busta scivolò la spilla di Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro.
   Nessuno aveva più cercato di uccidere Harry – ed era già un gran successo, come gli aveva fatto notare Ginny un paio di volte – e il suo braccio aveva ripreso completamente a funzionare, dando al massimo una fitta o due ogni tanto.
   Qualche volta a cena si parlava ancora di chi potesse essere l’uccellino, come avevano cominciato a chiamare scherzosamente la possibile talpa all’interno del Ministero, ma il pensiero era ormai in secondo piano; Harry non si illudeva che non ci sarebbero stati altri problemi, ma sapeva che con tutta probabilità il pericolo vero sarebbe arrivato una volta che lui e Ron avessero cominciato il corso da Auror, il sette di settembre. Fino ad allora Harry aveva deciso di godersi in pieno ogni giorno con Ginny; il trenta agosto e la Cerimonia dei Diplomati si stavano avvicinando a grandi passi, dopo di ché lei avrebbe dovuto riprendere le lezioni a Hogwarts, lontano da lui, ancora una volta.
 
   Entrarono nella camera all’ultimo piano della Tana e si sedettero sulla brandina di Harry; lo sguardo di Ginny, chissà come, capitò su un vecchio e spesso libro rilegato di cuoio, sullo scaffale nell’angolo.
   “Che cos’è?” chiese la ragazza, alzandosi e allungando il braccio verso il volume senza aspettare una risposta.
   “No, Gin, quello…”
   Harry non fece in tempo a finire la frase che la ragazza aveva già preso il libro e lo aveva aperto, rimanendo a bocca aperta: era l’album che Hagrid aveva confezionato per Harry, alla fine del suo primo anno a Hogwarts, con tutte le foto di Lily e James Potter che era riuscito a trovare. Chissà come quel volume era riuscito a salvarsi dall’ultimo, allucinante anno e quando Harry se l’era ritrovato per le mani aveva pensato di utilizzarlo per conservare anche altri ricordi, come la Mappa del Malandrino e la lettera scritta da sua madre che lui aveva trovato in camera di Sirius.
   Ginny continuava a sfogliare le pagine, avida di altre immagini, avida di sapere; si sedette di fianco a Harry quasi senza accorgersene.
   “Non mi avevi mai parlato di… questo” mormorò stupita.
   “Io…” il ragazzo non sapeva proprio cosa dire.
   “Tua madre era bellissima” sussurrò Ginny passando un dito su un’immagine di Lily che scriveva qualcosa su una pergamena e rideva nel momento in cui si accorgeva di essere osservata. “E tuo padre… cavolo, sei la sua copia perfetta! A parte…”
   “Gli occhi” completò Harry, per l’ennesima volta nella sua vita. Passò un braccio attorno al fianco di Ginny, a disagio; non era pronto per tutto questo – ma raramente si è pronti nel momento giusto per certe cose. Lui apriva veramente poche volte quell’album e in nessun caso in presenza di altre persone; e adesso Ginny lo sfogliava con noncuranza, commentando le foto, guardando dappertutto. Harry si sentiva quasi violato: quelle immagini che erano state solo ed esclusivamente sue, ora erano in piazza, davanti ad occhi estranei.
   La mano di Ginny tremò appena quando trovò la lettera di Lily e la prese con delicatezza, come se fosse un reperto raro; la ragazza la scorse con gli occhi, poi si voltò verso Harry per dire qualcosa ma si bloccò, vedendo l’espressione dura di lui.
   “Va… tutto bene?” gli chiese.
   Harry provò l’impulso di strapparle l’album e la lettera dalle mani, di urlarle di andarsene e di non permettersi mai più di fare una cosa del genere. Ma la voce del buon senso gli disse che era una reazione assurda: dopo tutti i discorsi sul fare squadra e condividere ogni cosa, proprio non aveva senso una risposta del genere. Harry sospirò e prese dalla mano di Ginny la lettera di sua madre.
   “Io… non ero pronto a farti vedere queste cose” sussurrò fissando la calligrafia di Lily, cercando tutte le g, così simili alle sue, come se quelle lettere potessero in qualche modo calmarlo.
   “Harry, mi dispiace” disse subito Ginny. “Davvero, io non pensavo… non volevo farti male.”
   La voce di lei era praticamente un sussurro; il ragazzo alzò lo sguardo e le sorrise.
   “Prima o poi sarebbe successo comunque. Ma avrei preferito essere io a scegliere quando.”
   Ripose la lettera con cura tra le pagine di pergamena ingiallita, richiuse l’album e lo rimise sullo scaffale nell’angolo con estrema calma, in modo da dare le spalle a Ginny e avere il tempo di calmarsi.
   “Hermione mi ha detto che siete stati a Godric’s Hallow, a Natale.”
   La voce di Ginny lo raggiunse mentre era ancora voltato verso lo scaffale.
   “Davvero?” chiese Harry senza girarsi.
   “Mi chiedevo… mi chiedevo se prima o poi tu avessi piacere di tornarci… con me.”
   Per quanto conosceva Ginny, quella richiesta doveva esserle costata molto. Prima di quella sera, lei non era mai stata invadente, aveva rispettato quasi con timore quello che Harry desiderava dirle e quello che voleva tenere per sé. Lei non chiedeva, lei aspettava.
   E si è anche stancata di aspettare, disse la voce del buon senso.
   Harry attese qualche altro momento, poi si decise a voltarsi: la ragazza, la sua ragazza, lo guardava seria, senza accenni di pietà o lacrime, semplicemente in attesa della sua risposta. Lui allungò le mani e la fece alzare, senza riuscire a staccare gli occhi dai suoi.
   Devi farlo, devi farlo adesso, gli diceva la voce del buon senso. Se non lo fai adesso, non troverai mai più il coraggio per tornare là, lo sai bene.
   Sì, lo sapeva perfettamente. Strinse la presa sulle mani di Ginny, si concentrò su quel cimitero ignorando le fitte allo stomaco e girò su sé stesso.
   “Harry, no!”
   Fu come sbattere l’intera parte destra del corpo contro un muro di solidi mattoni. Sia lui che Ginny caddero a terra.
   “Ma che fai?” Ginny rideva, massaggiandosi la guancia sinistra arrossata. “Ti sei dimenticato che ci sono gli Incantesimi Anti Smaterializzazione?”
   Sì, dannazione, era proprio così. Harry lasciò cadere anche la testa sul pavimento, sconsolato, spostando gli occhiali e coprendosi il viso con le mani. La risata di Ginny lo contagiò, più per nervosismo che altro.
   “Tutto bene?” chiese lei. Era a gattoni di fianco a Harry, che la sbirciò aprendo due dita.
   “Sono un idiota vero?”
   Ginny rise ancora, poi si sedette per terra, prese le mani di Harry e le allontanò dal viso.
   “Andremo quando ti sentirai pronto. Non adesso, non voglio che tu lo faccia perché io ho pestato i piedi come una bambina capricciosa che ficca il naso dappertutto. Mi dirai tu quando. E io ci sarò” disse sorridendo.
   Harry la tirò a sé e cominciò a baciarla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Yeah, ce l’ho fatta! Il rientro a lavoro, come da previtions, è stato abbastanza terrificante, ma dopo l’ennesima giornata di poop ho deciso che era assolutamente ora di rimettere mano a Efp.
Allora allora, vi premetto che per diversi aggiornamenti metterò in pausa la parte più di azione, diciamo così, torniamo un po’ agli sbrodolamenti che mi son così cari – cerco sempre di trattenermi, ormai lo sapete – ma vogliamo forse negare un po’ di falso senso di sicurezza si nostri eroi? Giammai.
Quindi per chi predilige l’azione, portate pazienza un pochino, torneranno anche gli scaravoltamenti, ma per il momento ci godiamo un po’ di sana tragedia spirituale.
Dunque, mega riassuntone di un mese estivo alla Tana! Spero di essere stata sufficientemente chiara, la terza volta che ho riletto il capitolo volevo cestinarlo in blocco, poi ho respirato in un sacchetto, ho dato un’aggiustata qua e là e spero che il risultato finale sia decente.
Aggiornamento dedicato alle foto, grazie alle quali Ginny ha rischiato di farsi urlare in faccia da Harry, ma ejoy, se l’è cavata comunque!
Breve excursus anche sull’emotività di Hermione, che sta finalmente cercando di elaborare il lutto dei genitori dopo un anno in cui aveva altro per la testa e i suoi sentimenti sono dovuti passare per forza in secondo piano; la Rowling ci dice che lei tornerà una sola volta in Australia a rinnovare l’incantesimo di memoria e io ho deciso di dare per buona questa versione, con tutte le conseguenze che questa scelta comporta. Ma ne riparleremo meglio con il ritorno a Hogwarts!
Bon, cari, chiedo di nuovo scusa per gli aggiornamenti non celeri.
 
…….. e soprattutto vi chiedo scusa in ginocchio fin da adesso per il prossimo capitolo. Ci ho pensato e ripensato, giuro, ma proprio per la piega che aveva preso quella parte di storia, ecco, non poteva finire diversamente. Mi dispiace davvero.
 
Grazie di cuore a tutti coloro che leggono, seguono e soprattutto recensiscono! Con l’aggiornamento scorso siamo arrivati alle 100 recensioni, grazie davvero, è una grande soddisfazione!
Smack!
Gin
   
 
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