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Autore: Niglia    18/06/2009    5 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ringraziamenti!
Ciao ragazze! Perdonatemi il ritardo nello postare questo capitolo, ma sono stata occupata e non ho potuto dedicarmi come volevo al proseguimento di questa storia. Spero come sempre di non deludervi! Tengo molto a ringraziare nimi_chan, ladyramione, la mia geme xD, silvietta_in love 4ever, SweetCherry, Merry NIcEssus e tutte coloro che mi hanno aggiunta tra le preferite e le seguite, vi ringrazio tantissimo di dedicarmi il vostro tempo, non so come farei senza di voi!
Beh, ho scoperto che vi siete quasi tutte innamorate di Enrico! xD tecnicamente doveva essere il "cattivo" della situazione, ma vedo che per ora ha riscosso parecchi consensi! Non nascondo che anch'io ho un debole per lui u.u Chissà che cosa ne penserete di questo capitolo, spero comunque che me lo farete sapere :)
Bene, mi sembra di essermi dilungata anche troppo!
Buona lettura e a presto!
Baciooo :*














Capitolo IV







 

 

 

 

 

Ero al mare con Alessandra e Laura quando mi squillò all’improvviso il cellulare.

In genere non mi cercava mai nessuno quando ero con loro – a parte mia madre – ma visto che eravamo da sole per una giornata interamente femminile, senza i ragazzi tra i piedi, per intenderci, poteva essere uno di loro che sentiva la nostra mancanza. Forse Federico, visto che il telefono della sua ragazza era scarico.

Invece era un messaggio di Matteo.

Stupita mi misi a sedere, schermandomi gli occhi con la mano e iniziando a leggerlo.

Ciao, Giulia…Sono Matte. Volevo scusarmi per quello che è successo l’altra sera. Non dovevo comportarmi in quel modo… Ammetto di aver esagerato.

Sollevai un sopracciglio: ma pensa, il grande eroe era pentito. Mi prudevano ancora le mani per quello che era successo quando mi aveva riaccompagnata a casa, dopo la serata in discoteca, perché si era comportato in un modo che davvero non mi sarei mai aspettata.

Baciata. Mi aveva baciata.

E con prepotenza, anche. Era successo prima che scendessi dalla sua auto, eravamo da soli e mi aveva afferrato il polso con forza, attirandomi verso di lui. Le sue labbra erano calate sulle mie senza che potessi fare nulla per impedirlo, e mi era rimasto attaccato come se fossi stata l’unica fonte di ossigeno presente in quel momento. Ero rimasta talmente sconvolta dal suo gesto da restare immobile come una statua, chiudendo gli occhi non per il piacere, ma nell’attesa che si stancasse e mi lasciasse andare.

Quando poi lo fece, l’avevo guardato con un’espressione talmente disgustata che era arrossito, imbarazzato e colpevole, e aveva cercato di parlare per giustificarsi.

“Cosa ti prende?” Avevo sibilato, furiosa. Non so che cosa mi aveva trattenuto dal colpirlo.

Lui si era passato una mano tra i capelli, distogliendo lo sguardo da me. “Non ho sopportato il modo in cui ti guardava…” Aveva mormorato, riferendosi chiaramente ad Enrico.

“E allora hai pensato di baciarmi?!” La mia rabbia stava davvero crescendo.

Matteo sollevò di nuovo lo sguardo su di me, allungando le mani per sfiorarmi ma ritraendole subito nel vedere la mia espressione poco amichevole. “Giulia, credevo che tu conoscessi i miei sentimenti… Insomma… Tu… Tu mi piaci…”

Aggrottai le sopracciglia, afferrando la maniglia dello sportello. “Proprio un pessimo modo di dimostrarlo.” Poi lo spalancai e uscii fuori prima che potesse fermarmi, correndo dentro casa.

Da allora non gli avevo più rivolto la parola.

Ma evidentemente non aveva resistito troppo, perché questo era successo solo tre giorni prima e lui mi aveva già mandato un messaggio. Un tempismo davvero perfetto, pensai.

Non sapevo che cosa fare. Che cosa avrei dovuto rispondergli? Che avevo già dimenticato, che non portavo rancore, amici come prima? Non era quello che pensavo, il ricordo di quel bacio bruciava ancora troppo ed era difficile da dimenticare. Non che mi fosse piaciuto: semplicemente, non potevo scordare il modo in cui si era imposto, baciandomi con forza e obbligandomi ad assecondarlo.

E poi… C’era un’altra cosa che mi faceva disperare…

Ogni volta che ripensavo al bacio di Matteo e alle sue complicazioni – perché questo avrebbe senza dubbio rovinato il rapporto tra noi e all’interno del gruppo – il ricordo nitido del suo viso si sostituiva a quello di un altro ragazzo.

Perché Enrico si insinuava in quel modo nella mia mente? Era perché mi avevano scioccata le sue parole? Si trattava di una scusa debole e patetica, ma non riuscivo a giustificarlo con altro. Quando Matteo mi aveva baciato non avevo provato niente di niente, nessun brivido, nessun calore, se non lo stupore e il ribrezzo che il suo gesto mi aveva provocato: nulla a che vedere con quello di cui era capace Enrico con un solo sguardo.

Beh, Enrico è davvero molto bello… Cercai di obiettare, giustificandomi. Matteo non può competere, ed è ovvio che non è suo pari neanche in esperienza.

Tuttavia, già il fatto che stessi mettendo a confronto il mio amico, che conoscevo ormai da un paio di mesi, con un completo sconosciuto, avrebbe dovuto farmi riflettere. Okay, che leggessi troppi libri era risaputo: ma da qui a inventarsi storie strane sulla mia, di vita!

Con un sospiro chiusi il telefono senza rispondere, ritirandolo nuovamente in borsa. Volevo parlarne con Alessandra, prima, per vedere che cosa poteva consigliarmi… Avevo raccontato solo a lei quello che era successo l’altra sera, ed era superfluo dire che si era arrabbiata almeno quanto me. Mi aveva detto di lasciarlo sbollire per un po’, e la mia intenzione era proprio quella, ma non pensavo che lui prendesse l’iniziativa e mi cercasse di nuovo.

Mi alzai, sciogliendomi i capelli ed entrando in acqua: era l’unico modo per andare a parlare subito con la mia amica, visto che io ero l’unica ad essere rimasta a crogiolarmi al sole sugli scogli. Purtroppo l’acqua era gelida e mi sfuggì una poco gentile imprecazione, così avanzai in punta di piedi nell’acqua che mi arrivava a metà gamba e che diventava man mano più profonda, ma io mi ostinavo a non tuffarmi. Grazie al cielo non si erano spinte molto lontano, e le raggiunsi prima che l’acqua diventasse troppo alta.

“Geme! Laura!” Le chiamai, agitando un braccio mezzo intirizzito dal freddo.

Loro si voltarono quasi contemporaneamente, e quando videro che ero abbastanza restia a bagnarmi si scambiarono uno sguardo complice che non mi piacque per niente, prima di tuffarsi e raggiungermi sott’acqua.

Se provano a schizzarmi le picchio, fu l’unica cosa che pensai mentre le osservavo preoccupata.

Ad ogni modo la loro intenzione era proprio quella. Sempre senza emergere nuotarono fino ad arrivare vicino alle mie gambe, e prima che potessi spostarmi saltarono fuori dall’acqua e iniziarono a gettarmi addosso tutta quella che potevano. Lanciai un grido di spavento – malgrado tutto non me l’aspettavo! – e mi immersi tutta d’un colpo per sottrarmi alla loro tortura.

Quando tornai in superficie le sentii ridere, e inevitabilmente mi unii a loro.

“La prossima volta state attente perché vi ricambierò il favore!” Esclamai, cercando di sembrare minacciosa. Ma loro risero ancora di più.

Ripensai fugacemente al messaggio di Matteo, ma decisi subito di lasciar perdere. Ne avrei parlato con Alessandra in un altro momento, quando saremmo state da sole e quando avevo voglia di farmi del male: per ora ne avevo abbastanza, e volevo solo divertirmi.

 

 

Trascorsero solo altri due giorni prima che avessi nuovamente notizie di Matteo.

Era mattina, e mi ero appena svegliata quando Alessandra mi aveva telefonato: già dal suo tono di voce preoccupato avevo intuito che c’era qualcosa che non andava.

“Cos’è successo?” Chiesi, iniziando seriamente a preoccuparmi anch’io.

La sentii deglutire. “È per Matteo… Mi ha appena mandato un messaggio Laura…”

“Allora?” La esortai.

“Lo hanno picchiato.”

Rimasi per un attimo in silenzio, stupita, lasciando che quella notizia si impossessasse di me. Lo avevano picchiato? Perché? Matteo non era un ragazzo che andava in cerca di rogne: era un po’ montato, e forse qualche volta aveva esagerato nel fare dei “complimenti” poco carini, ma non credevo che questo bastasse per venire picchiati!

“Ma… Perché? E quando è successo?” Continuai, preoccupata. Okay, avevo intenzione di non rivolgergli più la parola, ma davanti a determinati avvenimenti chiunque si deve ricredere, e lui era comunque un mio amico.

“Non lo so, geme…!” Replicò Alessandra, ansiosa. “Ti ho chiamato perché volevo chiederti di venire con me a casa sua, per vedere come sta… Devono andare anche Laura e Federico…”

Annuii, prima di ricordarmi che lei non poteva vedermi. “Certo, è naturale. Mi faccio accompagnare a casa tua e ci andiamo! Aspettami.”

Circa mezz’ora dopo eravamo tutti e quattro seduti nel soggiorno della casa del nostro amico, aspettando che la madre tornasse per farci salire da lui. Io ero rimasta in piedi: ero troppo agitata per stare tranquillamente seduta, malgrado le richieste dei miei amici.

“Matteo si è vestito, potete salire.” Ci annunciò la madre con voce triste, ricomparendo all’improvviso dalla ringhiera delle scale e facendoci sobbalzare. Io fui la prima ad arrivare in camera sua, e quando lo vidi in quelle condizioni dimenticai immediatamente il motivo per il quale avevo intenzione di tenergli il broncio.

Era disteso sopra il materasso, con un braccio piegato dietro la testa e una mano che reggeva una borsa per il giaccio che teneva premuta sul lato destro del viso. Indossava una tuta da ginnastica che si era messo probabilmente in fretta e furia per accoglierci, e l’espressione del suo volto era davvero sofferente. Era ovvio che doveva essergli successo qualcosa di brutto.

Eppure, quando si accorse di me girò la faccia da un’altra parte, come per evitare di guardarmi negli occhi. Non compresi il suo gesto.

“Matte!” Esclamai, raggiungendolo accanto al letto e ignorando il fatto che lui si fosse messo seduto per non rimanere sdraiato accanto a me. “Che cosa ti è successo?”

Fece una smorfia strana prima di rispondermi freddamente. “Beh, non lo vedi? Me le hanno date di santa ragione.”

“Ma chi? Perché?” Insistei, ben decisa a non lasciarmi intimidire dal suo tono. Capivo che stava male e soffriva, ma non sopportavo che se la prendesse con me. Non ero io quella che l’aveva picchiato, accidenti, anche se l’avrebbe meritato anche da parte mia!

Ad ogni modo continuò a non rispondermi, almeno fino a quando non ci raggiunsero anche gli altri. A quel punto mi sedetti da una parte, nella sedia della scrivania, incrociando le braccia e attendendo che svuotasse il sacco con i suoi veri amici. Che bello, mi stavo innervosendo…!

Federico si sedette sul letto, e gli fece la mia identica domanda. “Allora, Matte? Che cosa ti è successo?”

L’altro si tolse la borsa del ghiaccio dalla faccia, strappando un gemito alle mie amiche e non riuscendo a nascondere un mezzo sorrisetto compiaciuto. Ma guardalo, evidentemente gli faceva piacere essere al centro dell’attenzione, circondato da ragazze che si occupavano di lui! Aveva messo in mostra un occhio completamente nero, che stava iniziando a diventare violaceo nei bordi, mentre il resto del volto era tumefatto come un frutto maturo caduto dall’albero e pestato con forza. Chiunque fosse stato a fargli quello non doveva averlo molto in simpatia.

“È successo ieri notte, prima che andassi alla Favola a prendere Giorgio.” Esordì, socchiudendo gli occhi. “Stavo andando a recuperare la macchina, e nel parcheggio della vecchia stazione era quasi tutto buio, c’erano solo pochi lampioni… Ero solo, e loro mi hanno circondato. Quei bastardi si sono messi a ridere, dopo avermi tagliato ogni via d’uscita, e a quel punto il capo si è fatto avanti venendo verso di me, con le braccia incrociate…”

Dio mio, pensai, non riuscendo a trattenermi dall’alzare gli occhi al cielo. Dacci un taglio, Matte. Raccontare la storia in questo modo non ti farà passare per un eroe.

Tuttavia sembrava che lui non volesse perdersi quel momento di gloria. “Si è messo a ridere anche lui, mentre gli altri alle sue spalle chiudevano il cerchio. ‘Ci incontriamo di nuovo, Matteo.’ Ha mormorato, con una voce incredibilmente cattiva. ‘Ti sei già dimenticato che cosa ti avevo detto? Beh, io ti avevo messo in guardia…’ Poi ha fatto un gesto con la mano a due dei suoi amici, che sono scattati in avanti e mi hanno afferrato alle braccia, in modo da tenermi fermo. Si è avvicinato ancora, e in quel momento l’ho visto… ‘Spero che questo ti serva di lezione per la prossima volta.’ Ha aggiunto.”

Sospirò, massaggiandosi la testa con le mani. “Beh, il resto potete immaginarlo… Non mi ricordo come sono riuscito ad entrare in macchina e a tornare a casa… Però grazie al cielo ce l’ho fatta.”

Federico imprecò ad alta voce, furioso. “Ma chi cazzo erano questi?” Esclamò, guardando in faccia l’amico.

Matteo chiuse un secondo gli occhi, prima di rispondere, e quando aprì la bocca mi sporsi leggermente in avanti, perché temevo di aver capito chi fosse stato, malgrado la mia parte razionale cercasse di trovare un’altra risposta.

Che però non era quella che speravo.

“Era il tipo che abbiamo incontrato qualche giorno fa in discoteca.” Disse, lanciandomi un’occhiata di sottecchi. “Occhi Belli.”

Non riuscii nemmeno io a trattenere un’imprecazione.

 

 

 

   
 
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