Ciao ragazze! Perdonatemi il ritardo nello postare questo capitolo, ma sono stata occupata e non ho potuto dedicarmi come volevo al proseguimento di questa storia. Spero come sempre di non deludervi! Tengo molto a ringraziare nimi_chan, ladyramione, la mia geme xD, silvietta_in love 4ever, SweetCherry, Merry NIcEssus e tutte coloro che mi hanno aggiunta tra le preferite e le seguite, vi ringrazio tantissimo di dedicarmi il vostro tempo, non so come farei senza di voi!
Beh, ho scoperto che vi siete quasi tutte innamorate di Enrico! xD tecnicamente doveva essere il "cattivo" della situazione, ma vedo che per ora ha riscosso parecchi consensi! Non nascondo che anch'io ho un debole per lui u.u Chissà che cosa ne penserete di questo capitolo, spero comunque che me lo farete sapere :)
Bene, mi sembra di essermi dilungata anche troppo!
Buona lettura e a presto!
Baciooo :*
Capitolo IV
Ero al mare con Alessandra e
Laura quando mi squillò
all’improvviso il cellulare.
In genere non mi cercava mai
nessuno quando ero con loro – a
parte mia madre – ma visto che eravamo da sole per una
giornata interamente
femminile, senza i ragazzi tra i piedi, per intenderci, poteva essere
uno di
loro che sentiva la nostra mancanza. Forse Federico, visto che il
telefono
della sua ragazza era scarico.
Invece era un messaggio di Matteo.
Stupita mi misi a
sedere, schermandomi gli occhi con la mano e iniziando a leggerlo.
“Ciao,
Giulia…Sono Matte. Volevo scusarmi per quello che
è
successo l’altra sera. Non dovevo comportarmi in quel
modo… Ammetto di aver
esagerato.”
Sollevai un sopracciglio: ma
pensa, il grande eroe era
pentito. Mi prudevano ancora le mani per quello che era successo quando
mi
aveva riaccompagnata a casa, dopo la serata in discoteca,
perché si era
comportato in un modo che davvero non mi sarei mai aspettata.
Baciata. Mi aveva baciata.
E con prepotenza, anche. Era
successo prima che scendessi
dalla sua auto, eravamo da soli e mi aveva afferrato il polso con
forza,
attirandomi verso di lui. Le sue labbra erano calate sulle mie senza
che
potessi fare nulla per impedirlo, e mi era rimasto attaccato come se
fossi
stata l’unica fonte di ossigeno presente in quel momento. Ero
rimasta talmente
sconvolta dal suo gesto da restare immobile come una statua, chiudendo
gli
occhi non per il piacere, ma nell’attesa che si stancasse e
mi lasciasse
andare.
Quando poi lo fece,
l’avevo guardato con un’espressione
talmente disgustata che era arrossito, imbarazzato e colpevole, e aveva
cercato
di parlare per giustificarsi.
“Cosa ti
prende?” Avevo sibilato, furiosa. Non so che cosa mi
aveva trattenuto dal colpirlo.
Lui si era passato una mano tra i
capelli, distogliendo lo
sguardo da me. “Non ho sopportato il modo in cui ti
guardava…” Aveva mormorato,
riferendosi chiaramente ad Enrico.
“E allora hai pensato
di baciarmi?!” La mia rabbia stava
davvero crescendo.
Matteo sollevò di
nuovo lo sguardo su di me, allungando le
mani per sfiorarmi ma ritraendole subito nel vedere la mia espressione
poco
amichevole. “Giulia, credevo che tu conoscessi i miei
sentimenti… Insomma… Tu…
Tu mi piaci…”
Aggrottai le sopracciglia,
afferrando la maniglia dello
sportello. “Proprio un pessimo modo di
dimostrarlo.” Poi lo spalancai e uscii
fuori prima che potesse fermarmi, correndo dentro casa.
Da allora non gli avevo
più rivolto la parola.
Ma evidentemente non aveva
resistito troppo, perché questo
era successo solo tre giorni prima e lui mi aveva già
mandato un messaggio. Un
tempismo davvero perfetto, pensai.
Non sapevo che cosa fare. Che
cosa avrei dovuto rispondergli?
Che avevo già dimenticato, che non portavo rancore, amici
come prima? Non era
quello che pensavo, il ricordo di quel bacio bruciava ancora troppo ed
era
difficile da dimenticare. Non che mi fosse piaciuto: semplicemente, non
potevo
scordare il modo in cui si era imposto, baciandomi con forza e
obbligandomi ad
assecondarlo.
E poi… C’era
un’altra cosa che mi faceva disperare…
Ogni volta che ripensavo al bacio
di Matteo e alle sue
complicazioni – perché questo avrebbe senza dubbio
rovinato il rapporto tra noi
e all’interno del gruppo – il ricordo nitido del
suo viso si sostituiva a
quello di un altro ragazzo.
Perché Enrico si
insinuava in quel modo nella mia mente? Era
perché mi avevano scioccata le sue parole? Si trattava di
una scusa debole e
patetica, ma non riuscivo a giustificarlo con altro. Quando Matteo mi
aveva
baciato non avevo provato niente di niente, nessun brivido, nessun
calore, se
non lo stupore e il ribrezzo che il suo gesto mi aveva provocato: nulla
a che
vedere con quello di cui era capace Enrico con un solo sguardo.
Beh, Enrico è davvero
molto bello… Cercai di obiettare,
giustificandomi. Matteo non può
competere, ed è ovvio che non è suo pari neanche
in esperienza.
Tuttavia, già il fatto
che stessi mettendo a confronto il mio
amico, che conoscevo ormai da un paio di mesi, con un completo
sconosciuto,
avrebbe dovuto farmi riflettere. Okay, che leggessi troppi libri era
risaputo:
ma da qui a inventarsi storie strane sulla mia, di vita!
Con un sospiro chiusi il telefono
senza rispondere,
ritirandolo nuovamente in borsa. Volevo parlarne con Alessandra, prima,
per
vedere che cosa poteva consigliarmi… Avevo raccontato solo a
lei quello che era
successo l’altra sera, ed era superfluo dire che si era
arrabbiata almeno
quanto me. Mi aveva detto di lasciarlo sbollire per un po’, e
la mia intenzione
era proprio quella, ma non pensavo che lui prendesse
l’iniziativa e mi cercasse
di nuovo.
Mi alzai, sciogliendomi i capelli
ed entrando in acqua: era
l’unico modo per andare a parlare subito con la mia amica,
visto che io ero
l’unica ad essere rimasta a crogiolarmi al sole sugli scogli.
Purtroppo l’acqua
era gelida e mi sfuggì una poco gentile imprecazione,
così avanzai in punta di
piedi nell’acqua che mi arrivava a metà gamba e
che diventava man mano più
profonda, ma io mi ostinavo a non tuffarmi. Grazie al cielo non si
erano spinte
molto lontano, e le raggiunsi prima che l’acqua diventasse
troppo alta.
“Geme!
Laura!” Le chiamai, agitando un braccio mezzo
intirizzito dal freddo.
Loro si voltarono quasi
contemporaneamente, e quando videro
che ero abbastanza restia a bagnarmi si scambiarono uno sguardo
complice che
non mi piacque per niente, prima di tuffarsi e raggiungermi
sott’acqua.
Se provano a schizzarmi le picchio, fu l’unica cosa che
pensai mentre le osservavo preoccupata.
Ad ogni modo la loro intenzione
era proprio quella. Sempre
senza emergere nuotarono fino ad arrivare vicino alle mie gambe, e
prima che
potessi spostarmi saltarono fuori dall’acqua e iniziarono a
gettarmi addosso
tutta quella che potevano. Lanciai un grido di spavento –
malgrado tutto non me
l’aspettavo! – e mi immersi tutta d’un
colpo per sottrarmi alla loro tortura.
Quando tornai in superficie le
sentii ridere, e
inevitabilmente mi unii a loro.
“La prossima volta
state attente perché vi ricambierò il
favore!” Esclamai, cercando di sembrare minacciosa. Ma loro
risero ancora di
più.
Ripensai fugacemente al messaggio
di Matteo, ma decisi subito
di lasciar perdere. Ne avrei parlato con Alessandra in un altro
momento, quando
saremmo state da sole e quando avevo voglia di farmi del male: per ora
ne avevo
abbastanza, e volevo solo divertirmi.
Trascorsero solo altri due giorni
prima che avessi nuovamente
notizie di Matteo.
Era mattina, e mi ero appena
svegliata quando Alessandra mi
aveva telefonato: già dal suo tono di voce preoccupato avevo
intuito che c’era
qualcosa che non andava.
“Cos’è
successo?” Chiesi, iniziando seriamente a preoccuparmi
anch’io.
La sentii deglutire.
“È per Matteo… Mi ha appena mandato un
messaggio Laura…”
“Allora?” La
esortai.
“Lo hanno
picchiato.”
Rimasi per un attimo in silenzio,
stupita, lasciando che
quella notizia si impossessasse di me. Lo avevano picchiato?
Perché? Matteo non
era un ragazzo che andava in cerca di rogne: era un po’
montato, e forse
qualche volta aveva esagerato nel fare dei
“complimenti” poco carini, ma non
credevo che questo bastasse per venire picchiati!
“Ma…
Perché? E quando è successo?”
Continuai, preoccupata.
Okay, avevo intenzione di non rivolgergli più la parola, ma
davanti a
determinati avvenimenti chiunque si deve ricredere, e lui era comunque
un mio
amico.
“Non lo so,
geme…!” Replicò Alessandra, ansiosa.
“Ti ho
chiamato perché volevo chiederti di venire con me a casa
sua, per vedere come
sta… Devono andare anche Laura e
Federico…”
Annuii, prima di ricordarmi che
lei non poteva vedermi.
“Certo, è naturale. Mi faccio accompagnare a casa
tua e ci andiamo! Aspettami.”
Circa mezz’ora dopo
eravamo tutti e quattro seduti nel
soggiorno della casa del nostro amico, aspettando che la madre tornasse
per
farci salire da lui. Io ero rimasta in piedi: ero troppo agitata per
stare
tranquillamente seduta, malgrado le richieste dei miei amici.
“Matteo si è
vestito, potete salire.” Ci annunciò la madre
con voce triste, ricomparendo all’improvviso dalla ringhiera
delle scale e
facendoci sobbalzare. Io fui la prima ad arrivare in camera sua, e
quando lo
vidi in quelle condizioni dimenticai immediatamente il motivo per il
quale
avevo intenzione di tenergli il broncio.
Era disteso sopra il materasso,
con un braccio piegato dietro
la testa e una mano che reggeva una borsa per il giaccio che teneva
premuta sul
lato destro del viso. Indossava una tuta da ginnastica che si era messo
probabilmente in fretta e furia per accoglierci, e
l’espressione del suo volto
era davvero sofferente. Era ovvio che doveva essergli successo qualcosa
di
brutto.
Eppure, quando si accorse di me
girò la faccia da un’altra
parte, come per evitare di guardarmi negli occhi. Non compresi il suo
gesto.
“Matte!”
Esclamai, raggiungendolo accanto al letto e
ignorando il fatto che lui si fosse messo seduto per non rimanere
sdraiato
accanto a me. “Che cosa ti è successo?”
Fece una smorfia strana prima di
rispondermi freddamente.
“Beh, non lo vedi? Me le hanno date di santa
ragione.”
“Ma chi?
Perché?” Insistei, ben decisa a non lasciarmi
intimidire dal suo tono. Capivo che stava male e soffriva, ma non
sopportavo
che se la prendesse con me. Non ero io quella che l’aveva
picchiato, accidenti,
anche se l’avrebbe meritato anche da parte mia!
Ad ogni modo continuò
a non rispondermi, almeno fino a quando
non ci raggiunsero anche gli altri. A quel punto mi sedetti da una
parte, nella
sedia della scrivania, incrociando le braccia e attendendo che
svuotasse il
sacco con i suoi veri amici. Che bello, mi stavo
innervosendo…!
Federico si sedette sul letto, e
gli fece la mia identica
domanda. “Allora, Matte? Che cosa ti è
successo?”
L’altro si tolse la
borsa del ghiaccio dalla faccia,
strappando un gemito alle mie amiche e non riuscendo a nascondere un
mezzo
sorrisetto compiaciuto. Ma guardalo, evidentemente gli faceva piacere
essere al
centro dell’attenzione, circondato da ragazze che si
occupavano di lui! Aveva
messo in mostra un occhio completamente nero, che stava iniziando a
diventare
violaceo nei bordi, mentre il resto del volto era tumefatto come un
frutto
maturo caduto dall’albero e pestato con forza. Chiunque fosse
stato a fargli
quello non doveva averlo molto in simpatia.
“È successo
ieri notte, prima che andassi alla Favola a
prendere Giorgio.” Esordì, socchiudendo gli occhi.
“Stavo andando a recuperare
la macchina, e nel parcheggio della vecchia stazione era quasi tutto
buio,
c’erano solo pochi lampioni… Ero solo, e loro
mi hanno circondato. Quei
bastardi si sono messi a ridere, dopo avermi tagliato ogni via
d’uscita, e a
quel punto il capo si è fatto avanti venendo verso di me,
con le braccia
incrociate…”
Dio mio, pensai, non riuscendo
a trattenermi dall’alzare gli occhi al cielo. Dacci
un taglio, Matte.
Raccontare la storia in questo modo non ti farà passare per
un eroe.
Tuttavia sembrava che lui non
volesse perdersi quel momento
di gloria. “Si è messo a ridere anche lui, mentre
gli altri alle sue spalle
chiudevano il cerchio. ‘Ci incontriamo di nuovo,
Matteo.’ Ha mormorato, con una
voce incredibilmente cattiva. ‘Ti sei già
dimenticato che cosa ti avevo detto?
Beh, io ti avevo messo in guardia…’ Poi ha fatto
un gesto con la mano a due dei
suoi amici, che sono scattati in avanti e mi hanno afferrato alle
braccia, in
modo da tenermi fermo. Si è avvicinato ancora, e in quel
momento l’ho visto…
‘Spero che questo ti serva di lezione per la prossima
volta.’ Ha aggiunto.”
Sospirò,
massaggiandosi la testa con le mani. “Beh, il resto
potete immaginarlo… Non mi ricordo come sono riuscito ad
entrare in macchina e
a tornare a casa… Però grazie al cielo ce
l’ho fatta.”
Federico imprecò ad
alta voce, furioso. “Ma chi cazzo erano
questi?” Esclamò, guardando in faccia
l’amico.
Matteo chiuse un secondo gli
occhi, prima di rispondere, e
quando aprì la bocca mi sporsi leggermente in avanti,
perché temevo di aver
capito chi fosse stato, malgrado la mia parte razionale cercasse di
trovare
un’altra risposta.
Che però non era
quella che speravo.
“Era il tipo che
abbiamo incontrato qualche giorno fa in
discoteca.” Disse, lanciandomi un’occhiata di
sottecchi. “Occhi Belli.”
Non riuscii nemmeno io a
trattenere un’imprecazione.