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Autore: Saku90    26/09/2017    1 recensioni
Tratto dal prologo
Avevamo sconfitto Kaguya. Quindi penso sia comprensibile pensare di aver finalmente eliminato ogni minaccia e di poter sperare di godersi almeno mezzo secolo di pace, no?
Purtroppo non avevamo fatto i conti con quello che viene definito il terzo fattore, un fattore imprevedibile, e per questo spiazzante e catastrofico come non mai.
Sapete già di chi parlo, perché per quanto la sua dichiarazione di voler difendere Konoha abbia in parte acquietato le nostre paure, non aveva ingannato i nostri cuori.
[...] A un certo punto l’atmosfera si fece più tesa. Le intenzioni di entrambi si consolidarono nella volontà di concludere quello scontro. Entrambi erano pronti a sferrare il colpo decisivo, e proprio come quel giorno, di un sacco di anni fa sul tetto dell’ospedale, corsi a frappormi tra loro.
Posso ancora ricordare perfettamente la faccia sconvolta di Naruto, e lo sguardo determinato di Sasuke, disposto a trapassare il mio corpo pur di uccidere il suo migliore amico.
Vi starete giustamente chiedendo: cosa accadde? Da chi fui salvata?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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Sakura
 
Tutti siamo convinti di voler sapere con anticipo cosa accadrà nel futuro, fiduciosi nella nostra capacità di modificare gli eventi.
Io no, o almeno, non desideravo più poter prevedere gli eventi futuri, perché non si può imbrogliare il fato, non si può sfuggire in eterno alla sorte che inconsapevolmente ci siamo scelti.
Madara mi aveva convocata.
Sapevo già cosa sarebbe accaduto, ma non sapevo come comportarmi: non ero Sasuke, non avevo la sua freddezza e scaltrezza.
Non appena varcai la soglia di un’enorme stanza, venni subito pietrificata da un occhio rosso come il sangue: uno sharingan.
Iniziai a sudare freddo, memore del potere di quegli occhi, della spietatezza che sapevano infliggere.
Istintivamente feci un passo indietro.
«Scappi, Sasuke? Devo dedurre che tu sappia il motivo per il quale ti ho convocato?», mi interpellò una voce profonda.
Mi si bloccò il respiro in gola: come avrebbe risposto Sasuke?
Avanzai di un passo, cercando di mantenere alta la testa ed esporre il mio sguardo a quello sharingan malefico, poi presi un profondo respiro e…
«Di cosa blateri? Dimmi il motivo di questa chiamata, ho cose molto più importanti a cui badare che stare qui con te a giocare agli indovinelli».
Mi rispose un silenzio carico di tensione.
Forse avevo osato un po’ troppo.
«Ah, l’orgoglio di noi Uchiha è proprio senza limiti, e tu, Sasuke, ne sei la massima espressione. Non sfidare troppo la sorte, sai benissimo perché sei qui. Mi avevi promesso l’ottocode, e mi hai portato solo un tentacolo».
Stetti in silenzio, troppo spiazzata per poter prontamente rispondere.
Madra mi si avvicinò, lentamente, passo dopo passo, come un leone che fiuta la paura della sua preda e la mette spalle al muro.
«Portamelo qui, tutto intero», mi sibilò all’orecchio poggiandomi una mano sulla spalla.
Mi scrollai quella mano cercando di reprimere un brivido di terrore e uscii da quel covo.
Non appena i miei occhi videro il cielo stellato lasciai uscire il fiato fino ad allora trattenuto.
«Sasuke, tutto okay?», mi chiese la rossa che stava sempre appiccicata a Sasuke, Karin.
«Sì, ho solo bisogno di stare un po’ per i fatti miei», le disse troppo diplomaticamente, infatti i suoi occhi si spalancarono per lo stupore dinanzi a tanta gratuita cortesia da parte di Sasuke.
Sasuke, chissà cosa stava combinando. Probabilmente stava cercando di distruggere il mio corpo per riappropriarsi del suo.
Mi sdraiai sotto quel cielo pieno di stelle e, come ogni qual volta che cercavo di prender sonno all’aperto, iniziai a contarle. Quando non riuscii più a tenere in mente il conto, mi sopraggiunse un’illuminazione: quello non era il reale Madara, era Obito! Dovevo almeno cercare di sventare quell’orribile guerra che ne sarebbe conseguita.
 Questa volta potevo sacrificare la mia vita per la pace.
Mi alzai, e dopo aver lanciato un’ultima occhiata al cielo, rientrai dentro alla ricerca di Karin, convinta che avrebbe assecondato ogni follia di Sasuke in nome del suo amore.
 
Sasuke
 
Mi trovavo nel mio corpo, sdraiato su un folto prato primaverile, sotto un cielo cosparso di stelle. La brezza frizzantina, tipica delle sere primaverili, mi riempiva il naso del delicato profumo di fiori.
Un solitario fiore di ciliegio mi si poggiò sulla punta del naso. Di riflesso arricciai il naso nel tentativo di farlo cadere da quella posizione in bilico, ma una calda risata mi bloccò.
Una candida mano afferrò il fiore sfiorandomi delicatamente il naso.
«Sei sempre così irrequieto», mi disse una voce, la sua voce.
Immediatamente mi voltai verso di lei.
«Sakura…», bisbigliai pieno di meraviglia.
«Sasuke-kun».
Era sdraiata su un fianco accanto a me, bellissima come non mai.
«Co-cosa ci fai qui?», le chiesi.
Alla mia domanda la sua liscia fronte si aggrottò.
«Siamo venuti qui perché Itachi insisteva di voler vedere le stelle cadenti».
Itachi?
Mi guardai interno con fare frenetico, ma di mio fratello non scorsi nemmeno l’ombra.
«Dov’è?», la interrogai.
«È qui Sasuke. Mi stai spaventando, va tutto bene?», mi chiese in un sussurro.
Abbassai lo sguardo seguendo il movimento della sua mano che indicava un bambino, un bambino di circa tre anni che dormiva accoccolato tra noi due.
Avevamo un figlio.
Io e Sakura avevamo un figlio!
Osservai il suo profilo delicato, scorgendo in esso qualcosa di mio e qualcosa di Sakura.
Lo avevamo creato noi. Era nostro.
Beatamente cullato nel mondo dei sogni, il piccolo Itachi allungò una manina fino a che non trovò la mia.
In quel momento, in quell’innocente e primordiale contatto, nell’orgoglio riflesso negli occhi di Sakura, capii che quello era il mio posto, quel posto che da una vita cercavo lottando.
Presi mio figlio in braccio, e sentii il mio cuore resuscitare dalle macerie dei miei errori. Nulla aveva importanza, non in quel futuro dove non c’era posto per il mio orrido passato.
«Salvaci», sussurrò Sakura in un singulto.
Itachi apri i suoi occhioni, neri e profondi come i miei, ma pieni di gioiosa speranza come quelli della madre.
Le stelle iniziarono a cadere attorno a noi, come tanti piccoli meteoriti.
Il terreno iniziò a tingersi del rosso delle fiamme appiccate.
Il dolce profumo di fiori fu sostituito dall’acre odore delle sterpaglie bruciate.
Sentivo la supplica di Sakura trapanarmi il cervello.
Abbassai lo sguardo verso mio figlio, ma non c’era più.
Cercai Sakura, e la scorsi a qualche metro di distanza da me, il suo corpo intrappolato dalle fiamme.
Un lampo squarciò il cielo, subito seguito dal corrispettivo tuono.
«Sakura!».
Potevo scorgere le sue labbra muoversi, ma le potenti raffiche di vento che alimentavano le fiamme disperdevano le sue parole.
Poi un fulmine la centrò in pieno petto, ricordandomi del mio più grande misfatto.
 
Mi svegliai madido di sudore.
Con la coda dell’occhio scorsi una figura poco distante da me.
«Come sei entrata?».
Silenzio.
«Cosa vuoi?».
«Lo hai visto?», mi rispose la sua voce gracchiante.
«Cosa?».
«Il futuro del quale ti sei privato».
Stavolta fui io a rimanere in silenzio.
«Se non la cercherai lei morirà. Non è come te, non riuscirà a spacciarsi per te ancora a lungo. Ripensa agli scontri nei quali ti sei battuto, non riuscirà a sopravvivere. Lei non può scappare dal suo destino, Sasuke, è destinata alla morte, che sia per mano tua o per mano dei tuoi nemici. Ma tu, tu tieni in mano il suo destino. Solo tu puoi salvarla».
«LO SO!», le urlai, la preghiera di Sakura che ancora mi riecheggiava nelle orecchie.
«Maledetta vecchia, pensi che non ci abbia pensato?».
«Sei ancora qui», mi fece notare.
«Perché ti interessa così tanto?».
«Non cambierà nulla per te saperlo. Devi andare. Ora».
Guardai la sveglia, segnava le tre e mezza del mattino.
Lanciai un’altra occhiata alla vecchia.
Se solo avessi avuto lo sharingan!
«Non saresti stato in grado di vedere di più di ciò che vedi ora. Lo sharingan non ti permette di leggere i sentimenti, ma solo la parte razionale della natura umana. Se sei realmente convinto che lei non conti nulla per te, che non valga la pena di cercare di salvarla, se vuoi lasciarla all’oblio del suo amore non corrisposto, fermati un secondo a pensare a quello che hai sognato…. Il piccolo Itachi non verrebbe al mondo… saresti solo, un relitto che vaga alla disperata ricerca di redenzione».
«Non voglio la redenzione di nessuno!», le ringhiai, punto sul vivo dalle sue accuse.
«Ne sei certo?», mi sfidò alzando un candido sopracciglio.
«Tsk…».
In una frazione di secondo me la trovai dinanzi a me, le sue ossute dita piantonate nella mascella che mi obbligavano a sostenere il suo sguardo.
«Inizi ad avere paura, vero?», mi sussurrò.
Sì.
I miei occhi, o meglio, gli occhi di Sakura, erano ipnotizzati da quelli della vecchia: un susseguirsi di diversi colori che si ricorrevano tra loro per mescolarsi e poi separarsi in un ciclo continuo ed infinito.
«Cosa sei?», sussurrai, ogni cellula del mio essere che mi urlava di scappare.
«Lo scoprirai presto, ma prima, prima devi imparare a rispondere a questa domanda, Sasuke: cosa sei tu?», mi spiegò per poi poggiarmi due dita sulla fronte, un chiaro riferimento all’affetto passato che mi legava a mio fratello.
Non so come poté accadere, ma accadde, rivissi la mia vita sin dal principio.
Rividi mia madre, la tenerezza con la quale accarezzava il pancione che mi conteneva; mio padre, con gli occhi luccicanti di orgoglio nel venire a sapere che presto avrebbe avuto un altro figlio.
Rividi mio fratello, seduto sul portico di casa, lo sguardo determinato volto alla luna ed il mio piccolo e fragile corpicino stretto nel suo abbraccio protettivo.
Rivissi la perdita di quell’affetto, il sapore amaro di quel falso tradimento. Vidi le spalle di mio fratello piegarsi sotto il peso di quella scelta che fino a non molto tempo fa consideravo deliberata.
Osservai ogni sua lacrima, risplendente della luce lunare, chiedere perdono. E finalmente, finalmente potei ammirare me all’età di sei anni, i miei occhi spalancati dall’orrore e dal terrore. Vidi il mio sguardo spegnersi, ossidarsi per l’odio che iniziava a piantare radici nel mio animo. Ma poi arrivò Naruto, e con lui Sakura, e il mio cuore riscoprì il calore dell’affetto e dell’amore.
Ovviamente non poté durare a lungo, ma non perché gli altri mi ritenessero indegno di amore, ma perché…. Ero io a ritenere loro indegni del mio tempo. Li tradii, rifiutai l’amicizia di Naruto, e rifiutai l’amore di Sakura, così come ignorai gli avvertimenti di Kakashi.
Distrussi tutto, anche mio fratello, eppure… eppure loro erano ancora lì, le loro mani tese per riportarmi a loro, pronti a ridarmi affetto incondizionatamente dalle azioni che avevo compiuto.
Mi ritrovai alla valle dell’epilogo, minaccioso e guerrafondaio come non mai, convinto di dover punirmi con la solitudine, anche a costo di ucciderli tutti. Ma lei me lo impedì. Preferì barattare il suo cuore per la mia vita, ed io….
«Cosa sei Sasuke?», mi chiese affettuosamente la vecchia carezzandomi la fronte con una materna carezza.
Rimasi in silenzio, troppo scombussolato da ciò che avevo appreso.
«È esatto», mi disse, come se potesse leggermi nel pensiero. «Anche tu sei degno di amore».
«Ma io… io…», balbettai come un idiota.
«Puoi ancora rimediare», mi sollecitò porgendomi il diario di Sakura.
Guardai l’ora: erano le quattro del mattino.
«Grazie», le dissi.
«Buona fortuna Sasuke, spero che riuscirai ad avere quello che meriti».
Mi alzai, presi lo zaino che mi porgeva e uscii per strada.
 
Naruto
 
Ero sdraiato sul mio letto ad ammirare la foto che avevo trovato. Lo scroscio della pioggia che batteva sul tetto di lamiera scandiva i secondi che passavano.
Guardai il volto di Sakura, i suoi delicati lineamenti, quel sorriso pieno di speranza e aspettative, e qualcosa dentro di me iniziò a cedere, sotto la convinzione che fosse tutto sbagliato.
Non era questa la mia vita, e quello che vagabondava come un relitto non era il vero Sasuke.
«Come posso riportarti indietro?», chiesi al volto sorridente della rosa.
Esasperato mi alzai dal letto e uscii, incurante della pioggia, e andai alla ricerca di Sasuke.
Lo trovai seduto sulle macerie del quartier Uchiha.
«Sasuke», sussurrai.
«Cosa vuoi Naruto?».
«Cosa ti è successo? Fino a qualche giorno fa eri tanto interessato per la situazione di…».
Non potei terminare la frase che mi ritrovai la lama della sua katana contro la gola.
«Non c’è nulla che non vada, voglio essere lasciato da solo. Per una volta puoi stare ad ascoltarmi?».
Il suo tono mi avvertì di non insistere.
«D’accordo, io sono sempre qui, in caso cambiassi idea», cercai di assecondarlo.
«Avrei dovuto ucciderti», sussurrò così piano che quasi non lo udii.
Un brivido di gelo mi percosse la spina dorsale facendomi rizzare i capelli.
«Sasuke…», iniziai, ma lui sputò per terra, a pochi centimetri dai miei piedi, un chiaro segno di rifiuto, per poi voltarmi le spalle e venir inghiottito dalla pioggia torrenziale.
Mi lasciai cadere a sedere a peso morto, svuotato di ogni forza e speranza. Eravamo tornati al punto di partenza.
Mi avviai verso casa, ma proprio quando stavo per varcare il confine del territorio Uchiha, sotto un masso, vidi un foglio svolazzare in balia del vento.
Con estrema delicatezza, per evitare di stracciare la carta bagnata, sollevai il sasso e sfilai il foglio. Era una pagina di diario, sicuramente di un diario femminile visto l’eleganza e la delicatezza dei kana che riempivano la pagina.
Ignorando la pioggia che con insistenza mi batteva le spalle, lessi avidamente il foglio e le sconcertanti parole che conteneva, per poi lasciarmi cadere nuovamente su quel suolo fangoso a fissare il cielo plumbeo, la pioggia che silenziosa si mescolava alle mie lacrime.
 
NdA: Mi scuso per la brevità del capitolo, ma è un capitolo transitorio. Spero di non aver deluso troppo le aspettative.
Vi ricordo che il reale protagonista è Sasuke, che agisce nell’ ambientazione del manga, mentre Naruto si trova in un futuro alternativo, dove Sasuke è il relitto di cui parla la vecchietta.
 
 
   
 
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