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Autore: Niglia    19/06/2009    6 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aggiornamento rapido! xD
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, nonchè per la lista delle preferite e delle seguite che diventa ogni giorno più lunga... Purtroppo adesso il tempo mi sfugge per ringrarvi una per una, ma prometto che recupererò con il prossimo aggiornamento! Spero che anche questo nuovo capitolo - scritto piuttosto di getto - sia di vostro gradimento, e spero anche che me lo facciate sapere :)
Un bacio enorme a voi che mi seguite, non so cosa farei senza il vostro appoggio!
Buona lettura!
Ciao ciaoooo :*
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Capitolo V 












 

“Non riesco a credere che l’abbia fatto davvero.”

Alessandra scrollò le spalle, mentre io incrociavo le braccia e mi sedevo sulla prima panchina libera. Quella mattina ero rimasta seriamente sconvolta nel venire a conoscenza del nome di colui che aveva ridotto in quello stato uno dei miei amici.

Non credevo che Enrico sarebbe stato capace di attuare la minaccia che gli aveva fatto in discoteca, anche perché non era nata da nulla di serio. O almeno questo era quello che credevo.

Stranamente mi sentivo un po’ in colpa per quello che era successo a Matteo, anche se non sapevo bene perché avrei dovuto. Non l’avevo certo picchiato io, eppure avevo la sensazione che se non avessi parlato con Enrico, quella sera alla Favola, questo non sarebbe successo. Ad ogni modo non volevo avere più nulla a che fare con quella storia, e non credevo di dovermi intromettere più di tanto. Matteo era mio amico, ma evidentemente non aveva più intenzione di rivolgermi la parola, e in quel caso non l’avrei fatto neppure io. Avevo già troppi problemi.

“Tutto il paese sa che gli Occhi Belli non sono degli individui proprio… raccomandabili, ecco.” Replicò Alessandra, con cautela. Beh, aveva ragione.

“Lo so, ma perché picchiare Matteo?” Continuai, facendole cenno di sedersi vicino a me. “È un’idiozia se l’ha fatto solo per ‘tener fede’ alla sua minaccia.”

Sollevò un sopracciglio, guardandomi incuriosita. “Credi che ci sia dell’altro?”

“Non lo credo, ne sono decisamente convinta!” Ribattei. “Solo che non so che cosa possa essere questo altro… Tu non hai nessuna idea?”

“Beh…” Iniziò lei, leggermente titubante.

Tacque, e io sbuffai. “Geme, parla chiaro.”

Sospirò, guardandomi in modo piuttosto strano. “Non pensi che… ecco… In mezzo ci sia tu?”

Aggrottai le sopracciglia, confusa. “Cioè?”

“E se… Se Occhi Belli fosse in qualche modo geloso di Matteo?”

Sgranai gli occhi, a bocca aperta. “Ma stai scherzando? Perché dovrebbe essere geloso?”

Ale incrociò a sua volta le braccia, sporgendosi verso di me. “Hai visto come ti guardava in discoteca? Sembrava che ti volesse mangiare! E poi è arrivato Matteo a fare il ragazzo geloso e lo ha insultato… Non credi che questo sia abbastanza normale?” Concluse, mimando le virgolette sulle ultime due parole.

Non sapevo che cosa dirle: crederle era impossibile! “Io e Matteo non stiamo insieme!”

“Lo so, ma forse Occhi Belli ha capito il contrario.” Mi guardò interrogativa, poi, visto che io mi ostinavo a non rispondere, aggiunse. “Oppure sei tu che glielo hai fatto capire…”

Inevitabilmente arrossii, distogliendo lo sguardo da lei. “Okay, va bene, gli ho detto di essere già fidanzata, e quando è arrivato Matteo non l’ho contraddetto… Ma geme, mi serviva che lui lo credesse, perché non mi piaceva come mi si stava rivolgendo! E comunque, è stato uno stronzo ad averlo picchiato per questo.”

Mi alzai dalla panchina, subito imitata dalla mia amica. “Dai, facciamoci un giro…”

Continuammo a discutere a lungo di quello, anche se avremmo avuto tutta la notte per farlo. L’idea era infatti di mangiarci una pizza e raggiungere poi Laura e Federico a casa di quest’ultimo, per vederci un film tutti insieme. Poi Ale mi aveva invitato ad andare a dormire a casa sua, quindi sarei stata tranquilla anche per l’orario di rientro.

Dopo essere andate via dalla pizzeria, ci incamminammo verso casa di Federico, prendendo delle stradine poco trafficate per fare prima. Tuttavia non si dimostrò essere una buona idea.

“Geme, ho l’impressione che qualcuno ci stia seguendo.” Mormorò Alessandra, tirandomi la manica della felpa. “Non girarti, ma secondo me sono un paio di ragazzi.”

Deglutii. “Facciamo finta di niente e non accelerare… Vediamo un po’ se ce l’hanno proprio con noi.”

Sempre senza voltarci seguitammo a camminare, ma i passi di quelli che ci seguivano si stavano facendo sempre più vicini, e alla fine, spaventate, non resistemmo più e ci mettemmo a correre. Fu la cosa peggiore da fare: gli sconosciuti ci imitarono e corsero così in fretta da riuscire quasi a raggiungerci, sennonché noi riuscimmo ad arrivare all’angolo della strada per poi voltare a destra e sparire in un’altra viuzza laterale.

“Li abbiamo seminati?” Ansimò Alessandra, poggiandosi al muro e cercando di riprendere fiato dopo la corsa.

Scrollai le spalle. “Non lo so.” Mormorai.

In quel momento dal buio della via sbucarono i due ragazzi di prima, che ci raggiunsero in due rapide falcate e ci imprigionarono contro il muro per impedirci di fuggire. Da un’altra parte ne apparvero altri due, ed io ebbi la tremenda visione di quello che avevano fatto a Matteo, e iniziai a tremare temendo che anche noi saremmo potute finire così, se non addirittura… peggio.

E urlare non sarebbe servito.

“Calme, ragazze, se vi comportate bene nessuna di voi si farà male…” Disse uno di loro, facendosi avanti e permettendoci di vederlo in faccia alla luce della luna.

Trattenni a stento un’imprecazione, quando lo riconobbi: era uno dei compari di Enrico, uno di quelli che erano al bar con lui quando l’avevo visto per la prima volta!

Provai a divincolarmi, ma sfortunatamente quello che mi stringeva i polsi era il doppio di me e non riuscii nemmeno ad allontanarmi dal suo petto di pochi centimetri. Lanciando uno sguardo ad Alessandra mi accorsi che lei non se la stava cavando meglio di me, ma se non altro entrambe stavamo riuscendo perfettamente a mantenere la calma e non piangere.

“Cosa accidenti volete da noi?” Esclamò a quel punto Alessandra, stupendomi. Dove aveva trovato il coraggio di aprire bocca e parlare? Le rivolsi un sorriso grato di sincera ammirazione che fui certa che lei vide.

“Da te niente, tesoro.” Rispose il tipo che aveva già parlato prima, sorridendole malizioso. “Non è te che siamo venuti a prendere, ma la tua amica. E tu,” aggiunse, voltandosi verso di me. “Ci seguirai senza fare tante storie.”

Sgranai gli occhi, sentendomi le guance andare in fiamme dalla rabbia. “Non credo proprio! Non sono così stupida da venire con voi solo perché è quello che volete! Lasciateci andare!”

Gli altri ragazzi erano immersi nel silenzio più totale, e quella era una cosa che mi terrorizzava molto più della prospettiva di dover essere trascinata chissà dove. Sembrava che stessero tramando qualcosa, e proprio non mi piaceva… Deglutii quando poi sentii sul collo il respiro caldo del tipo che mi teneva stretta a sé per non farmi scappare. Che cosa avevano intenzione di fare? Mio Dio!

Come se si fosse accorto di quel gesto, però, il ragazzo che stava parlando si avvicinò a me per dare uno spintone a quello che avevo alle spalle, staccandomi da lui ma prendendo lui stesso il possesso dei miei polsi. Bene…

“Cosa stai facendo, idiota?” Esclamò, arrabbiato. “Non devi toccarla! Dobbiamo solo prenderla e portarla dal capo, niente di più!”

“Non rompere, Stefano, non le ho fatto niente!” Replicò quell’altro, incrociando nervoso e irritato le braccia. “È solo che ha un bell’odore…”

Il modo in cui mormorò quell’ultima frase mi fece rabbrividire, disgustata, ringraziando mentalmente il Cielo di essermi allontanata da lui. Scoccai una rapida occhiata alla mia amica e vidi che anche lei, come me, non aveva per niente apprezzato l’uscita di quel tipo.

“Non voglio sentirti dire altre cazzate, Lorenzo.” Lo ammonì, minaccioso, il ragazzo chiamato Stefano. “Non penso che al capo farebbe piacere sapere quello che hai detto della ragazza…”

“Non provare a minacciarmi! Non sei tu il capo!” Replicò ancora l’altro, stringendo le mani a pugno ed avanzando verso di noi. Stefano mi spostò dietro la sua schiena, in modo da togliermi dalla visuale dell’amico che stava iniziando ad agitarsi un po’ troppo.

“No, è vero.” Rispose, con voce pacata. “Però mi sembra che Enrico vi abbia detto di darmi ascolto e fare quello che vi dico in questa occasione, e se non sbaglio tu non stai obbedendo.”

Sgranai nuovamente gli occhi, cercando Alessandra con lo sguardo. Ero convinta che quel nome ci avesse fatto rabbrividire entrambe. Mio Dio, ancora lui! Ma allora era una persecuzione! Prima picchiava Matteo, e poi mandava i suoi amici a perseguitare me e la mia amica… Che cosa dovevamo fare? O, meglio, che cosa noi avevamo fatto a lui? Davvero non riuscivo a capire perché si stesse accanendo contro di noi.

Lorenzo imprecò a bassa voce, incrociando nuovamente le braccia. “Fai quello che vuoi! Non me ne frega niente, purché finiamo in fretta. Avrei fame, sai.”

“La macchina sta arrivando.” Annunciò uno dei ragazzi alle spalle di Stefano, subito dopo aver concluso una breve telefonata.

Lui annuì, sollevato. “Bene. Francesco, accompagna la ragazza il più vicino possibile alla piazzetta, ma fai in modo che non ti veda nessuno…” Il ragazzo che teneva Alessandra annuì, ma prima che se ne andasse con la mia amica Stefano richiamò la sua attenzione. “Quanto a te, tesoro, ti conviene non parlare con nessuno di quello che è successo stasera. Fosse per me ti porterei con noi, per restare più tranquilli, ma Enrico ha detto esplicitamente di prendere solo Giulia. Perciò stai attenta a quello che dici.”

Alessandra era spaventata e mi guardò ancora una volta, prima di venire portata via da Francesco. Quando i nostri sguardi si incrociarono, riuscii a mimarle con le labbra una parola che lei doveva per forza comprendere, altrimenti non avrei avuto nessuna speranza di uscire da quel pasticcio.

Ringraziai il Cielo quando la vidi illuminarsi, nello comprendere quello che stavo chiedendo. Poi il ragazzo la voltò, trascinandola via, e in breve sparì dalla mia vista, lasciandomi completamente da sola in mezzo a tutti quei ragazzi. Non ebbi neppure il tempo di spaventarmi, perché Stefano mi fece voltare dalla parte opposta della strada, seppur con gentilezza, invitandomi a precederlo per tenermi sotto controllo.

Quando raggiungemmo la fine di quella via poco illuminata trovammo ad aspettarci una Picasso nuova, di un colore nero metallizzato, parcheggiata con i fari spenti come per passare inosservata. Infatti, esclusa la luce che proveniva dall’interno, sarebbe stato uguale anche se non ci fosse stata.

Il ragazzo che aveva fatto la telefonata salì davanti, accanto al guidatore, mentre Stefano mi fece salire dietro, ed io mi trovai circondata da lui e da Lorenzo, stretta nei sedili posteriori.

“Andiamo.” Disse Stefano al ragazzo che stava al volante, controllando fuori dal finestrino che non ci fosse nessuno. Ma chi ci poteva mai essere? Eravamo in una zona pressoché disabitata, e leggermente malfamata… Chi poteva mai accorgersi del mio rapimento e venire a riportarmi a casa? L’unico ragazzo per il quale contavo qualcosa aveva deciso di non parlarmi più, e la mia amica probabilmente era ancora in compagnia di quel tipo… Nessuno sarebbe arrivato in tempo.

Deglutii, lasciando alla fine che le lacrime scorressero sulle mie guance, implacabili.

Temevo di essere davvero finita nella tana del leone.

 

 

 

 

 

 


   
 
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