Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, nonchè per la lista delle preferite e delle seguite che diventa ogni giorno più lunga... Purtroppo adesso il tempo mi sfugge per ringrarvi una per una, ma prometto che recupererò con il prossimo aggiornamento! Spero che anche questo nuovo capitolo - scritto piuttosto di getto - sia di vostro gradimento, e spero anche che me lo facciate sapere :)
Un bacio enorme a voi che mi seguite, non so cosa farei senza il vostro appoggio!
Buona lettura!
Ciao ciaoooo :*
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“Non riesco a credere
che l’abbia fatto davvero.”
Alessandra scrollò le
spalle, mentre io incrociavo le braccia
e mi sedevo sulla prima panchina libera. Quella mattina ero rimasta
seriamente
sconvolta nel venire a conoscenza del nome di colui che aveva ridotto
in quello
stato uno dei miei amici.
Non credevo che Enrico sarebbe
stato capace di attuare la
minaccia che gli aveva fatto in discoteca, anche perché non
era nata da nulla
di serio. O almeno questo era quello che credevo.
Stranamente mi sentivo un
po’ in colpa per quello che era successo
a Matteo, anche se non sapevo bene perché avrei dovuto. Non
l’avevo certo
picchiato io, eppure avevo la sensazione che se non avessi parlato con
Enrico,
quella sera alla Favola, questo non sarebbe successo. Ad ogni modo non
volevo
avere più nulla a che fare con quella storia, e non credevo
di dovermi
intromettere più di tanto. Matteo era mio amico, ma
evidentemente non aveva più
intenzione di rivolgermi la parola, e in quel caso non
l’avrei fatto neppure
io. Avevo già troppi problemi.
“Tutto il paese sa che
gli Occhi Belli non sono degli
individui proprio… raccomandabili,
ecco.” Replicò Alessandra, con
cautela. Beh, aveva ragione.
“Lo so, ma
perché picchiare Matteo?” Continuai, facendole
cenno di sedersi vicino a me. “È
un’idiozia se l’ha fatto solo per ‘tener
fede’
alla sua minaccia.”
Sollevò un
sopracciglio, guardandomi incuriosita. “Credi che
ci sia dell’altro?”
“Non lo credo, ne sono
decisamente convinta!” Ribattei. “Solo
che non so che cosa possa essere questo altro…
Tu non hai nessuna idea?”
“Beh…”
Iniziò lei, leggermente titubante.
Tacque, e io sbuffai.
“Geme, parla chiaro.”
Sospirò, guardandomi
in modo piuttosto strano. “Non pensi
che… ecco… In mezzo ci sia tu?”
Aggrottai le sopracciglia,
confusa. “Cioè?”
“E se… Se
Occhi Belli fosse in qualche modo geloso di
Matteo?”
Sgranai gli occhi, a bocca
aperta. “Ma stai scherzando?
Perché dovrebbe essere geloso?”
Ale incrociò a sua
volta le braccia, sporgendosi verso di me.
“Hai visto come ti guardava in discoteca? Sembrava che ti
volesse mangiare! E
poi è arrivato Matteo a fare il ragazzo geloso e lo ha
insultato… Non credi che
questo sia abbastanza normale?” Concluse,
mimando le virgolette sulle
ultime due parole.
Non sapevo che cosa dirle:
crederle era impossibile! “Io e
Matteo non stiamo insieme!”
“Lo so, ma forse Occhi
Belli ha capito il contrario.” Mi
guardò interrogativa, poi, visto che io mi ostinavo a non
rispondere, aggiunse.
“Oppure sei tu che glielo hai fatto
capire…”
Inevitabilmente arrossii,
distogliendo lo sguardo da lei.
“Okay, va bene, gli ho detto di essere già
fidanzata, e quando è arrivato
Matteo non l’ho contraddetto… Ma geme, mi serviva
che lui lo credesse, perché
non mi piaceva come mi si stava rivolgendo! E comunque, è
stato uno stronzo ad
averlo picchiato per questo.”
Mi alzai dalla panchina, subito
imitata dalla mia amica.
“Dai, facciamoci un giro…”
Continuammo a discutere a lungo
di quello, anche se avremmo
avuto tutta la notte per farlo. L’idea era infatti di
mangiarci una pizza e
raggiungere poi Laura e Federico a casa di quest’ultimo, per
vederci un film
tutti insieme. Poi Ale mi aveva invitato ad andare a dormire a casa
sua, quindi
sarei stata tranquilla anche per l’orario di rientro.
Dopo essere andate via dalla
pizzeria, ci incamminammo verso
casa di Federico, prendendo delle stradine poco trafficate per fare
prima.
Tuttavia non si dimostrò essere una buona idea.
“Geme, ho
l’impressione che qualcuno ci stia seguendo.”
Mormorò Alessandra, tirandomi la manica della felpa.
“Non girarti, ma secondo
me sono un paio di ragazzi.”
Deglutii. “Facciamo
finta di niente e non accelerare…
Vediamo un po’ se ce l’hanno proprio con
noi.”
Sempre senza voltarci seguitammo
a camminare, ma i passi di
quelli che ci seguivano si stavano facendo sempre più
vicini, e alla fine,
spaventate, non resistemmo più e ci mettemmo a correre. Fu
la cosa peggiore da
fare: gli sconosciuti ci imitarono e corsero così in fretta
da riuscire quasi a
raggiungerci, sennonché noi riuscimmo ad arrivare
all’angolo della strada per
poi voltare a destra e sparire in un’altra viuzza laterale.
“Li abbiamo
seminati?” Ansimò Alessandra, poggiandosi al muro
e cercando di riprendere fiato dopo la corsa.
Scrollai le spalle.
“Non lo so.” Mormorai.
In quel momento dal buio della
via sbucarono i due ragazzi di
prima, che ci raggiunsero in due rapide falcate e ci imprigionarono
contro il
muro per impedirci di fuggire. Da un’altra parte ne apparvero
altri due, ed io
ebbi la tremenda visione di quello che avevano fatto a Matteo, e
iniziai a
tremare temendo che anche noi saremmo potute finire così, se
non addirittura…
peggio.
E urlare non sarebbe servito.
“Calme, ragazze, se vi
comportate bene nessuna di voi si farà
male…” Disse uno di loro, facendosi avanti e
permettendoci di vederlo in faccia
alla luce della luna.
Trattenni a stento
un’imprecazione, quando lo riconobbi: era
uno dei compari di Enrico, uno di quelli che erano al bar con lui
quando
l’avevo visto per la prima volta!
Provai a divincolarmi, ma
sfortunatamente quello che mi
stringeva i polsi era il doppio di me e non riuscii nemmeno ad
allontanarmi dal
suo petto di pochi centimetri. Lanciando uno sguardo ad Alessandra mi
accorsi
che lei non se la stava cavando meglio di me, ma se non altro entrambe
stavamo
riuscendo perfettamente a mantenere la calma e non piangere.
“Cosa accidenti volete
da noi?” Esclamò a quel punto
Alessandra, stupendomi. Dove aveva trovato il coraggio di aprire bocca
e
parlare? Le rivolsi un sorriso grato di sincera ammirazione che fui
certa che
lei vide.
“Da te niente,
tesoro.” Rispose il tipo che aveva già parlato
prima, sorridendole malizioso. “Non è te che siamo
venuti a prendere, ma la tua
amica. E tu,” aggiunse, voltandosi verso di me. “Ci
seguirai senza fare tante
storie.”
Sgranai gli occhi, sentendomi le
guance andare in fiamme
dalla rabbia. “Non credo proprio! Non sono così
stupida da venire con voi solo
perché è quello che volete! Lasciateci
andare!”
Gli altri ragazzi erano immersi
nel silenzio più totale, e
quella era una cosa che mi terrorizzava molto più della
prospettiva di dover
essere trascinata chissà dove. Sembrava che stessero
tramando qualcosa, e
proprio non mi piaceva… Deglutii quando poi sentii sul collo
il respiro caldo
del tipo che mi teneva stretta a sé per non farmi scappare.
Che cosa avevano
intenzione di fare? Mio Dio!
Come se si fosse accorto di quel
gesto, però, il ragazzo che
stava parlando si avvicinò a me per dare uno spintone a
quello che avevo alle
spalle, staccandomi da lui ma prendendo lui stesso il possesso dei miei
polsi.
Bene…
“Cosa stai facendo,
idiota?” Esclamò, arrabbiato. “Non devi
toccarla! Dobbiamo solo prenderla e portarla dal capo, niente di
più!”
“Non rompere, Stefano,
non le ho fatto niente!” Replicò
quell’altro, incrociando nervoso e irritato le braccia.
“È solo che ha un
bell’odore…”
Il modo in cui mormorò
quell’ultima frase mi fece
rabbrividire, disgustata, ringraziando mentalmente il Cielo di essermi
allontanata da lui. Scoccai una rapida occhiata alla mia amica e vidi
che anche
lei, come me, non aveva per niente apprezzato l’uscita di
quel tipo.
“Non voglio sentirti
dire altre cazzate, Lorenzo.” Lo ammonì,
minaccioso, il ragazzo chiamato Stefano. “Non penso che al
capo farebbe piacere
sapere quello che hai detto della ragazza…”
“Non provare a
minacciarmi! Non sei tu il capo!” Replicò
ancora l’altro, stringendo le mani a pugno ed avanzando verso
di noi. Stefano
mi spostò dietro la sua schiena, in modo da togliermi dalla
visuale dell’amico
che stava iniziando ad agitarsi un po’ troppo.
“No, è
vero.” Rispose, con voce pacata. “Però
mi sembra che
Enrico vi abbia detto di darmi ascolto e fare quello che vi dico in
questa
occasione, e se non sbaglio tu non stai obbedendo.”
Sgranai nuovamente gli occhi,
cercando Alessandra con lo
sguardo. Ero convinta che quel nome ci avesse fatto rabbrividire
entrambe. Mio
Dio, ancora lui! Ma allora era una persecuzione! Prima picchiava
Matteo, e poi
mandava i suoi amici a perseguitare me e la mia amica… Che
cosa dovevamo fare?
O, meglio, che cosa noi avevamo fatto a lui?
Davvero non riuscivo
a capire perché si stesse accanendo contro di noi.
Lorenzo imprecò a
bassa voce, incrociando nuovamente le
braccia. “Fai quello che vuoi! Non me ne frega niente,
purché finiamo in
fretta. Avrei fame, sai.”
“La macchina sta
arrivando.” Annunciò uno dei ragazzi alle
spalle di Stefano, subito dopo aver concluso una breve telefonata.
Lui annuì, sollevato.
“Bene. Francesco, accompagna la ragazza
il più vicino possibile alla piazzetta, ma fai in modo che
non ti veda
nessuno…” Il ragazzo che teneva Alessandra
annuì, ma prima che se ne andasse
con la mia amica Stefano richiamò la sua attenzione.
“Quanto a te, tesoro, ti
conviene non parlare con nessuno di quello che è successo
stasera. Fosse per me
ti porterei con noi, per restare più tranquilli, ma Enrico
ha detto
esplicitamente di prendere solo Giulia. Perciò stai attenta
a quello che dici.”
Alessandra era spaventata e mi
guardò ancora una volta, prima
di venire portata via da Francesco. Quando i nostri sguardi si
incrociarono,
riuscii a mimarle con le labbra una parola che lei doveva
per forza
comprendere, altrimenti non avrei avuto nessuna speranza di uscire da
quel
pasticcio.
Ringraziai il Cielo quando la
vidi illuminarsi, nello
comprendere quello che stavo chiedendo. Poi il ragazzo la
voltò, trascinandola
via, e in breve sparì dalla mia vista, lasciandomi
completamente da sola in
mezzo a tutti quei ragazzi. Non ebbi neppure il tempo di spaventarmi,
perché
Stefano mi fece voltare dalla parte opposta della strada, seppur con
gentilezza, invitandomi a precederlo per tenermi sotto controllo.
Quando raggiungemmo la fine di
quella via poco illuminata
trovammo ad aspettarci una Picasso nuova, di un colore nero
metallizzato,
parcheggiata con i fari spenti come per passare inosservata. Infatti,
esclusa
la luce che proveniva dall’interno, sarebbe stato uguale
anche se non ci fosse
stata.
Il ragazzo che aveva fatto la
telefonata salì davanti,
accanto al guidatore, mentre Stefano mi fece salire dietro, ed io mi
trovai
circondata da lui e da Lorenzo, stretta nei sedili posteriori.
“Andiamo.”
Disse Stefano al ragazzo che stava al volante,
controllando fuori dal finestrino che non ci fosse nessuno. Ma chi ci
poteva
mai essere? Eravamo in una zona pressoché disabitata, e
leggermente malfamata…
Chi poteva mai accorgersi del mio rapimento e
venire a riportarmi a
casa? L’unico ragazzo per il quale contavo qualcosa aveva
deciso di non
parlarmi più, e la mia amica probabilmente era ancora in
compagnia di quel
tipo… Nessuno sarebbe arrivato in tempo.
Deglutii, lasciando alla fine che
le lacrime scorressero
sulle mie guance, implacabili.
Temevo di essere davvero finita
nella tana del leone.