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Autore: Ginevra1988    01/10/2017    7 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Keating:
«Cogli l'attimo. Cogli la rosa quando è il momento.» Perché il poeta usa questi versi?

Charlie:
Perché va di fretta!

Keating:
No! Ding! Grazie per aver partecipato al nostro gioco. […]
 Adesso avvicinatevi tutti, e guardate questi visi del passato: li avrete visti mille volte, ma non credo che li abbiate mai guardati. Non sono molto diversi da voi, vero? […]
Pensano di essere destinati a grandi cose, come molti di voi, i loro occhi sono pieni di speranza, proprio come i vostri. Avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? Perché vedete, questi ragazzi ora, sono concime per i fiori.
Ma se ascoltate con attenzione, li sentirete bisbigliare il loro monito.
Coraggio, accostatevi. Ascoltateli. Sentite?
Carpe... Sentito? Carpe... Carpe diem...
Cogliete l'attimo, ragazzi... rendete straordinaria la vostra vita...
 
Dal film L’attimo fuggente – Peter Weir
 
 
 

 
Prima e dopo l’Espresso di Hogwarts

 
 
29 agosto 1998 – La Tana
 
“Com’è successo? Come diavolo è successo?”
“Signor Weasley, non potevamo prevederlo.”
“L’avete lasciata da sola con… quanti anni ha, questo idiota? Tredici?”
“La prego, si calmi. Il San Mungo…”
“Harry, non guardare. Vieni con me.”
Harry si lasciò condurre da Molly in un’altra stanza, ma tutto era confuso: le persone, gli oggetti non avevano contorni definiti e presto le pareti della camera tremarono, trasformandosi nelle composte file di colonne di un porticato. Harry sapeva di trovarsi al cimitero di Kensal Green, dove la famiglia Black aveva la cappella di famiglia, una delle più antiche; così come sapeva che in braccio aveva Teddy, sentiva già la sua testolina sulla spalla. Ormai visitava quel posto tutte le notti e tutte le notti risentiva le parole indistinte del celebrante, mentre la lastra di marmo veniva fissata a colpi di bacchetta da Athur e Molly.
“Posso prendere Teddy con me” disse la voce di Lyall Lupin, all’orecchio destro di Harry.
“No” disse con decisione il ragazzo per l’ennesima notte di fila, ripetendo le stesse parole che aveva realmente pronunciato il giorno del funerale di Andromeda. “Teddy starà con me.”
D’istinto Harry avvolse il bambino con entrambe le braccia, portandolo lontano dal nonno paterno, che forse avrebbe avuto più diritti di lui su Teddy. Ma Harry era il padrino, Harry si sarebbe preso cura di lui personalmente, doveva assicurarsi che lui stesse bene, tutti i giorni.
“Io posso…”
“No!”
“Harry, piantala di urlare.”
Ron gli rifilò un calcio senza nemmeno alzarsi dal proprio letto, tanto era vicina la brandina in cui Harry dormiva.
“Scusa” bofonchiò Harry stroppiciandosi gli occhi con una mano.
“E’ mai possibile che ci sia sempre qualcosa che ti fa urlare nel sonno? Prima Voldemort, poi questo…”
Sapeva che Ron cercava solo di sdrammatizzare, ma proprio Harry non riuscì a sorridere. Si mise a sedere, cercò gli occhiali sul comodino e se li premette sul naso, sospirando. Aveva decisamente bisogno di una doccia. E di Ginny. Il pensiero che quello sarebbe stato l’ultimo giorno con lei alla Tana faceva deprimere Harry ancora più di quanto già non lo fosse.
“Ehi, ho detto quella roba per ridere…” disse Ron voltandosi su un fianco per guardare l’amico in faccia. “Non volevo, beh… lo sai…”
“Lo so, stai tranquilllo” Harry si sforzò e stiracchiò le labbra nel miglior sorriso che riuscì a fare. “E’ tutto a posto, Ron.”
 
La luce rossa del tramonto inondava il giardino della Tana; la giornata era trascorsa in fretta, davvero troppo in fretta. Harry strinse ancora una volta a sé Ginny, respirando a pieni polmoni il suo profumo di fiori.
“E’ davvero strano quando mi annusi” disse lei ridendo nervosamente. “Sembra sempre che tu voglia… mangiarmi!”
Harry finse di morderle il collo e lei si ritrasse di scatto, ridendo ancora più forte.
“Mi mancherai” mormorò lui nascondensosi tra i capelli di lei; la risposta di Ginny tardava ad arrivare, così Harry alzò la testa e la guardò. “E io no?”
Ginny inarcò le sopracciglia e alzò gli occhi al cielo.
“Più di quanto sia disposta ad ammettere ad alta voce, Potter!” dichiarò con convinzione. “Quindi rimandiamo i sentimentalismi a domani, va bene?”
“Ho solo… paura” ammise Harry a mezza voce.
“Di cosa?”
“Di sentirmi solo.”
Stupido bambino di quattro anni. E tu dovresti prenderti cura di Teddy?
“E’ normale, Harry” Ginny sorrideva. “Ma io sarò a portata di gufo, ricordatelo. E poi c’è Ron, e i miei genitori e… non sei mica nel deserto del Sahara!” aggiunse ridendo ancora una volta.
Certo, ma nessuno di loro è te.
“E’ l’ultimo anno” Ginny lo abbracciò e cominciò a parlargli all’orecchio. “Dobbiamo avere un po’ di pazienza. Prendo il Diploma poi saremo liberi di pensare al resto della nostra vita. Ci credi, Harry? Ancora pochi mesi e poi non staremo mai più separati.”
“Sempre che nessuno tenti ancora di uccidermi.”
Ginny lo strinse di più, mentre Harry si dava dell’idiota per aver detto quella frase così stupida.
“Affronteremo tutto.”
La ragazza si staccò e lo guardò dritto negli occhi.
“Ma tu devi collaborare. E devi piantarla di pensare continuamente alle cose brutte… e alle persone che non ci sono più.”
Harry deglutì, quella frase aveva avuto lo stesso effetto di uno schiaffo.
“Vuoi essere utile agli altri? Tieni la testa nel presente, qui e adesso. Sul passato non possiamo più fare nulla, le persone che se ne sono andate non torneranno. E il futuro può riservarci di tutto, quindi è inutile spaccarsi la testa adesso. Quello che conta è questo momento, io e te qui ora, Teddy da crescere, Ron e Hermione che ti vogliono bene e che soffrono almeno quanto te.”
Ginny prese fiato un attimo, poi concluse la sua arringa: “Sei con me, Harry? Sei nella mia squadra?”
“Sempre.”
Era l’unica cosa sensata da dire.
 
 
 
 
30 agosto 1998 – La Tana
 
Come ogni anno, il giorno della partenza per Hogwarts la Tana cadeva nel caos più assoluto. Nessuno trovava più nulla e le divise che si era sicuri di aver lasciato nel secondo scaffale dell’armadio erano misteriosamente sparite, sostituite chissà come da una serie di vecchi volumi di Incantesimi ormai inutili. Ginny, in piedi davanti al proprio baule aperto sul letto, tentava disperatamente di ricordare dove diavolo aveva visto l’ultima volta quelle dannate divise.
“Cosa metti stasera?” chiese Hemione dall’altro lato della stanza – cioè, viste le dimensioni ridotte di quella camera, a pochi passi da Ginny; stava soppesando quelli che sembravano due ammassi di tulle e strass, uno rosa cipria e uno azzurro cielo.
“Stasera?”
“Sì, per il ballo. Sai, quello dopo la Cermonia dei Diplomati.”
Ginny si sentì sbiancare. Il ballo. Si era completamente dimenticata di quello stupido ballo. Tentò il bluff.
“Credo… l’abito rosso.”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Ginny, te l’ho detto un milione di volte, rosso su rosso non è decisamente una buona idea! Ti sta malissimo.”
“Allora sentiamo, cosa suggerisce la nostra esperta di moda?”
Ginny era conscia di avere parecchi difetti e quello di essere dannatamente permalosa era pericolosamente in alto nella classifica di quelli peggiori.
Hermione buttò i due grovigli luccicanti nel proprio baule, in cui cominciò poi a rovistare; poco dopo estrasse un morbido vestito nero dalla linea semplice.
“Che ne dici di questo?”
Era bello, molto bello. Accidenti.
“Potrebbe andare.”
“Provalo.”
Hermione lanciò il vestito a Ginny, che lo prese e lo osservò per qualche momento prima di decidersi ad indossarlo. Era un po’ largo sul petto – l’amica aveva una taglia in più di reggiseno rispetto a lei – ma per il resto sembrava che le fosse stato cucito addosso.
“E’ perfetto!” trillò Hermione e Ginny dovette annuire suo malgrado: stava già immaginando la faccia di Harry quando l’avrebbe vista con quello addosso.
“Che scarpe metterai sotto?” chiese Hermione.
Ci risiamo.
“Ci vuole un tacco alto” affermò con decisione l’amica.
“Io non ho tacchi” disse asciutta Ginny.
“Cosa?”
“Sono scomodi. Inciampo nove volte su dieci e sembro una giraffa che non ha idea di dove siano le proprie gambe.”
“Sciocchezze, devi solo prenderci la mano.”
Senza poter protestare, nel giro di pochi minuti Ginny si ritrovò a percorrere la piccola stanza aggrappata al braccio di Hermione, ai piedi un paio di sandali neri pieni di strass e con un tacco decisamente fuori dalla sua portata.
“Ragazze, siete pronte?” Molly stava bussando alla porta. “Tra dieci minuti dobbiamo essere fuori di casa!”
“Arriviamo!” rispose Hermione.
Ginny scaraventò in un angolo le assurde scarpe che Hermione l’aveva convinta a provare e in un baleno si rimise i suoi comodi jeans e maglietta. Le ragazze si affrettarono a terminare i propri bauli – o meglio, Hermione si limitò a chiuderlo, visto che il suo era già pronto da giorni, mentre Ginny correva ancora per la stanza scaraventando libri e calamai alla rinfusa nel proprio.
“Queste credo siano tue” disse Hermione facendo Levitare tre divise dal proprio armadio al buale di Ginny; come diavolo fossero finite lì, per la proprietaria era proprio un mistero.




30 agosto 1998 – Hogwarts

 Ginny scaraventò la propria borsa sul letto, mancando di poco le tende tirate solo a metà. Era stato il viaggio per Hogwarts più improbabile della storia: la professoressa McGranitt aveva pensato che fosse una grande idea organizzare una corsa supplementare dell’Espresso, quindi Ginny aveva passato sette ore in uno scompartimento con sua madre che trillava eccitata e che continuava a ripetere che erano almento trent’anni che non saliva su quel treno. Si lasciò cadere sul letto e cominciò a massaggiarsi le tempie, sperando che il mal di testa si alleviasse.
“Ginny, ma che fai? Dobbiamo prepararci! La Cerimonia comincia tra un’ora!” esclamò Hermione. “Alzati da lì!” aggiunse tirandole un cuscino, visto che Ginny non accennava minimanete a schiodarsi dal letto. La ragazza mugolò sonoramente, ma si arrese e si costrinse ad alzarsi.
Il dormitorio femminile del settimo anno di Grifondoro era particolarmente grande, visto che avrebbe ospitato non solo le sue compagne dell’anno precedente, ma anche un buon numero di ragazze che avrebbero già dovuto avere il Diploma in mano, se non fosse stato per quel piccolo particolare della Guerra Magica. Hermione si era già espressa molto chiaramente su quanto fosse felice di avere finalmente delle compagne di dormitorio diverse dall’accoppiata Lavanda Brown – Calì Patil, che negli ultimi sei anni non avevano fatto altro che cinguettare di smalti, pettegolezzi e Divinazione. Per quei due giorni tuttavia le uniche occupanti di quella stanza sarebbero state Ginny e Hermione, visto che tutte le altre sarebbero arrivate regolarmente il primo di settembre.
Per i genitori e gli altri parenti dei Diplomandi erano state preparate delle camere al piano terra; Molly e Arthur avrebbero dormito a Hogwarts con Teddy, mentre Percy e George si sarebbero Smaterializzati giusto in tempo per la Cerimonia. Bill, Fleur e Charlie, arrivato dalla Romania e ospite a casa del fratello maggiore, sarebbero arrivati con la Metropolvere da un momento all’altro. Con tutta la banda Weasley l’appuntamento era per le otto all’ingresso della Sala Grande.
Dopo tre mesi passati gomito a gomito in una camera che era grande quanto uno sgabuzzino, a entrambe le ragazze sembrava un sogno avere così tanto spazio a disposizione: Hermione aveva già occopuato tre dei sei letti con una buona quantità di vestiti e scarpe solo per il gusto di poterli guardare tutti in contemporanea.
“Proprio non so decidermi” borbottò Hermione osservando imbronciata il letto numero due, sul quale erano stesi gli ammassi di tulle e strass che aveva soppesato anche quella mattina. Ginny le passò di fianco mentre cominciava a spogliarsi, aveva decisamente bisogno di rinfrescarsi prima di infilarsi in un abito elegante.
“Hermione, sono entrambi… terribilmente scintollosi!” esclamò fingendo un conato di vomito. “Potevano andare bene per far ingelosire Ron al Ballo del Ceppo” proseguì, ignorando le guance di Hermione che prendevano fuoco. “Ma stasera forse ci vuole qualcosa di più… misurato?”
Hermione fissò ancora per qualche momento gli abiti davanti a lei, poi alzò la testa, illuminata da un’idea.
“Il tuo vestito rosso!” esclamò. “A te sta malissimo, ma a me il rosso dona! Me lo presti?”
Ginny inarcò un sopracciglio, indecisa se risponderle picche solo per il gusto di vendicarsi.
“Serviti pure” disse alla fine con un gesto stizzito della mano. “E’ da qualche parte nel mio baule. Buona fortuna.”
Scivolò verso il bagno e si chiuse la porta alle spalle; aprì il rubinetto e si incantò a guardare l’acqua che scivolava via, correndo sulla ceramica perfettamente bianca. Con una mano afferrò l’anello, che appeso al suo collo dondolava nel vuoto, e lo strinse. Non riuscì a non pensare che quella sembrava tutta una commedia, un copione brillante recitato giusto per coprire in qualche modo la sofferenza e il dolore; ma erano tante le cose sbagliate che stonavano in quel quadretto così grazioso: Fred non ci sarebbe stato a vedere Ron diplomarsi, come non ci sarebbe stata la madre di Hannah Abbott, né i genitori di Neville, o di Harry. Ne era sicura, Harry ci stava pensando in quel momento. Ma era stata proprio lei, non meno di ventiquattr’ore prima, a sostenere che sul passato non si può più fare nulla, l’unica cosa che conta è il presente. Qui e ora. Si sciacquò la faccia più volte, come a voler scacciare i pensieri. Sì, quella sarebbe stata una serata speciale e non sarebbe stata lei a rovinarla.
 
Harry si ritrovò davanti allo specchio del dormitorio maschile, occupato solo per quella sera da lui, Ron e Neville, a fissare la propria figura intera: ancora magro come un chiodo nonostante la cura intensiva di costolette e torta di mirtilli di Molly, sembrava un manichino con addosso una veste da cerimonia verde. Si raddrizzò gli occhiali e si passò una mano tra i capelli nel vano tentativo di dar loro una forma; si chiese se anche suo padre si fosse sentito così a disagio la sera del suo Diploma, se anche lui, in quella stanza, avesse avuto i suoi stessi pensieri, gli stessi timori sul suo futuro con la donna che amava, se anche lui si fosse chiesto quanto sarebbe duranta quella tranquillità così fragile e traballante.
Harry si stava sforzando, davvero, ci stava provando con tutte le sue forze a stare nel presente con la testa, come aveva promesso a Ginny, ma non era per niente facile.
“Siete pronti?”
Ron si stava stava allacciando l’ultimo bottone del polsino della propria veste blu scuro, nuovo acquisto di cui andava particolarmente fiero perché – testuali parole – era finalmente un vestito nuovo. Harry annuì e Neville uscì dal bagno sistemandosi ancora una volta i fini capelli con il pettine.
“Sei uno schianto, Neville. Lascia stare i tuoi capelli per l’amor del Cielo” sospirò Ron.
“E’ che voglio fare bella figura, stasera” disse l’altro ragazzo gonfiando il petto. “Ci saranno la nonna e tutti gli zii che è riuscita a mettere insieme. E quando la McGranitt annuncerà che diventerò l’aiutante della professoressa Sprite, voglio guardarli dritti negli occhi. Dovranno rimangiarsi tutte quelle insinuazioni: Neville è un Magonò, ci scommetterei le mutande di Merlino, non riuscirebbe a far funzionare una bacchetta nemmeno se gliela tenessi io!” il ragazzo scimmiottava uno degli innumerevoli parenti incartapecoriti che avevano tormentato la sua infanzia – e la sua autostima. Quello era il gran giorno, per lui, il giorno del riscatto ufficiale agli occhi della famiglia.
Harry diede una pacca sulla spalla all’amico, e insieme a Ron scesero nella Sala Comune di Grifondoro, dove avevano appuntamento con Ginny e Hermione. Le ragazze arrivarono poco dopo di loro e Harry trattenne a stento una risata: la sua fidanzata era aggrappata al braccio dell’amica, cercando di stare in piedi su un paio di tacchi alti almeno una decina di centimetri.
“Se ti metti a ridere…” Ginny estrasse la bacchetta in un gesto eloquente. Harry cammuffò la risata in un sorriso e le porse il proprio braccio, lasciando scivolare lo sguardo sul suo corpo avvolto in un abito nero che faceva risaltare le curve nei punti gisuti.
“Sei splendida” le sussurrò e la ragazza arrossì, sorridendo imbarazzata. Di fianco a loro Ron e Hermione erano già impegnati a soffocarsi a vicenda in un lungo bacio.
“Datevi una mossa!” sbraitò Neville in un tono che nessuno si sarebbe mai aspettato da lui un paio di anni prima; il ragazzo era già con un piede nel buco dietro al ritratto della Signora Grassa e aspettava gli amici con un’espressione degna della McGranitt stessa. Stava già facendo pratica come insegnante, insomma.
Fuori dalla Sala Comune di Grifondoro c’erano ad aspettarli Micheal Corner, che aveva deciso di accettare il Diploma honoris causa per iscriversi al corso di Specializzazione del San Mungo, e Luna Lovegood, avvolta in uno scintillante abito azzurro chiaro lungo fino ai piedi.
“Luna!” esclamò Ginny precipitandosi ad abbracciare l’amica, rischiando di rotolare giù per le vicine scale. “Ce l’hai fatta! Sei tornata prima!”
“Non mi sarei mai persa la Cerimonia di Diploma dei miei migliori amici” disse Luna stringendo Ginny come una gemella da cui fosse stata separata alla nascita; abbracciò con calore anche il resto della compagnia e strinse la mano a Ron, sorridendo. Era già più di quanto il ragazzo potesse sperare.
“E poi vi devo presentare una persona” proseguì in tono stranamente acuto, sgranando gli occhi già enormi. “Un amico che abbiamo conosciuto in Svizzera era curioso di ritornare a Hogwarts, così mi sono permessa di invitarlo alla Cerimonia, stasera.”
Ginny e Hermione si scambiarono uno sguardo di intesa.
“Uh, eccolo!” squittì Luna indicando le scale che portavano al piano superiore da cui stava scendendo un ragazzo alto, dal portamento elegante, con i capelli color sabbia legati in un corto codino. Indossava una specie di frac di un assurdo viola, con due lunghe code che lo facevano sembrare un pinguino troppo cresciuto e del colore sbagliato; Harry non potè fare a meno di pensare che il ragazzo potesse risultare tranquillamente fuori posto sia in un ambiente babbano che in uno magico – cosa che per altro lo rendeva perfetto per Luna.
“Ragazzi” disse Luna schiarendosi la voce e drizzando la schiena. “Vi presento Rolf Scamander.”
Rolf strinse le mani dei ragazzi e si esibì in un elegante baciamano con le ragazze; Hermione ne rimase evidentemente impressionata, ma il volto di Ginny diventò scarlatto.
“E’ un’usanza babbana” spiegò Rolf con la sua voce dal timbro caldo, continuando a tenere la mano di Ginny, che chiaramente avrebbe preferito essere centrata da un Bolide in quell’esatto momento. “Salutano così le signore nelle occasioni formali. L’ho imparato in Francia, l’anno scorso e…”
Forse il racconto aveva una prosecuzione, ma Luna cominciò a ridere sguaiatamente, di gola, le guance arrossate.
“In Francia!” riuscì a dire tra le lacrime, piegata in due dalle risate. “Oh, non è fantastico?” chiese a nessuno in particolare. Rolf, lungi dal mostrarsi offeso o stranito come qualunque altra persona avrebbe fatto, lasciò la mano di Ginny e sorridendo offrì il braccio a Luna, che si stava asciugando l’angolo di un occhio con le dita.
“Non è bellissima, quando ride?” chiese il ragazzo al resto della compagnia con un sorriso ammaliante, scatenando altre risate scomposte di Luna. Fu la volta di Harry e Ron di scambiarsi uno sguardo eloquente. Decisamente, quei due erano fatti l’uno per l’altra.
 
Sembrava che la Sala Grande scintillasse di luce propria: al posto delle consuete candele sospese a mezz’aria, centinaia e centinaia di ghirlande di alloro levitavano placidamente a tre metri dal pavimento; tra le foglie erano state sistemate piccole sfere luminescenti, o forse erano le bacche ad essere state incantante per risplendere di morbida luce. I tavoli delle Case erano stati sostituiti da una quattro ampi tavoli ovali, sistemati quasi a ridosso della pedana degli Insegnanti in modo da lasciare la maggior parte della Sala vuota; sopra ciascuno di essi erano state poste altre ghirlande simili a quelle sospese. A destra dell’entrata era già pronto un piccolo palco e una serie di strumenti musicali decisamente poco babbani. Il soffitto incantato come sempre rifletteva il cielo all’esterno e una luna particolarmente vivida contribuiva all’illuminazione e all’atmosfera della Sala.
Dietro al tavolo degli Insegnanti erano appesi gli stendardi di tutte le Case e, al centro, proprio sopra la testa della McGranitt, lo stemma di Hogwarts. Hagrid era seduto come al solito all’estremità destra, infilato a forza nel suo terribile completo di pelo marrone; aveva visto Harry e lo stava salutando con l’enorme mano, gli occhi lucidi e sorridenti. Harry riconobbe molti dei suoi vecchi insegnanti, mentre qua e là spuntava qualche faccia nuova; aiutando Ginny a sedersi al tavolo con gli altri Weasley, si chiese se alla fine la Preside avesse assunto o no quell’aspirante professoressa che aveva passato due anni con i Lupi Mannari. C’era una donna dai folti capelli castani informi e con un semplice vestito di tela scura che aveva tutta l’aria di aver passato un po’ di tempo fuori dalla civiltà, ma non era detto che fosse la persona di cui aveva parlato la McGranitt.
Harry prese posto di fianco a Ginny, accettò il bicchiere di punch che George gli stava offrendo e si diede un’occhiata attorno: a fare concorrenza alla rumorosa e affollata tavolata dei Weasley a cui si erano aggiunti Rolf e Luna (che non aveva ancora smesso di ridere), c’era la famiglia di Neville, formata più che altro da anziani zii dagli stravaganti gusti in fatto di vestiti in mezzo ai quali il cappello di Augusta risultava perfettamente normale. In quel momento una minuscola donna anziana stava cercando di colpire con quella che sembrava una volpe impagliata (e che forse era la sua borsa) il suo vicino di sedia, un uomo corpulento dai radi capelli neri e completamente avvolto in una pelliccia blu.
“Io te l’ho sempre detto!” stava squittendo la vecchietta. “Stupido di un Crouch, te l’ho sempre detto che questo ragazzo valeva!”
Harry incrociò lo sguardo compiaciuto di Neville, che sorrideva come un Drago davanti a una succulenta bistecca.
Al di là dei Paciock, una raggiante Hannah e suo padre dividevano un tavolo con i vecchi compagni di Casa della ragazza, arrivati in blocco a Hogwarts due giorni prima per vedere la loro amica diplomarsi, e, poco distanti, Micheal Corner, i suoi genitori e qualche ragazzo Corvonero che Harry conosceva solo di vista costituivano l’ultima tavolata.
“Buona sera a tutti!” disse con voce chiara la professoressa McGranitt, in piedi sotto lo stendardo di Hogwarts. “E benvenuti alla Cerimonia dei Diplomati della classe 1998!”
Partì automaticamente un applauso e Molly cominciò a piangere; gli occhi di Fleur scattarono subito al cielo, mentre Bill le sorrideva paziente.
“E’ inutile che lo dica, è stato un anno molto difficile per tutti, ma forse per alcune persone è stato più duro che per altre. Mi perdoneranno coloro che saranno tra i miei studenti anche quest’anno, perché sentiranno più o meno lo stesso discorso anche tra due giorni, ma come ben sapete è il mio primo anno da Preside” disse la professoressa McGranitt allargando le braccia in una posa inusuale per quella donna burbera. “E sui discorsi devo ancora migliorare.”
Ci fu un altro breve applauso, al termine del quale la Preside riprese a parlare con le labbra increspate in un vago sorriso.
“Come stavo dicendo, per alcuni è stato un anno più duro che per altri. Consentitemi di ringraziare tutti coloro che hanno fatto parte dell’Esercito di Silente e che non hanno mai piegato la testa di fronte a niente. Siete l’orgoglio di Hogwarts, ragazzi!”
Un altro applauso, lungo e sentito; tutti gli insegnanti si alzarono in piedi e batterono le mani, la Sprite aveva addirittura le lacrime agli occhi e Hagrid si stava soffiando il naso in quella che sembrava una tovaglia rosa a fiori rossi.
La McGranitt alzò le braccia e chiese nuovamente il silenzio, i professori ripresero posto.
“Molti hanno partecipato alla battaglia qui nel castello e altri hanno fatto molto, molto di più” gli occhi della professoressa indugiarono su Harry, Ron e Hermione per un lungo momento. “Ed è per questo che Hogwarts vi ha voluti ringraziare” riprese distogliendo lo sguardo dai tre ragazzi. “Non tutti coloro ai quali abbiamo offerto il Diploma honoris causa lo hanno accettato, ma se così fosse il settimo anno sarebbe stato davvero risicato.”
Il commento provocò qualche risatina nervosa tra gli insegnanti, specialmente tra le facce nuove.
“Ora, se i diplomandi vogliono seguire la professoressa Sprite, ci prepariamo alla Cerimonia. Abbiamo tutti fame, svelti ragazzi!”
Fu con uno strano peso sullo stomaco che Harry si alzò e, a giudicare dal pallore di Ron, non era l’unico ad essere agitato. Era una sensazione davvero stupida, si disse, dopo tutto quello che avevano passato, avevano davvero paura di una Cerimonia di Diploma?
La Sprite li condusse nella piccola stanza di fianco al tavolo degli insegnanti in cui Harry era stato al quarto anno, dopo che il suo nome era uscito dal Calice di Fuoco. La professoressa era decisamente più emozionata dei suoi – ormai ex – studenti; con le mani tremanti passò a ciascuno di loro una sottile stola blu con centinaia di piccole stelle ricamate in filo dorato e osservò i ragazzi mentre la indossavano sopra gli abiti eleganti.
“Sono orgogoliosa di voi” riuscì ad esalare la professoressa. “Andiamo.”
Uscirono in fila, in silenzio; Harry aveva lo stomaco chiuso come se stesse per affrontare un nuovo Smistamento. Percorse pochi metri sulla pedana e si fermò di fianco a Ron, le spalle rivolte al tavolo degli Insegnanti; lanciò uno sguardo veloce alla famiglia Weasley e vide Molly che piangeva di gioia tra le braccia del marito. Incrociò lo sguardo di Ginny, che stava cullando Teddy, ma riuscì comunque ad alzare un pollice in segno di incoraggiamento; Harry cercò di sorriderle, ma quella che si dipinse sulla sua faccia probabilmente fu una smorfia grottesca.
La professoressa McGranitt era in piedi di fronte ai diplomandi e alle sue spalle Hagrid reggeva cinque pergamene dorate, chiuse con nastri di raso di colori diversi: tre erano rossi, uno giallo e uno blu. Harry intuì che ogni colore corrispondesse a una Casa diversa.
Nessun nastro verde, registrò la sua mente. Il pensiero andò a Theodore Nott: se era stato ammesso al corso da Auror, probabilmente doveva aver avuto anche lui il Diploma honoris causa, ma non c’era traccia di lui nella Sala Grande.
La McGranitt si voltò, prese la pergamena stretta dal nastro blu e chiamò a voce chiara:
“Micheal Corner.”
Il ragazzo si avvicinò alla Preside, raggiante.
“Per il coraggio dimostrato nell’affrontare i Mangiamorte non solo durante l’ultimo anno scolastico, ma anche nella battaglia finale, è con onore e stima che a nome della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ti conferisco il Diploma a Mago, con i migliori auguri per la tua carriera da Guaritore.”
Micheal prese la pergamena dalle mani della McGranitt e sorrise al tavolo dove i suoi genitori e amici applaudivano, poi si portò in fondo alla fila, vicino a Harry. La scena si ripetè per Hannah e Neville, con un ruggito di soddisfazione da parte del tavolo della famiglia Paciock quando venne annunciato che il loro rampollo sarebbe diventato l’assistente della professoressa di Erbologia.
“Ronald Weasley.”
Harry era quasi sicuro di aver percepito una nota tremante nella voce della McGranitt mentre pronunciava quel nome. Ron si mise davanti alla Preside, le labbra strette e lo sguardo che insistentemente evitava il tavolo Weasley.
“La Comunità Magica ti deve molto, Ronald” disse la McGranitt guardandolo negli occhi. “Qualcuno più saggio di me una volta ha detto che ci vuole molto più coraggio ad ammettere i propri errori che ad affrontare le nostre paure. Tu hai fatto entrambe le cose e lo hai fatto per tutti noi.” La professoressa si schiarì la voce, prese una pergamena dalle braccia di Hagrid e la porse a Ron. “E’ con onore e stima che a nome della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ti conferisco il Diploma a Mago.”
Il tavolo Weasley esplose in una serie di ovazioni che probabilmente si sarebbero potute sentire anche dalla torre di Corvonero, mentre George fischiava con due dita infilate in bocca come il peggiore dei contadini. Ron si voltò verso la sua famiglia e alzò il Diploma, entusiasta.
“Harry Potter.”
Nella Sala Grande calò di nuovo il silenzio. Era arrivato il momento, si disse Harry; si costrinse a mettere un piede davanti all’altro, continuando a non capire perché quella semplice cerimonia fosse così difficile. Arrivò davanti alla McGranitt e con fatica alzò lo sguardo; per chissà quale motivo, gli venne in mente la prima volta che l’aveva vista, quando aveva raccolto il piccolo gruppo di studenti appena arrivati a Hogwarts quasi otto anni prima. Gli era sembrata così burbera e alta, quella sera; ora, notò Harry, lui la superava in altezza. La professoressa aveva già in mano il Diploma e sembrava a disagio quanto lui.
“Non… non ci sono parole sufficienti a ringraziare una persona come te, Harry” disse la McGranitt con la voce più bassa rispetto al resto dei discorsi che aveva fatto fino a quel momento. “Una persona che è arrivata… che sarebbe arrivata a dare la vita” si corresse subito; si fermò e abbassò lo sguardo per un lungo momento. “Avevo preparato un bel discorso per questo momento, Harry. Ma adesso mi sembra solo… sciocco e banale.”
La Preside gli regalò uno dei suoi rari sorrisi; la Guerra l’aveva davvero cambiata, per sempre.
“E’ quindi con onore e stima” proclamò a voce ora chiara. “Che a nome della della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ti conferisco il Diploma a Mago.”
Di nuovo, la Sala Grande rimbombò di applausi e grida di gioia; tutti si erano alzati in piedi e battevano le mani, in segno di rispetto. Il padre di Hannah fece addirittura il saluto con il pollice in direzione di Harry.
“Signori e signorina” disse la McGranitt chiedendo un’ultima volta il silenzio. “Ho avuto il grande privilegio di essere stata una vostra insegnante e posso dirvi che sono orgogliosa di voi, degli uomini e della donna che siete diventati. I migliori auguri ad ognuno di voi per le vostre vite, che possano essere lunghe, serene e luminose.”
E fu in quel momento, mentre veniva scattata la rituale foto di gruppo con i Diplomati e la Preside, mentre ancora genitori e amici applaudivano e Fleur finalmente si era commossa, ecco, fu in quel momento che Harry capì che cosa lo aveva spaventato tanto: quella non era solo una Cerimonia di Diploma, era un addio. Un addio a Hogwarts, al primo luogo che aveva sentito come casa, ai corridoi familiari, alle facce conosciute degli insegnanti e dei compagni di Casa. Dopo quella sera sarebbe cominciata la sua vita da mago adulto, e soprattutto la sua vita senza Voldemort. Niente più profezie, niente più scemenze come il Bambino che è Sopravvisuto o il Prescelto; solo Harry, al massimo Harry la Recluta Auror o Harry il fidanzato di Ginny o ancora Harry il padrino di Teddy. Certo, ci sarebbe stato sempre da tenere gli occhi aperti – la voce di Malocchio berciò nella testa di Harry: Vigilanza costante! – ma sarebbe stata solo una parte, non lo scopo della sua vita. Era come vedere per la prima volta l’Oceano e rendersi conto di quanta acqua si abbia effettivamente davanti.
Lasciò correre lo sguardo sulla Sala Grande, sui Fantasmi che osservavano la Cerimonia in un angolo, sulle vetrate colorate e sul soffitto incantato, oltre le ghirlande luminescenti. La luna splendeva in cielo, indisturbata; il pensiero sfiorò Lupin, l’intera famiglia Tonks e tutte le persone che non c’erano più, scivolando inevitabilmente verso i suoi genitori. Poi abbassò gli occhi sul tavolo della famiglia Weasley, dove Molly e Arhtur lo guardavano sorridenti, Hermione si asciugava gli occhi e Ginny tentava di alzarsi in piedi per raggiungerlo, cercando di avere la meglio su quei tacchi deciamente troppo alti per lei. Harry scese dalla pedana con Ron e le andò incontro: ora, lo sapeva con certezza, era pronto per la sua nuova vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Se fossimo in un film questo sarebbe il “fine primo tempo”!
Questo è il capitolo che, nella mia testa almeno, segna il confine tra un prima e un dopo. Chi di noi ha preso lauree, diplomi e quant’altro sa di cosa parlo: per quanto mi riguarda, la laurea in particolare ha segnato proprio una riga tra la “ragazzina” e la giovane lavoratrice e quindi ho immaginato che il Diploma di Hogwarts facesse lo stesso effetto ai nostri protagonisti. Da qui in poi si cambia prospettiva e Harry ha capito e interiorizzato questa sensazione.
Di Teddy ne parleremo e riparleremo più avanti mi sa, quindi per il momento sorvolo.
Ginny è un maschiaccio, c’è poco da fare. Per fortuna che c’è Hermione che le fa da personal stylist!
Mi sono anche concessa un’apparizione di Rolf e di dipingere una Luna innamorata che è ancora più pazzesca del solito, spero vi siate divertiti nel leggere almeno quanto mi sono divertita io nell’immaginarla!
 
Scusate, sono sparita per un po’, ma ho finalmente dato alle stampe la tesi di master e quindi posso tornare a dedicarmi alle cose importanti  ;-P
Scherzi a parte, mi è mancato un sacco scrivere. Questo capitolo era pronto da un po’, ma non mi decidevo a pubblicarlo, un po’ perché non ho avuto il tempo materiale di revisionarlo, un po’ perché sono rimasta indietro con il resto della storia e avevo timore di far casino… oggi pomeriggio ho pensato che me ne frego, sistemerò il resto della storia se ci sarà qualcosa che non torna. Quindi mi sono lanciata e ho pubblicato!
Proprio perché sono indietro come la coda dell’asino, vi dico già da subito che vi farò aspettare un pochino per il prossimo aggiornamento, ma vorrei che le cose filassero. Ho tutta una serie di idee ma, appunto, vanno messe in fila e scritte in modo decente!
 
Grazie come sempre a chi ha letto e leggerà, a chi segue e chi mi lascia una recensione! Spero di essermi fatta perdonare almeno un pochino per il suicidio di Andromenda…!
 
Smack
Gin

PS: se non avete visto l'"Attimo fuggente" fatelo! Adesso! Cosa state aspettando?!
 
   
 
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