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Autore: time_wings    03/10/2017    1 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MATERIE DIFFICILI ED APPUNTAMENTI INSOLITI
 
Percy aveva sempre avuto problemi a mantenere alta l’attenzione, ma il fatto che si trovasse a scuola da poco più di sette ore ed il fatto che l’interesse che provava nei confronti della pittura non fosse poi tanto non contribuivano certo a diminuire la sua innata capacità di distrarsi. Gli alberi innevati davano al cortile della scuola un aspetto nostalgico che Percy faticava ad apprezzare. Come se alberi, stanchezza e pittura non bastassero, poi, i pensieri del ragazzo non facevano altro che convergere, quasi senza il completo appoggio da parte di Percy, in un unico punto che occupava gran parte della sua mente da qualche giorno: Annabeth.
Le cose con la bionda non andavano affatto male, a detta di Percy. Il punto era, però, che al ragazzo non pareva andassero neanche del tutto bene. Da quando si erano baciati Percy continuava ad avere troppa paura di rovinare il delicato equilibrio che avevano raggiunto. Annabeth non aveva un carattere facile: era logica, a volte fredda ed era solita riconoscere ogni più minima sfumatura di significato. Il moro, quindi, non sapeva cosa fosse meglio fare; poteva baciarla davanti ai loro amici? Poteva fare cose carine per lei come portarla al cinema o regalarle una scatola di cioccolatini? E lei? Voleva una relazione con lui?
Milioni di domande irrisolte si affollavano nella sua testa mentre osservava la neve cadere a fiocchi dall’aula di arte, quando un formicolio al braccio lo riscosse dai suoi pensieri: “Prendi ispirazione?” Sussurrò ironica Rachel all’orecchio del ragazzo. La mossa della rossa ebbe l’effetto desiderato dato che Percy sussultò nel sentire il fiato ed i capelli della ragazza solleticargli la guancia e l’avambraccio: “Ehm…” Iniziò il ragazzo cercando di scostarsi quanto più possibile dal viso della ragazza: “Diciamo di sì” Continuò con un mezzo sorriso. Gli occhi di Rachel si spostarono da Percy, al foglio bianco che aveva di fronte, per poi tornare veloci in quelli del ragazzo: “Se posso darti un consiglio… Per dipingere qualcosa ti converrebbe… ecco, dipingere.” Rispose dolce la ragazza, strizzandogli l’occhio.
“Oh!” Esclamò Percy, battendosi una mano sulla fronte: “Che sbadato, eh?” Rachel alzò gli occhi al cielo e continuò il suo giro tra i banchi dando dritte a chiunque ne avesse bisogno. Adesso che il piano facciamo-ingelosire-Annabeth poteva dirsi concluso, il corso di pittura non sembrava più un’idea geniale agli occhi del ragazzo. Una manciata di minuti dopo Percy si alzò radunando le sue cose: “Scusa Rachel, devo scappare. Io… beh, non mi sento tanto bene. Credo… sai, credo di dover… Io… vado, okay?” buttò fuori il ragazzo tutto d’un fiato uscendo dal laboratorio di arte. Rachel guardò velocemente il banco lasciato vuoto dal ragazzo dove c’era il foglio ancora bianco e si concesse un attimo per lasciare la classe da sola e raggiungere Percy bloccandolo con la schiena su uno degli armadietti: “La prossima volta, posso farti concentrare meglio io.” Disse con il tono più sensuale che riuscì a trovare nel suo repertorio. Percy si limitò ad un sorriso imbarazzato e riprese a camminare in direzione dell’uscita.
 
Correre per il centro di New York in skateboard non era del tutto facile: non era neanche l’orario che tutti tentavano di evitare, quella via di mezzo tra il pomeriggio e la sera durante la quale tutti finivano i turni di lavoro e le metropolitane diventavano asfissianti, ma per le strade c’erano comunque milioni di persone. Percy raggiunse casa di Annabeth in meno di mezz’ora e non poté non farsi sfuggire un sorriso ripensando al fatto che la prima volta che era stato da lei era con Luke e non aveva idea di chi fosse la ragazza che viveva lì.
“Annabeth?” Domandò quando sentì dei rumori indistinti dall’altra parte del telefono.
“Dimmi” Riuscì a sentire a stento il ragazzo.
“Mi chiedevo… se io mi trovassi casualmente a casa tua adesso e ti chiedessi un po’ di riparo dal gelo che fa qui fuori cosa mi risponderesti?” Domandò Percy. Annabeth non poteva vederlo, ma poté giurare che in quel momento il ragazzo avesse quel suo solito sorrisetto sfrontato: “Ti direi che è impossibile dato che non vivo in una strada trafficata e non si può passare casualmente per casa mia.”
“Oh, ma dai!”
“Sul serio, Percy sto studiando.” Rispose Annabeth avvicinandosi alla finestra quel tanto che bastava per vedere Percy seduto su uno skateboard.
“Sbaglio o qualcuno mi aveva promesso una lezione privata di biologia qualche tempo fa?” Percy sentì Annabeth ridere ed esultò mentalmente per il risultato: “E va bene. Citofono 22.” Disse la ragazza dopo una lunga pausa. Percy alzò lo sguardo sulla finestra dalle tende azzurre che suppose essere quella di Annabeth e sorrise certo che la ragazza lo stesse guardando.
“Lascia quello schifo fuori!” Sentenziò la bionda, indicando lo skate sporco di fango che Percy teneva in mano.
“Che cosa? Sei impazzita? Ho vissuto le mie migliori avventure con questo qui. Non permetterò che me lo rubino.”
“Ma chi penserebbe mai di prendersi quel… coso?” Ribatté Annabeth, ma Percy sembrava irremovibile: “E va bene” Iniziò la ragazza: “Ma lascialo sul balcone.” Disse spostandosi quel tanto che bastava per lasciarlo passare attraverso la porta. Percy, però, si chinò per baciarla e, sfruttando la sorpresa della ragazza, fece scontrare il suo skate con la gamba di Annabeth lasciandole una striscia di fango sui jeans chiari.
Annabeth guardò prima la sua gamba, poi Percy con uno sguardo gelido, mentre lui ricambiava con uno divertito. La bionda si avventò su di lui: “Che c’è? Non riesci a resistere all’irrefrenabile istinto di saltarmi addosso?” Scherzò il moro cercando di evitare l’ira della ragazza.
 
Leo era abbastanza sicuro che ormai fosse acqua passata.
Camminava per le strade di New York che ormai non erano più tanto sconosciute ai suoi occhi. Era arrivato in città da poco più di due mesi, ma riusciva ad orientarsi piuttosto bene tra le vie che percorreva abitualmente. Quella strada, poi, non era mai più riuscito a rimuoverla dalla mente. A malapena notò che le sue mani erano andate a cercare qualcosa sulla tasca inferiore del suo zaino. Il contatto col ferro freddo lo fece rabbrividire e, finalmente, abbassò lo sguardo sulle sue mani che avevano preso a giocare con i soliti fili di ferro che aveva applicato allo zaino. Costruire strani oggetti senza quasi rendersene conto era una cosa che faceva da sempre quando era troppo nervoso. Sentiva che tenere le mani occupate fosse un modo tutto suo per dissipare parte delle sue ansie.
Qualche minuto dopo, il ragazzo bussò alla porta di Hazel. Ormai si era arreso all’idea di non riuscire a stare fermo un secondo. Nonostante tutto, quando Hazel lo fece entrare, Leo si sentì quasi a suo agio. L’unica cosa che un po’ riusciva a turbarlo erano le saltuarie apparizioni del fratello inquietante della ragazza.
“Ti va qualcosa da mangiare?” Domandò Hazel mentre Leo sistemava il suo libro ed i suoi appunti di storia sulla scrivania della ragazza:
“Mh-mh” Rispose distrattamente il messicano mentre la sua attenzione si focalizzava sul monitor del computer che aveva di fronte che sembrava funzionare a scatti: “Perché fa così?” Domandò infatti indicando l’oggetto con un gesto del capo.
“Non ne ho idea. L’ho acceso una ventina di minuti fa e da allora fa così…” Rispose Hazel un attimo prima di scomparire dalla visuale di Leo per andare in cucina a prendere qualche snack.
Quando la ragazza tornò nella sua stanza il suo sguardo passò dal confuso al sorpreso in un secondo. Leo stava armeggiando con la quantità smisurata di cavi su cui Hazel aveva preferito non mettere mai le mani: “Ti dispiacerebbe prendermi un cavo rosso che ho nello zaino?” Domandò il ragazzo senza smettere di attaccare e staccare cavi.
Lo zaino di Leo era un casino. Sembravano esserci più fili ed oggetti strani che altro. Hazel rimase ancora più sorpresa quando notò un biglietto della pasticceria della mamma di Percy con una scritta sul retro. Non le servì leggerlo per capire cosa ci fosse scritto. Perché l’aveva tenuto? Hazel fu investita in un attimo dai ricordi di quella sera, le sensazioni nuove e bellissime che Leo le aveva fatto provare. Poi ripensò alla sera della fontana, al viso ferito di Frank e le venne quasi voglia di correre dal suo ragazzo e consolarlo, nonostante gli avvenimenti di quella sera fossero stati sostituiti da ricordi più belli, per Frank. Anche Leo sembrava essere andato oltre. Hazel si chiese se fosse proprio lei l’unica ad essere rimasta indietro. La voce del messicano sembrò interrompere quel suo flusso di pensieri: “L’hai trovato?” Lo sguardo di Hazel si posò su un cavo rosso inserito in una strana scatoletta nera con delle spie blu tutte spente: “Ehm… sì. Cosa devo fare con questo…?” Leo si girò di scatto a guardare la scatoletta nelle mani della ragazza e si lasciò sfuggire una risata: “Oh, staccalo. Quello era un… Diciamo che era un modo per scusarmi con Jason per avergli bruciato la console. Dovrebbe aumentarne la memoria e non farla surriscaldare troppo presto, di modo che possa… modificarla per fare cose grandiose.” Concluse Leo condendo il tutto con un occhiolino furbo mentre Hazel gli passava il cavo. Con un paio di forbici il messicano tagliò una parte di un cavo nero che Hazel aveva attaccato al computer ed inserì quello rosso estraendone uno identico, ma più sporco.
“Come nuovo, chica.” Disse strofinando le mani tra loro e riavviando il computer.
“Wow… Ma che altro sai fare?” Domandò Hazel, che non riusciva a contenere la sua sorpresa.
“Non c’è nulla che il grande Leo Valdez non sappia fare!” Esclamò Leo.
“Già… Tranne la storia.” Lo corresse la ragazza costringendo il messicano a sedersi accanto a lei e ad iniziare a studiare.
 
Nico non riusciva a credere che qualcosa stesse andando finalmente bene nella sua vita. Aveva paura di ammetterlo, continuava a credere che prima o poi sarebbe rimasto deluso, che uno come lui non poteva assaggiare la felicità, che quello doveva essere solo un modo per rendere tutto ancora più triste, quando le cose si sarebbero messe male. Una parte di lui, però, iniziò a credere che valesse la pena correre quel rischio se Will poteva farlo sentire così bene. Valeva la pena stare male, se si aveva un ricordo felice e prezioso con cui consolarsi.
Will aveva prenotato in uno di quei ristoranti costosissimi, in cui anche solo respirare poteva costarti un patrimonio, ma Nico non ne aveva assolutamente idea.
Non poteva immaginare in che posto lussuoso Will avesse prenotato quando era sceso con un baldo dal divano su cui si era addormentato notando che aveva già fatto dieci minuti di ritardo ed ancora doveva prepararsi.
Nico non sapeva quale divinità ringraziare quando si riscoprì pronto in poco più di venti minuti dopo l’orario stabilito. Gli bastarono solo altri dieci minuti per raggiungere la strada in cui si erano dati appuntamento. Arrivò con il fiatone e trovò Will seduto sul marciapiede, uno sguardo colpevole dipinto in volto.
“Ehi” Lo chiamò Nico sedendosi accanto al biondino: “Che c’è che non va?”
“Questi ricconi cancellano le prenotazioni per qualche minuto di ritardo.” Dichiarò deluso Will indicando con il braccio il ristorante lussuoso alle sue spalle. Nico, dal canto suo, era sconvolto: “Tu volevi portarmi… lì?” Domandò incredulo.
“Già…” Rispose Will abbacchiato.
Nico fissò un punto dall’altro lato della strada mentre un’idea iniziava inesorabile a formarsi nella sua testa: “Credo di avere una soluzione…”
Una manciata di minuti più tardi i due erano seduti su un muretto ad ingozzarsi di hot dogs presi al chiosco di fronte il ristorante in cui Will avrebbe voluto portare Nico.
 “Dai, questo non avresti potuto farlo lì dentro.” Disse il moro scoppiando a ridere. Effettivamente non era considerato del tutto educato mangiare e sedersi in modo scomposto e ridere sguaiatamente: “Vuoi altra birra?”
“Oh, ma certo, mio caro.” Rispose Will imitando un comportamento composto mentre alzava un mignolo per stappare la birra che Nico gli stava porgendo: “Grazie mille” Disse aggiungendo al tutto un accento inglese che quasi fece sputare a Nico il panino che aveva appena addentato.
Il biondo mandò giù un altro boccone con un sorso di birra quasi soffocando dal ridere per la reazione di Nico, ma in un attimo si fece serio, cosa che fece preoccupare enormemente il moro: “Che c’è?” Domandò infatti. Ogni traccia di felicità era sparita dal suo viso lasciando posto alla paura di aver sbagliato qualcosa.
“Nulla. Penso solo che dovresti ridere più spesso. Il tuo volto si illumina quando lo fai.” Disse Will completamente perso nei modi di fare del ragazzo che aveva di fronte. Nico pensò che il suo viso, più che illuminarsi, non potesse raggiungere una gradazione di rosso più alta di quella che aveva in quel momento, quindi non fu tanto credibile quando gli diede una gomitata nello stomaco balbettando qualcosa di simile ad un: “Zitto, Solace.” Ma non ebbe tempo di insultarlo in altri modi, perché poco dopo si ritrovò le labbra occupate a fare ben altro.
Il resto della serata lo trascorsero a ridere per ogni più stupida cosa ed a baciarsi. Nico non seppe nemmeno come si ritrovò sotto il portone di casa sua, più tardi.
Nico maledisse mentalmente sua sorella per aver portato le sue amiche a casa, quella sera: “Non ti invito a salire perché ho una marmaglia di ragazze a casa.”
“Va bene così.” Rispose il biondo scoccandogli un ultimo casto bacio sulla guancia prima di fondersi nell’oscurità di quella notte. A Nico scappò un sorriso. Ma cosa gli prendeva? Sperò vivamente che le amiche di sua sorella fossero ancora lì.
 
“Tu sei un genio in biologia.” Disse Annabeth facendo strada a Percy per portarlo nella sua stanza.
“E va bene, i miei voti non saranno poi tanto bassi, ma posso assicurarti che non ho bisogno di mentire per dirti che nelle altre materie non sono proprio una cima.”
Annabeth sembrò esitare per un attimo con lo sguardo su Percy, poi scosse la testa sorridendo: “Va bene, siediti.”
Un’ora dopo ad Annabeth sembrava assurdo che il livello di concentrazione del moro fosse ancora alto. Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma adorava l’espressione concentrata di Percy. Non riusciva a staccare gli occhi dalle sopracciglia aggrottate e dal modo in cui il ragazzo si torturava il labbro inferiore mentre cercava di capire i principi della termodinamica. All’improvviso Percy fece scivolare la sedia appena un po’ più indietro dalla scrivania sbuffando dopo l’ennesimo esercizio apparentemente impossibile: “Secondo me mi hai insegnato abbastanza.” Sentenziò alzando gli occhi sulla bionda: “È ora che sia io ad insegnarti qualcosa.”
Annabeth non ebbe neanche il tempo di comprendere la frase che Percy aveva appena detto, che si ritrovò le labbra occupate. Non seppe nemmeno come si trovò sulle gambe di Percy qualche minuto dopo, ma il ragazzo non sembrava intento a smettere di morderle il labbro in un modo che faceva quasi dimenticare alla ragazza il suo nome.
Annabeth non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma non era sicura di volerlo del tutto. I suoi dubbi aumentarono quando sentì che il corpo di Percy stava reagendo alla situazione, cosa che fece sussultare Annabeth. E se volesse solo questo per poi buttarmi via? Si domandò la ragazza inevitabilmente. Il suo corpo le diceva di continuare, di non dare peso ai pensieri almeno per quella volta, ma quella domanda continuava a martellarle un remoto angolino del suo cervello, impedendole di abbandonarsi alle emozioni.
Fu quasi sollevata, quindi, quando il suo cellulare iniziò a suonare rovinando l’atmosfera: “È Piper. Devo rispondere.” Dichiarò Annabeth allontanandosi dalla sedia di Percy.
Qualche minuto dopo la ragazza tornò in camera sua. Percy aveva già messo nello zaino la sua roba. Una parte di Annabeth era delusa.
“Sei tu?” Domandò il ragazzo prendendo una foto dalla scrivania cercando di contenere le risate. Nella fotografia Annabeth aveva mani e faccia ricoperte di cioccolato.
“Sì…” Rispose la ragazza coprendosi il viso con le mani scoppiando a ridere: “Non siamo ancora in quella fase del nostro rapporto in cui puoi guardare le mie foto imbarazzanti!” Esclamò la bionda ridendo. Percy sembrò tornare serio: “A-abbiamo un particolare… rapporto?” Domandò cercando di non mostrare troppo entusiasmo, ma Annabeth sembrò interpretare male la domanda, perché si affrettò a rispondere: “Cosa? No! Cioè intendo…” Balbettò arrossendo: “Ti accompagno alla porta.” Tagliò corto facendo strada ad un Percy piuttosto deluso.
 
Leo era riuscito a contenersi il più possibile con le battute stupide ed era anche piuttosto sorpreso dalla quantità di cose che aveva imparato quel pomeriggio. Per ricambiare, quindi, aveva spiegato a Hazel un argomento per la ragazza piuttosto difficile di fisica che, grazie all’aiuto del messicano, era diventato un gioco da ragazzi.
Il pomeriggio sembrò essere filato liscio finché alle sei non era arrivato Frank a fare una sorpresa alla sua ragazza. Uno sguardo ferito si dipinse sul viso del ragazzo, quando ad aprirgli la porta, fu Leo: “Tranquillo, amico. Stavo andando via.” Disse il messicano mettendosi la felpa rossa che aveva lasciato sul divano. Leo seguì lo sguardo di Frank e tentò immediatamente di chiarire ogni suo dubbio: “Stavamo solo studiando. Sono una frana in storia e Hazel aveva qualche problema in fisica. Ti ho detto che è acqua passata, puoi stare tranquillo.” Aggiunse poi. Frank sembrò sollevato. In quel momento Hazel scese le scale. Aveva sentito il discorso di Leo. Una parte di lei era felice che a Leo fosse passata, ma un’altra parte non poteva fare a meno di essere dispiaciuta per le parole del ragazzo.
“Va bene.” Disse Frank guardando la sua ragazza.
“Grandioso! Allora… be’…” Iniziò Leo piuttosto in imbarazzo: “Tolgo il disturbo.” Disse avviandosi verso la porta dove fu raggiunto da Hazel.
“Grazie per l’aiuto.” Gli disse abbracciandolo. Leo sentì il viso andare a fuoco: “Ehm… Grazie a te.” Rispose senza incrociare lo sguardo della ragazza e chiudendosi la porta alle spalle.
Lungo il tragitto per tornare a casa Leo non riusciva a smettere di chiedersi perché non riuscisse mai a controllare le sue reazioni quando c’era Hazel nei paraggi.
 
 
“Che cosa hai fatto?” Gridò Piper dall’altro lato del telefono.
“Te l’ho detto. Sta andando bene tra noi, ma non capisco se faccia così con tutte. Non posso essere una delle tante, Piper, resterei troppo delusa.”
Annabeth sentì Piper ridacchiare dall’altra parte del telefono: “Chissà come dev’essere stato difficile camminare per strada in… quelle condizioni.” La bionda alzò gli occhi al cielo. Conosceva Piper abbastanza da sapere che cercava sempre di sdrammatizzare con battute di poco gusto, quindi decise di cambiare discorso: “Tu? Qualche novità?”
“Nessuna… Se non contiamo quella serpe di Drew.” Dichiarò abbattuta.
“Che ha fatto?” Domandò curiosa la bionda.
“Oh, non puoi immaginarlo…”
 
“Percy?” Chiamò Sally Jackson quando sentì la porta di casa aprirsi ed infine richiudersi: “Stasera non cenerò a casa.” Dichiarò mentre sistemava all’orecchio un paio di orecchini d’argento che Percy non le vedeva da anni: “Ti ho lasciato un po’ di pasta in un piatto.” Aggiunse prendendo la borsa e scoccando un bacio sulla guancia del figlio.
“Ma dove vai?” Domandò il ragazzo notando che la madre era parecchio in tiro quella sera.
“Diciamo che… C’è una rimpatriata.” Rispose Sally vaga uscendo di casa e lasciando Percy con più domande di quante non ne avesse già dopo il pomeriggio passato con Annabeth.
 
Note dell’autrice: CIAAAAAAO AMICIIII.
Mi scuso infinitamente per il mostruoso ritardo, il mio computer è tornato a funzionare appena tre giorni fa, ma non vi ho abbandonati, prometto di riprendere con un ritmo umano.
Tra parentesi, ciò che è successo al computer di Hazel è parecchio simile a ciò che è successo al mio, ma purtroppo non ho un Leo.
Parlando del capitolo… meh, non sono molto soddisfatta. La Jasper è assente (nel prossimo mi farò perdonare) ed il risultato in generale non è dei migliori a mio parere. Tutto inizia e finisce con Percy. Ho voluto riprendere cose più o meno lasciate in sospeso negli scorsi capitoli. E si, Percy frequenta ancora il corso di pittura nonostante il suo obiettivo sia stato più o meno raggiunto. Per quanto riguarda Annabeth mi sembra piuttosto chiara la situazione: non vuole essere presa per i fondelli nonostante non riesca ad ammettere che i sentimenti che prova per Percy si stiano facendo più forti.
Questo momento Hazel-Leo era piuttosto importante per me. Volevo fosse chiaro che Hazel non è cambiata da un giorno all’altro del tipo: “Adesso sono fidanzata, addio Leo.”, ma dopo quello che è successo con Frank non vuole certo mettersi a pensare ad altri ragazzi.
Parlando di Frank, poi, lo so, prima era molto più presente, ma non voglio dargli spazio senza avere davvero nulla da dire. Presto, però, lo vedremo molto più attivo come agli inizi.
Sally, Sally, Sally, cosa stai combinando?
Per quanto riguarda Nico e Will, invece… Be’ non sono del tutto soddisfatta. Ho un rapporto difficile con il fluff (sì, lo so, non smetto di ripeterlo) e tutta la loro scena è stata un parto da scrivere. Spero il risultato non vi abbia delusi.
Posso dirvi, però, che mancano ancora una decina di capitoli alla fine. Perché lo sto dicendo? Non lo so, ma posso anche dire che, per il finale che ho in mente, potrebbe esserci un continuo. Non verrebbe fuori una fic così lunga, ma un qualcosa del tipo “Come le cose sono andate a finire”. Iniziate a farmi sapere se l’idea vi intriga o se volete vedermi sparire dalla faccia di EFP.
Vi ha fatto schifo? Vi ha lasciati indifferenti? Vi ha fatto impazzire? Fatemelo sapere con una recensione!
Ringrazio ancora chi sta mettendo la storia tra le preferite/seguite/ricordate ed a Micina_miao (sempre presente, mi motivi un sacco) ed a _viola02_ per la recensione dello scorso capitolo (spero di risentire presto un tuo parere)
Ci vediamo presto!
Adieu,
 
El.
   
 
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