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Autore: jarmione    04/10/2017    1 recensioni
[crossover]
[crossover][crossover][crossover]Che cosa accadrebbe se la città di Storybrooke fosse popolata da altre storie e non da quelle che noi tutti conosciamo?
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Personaggi inseriti:
X-men -> Logan, Young Charles, Young Eric
Supercar -> Devon, Michael, Bonnie, KITT, Amy (mia OC)
Thor -> Loki
Doctor Who -> Eleventh, Clara
Dalton -> Joe, Jack, William, Averell, Evelyn (mia OC)
Adventure Time -> Simon/Re Ghiaccio, Marceline
Sherlock BBC -> Sherlock, Watson
Labyrinth -> Jareth, Sarah
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ecco a voi il secondo capitolo.
In fondo vi elencherò i nomi che ho inserito e a quale personaggio originale corrispondono (chi vuole indovinarlo da solo non legga alla fine)
 
Amy si svegliò di soprassalto, senza riuscire a trattenere un grido.
Aveva il respiro affannoso, sudava e aveva i brividi.
Iniziò lentamente a focalizzare dove si trovava.
Era circondata da alberi e il cielo, per quel poco che riusciva a vederlo, era grigio e sul punto di piovere.
Si mise a sedere.
Si trovava in una foresta, se fosse all’inizio, alla fine o al centro non poteva stabilirlo.
Per sua fortuna il terreno non era bagnato, ma la ghiaia era gelida e lei era coperta solo da una felpa più grande di lei, presa da suo padre quella mattina.
In quell’istante realizzò.
Non era alla Fondazione e non c’erano foreste vicino alla sua abitazione quindi…
“Oh cavolo!” si alzò in piedi, ripulendosi alla svelta.
Dove diavolo si trovava?
Anche se era in grado di cavarsela da sola ormai da tempo, sentiva solo una gran paura e un senso di vuoto.
Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
Non era da lei.
Fece un respiro profondo e si mise le mani nei capelli, spettinati e pieni di residui di foglie secche.
Si li sistemò alla buona e, per sua fortuna, aveva con se un elastico al polso e si fece la coda.
La prima cosa da fare era uscire da quella foresta, sperando di non essere troppo lontana dal centro abitato.
L’ultima cosa che riusciva a ricordare era una nube viola che veniva verso di loro, poi il nulla.
Non aveva idea di come fosse arrivata lì.
Non c’era il sole, non poteva orientarsi, così decise di prendere la prima direzione che capitava.
A parte il rumore dei suoi passi sulla ghiaia e qualche uccellino che cinguettava qua e là, non vi era alcun suono e questo era inquietante.
Mentre camminava pensava a ciò che avrebbe fatto appena si fosse trovata in un centro abitato.
Sicuramente avrebbe chiesto in che città fosse e poi?
Non poteva di certo andare in giro a dire frasi tipo –Avete visto la mia mamma e il mio papà?– come fanno i bambini che si perdono.
Aveva sedici anni e poteva benissimo cavarsela…forse.
Se solo avesse idea di dove siano i genitori.
Ebbe un flash!
Si guardò il polso, indossava ancora l’orologio della Fondazione, sempre in collegamento con KITT e suo padre, unico altro membro che lo possedeva.
“Si!”
Ma appena lo avvicinò alle labbra per parlare, si accorse che il pulsante che lo permetteva era diventato un semplice tasto per cambiare l’ora.
“Cosa?!” tentò più volte di farlo partire ma ottenne un pessimo risultato e l’orologio iniziò a segnare un orario completamente sballato.
“No…no…no!”
Inutile.
Sbuffò sonoramente ed evitò di urlare dalla frustrazione.
Riprese a camminare, lo fece per quasi venti minuti, finchè non si ritrovò in mezzo ad una strada.
Non conosceva il percorso ma fu grata di essere finalmente in un punto di passaggio.
Attese qualche istante, magari qualcuno passava e si faceva dare un passaggio.
Sua madre l’avrebbe uccisa, ma almeno tornava a casa.
Purtroppo non passò nessuno.
Se quella non era sfortuna, non sapeva come chiamarla.
Si incamminò ancora, prima o poi doveva arrivare da qualche parte.
Svoltò a destra e, in lontananza, vide un cartello strada.
Ringraziò il cielo e corse finchè non riuscì a leggere.
-BENVENUTI A STORYBROOKE-
Storybrooke?
Che razza di città era?
Non l’aveva mai sentita e, per quanto la riguardava, aveva un nome talmente assurdo che era impossibile esistesse davvero.
Peggio non poteva andare, almeno lì qualcuno che poteva aiutarla c’era di sicuro.
Ci volle mezz’ora prima che raggiunse le prime case.
Poca gente bazzicava lì, la maggior parte era concentrata più avanti, in quello che doveva essere il centro.
Non era malvagia come città, nonostante il nome assurdo.
Strade ben asfaltate, negozi, uffici, tavole calde e pub.
Decisamente meglio di ciò che aveva immaginato.
Nel vagare osservava le persone, cercando quella giusta a cui chiedere senza sembrare una pazza.
Fu lieta di vedere che tra i vari passanti c’era un signore che conosceva.
Questo poveretto era anziano ma ancora bello arzillo e recava sul volto una cicatrice dovuta alla guerra.
“Signor Cleveland!” si avvicinò a lui “buongiorno signore!”
L’uomo sobbalzò e la guardò con un sopracciglio alzato
“Ci conosciamo?”
“Sono Amelia Knight, non si ricorda?”
“Devi avermi confuso per qualcun altro cara” sorriso l’uomo, guardandola con pietà
“Ma…lei non è il signor Cleveland?”
Lui scosse la testa
“Sono il signor Bentley”
Amy volle sprofondare.
“Mi…mi dispiace, non volevo disturbare”
“Di niente, buona giornata cara” e se ne andò.
Non era pazza e, soprattutto, era più che certa di conoscere quel tizio.
Lei e suo padre lo avevano aiutato a rimettere in piedi un negozio dopo una rapina qualche anno prima e da allora lei frequentava sempre quelle zone per fare un saluto.
E adesso che lo vedeva non la riconosceva.
Poteva benissimo avere un gemello, ok, ma allora perché questo gemello aveva la stessa cicatrice, delle stesse dimensioni e nello stesso posto?
O sognava o qualcosa non andava.
Più probabile la seconda.
“Sto impazzendo”
“Se impazzisci solo perché confondi le persone, allora siamo tutti pazzi” una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Scusa, non volevo spaventarti” un ragazzo, alto capelli castani fino alle spalle e con tanto di barba e baffi, osservava Amy con sguardo interrogativo e la scrutava attentamente “Sono Aaron Mind, psicologo della città” si presentò allungando una mano e stringendo quella di Amy “Non sei di queste parti vero?”
Amy scosse la testa, un per confusione e un pò perché come ragazzo non era per nulla malvagio, anzi!
Aveva un non so che di misterioso che lo rendeva affascinante, anche se non aveva idea di chi esso fosse.
Ad ogni modo, cercò di non sembrare più pazza di quello che già si sentiva e voleva evitare figuracce.
“Sono…appena arrivata”
“Lo notavo” sorrise Aaron “posso avere l’onore di sapere il tuo nome?”
“A…Amelia…Amelia Knight”
“Amelia, sicuramente ti farai chiamare Amy per comodità e sei qui alla ricerca di qualcosa, anzi! Qualcuno”
Come faceva a saperlo?
Indietreggiò di un passo
“Tranquilla, non sono un veggente ho tirato ad indovinare ma di solito ci azzecco” disse lui “dopotutto sono uno psicologo”
Amy sospirò “Già…”
“Ad ogni modo, se posso esserti utile…” tirò fuori un biglietto da visita “vieni pure a trovarmi, faccio anche da supporto morale” ammiccò, estorcendo un piccolo sorriso dalla ragazza.
“Grazie…” rispose lei “senta io…”
“Dammi pure del tu” la fermò lui “il LEI mi fa sentire così vecchio”
“Oh ehm…ok…io avrei…bisogno di sapere dove si trova l’ufficio dello sceriffo”
Aaron ci pensò su “L’ufficio si trova appena svolti l’angolo laggiù” ed indicò una via sulla destra “ma a quest’ora starà facendo il suo giro di pattuglia e poi va a fermarsi al Granny’s” mostrò invece la tavola calda dall’altro lato della strada “Prova ad aspettarlo lì, almeno non stai qui al gelo”
Salutò e se ne andò, lasciandola sola sul marciapiede.
Anche se non aveva concluso nulla, era sempre meglio di niente.
Sospirò e frugò nelle tasche, trovando due dollari.
Almeno si consolò sul fatto che poteva permettersi un caffè.
Attraversò la strada ed entrò nel locale.
Faceva un bel calduccio e sentì il suo corpo rilassarsi a quel tepore.
Il bar era vuoto.
Come cosa era strana.
Cercò un orologio e quando lo trovò vide l’ora.
Erano le dieci del mattino.
O tutti erano al lavoro o c’era qualcosa che non andava.
“Salve!” da quella che doveva essere la cucina, spuntò fuori una ragazza, forse della sua stessa età, dai capelli biondo platino raccolti in due trecce ordinate.
“Salve”
“Wow!” esclamò la ragazza “sei nuova? Non c’era mai stato un forestiero, sei la prima! Come ti chiami?!”
Amy ci mise alcuni secondi a realizzare e anche la ragazza si accorse della velocità con cui aveva parlato.
“Scusami, non volevo essere invadente, è che non ci sono mai stati forestieri in questa città”
“Tranquilla” rispose Amy “ad ogni modo mi chiamo Amy”
“Io sono Mina tanto piacere di conoscerti” Mina risultava molto amichevole.
Per essere una che gestiva una tavola calda, Amy notò che Mina era molto magra e sembrava una che la notte dormiva poco, anzi niente.
“Allora? Cosa posso servirti?”
“Un…un caffè grazie”
Mina eseguì alla svelta “Da dove vieni?” chiese per fare un pò di conversazione “scusa se sono curiosa”
“Figurati” Amy sorseggiò il caffè.
Ci voleva proprio.
Che poteva dirle?
Che una nube viola l’aveva portata lì? Altro che pazza e altro che psicologo affascinante.
La rinchiudevano.
“Da…da lontano, estero”
“Capito” Mina alzò un sopracciglio, la risposta non era convincente e iniziò a sospettare qualcosa.
Scrollò le spalle e non volle indagare oltre, lavando alcuni piattini e tazze nel lavandino.
“Stavo cercando lo sceriffo” cambiò discorso Amy “sai dirmi dove posso trovarlo?”
Mina ci pensò e guardò l’orologio
“A momento dovrebbe arrivare il vice sceriffo e subito dopo lo sceriffo”
Amy notò che alla parola “vice sceriffo”, Mina aveva assunto una sguardo mezzo sognante.
Sorrise appena.
Come da previsioni della barista, la porta si spalancò ed entrò quello che doveva essere il vice.
Ebbe la conferma dal sorriso di Mina quando lo vide.
Era un ragazzo molto giovane, con i capelli neri e il ciuffo, jeans praticamente attillati e camicia gialla, con la stella delle autorità sul petto.
“Buongiorno Mina” salutò lui con un enorme sorriso, avvicinandosi al bancone “come stai?”
“Buongiorno sceriffo” salutò Mina “Non c’è male grazie” poi si avvicinò a lui, come per sussurrare “immagino che Jeff sia da voi”
Il vice annuì “Ti aspettavi diversamente?”
“Non sai quanto mi vergogno” Mina era diventata rossa “mi dispiace”
“La colpa non è tua” la rassicurò il vice “ma se non si danno una regolata tutti e quattro la situazione si farà pesante”
“Si lo so” Mina abbassò lo sguardo e preparò un caffè per il vice, tornando poi a lavare i piatti.
Amy, nel frattempo, finì la sua tazza e prese i soldi, che mise sul bancone.
“Salve” salutò il vice “perdona se te lo chiedo ma…non mi sembri un volto famigliare”
“Ehm…sono appena arrivata”
“Non ci capitano molti forestieri” allungò la mano “io sono il vice sceriffo Lowell”
Amy la strinse “Io sono Amelia”
“E’ un piacere, Amelia” disse con un cenno del capo “sei così giovane, avrai forse la sua età” indicò Mina “come mai da queste parti?”
“Sto cercando alcuni parenti e so che sono qui”
Si sentiva un emerita stupida.
Ma ormai che poteva fare? Vice sceriffo o meno, era l’unico che poteva aiutarla.
“Se mi dici i loro nomi magari posso aiutarti”
Amy fece per rispondere, quando la porta del locale si spalancò ed entrò un uomo che, dalla stella, doveva essere LO sceriffo.
Amy si sentì sprofondare.
Giacca nera, camicia rossa e jeans neri.
“Papà…” mormorò ma, nel silenzio, la udirono tutti, compreso l’interessato.
“Prego?” la guardò l’uomo stupito
“Papà!...sono Amy!” disse “non ti ricordi?”
Tutti la guardavano accigliati, come se fosse pazza.
Si era detta di non fare altre figure, ma non era riuscita a mantenere questa promessa.
Amy pensò che fossero loro i pazzi.
Ma che diamine era quella nube che l’aveva portata lì? E che diamine aveva fatto alla sua famiglia?
Aveva davanti suo padre e nemmeno la riconosceva.
“Io…mi dispiace…” corse fuori a gran velocità.
“Amy aspetta!” cercò di fermarla Mina, ma con insuccesso “mi spiace sceriffo Kostner”
L’uomo sorrise “Figurati, vado a vedere che succede” ed uscì con l’intenzione di seguirla.
Amy, intanto, era corsa nella stessa direzione da cui era venuta, attirando su di se lo sguardo dei passanti.
Qualcosa non andava.
Tutti erano strani e suo padre non la riconosceva nemmeno.
Che diavolo era successo?
Arrivata all’altezza del cartello stradale “State lasciando Storybrooke” si fermò.
La sua prima idea era quella di andarsene ma, se suo padre era lì e non la riconosceva come poteva farlo?
Avrebbe dovuto starsene lì e aiutarlo, trovare anche sua madre, suo zio e KITT.
La figuraccia fatta poco prima le si stava ritorcendo contro.
Aveva lo stomaco sottosopra e sentiva il bisogno di piangere.
Cercò di calmarsi.
Scappare non era una soluzione.
Doveva restare.
Avrebbe risolto quella situazione da sola.
Si addentrò nella foresta, cercando di restare nel territorio della città.
Mentre camminava, però, avvertì dei passi dietro di lei e quando si voltò per vedere cosa la stesse seguendo, emise un grido.
Si trovò, a circa due centimetri, suo padre.
“Calmati, non voglio farti del male”
Amy indietreggiò di alcuni passi
“Tranquilla” teneva le mani alzate, per segnalare che era disarmato “non ti farò del male” poi alzò lo sguardo e lo puntò dietro Amy.
Anche lei si voltò, senza capire.
“Vieni dietro di me” le disse lo sceriffo “e indietreggia lentamente”
Anche se poco convinta, eseguì l’ordine.
Benchè suo padre non avesse la minima idea di chi lei fosse, si fidava lo stesso di lui.
Diede un'altra occhiata e finalmente vide cosa lo aveva fatto fermare.
In lontananza, fra gli alberi, vi era un lupo.
Era completamente nero e portava al collo una specie di bandana rossa.
Il lupo tentava di avvicinarsi ma lo sceriffo indietreggiava e obbligava Amy a fare lo stesso.
“Corri alla macchina, svelta!”
Lei obbedì e corse fuori dalla foresta.
Vide subito la macchina dello sceriffo e vi si infilò dentro, non vedendo però suo padre tornare
“Papà!” ma nulla “papà!”
Lo vide spuntare in lontananza.
Anche lui di corsa.
Salì in macchina e mise in moto, tornando verso la città.
“Sei impazzita ad intrufolarti nella foresta?” domandò lui “Mina non ti ha detto niente?”
Amy scosse la testa
“Dracula è Pericolo, sta lontano dalla foresta”
“Dracula?”
“Il lupo che hai visto”
Amy respirava affannosamente
“Ad ogni modo…” cercò di darsi una calmata anche lui “come ti chiami?”
“Ma…” giusto…lui non si ricordava di lei.
Qualunque nome avrebbe detto sarebbe stato nuovo.
“Amelia Knight”
Lo sceriffo la guardò velocemente, lo sguardo stupito e quasi allucinato.
Lo sceriffo sentì un battito mancargli ma non vi diede peso
“Bene, Amelia Knight, io sono lo sceriffo Kostner e pattuglio questa città” disse, dando ad Amy la conferma di ogni suo pensiero.
Era completamente sola.
Il signor Cleveland passi, ma non suo padre.
“Dove sono i tuoi genitori?”
“Sono in vacanza da sola e…sto anche cercando un posto dove stabilirmi e cercarmi un piccolo lavoretto”
“Non sei un pò troppo piccola?”
“Ho sedici anni”
“Sedici anni o no, dovresti comunque essere sotto la tutele di qualcuno” sospirò “hai un luogo dove stare?”
Amy non ci aveva pensato e non era neanche il suo pensiero principale.
Scosse la testa.
Lo sceriffo ragionò
“Al momento il Bad and Breakfast è pieno” disse “per stanotte, dormirai in centrale, così verifichiamo anche la tua situazione e domani ti accompagnerò io”
Amy si rassegnò e si fece scortare fino alla centrale, la situazione era degenerata.
 
PERSONAGGI USATI:
 
SCERIFFO KOSTNER: quello l’ho già detto, è il papà di Amelia Knight (mia OC). Personaggio di Supercar, nome originale MICHAEL KNIGHT
SCERIFFO LOWELL: Corrispose a LUCKY LUKE della serie dei Fratelli Dalton (quelli su K2)
MINA: corrisponde alla mia OC EVELYN DALTON (anche lei proviene dalla serie dei Dalton e sarebbe la loro sorella minore adottiva)
AMY KNIGHT: ha davvero bisogno di descrizioni? Vi dico solo che è la mia OC dalla seria Supercar, figlia di Michael e Bonnie
SIGNOR CLEVELAND: primo tizio con primo nome che mi è venuto in mente giusto per far fare figuracce ad Amy XD
JEFF: verrà menzionato meglio dopo, fratello maggiore di MINA (Evelyn) arriva dai Dalton
AARON MIND: corrisponde a Charles Xavier giovane (saga degli X-men)
  
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