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Autore: Marne    09/10/2017    3 recensioni
Dopo quattro anni di apparente pace e prosperità, il Mondo Magico si ritrova ad attraversare un nuovo periodo di crisi. Qualcuno ha iniziato ad uccidere i vecchi Mangiamorte ed Harry Potter, distrutto dopo la Guerra, inizia a soffrire di incubi spaventosi che sembrano voler mettere in dubbio quell'equilibrio raggiunto con tanta difficoltà.
Hermione Granger, dopo esser sparita per ben due anni a causa di un impiego segreto, fa ritorno nella sua terra d'origine per portare una notizia terribile a Draco Malfoy e per riunirsi al vecchio amico nella lotta contro il nuovo Male che sembra volerli sopraffare.
Un bambino è intenzionato a distruggere ciò che è stato costruito in tantissimi anni e con immense difficoltà e nessuno sembra avere il potere di fermarlo. Come si uccide chi è giù sfuggito alla morte?
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Katie Bell, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heir Universe'
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LErede del Male.


 

«Or discendiam qua giù nel cieco mondo», 
cominciò il poeta tutto smorto
«Io sarò primo, e tu sarai secondo».
E io, che del color mi fui accorto, 
dissi: «Come verrò, se tu paventi 
che suoli al mio dubbiare esser conforto?».
Ed elli a me: «L’angoscia de le genti 
che son qua giù, nel viso mi dipigne 
quella pietà che tu per tema senti.
Andiam, ché la via lunga ne sospigne». 
Così si mise e così mi intrare 
nel primo cerchio che l’abisso cigne.
*”.



[Dante Alighieri – Inferno, Canto IV]

                                  

 

Atto XII, Parte III – Limbo

 

 

I viaggi nell’Aldilà erano stati vietati per millenni, eppure generazioni e generazioni di giovani Negromanti avevano avuto modo di conoscere alla perfezione ogni minimo dettaglio di quella particolare realtà. Erano solo dicerie, per la maggior parte. Racconti tramandati dai primi Negromanti e, in rarissimi casi, esperienze dirette raccontate da Thanatos in persona. Kate era la prima ad avventurarsi in quel luogo dal momento della caduta dei suoi padri immortali.

Era una sensazione bizzarra, per usare un’espressione decisamente vaga. Lei percepiva con esattezza la realtà del mondo umano in cui il suo corpo era bloccato1, eppure la sua anima era altrove, proiettata in quel luogo fumoso dai contorni indefiniti. Le anime intorno a lei erano tormentate, per la maggior parte, ma in tante erano pacificamente in attesa di qualcosa di cui esse stesse potevano non essere consapevoli. Muovendosi fra loro non riuscì a capire cosa stessero vivendo, avrebbe dovuto avvicinarsi per ritrovarsi nella loro versione del limbo, quindi il comportamento buffo di alcuni non poté trovare giustificazione. Alcune sembravano intente a prendere il tè, altre leggevano libri o combattevano con spade per lei invisibili.

Il Limbo è ciò che ognuno desidera.

C’erano tante anime a lei sfortunatamente note, in quel luogo. Si trattava delle più giovani, per la maggior parte vittime di Voldemort che non avevano trovato la loro pace. Lontano da lei, invece, poteva scorgere delle anime minuscole, disinteressate a tutto e tutti: i bambini nati prima di poter sviluppare la loro piena essenza2.

«Katie?».

Una presa gelida – un’impressione, naturalmente, non esistevano vere sensazioni in quel luogo – seguì al richiamo, spingendola a balzare via per lo spavento. Quando si voltò, si ritrovò faccia a faccia con l’ultima persona – poteva ancora definirla tale? – che avrebbe voluto incontrare. L’espressione di quegli occhi verdi era dolce proprio come lei la ricordava, il sorriso gentile nonostante l’evidente preoccupazione. Kate sentì il cuore stringersi nel petto e la tentazione di piangere per poco non ebbe la meglio su di lei.

«Oh, no» esalò, portandosi una mano al viso, consapevole di quanto triste dovesse essere la sua espressione. Intorno a lei la nebbia era mutata, prendendo l’aspetto di un piccolo ma confortevole soggiorno. «Professor Lupin, cosa ci fa lei qui? Dovrebbe essere oltre, con sua moglie».

Lo sguardo del suo ex insegnante di Difesa si addolcì ancora di più. «Non temere, anche Dora è qui con me. Credo sia andata a fare un giro fra… fra i bambini3» mormorò, esitando prima delle ultime parole. «Non potremmo mai riposare in pace, senza la certezza che Teddy abbia avuto una buona vita» le spiegò, gentile, indicando qualcosa fuori dalle false mura. «Anche James e Lily Potter hanno avuto una sorte simile, ma con la morte di Voldemort sono riusciti ad andare avanti. Per noi è stato… differente. Preferiamo aspettarlo personalmente, forse perché abbiamo avuto troppo poco tempo con lui».

Tentare di spiegare le ragioni di un’anima bloccata era un’attività su cui Kate non poteva permettersi di indugiare, nonostante il cuore le piangesse in petto al pensiero del più gentile fra i suoi professori costretto a quell’esistenza a metà.

«Sono sicura che quando sarete pronti potrete procedere insieme» lo rassicurò, cercando di suonare convincente anche alle proprie orecchie.

Lupin sorrise, dandole un buffetto sul braccio. «Ne sono certo, cara» mormorò, prima di accigliarsi. «Tu, piuttosto. Sei ancora viva, per quanto… maltrattata» le fece notare, indicando il suo viso. «Come fai ad essere qui?».

Una smorfia fu tutto ciò che lei si lasciò sfuggire. «Diciamo che ho i miei collegamenti, professore» mormorò, prima di realizzare un piccolo dettaglio. Lupin era stato a scuola nello stesso periodo della madre di Winter, quindi avrebbe dovuto conoscerla ed aiutarla a scovarla, così da dimezzare il suo tempo di ricerca. «Professore, lei per caso può portarmi da Beatrice Vane? Il Limbo è leggermente infinito, rischierei di perdere troppo tempo e, ugh, stare troppo qui potrebbe rendere difficile il mio ritorno fra i vivi4».

L’espressione dell’insegnante cambiò improvvisamente, passando da curiosa a preoccupata nel tempo di un battito di ciglia. «Non credo sia una buona idea, signorina Bell» le fece notare, mentre intorno a loro il soggiorno spariva, rimpiazzato dalla vecchia nebbia. «Beatrice è fra le anime più tormentate, non esce mai dal suo mondo. Potrebbe non voler parlare con te».

Per nulla sconfortata, Kate scosse il capo. «Mi creda, sono piuttosto convinta di avere argomenti molto più che convincenti a supporto delle mie richieste» gli fece notare, tranquilla. «Può accompagnarmi? Ho una certa fretta, mi serve lei per evitare che il mondo vada in rovina».

Lupin sospirò. «Un altro guaio, eh?5 Mi auguro che riusciate a risolverlo e che Harry non perda nessun altro» mormorò, triste. «Quando Ron è passato di qui, prima di andare avanti, ho temuto che in poco tempo avrei accolto anche lui ed Hermione.

Di positivo, quindi, c’era che nessuno dei due fosse ancora morto mentre lei sbrigava quelle faccende.

«Faremo del nostro meglio. Mi può accompagnare, quindi?».

Il professore annuì, cominciando a far strada. «Quando tornerai indietro… potresti portare un messaggio ad Harry?».

 

***

 

«Io non ti conosco».

La giovane donna era accucciata in un angolo o, quantomeno, lo era la sua anima. Kate aveva sempre saputo che l’avrebbe trovata nel Limbo, prima ancora di tentare altri tipi di contatto. Era il luogo in perenne crepuscolo in cui il potere di Thanatos era minimo ma in cui non esisteva neppure alcuna altra forza dominante, in cui le anime irrequiete erano costrette a rivivere i traumi del loro passato senza avere alcuna possibilità di andare oltre, poiché impossibilitate a risolvere le loro faccende in sospeso. Non avevano scelto di tornare come fantasmi, tuttavia non erano neppure pronte a proseguire. Non lo sarebbero mai state. La condizione ideale per Beatrice Vane.

Kate cercò di sorridere, ma scoprì di non riuscirci. Le nuove cicatrici al viso6 le impedivano di muoversi con la stessa disinvoltura di un tempo, avrebbe necessitato di tempo per abituarsi, tempo che non aveva. «No, non mi conosci ed io non ti ho mai conosciuta in vita, Beatrice» confermò, suonando il più rassicurante possibile.

Lo spirito la fissò per un lungo istante, accigliandosi. «Dici di non avermi conosciuta, eppure mi chiami per nome. Le Porte ti hanno fatta entrare, eppure tu sei ancora in vita» constatò, sbattendo un paio di volte le palpebre. Non che ne avesse davvero bisogno, doveva essere un tic ereditato dalla sua vita passata. «Cosa sei tu?».

La Negromante strinse le labbra, usando il tono più gentile di cui fosse in possesso. «Non crucciarti, sappi solo che non voglio farti alcun male» la rassicurò, stando bene attenta alle proprie parole. In quel luogo non poteva mentire7. «Sono venuta qui perché ho bisogno del tuo aiuto, Beatrice. Del tuo aiuto nel mondo dei vivi».

Con un gesto pieno d’orrore, l’anima balzò in piedi, allontanandosi da lei con una velocità sovrumana. «No» disse, ferma, appiattendosi contro una parete inesistente, come tutto ciò che le circondava. Kate sapeva che ogni anima, in quel luogo, avrebbe visto il luogo che più avrebbe ritenuto appropriato. Spesso era un luogo di transito, altre volte una riproduzione del luogo in cui avevano trascorso gli ultimi momenti. Per Beatrice Vane si trattava della cella di un sotterraneo. «Io non voglio avere a che fare con quel mondo, mai più».

Esasperata, Kate si pizzicò la radice del naso. Era piuttosto seccante che Draco avesse avuto ragione nel credere che lei non li avrebbe mai aiutati immediatamente, di certo non seguendo il piano che lei aveva velocemente architettato. Avrebbe dovuto scusarsi, prima o poi. «Posso immaginare le tue ragioni, Beatrice» provò a dirle, un sorriso appena accennato ad incurvarle le labbra. «Eri tranquilla a rimuginare sulla tua pessima sorte ed all’improvviso è comparsa questa Respirante tutta piena di cicatrici e sporca di sangue a chiederti di lasciare questa pace per tornare nel luogo in cui hai sofferto così tanto» aggiunse, mostrandosi accomodante. «Lo capisco, davvero, ed odio doverti disturbare, ma è importante».

L’enfasi delle sue parole non turbò affatto lo spirito, che inarcò le sopracciglia con incredulità. «Non credo che possa esistere qualcosa di abbastanza importante, grazie tante» la congedò, indicandole la porta spalancata della cella, quasi fosse stata reale, quasi fosse stato possibile, per lei, essere sbattuta fuori. Il Limbo neppure esisteva, per la miseria!

«Per favore, Berenice» tentò ancora Kate, addolcendo sempre di più il suo tono, ricoprendo ognuna delle sue parole in uno strato di densa melassa. «Si tratta dell’unica ragione che io so ti spingerebbe a tornare indietro. Credimi» mormorò, puntando probabilmente sulla pietà. «Non vuoi aiutare Winter? Non vuoi aiutare la tua bambina? Sta soffrendo così tanto».

Fra tutte le reazioni che Kate aveva messo in conto, la totale indifferenza non era stata proprio considerata. Eppure fu proprio quella la risposta di Beatrice: una stretta nelle spalle ed un sguardo apatico. Kate sentì la propria mascella toccare terra.

«Che c’è?» le chiese lo spirito, confuso. «Credevi davvero che mettere in mezzo la ragazzina avrebbe avuto qualche effetto su di me? Non l’ho mai sopportata, troppo simile a quel mostro di suo padre» spiegò, con una tranquillità spaventosa. «Certo, prima non me ne sono mai resa conto, credo fosse tutta colpa di quella cosa che viveva dentro di me. Ma adesso che sono libera…».

Il cuore di Kate sembrava essersi fermato nel suo petto e lei dubitava che fosse colpa di quel rituale che l’aveva spedita – quasi letteralmente – nell’aldilà. Né lei né Draco si erano aspettati l’indifferenza, lui era stato certo che sarebbe stata la paura ad impedirle di tornare e fare del bene.

«Ma Winter è tua figlia. Sangue del tuo sangue» le fece notare, piuttosto accigliata. «Per quanto sia frutto di Mulciber, sei stata tu a crescerla, a prenderti cura di lei… è impossibile che tu non provi proprio nulla. L’istinto materno appartiene a tutti gli animali, che diamine».

Rendendola ancora più sconvolta, l’anima rise alla sua affermazione. «L’hai mai guardata negli occhi? Quella creatura non ha nulla di me, se non il naso» sbottò, riavvicinandosi con fare spavaldo. «No, umana, non mi convincerai a tornare indietro, di certo non per aiutare quell’essere. Come potrei amarla, se ho odiato ogni istante in cui l’ho avuta in grembo? Ogni carezza era il ricordo delle violenze che suo padre ha usato su di me» sputò, continuando ad avanzare fino a ritrovarsi a pochi centimetri da lei. «Se avessi avuto controllo di me stessa, avrei strappato via quella cosa dal mio ventre con le mie stesse mani».

Una sensazione strana alla bocca dello stomaco impedì a Kate di rispondere, nonostante la sua mente stesse arrancando per elencare tutti gli insulti disponibili nel suo repertorio. Le servirono un paio di secondi per comprendere e, quando ci riuscì, la voce le morì definitivamente in gola. Non si trattava della semplice consapevolezza di essere davanti ad un muro cieco, ma, piuttosto, della realizzazione di aver avuto una vita molto più simile a quella di Winter di quello che avrebbe sempre immaginato. Quelle stesse parole sua madre le aveva rivolte a lei, quando, stremata, aveva deciso di rinfacciarle gli anni di soprusi.

Piccola irriconoscente, sarebbe stato meglio se avessi seguito il mio desiderio e tu non fossi mai nata!

Non si era mai soffermata a riflettere su quanto quelle parole l’avessero ferita. Non aveva mai pensato che l’avessero segnata tanto a fondo. Eppure, nell’osservare lo sguardo pieno di cattiveria di quella donna, non riuscì a reprimere la rabbia. Con un gesto dettato più dalla stizza che da un ragionamento serio e maturo, Kate afferrò l’anima per il collo – naturalmente si trattava di una raffigurazione puramente mentale, non esistevano colli o muri o qualunque altra realtà fisica – e le impedì di continuare, piegandola ai suoi ordini.

«Adesso tu farai esattamente quello che io ti ordinerò» le comunicò, secca, scoprendo i denti in una smorfia infastidita che avrebbe reso orgogliosi i vari vampiri che aveva avuto sotto il suo controllo, primo fra tutti il suo compianto Jacques, che proprio Tiresias aveva eliminato. Era stata Kate a dover comunicare alla sua compagna, Arthemis, la perdita del suo eterno amore, nonché creatore. Arthemis si era lasciata uccidere dal dolore, soffrendo una solitudine che solo gli immortali avrebbero mai potuto comprendere. Jacques era stato sacrificato nel tentativo di salvare Winnie, eppure sua madre si stava rifiutando di collaborare.

Assolutamente no.

Lo sguardo terrorizzato dell’anima le diede una scarica di adrenalina. La fissava come se all’improvviso fosse diventata un mostro a sei teste, spostando la propria attenzione fra il suo viso ed un punto imprecisato alle sue spalle.

«Cosa sei tu?».

«Cosa sono non è di tuo interesse, ma se non collaborerai ti assicuro che diventerò la protagonista di tutti i tuoi incubi» la avvisò, in un sibilo. «Potrei non essere ancora morta, ma presto o tardi anch’io passerò per questo luogo e allora mi assicurerò di usare tutti i privilegi che la mia posizione mi garantirà e di questo tuo angolo di pace non resterà nulla».

«Perché ti interessa tanto?» urlò allora Beatrice, dimenandosi inutilmente. Per quanto in vita fosse stata più alta e probabilmente più forte di Kate, in quel luogo ogni suo vantaggio cedeva davanti al potere della Morte. «Stai per morire, perché ti importa tanto di quella creatura?».

«Perché il peccato dei padri non appartiene ai figli» sbottò, furiosa. «Perché Winter ha sofferto molto più di te e merita la salvezza molto più di quanto tu meriti la tua pace. Non me ne importa un cazzo del fatto che tu sia già morta, che sia stata costretta ad un matrimonio violento e che Sisifo ti abbia fatta morire per poter raggiungere il suo nuovo tramite» riprese, stringendo di più la presa. «Winnie ha vissuto i tuoi traumi più tanti altri, anche lei deve essere salvata ed è proprio quello che tu farai. Sono stata chiara?».

Beatrice si divincolò di più. «No! Non tornerò indietro e non la aiuterò, non c’è nulla che tu possa fare per costringermi».

Fu a quel punto che il sorriso di Kate si allargò, nonostante fosse terribilmente doloroso per il suo viso maltrattato. «Credimi, potrei trascinarti in un luogo ben peggiore del mondo dei vivi, se non dovessi collaborare. Quindi ti consiglio bene di stare al gioco ed aiutarmi a riportare indietro Winter» la avvisò, con macabra allegria. «Possibile tu non voglia vendicarti di Sisifo e Tiresias?».

Qualcosa cambiò nello sguardo dell’anima, qualcosa che spinse Kate a lasciare la presa e consentirle di arretrare. «Vendetta?».

«Voglio riportare indietro Winter e, nel farlo, potrei anche riuscire a porre fine alla follia di quei due imbecilli immortali. Potresti prendertela con i veri artefici di ogni tuo dolore, magari riuscire anche ad andare avanti» le spiegò, dandosi mentalmente dell’idiota. Gli esseri del Limbo generalmente restavano bloccati per due motivi principali: desiderio di attendere una persona amata o desiderio di ottenere vendetta. I secondi erano quelli che generalmente non riuscivano mai ad andare oltre, non potendo più intervenire nel mondo dei vivi. Ma in quel caso…«Pensaci, Beatrice. Potresti vendicarti. Infliggere loro lo stesso dolore che è stato imposto a te».

Kate seppe di aver vinto con un solo sguardo.

 

***

 

Il Dottor Newton Crave aveva vissuto parecchie avventure nella sua vita. Per esempio, era stato mandato per il mondo già durante il suo apprendistato, così da poter studiare rimedi magici per ogni tipo di malattia. Oppure, era stato invitato a tenere conferenze nelle più importanti sedi accademiche del mondo magico. Da quando aveva accettato il suo incarico con le Banshee non aveva fatto altro che collezionare casi umani come se fossero stati figurine delle Cioccorane. Naturalmente, però, la sua avventura più grande era stata prendersi cura della sua adoratissima bambina, nonostante fosse stato poco più che ventenne e la madre non avesse voluto aver nulla a che fare con loro8. Non si era mai pentito di aver preso con sé Rosemary – grazie anche all’aiuto dei suoi genitori, da solo non sarebbe stato capace di curare un cactus ­– e mai l’avrebbe fatto. Certo, l’idea che lei avesse deciso di sposare quel… quel Weasley non lo rendeva felice. O fiero. Tuttavia aveva sempre pensato che avrebbe avuto tutto il tempo per convincerla a desistere e trovare qualcuno che fosse alla sua altezza.

Osservando un altro fra i suoi colleghi cadere in preda alle convulsioni, cominciò a temere che quel tempo di cui era sempre stato sicuro non fosse in realtà nelle sue disponibilità immediate. Erano rimasti in pochi e le creature stavano avanzando, per nulla colpite dai loro nulli tentativi di fermarle. Avevano provato qualunque cosa, ma le bestie erano come fumo e nulla sembrava infastidirle più di tanto. L’unico effetto vagamente positivo era stato raggiunto dall’Agente Rogers9 e solo con la sua polvere d’oppio10, nonostante lui avesse previsto di ritrovare le cose che li attaccavano morte e non semplicemente stordite. Le sue allegre imprecazioni da beneducato Canadese lo avrebbero fatto sorridere, in un qualunque altro momento.

Perché Rosie non si è innamorata di uno come lui?

«Doc» lo richiamò proprio Steve, dandogli un leggero colpo sul braccio e distraendolo dalle sue cupe elucubrazioni. «Non ci resta molta polvere, Spykoros l’aveva finita poco prima di essere preso» lo avvisò, lanciando un’occhiata piena di dispiacere al corpo martoriato del loro collega, ormai irriconoscibile. «Ha idea di cosa… di cosa gli abbiano fatto?».

Il suo disgusto era quasi commovente.

Crave sospirò, pizzicandosi la radice del naso. «Mentirei se ti dicessi di si, Rogers» gli comunicò a malincuore. «Sembra quasi una possessione demoniaca, eppure nessun tipo di esorcismo riesce a funzionare» continuò, inginocchiandosi per poter avere una visione ravvicinata del cadavere. Era stato, ovviamene, circondato da polvere d’oppio, così da non rischiare che qualunque cosa l’avesse colpito potesse intaccare altri. «Una volta che la creatura penetra nel corpo della sua vittima, questa perde qualunque controllo. Tutti hanno avuto iniziali convulsioni prima di cavarsi gli occhi e morire dissanguati».

«Però perdevano sangue da bocca, orecchie e naso ben prima di tirarsi via gli occhi» gli fece notare l’agente, con una smorfia. «Crede abbiano già avuto emorragie celebrali in corso?».

Crave accennò un sorriso stanco, rialzandosi e dando una pacca sulla spalla all’uomo più giovane. «Se usciremo vivi da questo posto, ricordami di presentarti mia figlia Rosemary» gli disse, confermando implicitamente la sua idea. Era un bravo ragazzo, Steve Rogers. In alcuni casi era fin troppo buono e con principi troppo sani, ma era un male che Newton era disposto a superare, davvero. Soprattutto per la sua bambina. «Dubito, comunque, che ne usciremo vivi. Non quando l’uomo più potente di tutto l’Ordine è anche lo stesso che ci ha venduti».

Lui l’aveva sempre saputo che quell’uomo non era normale. Non si era mai azzardato ad analizzarlo, poiché il regolamento lo impediva, ma la sua curiosità aveva fortunatamente avuto la meglio non più di un mese prima. Ufficialmente, infatti, Newton era entrato nel suo ufficio solo per lasciare dei referti. Ufficiosamente aveva indugiato fra i suoi documenti fino a trovare la sua scheda personale. Non aveva trovato nulla, ovviamente, ma l’impeccabilità della stessa era fin troppo strana per poter essere normale.

«Non perda le speranze, Doc, sono sicuro che gli altri verranno a cercarci. Non si dimentichi che la Peregrine è probabilmente la migliore fra tutti noi. Sicuramente ideerà qualcosa di brillante» provò a rassicurarlo Steve, prima di lanciargli un’occhiata furtiva ed anche piuttosto imbarazzata. «Quanto a sua figlia… mi dispiace, ma credo che le manchi qualcosa di fondamentale affinché la storia fra noi possa funzionare» confessò, passandosi una mano fra i corti capelli biondi. Il modo eloquentissimo in cui arrossì quando Newton si voltò a guardarlo con le sopracciglia inarcate lo avrebbe fatto scoppiare a ridere, in un altro momento.

«Buon per te, Rogers, fors-».

«Dottore!».

L’urlo terrorizzato dell’Agente Williams9 gli fece sprofondare il cuore fra i piedi, rendendolo pesante come il piombo. Fece appena in tempo a voltarsi prima che un’orda di bestie senza forma si scagliasse contro la loro ridicola difesa di polvere d’oppio, già ridotta all’osso dalla lunghissima attesa. Il rumore dello scontro con la debole barriera fu devastante oltre che inevitabile. Non c’era più nulla che loro potessero fare, nulla che potesse salvarli. Nonostante ogni cellula del suo corpo stesse urlando di non voler morire, di non voler abbandonare la vita senza aver almeno salutato Rose, non ci sarebbe stato nulla da fare per lui.

Mi dispiace, bambina mia.

Il colpo tanto atteso, tuttavia, non arrivò mai.

Pur avendo chiuso gli occhi per il terrore, Newton riuscì comunque a percepire un movimento strano tutt’intorno. Un movimento che di certo non apparteneva ad una bestia pronta a sbranarlo. Sbattendo le palpebre con giusto un filo d’ansia, si ritrovò occhi negli occhi con… con una pecorella?

La bestiolina evanescente trotterellava tutt’intorno a lui, accompagnata da animali della stessa natura ma, per la maggior parte, ben più grossi.

Un cervo, una lontra, un Thunderbird, un corvo, una volpe ed un leone11.

L’illuminazione colpì Newton nello stesso momento in cui la pecorella lo prese a testate, come se fosse stata una capra. «Usate l’Incanto Patronus! È l’unico modo per allontanarli, presto!».

La manciata di agenti rimasti, probabilmente racimolando tutta la forza rimasta nei loro corpi, si fece avanti evocando sempre più animali. L’aquila di Rogers e l’alce di Oswin Williams si unirono velocemente al pavone di Crave stesso e agli altri evocati, disperdendo velocemente le creature di fumo nero ed interrompendo, finalmente, il continuo rumore della battaglia a senso unico che li aveva quasi uccisi tutti.

Un momento dopo, Crave si ritrovò assalito dalla sua pecorella in carne ed ossa, furiosa per il rischio che aveva corso e sollevata di averlo ritrovato ancora sano e salvo.

«Porca puttana papà!» gli sbraitò in faccia, aggrappandosi a lui con braccia e gambe. «La prossima volta ti incatenerò nel recinto degli Spinati, almeno correrai meno rischi».

«Mi dispiace, bambina» le rispose lui, sentendo lacrime di sollievo pizzicargli gli occhi. «Mi dispiace di averti fatta preoccupare. Avrei dovuto sapere che saresti venuta a s- perché sei venuta a salvarmi? È pericoloso!».

«Se non fossi venuta a prenderti, saresti morto! Possibile che tu non possa mettere da parte la sciocchezza del padre protettivo dopo che ti ho salvato le chiappe?» rispose lei, furiosa, senza tuttavia staccarsi dall’abbraccio. «Non è modo di mostrare la tua riconoscenza, signorino, lo sai?».

«Avresti potuto mandare un dannatissimo patronus e basta! Io avrei capito!».

«Dubito che avrebbe capito qualcosa, dottor Crave» lo avvisò Hermione Granger, facendosi spazio fra gli altri suoi accompagnatori. Era un sollievo vedere che fosse sopravvissuta alla missione. «Questa non è una soluzione definitiva, in men che non si dica si ricostruiranno e torneranno a colpirvi».

«Cosa sono?» chiese Crave, ansioso. «Come possiamo sbarazzarcene definitivamente?».

«Si chiamano Terrori Notturni» si intromise un giovanotto a lui sconosciuto, con i tratti del viso che lo rendevano simile ad un roditore, nonostante fosse decisamente più grosso. Ed intelligente. «Non possono essere uccisi perché, in effetti, non esistono. Sono la materializzazione degli incubi, motivo per cui cambiano forma e sembrano non aveva un corpo vero e proprio».

«Tuttavia hanno ucciso i nostri colleghi» gli fece notare Rogers, che aveva appena finito di salutare con enorme entusiasmo Barry. Forse troppo entusiasmo. Newton avrebbe dovuto ricordare ad Ophelia di tenere gli occhi aperti. Sempre che Ophelia… «Emorragie interne, a quanto pare. Prima che si strappassero via gli occhi».

Il giovanotto strinse le labbra. «Potremmo dire che uccidano con la paura. Troppa paura tutta d’un colpo».

«L’eccessiva pressione sanguigna fa esplodere le arterie celebrali e pur di porre fine alle loro visioni ed al dolore, le vittime preferiscono strapparsi via gli occhi che continuare a soffrire» mormorò proprio Crave, con una smorfia. «Tutto torna. Ma il problema resta: come ce ne sbarazziamo?».

«L’unico modo è interrompere l’incantesimo che li genera» riprese nuovamente il ragazzo. «Stando alle nostre ipotesi, da qualche parte al piano di sopra dovrebbe trovarsi la fonte, oltre che il nemico in prima persona». Il suo sguardo si puntò sui suoi vari accompagnatori, in quel momento impegnati ad aiutare i vari agenti ancora sopravvissuti. «Abbiamo bisogno che voi teniate a bada le bestie e impediate loro di seguirci. Il rischio di essere fermati è troppo».

Crave annuì, allungando la mano per afferrare forse poco gentilmente sua figlia. «Tu torni a casa. Adesso» la avvisò, secco, senza tuttavia sorprendersi quando lei sollevò un sopracciglio nella sua direzione. «D’accordo, però resti qui dove posso controllarti».

Rosemary annuì, esasperata. «Era il mio piano, papà. Se dobbiamo morire, almeno lo faremo insieme».

Non era in dubbio da chi avesse preso la drammaticità.

«Preferirei non morisse nessuno» sbottò Hermione, facendosi avanti per lanciare uno sguardo verso le scale che li avrebbero condotti al piano terra. «Noi dobbiamo andare, voi fate attenzione» si raccomandò, facendo un cenno agli altri con cui era arrivata. Solo Rosemary e la Peregrine rimasero lì, aiutando i sopravvissuti e, soprattutto, spostando i cadaveri così che, se fossero sopravvissuti, avrebbero potuto aiutare gli altri.

«Credi che ce la faranno?» domandò il Dottore, lanciando un’occhiata a sua figlia. Avrebbe voluto rimandarla a casa, al sicuro, ma dubitava che lo sarebbe stata, a prescindere da quanto lontano potesse nascondersi.

Rosie si strinse un momento nelle spalle, prima di tornare ad abbracciarlo forte, proprio come quando era bambina. «Non lo so, papà. Ma se non dovessero farcela…».

Sentendo il cuore stringersi nel petto, Newton ricambiò la stretta. «Almeno siamo insieme».

«Sì, almeno siamo insieme».

 

 

 

 

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Mi mancava Dante.

 

Questo è il penultimo capitolo, in teoria. Il prossimo sarà l’ultimo, poi solo l’epilogo.

Spero.

No, diciamola tutta, deve essere così, il venti ottobre inizia il Grand Prix di pattinaggio e io mi devo concentrare.

Io non ho una vita, ahah.

 

Punti importanti:

 

» * - DANTE! DANTE! DANTE!!!!!! Mi mancava Dante. Mi piace Dante. Adoro l’Inferno. Dante <3 Il Limbo vale un po’ per tutto, non credete? Kate era nel Limbo, ma anche il Dottore egli altri si trovavano in una specie di mondo a metà? Fra la vita e la morte.  

 

» 1 – Ok, come funziona tutto? Avete mai visto streghe? La proiezione astrale di Prue? Katie è rimasta al suo posto con il corpo, ma il suo spirito si è proiettato nel Limbo. Lei sente di avere il proprio corpo, in realtà non è così.

 

» 2 – Ho ripreso un po’ il Limbo dantesco, con i bambini non battezzati. In questo caso sono i bimbi troppo piccoli per aver avuto un’anima pienamente realizzata, come dei sogni, speranze e così via.

 

» 3 – Lupin. Sono pentita. Tanto. Dovrebbero essere felici e invece io li ho messi qui. Però vi assicuro che non soffrono. Dora visita spesso i bimbi perché l’istinto materno l’ha accompagnata anche lì.  

  

» 4 – Stare troppo fra i morti potrebbe render difficile tornare fra i vivi. Cose di anime, non crucciatevi troppo.  

 

» 5 – Lupin è così tranquillo, riguardo l’imminente catastrofe, perché lui è già morto. La cosa lo tocca molto relativamente.

 

» 6 – Ricordiamoci che le ferite di Kate sono state cauterizzate col fuoco. Nessun altro incantesimo potrebbe funzionare. Quindi ha così tante cicatrici, per ora, da fare invidia a Lupin stesso.

 

» 7 – I morti non mentono. Quello è il regno dei morti. Vale la stessa regola di Thanatos, gente.    

 

» 8 – Backstory: Crave ha avuto una storia con una geniale ma piuttosto egocentrica ricercatrice. Lei è rimasta incinta e gli ha detto di voler abortire. Newt si è fatto prendere dall’angoscia e le ha detto che avrebbe cresciuto la bimba da solo (o meglio, con i suoi genitori). Rosie è cresciuta alla grande, anche se padre e figlia sono giusto leggermente morbosamente legati.

 

» 9 – Sì, Steve Rogers. Captain America. Ovviamente non è davvero Captain America, sia chiaro, è solo un gentilissimo Canadese (io adoro il Canada). La seconda, Oswin Williams, è un incrocio fra “i Pond” e Oswin Oswald, chiunque abbia seguito Doctor Who li riconoscerà. <3

 

» 10 – Perché polvere d’oppio? L’oppio viene usato per la morfina, la morfina viene usata per le anestesie (più o meno, non siate pignoli). In un  certo senso l’oppio li rimanda nel loro mondo d’origine, quindi la Terra degli “Incubi”

 

» 11 – Sinceramente non avevo idea di come tradurre Thunderbird senza farlo sembrare meno figo. È la mia casa di Ilvermorny, ci tengo. Quanto ai collegamenti mago/Patronus:

Rosemary/Pecorella

Hermione/Lontra

Harry/Cervo

Barry/Thunderbird

Theo/Leone

Fred/Volpe

Peregrine/Corvo (LOL)

 

 

 

Se sono riuscita a pubblicare di lunedì, sono fiera di me stessa.

 

  

 

Ci siamo quasi, gente.

 

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

 

 

 

 

 

cxcmscm

 

   
 
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