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Autore: TaliaAckerman    12/10/2017    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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GRIMAL, STATO DEI RE



Jel irruppe nella sala delle riunioni spalancando le porte.
Una ventina di persone alzò ammutolita lo sguardo su di lui: Consiglieri, maestri e persino il Re delle Cinque Terre sembravano più che sorpresi di trovarselo davanti.
- Ho qualcosa di fondamentale da riferire - ansimò il giovane prima che potessero iniziare le rimostranze per un comportamento così poco diplomatico. - So come utilizzare le Pietre Magiche a nostro vantaggio.
Se inizialmente diversi Consiglieri erano sembrati in procinto di redarguirlo, qualunque proposito di quel genere svanì dalla mente di tutti i presenti. Gli sguardi si spostarono da Jel al Re delle Cinque Terre, per poi vagare alla ricerca di una risposta sul volto di uno di loro. Nel mentre, cercando di riprendere fiato, il giovane attendeva con il cuore in gola.
Fu Raenys il primo a superare lo stupore.
- Diteci tutto, Jel Cambrest - proferì.
Due attendenti e una guardia cittadina apparvero in quel momento dietro di lui, quest'ultimo agguantandolo per una spalla e tirandolo all'indietro, ma il Re in persona alzò una mano per fermarlo.
- Non è necessario che tratteniate il ragazzo. È un membro del Consiglio che reca nuove importanti. Sono sicuro che si possa sorvolare sulla mancata osservanza delle norme di sicurezza.
In effetti, dopo essere stato perquisito dalle guardie fuori dall'entrata principale del palazzo e aver fornito le proprie credenziali, Jel si era precipitato all'interno ignorando bellamente l'attendente che gli aveva domandato dove si stesse dirigendo così di fretta, e aveva raggiunto la sala delle riunioni come una furia.
- Perdonate, mio signore - si scusò all'istante il ragazzino, mentre la guardia lasciava andare Jel chinando il capo. - Ritenevo che non desideraste essere interrotti.
- L'arrivo del Consigliere Cambrest non era previsto in effetti, ma è più che benvenuto - rispose il sovrano con la massima calma. - Se volete scusarci, dobbiamo discutere di faccende piuttosto cruciali.
L'uomo e il ragazzino, l'uno spesso il doppio dell'altro, si inchinarono umilmente per poi voltare le spalle ai Consiglieri e richiudere dietro di sé le porte.
L'atmosfera ritornò tesa come prima dell'interruzione e Jel trasse un lungo respiro; sapeva di dover risultare il più possibile convincente. Ma per convincerli della sua buona fede doveva partire dalla parte più difficile, quella che avrebbe potuto metterlo in guai terribilmente seri nel caso non lo fosse già; doveva dirlo subito, in modo da evitare qualunque negligenza che potesse far ricadere la colpa su di lui.
- Il custode Kryss ha infranto il suo giuramento pur di aiutarci e questo... questo gli è costato la vita.
Le reazioni degli altri Consiglieri furono svariate; alcuni sembrarono folgorati, altri rivolsero al giovane sguardi interrogativi. Alla fine, sul volto di molti si disegnò un'inconfondibile espressione contrariata.
- Non è il momento di scherzare, Jel - nitrì il maestro il Lord delle Isole Crimsief dando adito alle rimostranze che tutti avrebbero desiderato esternare. - Se hai qualcosa di veramente importante da riferire, ti conviene farlo in fretta.
- Non sto mentendo, miei signori - ribatté lui costernato. - Il nostro custode è morto non appena ha terminato la sua spiegazione. Molto presto probabilmente riceverete una missiva da Città dei Re che vi informi del decesso.
- Consigliere Cambrest, state cominciando a spaventarmi - proruppe Lady Brynn Kaief. - Vorrei che chiariste la situazione una volta per tutte.
Jel masticò amaro. Sapeva che sarebbe stato difficile confrontarsi con il resto del Consiglio, ma non avrebbe mai potuto immaginare come sarebbe andata davvero. E la realtà, in quel periodo, sembrava essere sempre peggiore della fantasia.
Tuttavia, proprio in quel momento la mano della fortuna parve accarezzare il suo volto: si udirono tre sonori colpi alla porta appena dietro le spalle di Jel, al che il re delle Cinque Terre esclamò spazientito: - Siete pregati di non disturbare ulteriormente la riunione!
- Perdonatemi, vostra maestà - rispose, debole attraverso i battenti, la voce che Jel riconobbe come quella dell'attendente Shora Menn. - Mi è stato riferito che si tratta di qualcosa di davvero importante.
Con un cenno il Re diede a Jel l'autorizzazione ad aprire la porta.
Una ragazzetta dai capelli corvini fece il suo ingresso nella sala visibilmente impacciata. Teneva il capo chino, fra le mani una pergamena arrotolata e fissata con sigillo in ceralacca. Sporgendosi un poco per dare un'occhiata, il mago riconobbe il simbolo rosso carminio: una "R" attorniata da uno stuolo di uccelli stilizzati.
Il cuore di Jel sussultò. Era il marchio che indicava la categoria più riservata di messaggi, quelli che potevano essere consegnati solamente al Re delle Cinque Terre in persona prima di essere comunicate ai Consiglieri.
- Un corvo è giunto qui pochi minuti fa.
- Avanti allora, portala qui.
Shora Menn aveva le mani che le tremavano mentre oltrepassava le sedie dei presenti fino a raggiungere quella del Re, il quale afferrò la pergamena che reggeva in mano.
- È necessario che io rimanga?
- No Shora, torna pure alle tue solite mansioni - le venne in aiuto il maestro Anérion premendosi un dito sulle labbra, ma non lesinando un sorriso rassicurante.
Mentre la ragazzina si lasciava in tutta fretta alle spalle la sala delle riunioni, i Consiglieri assistettero col fiato sospeso mentre gli occhi del Re scorrevano in fretta fra le righe della lettera che era appena stata recapitata. Ma quando ebbe terminato, il suo sguardo si posò su un uomo solo.
- Jel Cambrest. Spiegatevi.
Il giovane Consigliere deglutì, ma si sforzò di essere forte e mantenere saldo il tono della voce. Dopotutto lo doveva al custode Kryss, che aveva dato la sua vita per la causa delle Cinque Terre. E in verità lo doveva anche a se stesso, alla persona che non aveva affrontato tutti i pericoli e le difficoltà a cui era andato incontro solo per poi trovarsi davanti ad un rifiuto.
- Datemi la possibilità di dirvi ogni cosa.
- È quello che stiamo facendo - disse il Re seccamente. - Parla, prima che decida di sbatterti in una cella.
In quei giorni l'utilizzo del voi riservato ai membri del Consiglio sembrava essere diventato un'opzione del tutto trascurabile.
Jel inspirò ed espirò profondamente, squadrando uno per uno gli uomini e le donne lì presenti e, in un attimo, seppe perfettamente ciò che doveva dire.


                                                                  ***


- In principio le Pietre Magiche nascevano esclusivamente come simboli che suggellassero la pace stabilitasi fra le sei nazioni al termine della Guerra dei Cinque Anni. Estratte nelle profondità delle Montagne di Rudaur, le uniche sei esemplari di Mideneth, in minerale più raro al mondo.
In piedi al centro della sala circolare riservata agli interrogatori "pacifici", il Custode ariadoriano Farer parlava in scioltezza, rievocando quei fatti risalenti a quasi due secoli prima.
Attorno a lui, accomodati sul comodi scranni foderati di cuscini, stavano i maghi membri del Gran Consiglio, cui si aggiungeva il Re delle Cinque Terre. I sovrani delle altre nazioni e i Consiglieri non magici non erano stati chiamati a presiedere a quell'interrogatorio, ed erano rimasti nelle loro stanze nel palazzo di Grimal.
Jel teneva le gambe elegantemente accavallate, ma dentro di lui il suo animo era in tempesta: era sollevato dal fatto che i Consiglieri si fossero fidati di lui a tal punto da convocare il Custode della Pietra d'Ariador - il più relativamente "vicino" a Grimal, morto Kryss; d'altro canto, ogni minuto trascorso in quella stanza era a suo parere tempo sprecato. Sapeva che il Consiglio aveva bisogno della parola autorevole del Custode per scagionarlo da qualunque accusa, così come si rendeva conto di quanto fosse sconvolgente che per tutti quegli anni i Custodi avessero mantenuto un simile segreto, ma ora che finalmente erano giunti ad un risultato tangibile era tempo di agire.
Con lo sguardo rivolto al pavimento, Jel ascoltò il continuo del discorso di Farer.
- ... Tuttavia, alcuni dei membri del primo Consiglio suggerirono di utilizzare le doti magiche di colui che sarebbero in seguito divenuto il primo Custode per infondere nelle Pietre un potere distruttivo che potesse essere utilizzato come ultima risorsa nelle future guerre, per impedire che si toccasse la portata di quella appena conclusa. Fu così che Jon Coleman, il più grande mago del Bianco Reame, fu chiamato a prestare i suoi servigi alla Corona infondendo nelle Pietre il potere necessario ed esse furono collocate nella cripta di Città dei Re.
- Quale incantesimo - lo interruppe accigliato il maestro Ellanor. - Quale incantesimo è stato in grado di compiere quanto sostieni?
L'uomo al centro della stanza scosse la testa.
- La più antica forma di Magia, mio signore, la magia del sangue... perdutasi nella contaminazione della stessa a seguito della Guerra dei Cinque Anni. Una mescolanza di incantesimi di Magia Antica che viene infusa nel sangue di chi la pratica. A Jon Coleman bastarono cinque gocce del proprio per infondere nelle Pietre il potere che lui stesso aveva creato.
Jel cercò Gala con lo sguardo; la richiesta della strega, giunta in città il giorno prima, di essere reintegrata nel Gran Consiglio era stata accettata, anche se a carattere provvisorio. Per quanto potesse valere in quel momento la notizia l'aveva spinto a sorridere, evento alquanto raro negli ultimi mesi. Sapere Gala di nuovo accanto a lui - se non emotivamente, almeno fisicamente - era qualcosa che anche in un momento come era riuscito a farlo sentire, seppur lievemente, sollevato.
La ragazzina ascoltava il Custode rapita dalle sue parole, le sopracciglia aggrottate.
- La Magia stava lentamente riprendendo piede in Fheriea, dunque vennero nominati altri quattro Custodi fra i migliori maghi dell'Isola, e le Pietre divise. Ma con il passare del tempo i primi di noi si resero conto di aver creato qualcosa di troppo grande e terribile da controllare appieno.
- Una volta - l'anziano Ariadoriano alzò un dito con veemenza per sottolineare il concetto - Alla seconda generazione di Custodi bastò vedere le Pietre in azione una volta per comprendere di aver messo nelle mani delle Cinque Terre un'arma dalla potenza e dai riscontri inimmaginabili. Un'arma che nelle mani sbagliate avrebbe potuto distruggere quanto avevamo creduto di proteggere.
- Il Disastro di Velanor - commentò a bassa voce il maestro Althon aggrottando le folte sopracciglia rossastre.
- Precisamente - confermò Farer.

Jel sapeva a cosa si riferisse, nonostante fosse una storia che i libri non amavano raccontare. Uno dei più grandi crimini mai commessi da un governo dell'Isola, attenuato blandamente dall'accidentalità del fatto.
Circa nel primo decennio a seguito della sconfitta dell'Haryar nella Guerra dei Cinque Anni e dopo che i popoli del Sud del pianeta Acryst erano stati ricacciati nelle Terre oltre lo stretto dell'Otarion, aveva avuto luogo un blando tentativo da parte della nazione thariana di colonizzare le quasi disabitate coste nord-orientali del finora sconosciuto continente. Il territorio arido e le rocciose scogliere a strapiombo su acque tumultuose avevano fatto in modo che il progetto non andasse a buon fine, ma il fallimento sortì un effetto collaterale: spinti dal desiderio di affrontare l'ignoto, avventurieri ed esploratori provenienti da tutta Fheriea erano partiti alla volta delle nuove terre cercando fortuna, pietre preziose, gloria o forse i confini del mondo.
Le più bellicose stirpi del Sud erano natie delle zone occidentali, ben più vivibili degli sconfinati deserti del nord-est e le impervie foreste sudorientali - mondi su cui gli abitanti di Fheriea potevano fantasticare solo grazie ai resoconti di tali avventurieri.
Qualunque fosse l'oggetto della loro ricerca tanto animata, non fu mai raggiunto, e forse persino i racconti a proposito di alberi alti più di cento metri e paludi abitate da ninfe e folletti altro non erano che i racconti di uomini ubriachi di chiacchiere e aspettative deluse.
In compenso, essi avevano conseguito una scoperta che aveva pericolosamente rischiato di riaprire il conflitto faticosamente concluso da quasi un decennio. E forse sarebbe stato meglio rispetto a quanto il Consiglio avrebbe causato di lì a poco con la sua avventatezza.
Lothar Fest, esploratore ariadoriano già noto in patria per i suoi viaggi per mare e per terra a Sud di Fheriea in procinto di risalire il continente meridionale attraverso le terre dell'Ovest, aveva scoperto che, contrariamente a quanto affermato nei trattati di pace, in quei territori al limite dello sconosciuto, fra i rilievi di Velanor, erano sopravvissuti alcuni esemplari di Maxers. Dotati di fattezze incredibilmente robuste e dalle scaglie color mattone, i Maxers - possenti tradotto dalla lingua corrente del continente meridionale - erano gli unici draghi che i popoli del sud fossero riusciti a ammaestrare, ed era stato cavalcando quegli antichi animali che, usando l'Haryar come pedina, avevano mosso guerra alle altre nazioni di Fheriea.
A quanto pareva, Lothar Fest aveva avuto modo di riscontrare la presenza di numerosi uomini appartenenti al Popolo di Pietra, intenti nell'inequivocabile attività di addestramento.
Una volta che Fest era tornato nel continente settentrionale la voce si era sparsa in fretta nelle Cinque Terre, a tal punto che il Gran Consiglio, allarmato, ne aveva richiesto l'udienza. Le parole dell'avventuriero erano risultate abbastanza convincenti da indurre le autorità di Fheriea a inviare dei consulenti in missione per verificare i rischi. I delegati avevano attraversato in incognito le terre aldilà del mare attraversando i regni dei vari Popoli del Sud, fino a raggiungere le propaggini della terre appartenenti agli Uomini di Pietra. Là, proprio come garantito da Lothar Fest, era stata riscontrata la presenza di almeno cinque esemplari adolescenti di Maxers.
La risposta del Consiglio a tali avvenimenti era stata dura e immediata.
Per la prima volta dopo la fine della guerra si era cercato di comunicare diplomaticamente con il Popolo di Pietra, cui era stato posto un ultimatum: eliminare le creature in modo da rientrare nei termini dei trattati di pace imposti dalle Cinque Terre. L'alternativa sarebbe stata un intervento da parte del Consiglio stesso, un intervento che - per citare le parole di Lemar Thanerion, Consigliere capo dello Stato dei Re dell'epoca - "avrebbe estinto ogni qualsivoglia proposito di perpetuare quella stirpe di creature infernali".
Evidentemente, però, poco più di quindici anni erano stati sufficienti per riaccendere miccia nel temperamento bellicoso e attaccabrighe degli Uomini di Pietra che, come i loro lontani "cugini" del Popolo Rosso, avevano continuato a provare verso Fheriea una profonda ostilità.
Forte del proprio potere e certi di essere in grado di padroneggiare la Magia delle Sei Pietre, il Consiglio aveva ordinato una rapida incursione nel territorio nemico, inviando un distaccamento di circa cinquecento uomini appartenenti al neo nato Esercito delle Cinque Terre. Con loro avevano preso parte alla spedizione anche svariati maestri e Consiglieri, a cui si aggiungevano tutti i Custodi.
Senza attaccare nessuno degli insediamenti presenti sulla strada, ma lasciando di guardia vari drappelli di soldati che mantenessero l'ordine, il Consiglio aveva raggiunto il luogo in cui i draghi erano stati tenuti nascosti fino a quel momento.
Dopo un ultimo, rapido avvertimento ai domatori di draghi - il quale era stato bellamente ignorato - il Consigliere Thanerion aveva dato l'ordine di attivare la Magia delle Pietre per saggiarne l'effettivo potere. Se fosse riuscita ad uccidere gli animali più forti e resistenti al mondo, nulla avrebbe potuto ostacolarla.
Gli Uomini di Pietra lì presenti avevano dato segno di non disdegnare l'idea di uno scontro, ma prima che ce ne fosse il tempo la delegazione delle Cinque Terre, ridotta in numero, era stata schermata dalla Magia dei Custodi che, in seguito, avevano pronunciato la formula che avrebbe scatenato le Pietre.
Gli effetti erano stati devastanti.
Perché il fuoco bianco che era scaturito dalle Pietre non si era limitato a massacrare i draghi e gli addestratori che si trovavano nelle vicinanze; no, la portata di quelle lingue di luce accecante era stata così mastodontica da spingersi fino ai vicini villaggi di Arak'hr e Nestion, sterminandone gli abitanti e con loro i soldati delle Cinque Terre lasciati in presidio.
L'intera faccenda era stata tiepidamente divulgata e Jel era sicuro che ancora la maggior parte del popolino la ignorasse del tutto. E fortunatamente si poteva dire lo stesso delle genti del continente meridionale, le cui vie di comunicazione erano tutt'ora scarsamente sviluppate e i contatti fra popoli poco frequenti - sempre che non si trattasse di menare le mani fra loro.
Nel caso la notizia si fosse diffusa nelle terre aldilà del mare, Jel non era sicuro che la paura delle Pietre avrebbe trattenuto l'intero continente dal sollevarsi contro Fheriea.

- Alla luce di quei terribili terribili avvenimenti l'utilizzo delle Pietre fu regolamentato da un più rigido protocollo, ma ai Custodi non parve abbastanza. Nonostante loro stessi facessero parte e si fidassero di un'istituzione importante come le Cinque Terre, la devastazione di cui erano stati testimoni era tale da convincerli che nessun umano, nemmeno se animato dalle migliori intenzioni, avrebbe mai potuto disporre di una simile arma senza diventare un'immensa minaccia: le Pietre andavano distrutte.
Essi tentarono di portare della loro parte il resto del Consiglio ma non riuscirono ad ottenere la maggioranza, nonostante l'intera assemblea fosse scossa da un profondo turbamento. Fu così che i Custodi si riunirono in segreto e collaborarono unendo le forze per compiere una seconda magia di sangue, questa volta applicandola sul medaglione che ancora oggi si trova nel Santuario. Non c'era modo di annullare il sortilegio imposto sulle Pietre, ma esso poteva essere all'insaputa del Consiglio reso più complesso da sfruttare.
- Il qui presente Jel Cambrest - il Re delle Cinque Terre indicò il giovane con una mano. - Ci ha illustrato in che modo le Pietre potranno tornare a liberare la loro Magia. Puoi fornirci la tua versione in modo che ci sia possibile metterle a confronto?
- I Custodi tramandarono in segreto la storia delle Pietre di generazione in generazione ma riuscirono a fare in modo che le alte sfere dei governi delle sei nazioni di Fheriea, persino i maestri, perdessero gradualmente il contatto con le Pietre e il loro universo... provvedendo a far sparire le poche copie del manuale che loro stessi avevano redatto e scoraggiando l'attività degli amanuensi. Spalmando l'opera nei decenni a venire, cercarono di far sparire, pezzo dopo pezzo, ogni traccia di quell'antico errore. Documenti, normative... Passando inosservati mentre il mondo andava avanti, disinteressandosi sempre di più al passato.
Inoltre - e qui, sire, giungiamo alla risposta alla vostra domanda - decisero di vincolarsi al loro giuramento tramite un sigillo: chiunque avesse rivelato a una persona che non fosse un Custode il modo per risvegliare la Magia delle Pietre, sarebbe morto.
Seguì una pausa in cui Farer sembrò bisognoso di riprendere fiato, ma non durò molto.
- In seguito, si giunse alla conclusione che fosse più appropriato ubicare ognuna delle Pietre nel rispettivo Paese d'appartenenza. Le Pietre divennero più che altro un simbolo, così come i sei Custodi che da quel giorno le sorvegliarono, sperando che il mondo si dimenticasse di loro. - Ma evidentemente - e il vecchio lanciò uno sguardo di sottecchi a Jel. - Non è stato così.
Il silenzio calò nella stanza, come se i Consiglieri presenti avessero avuto bisogno di riordinarsi le idee dopo la mole di informazioni che il Custode aveva snocciolato loro, informazioni di cui fino al giorno prima nessuno di loro avrebbe potuto sperare di disporre.
- Confermi quindi la veridicità delle affermazioni del Consigliere Jel Cambrest? - domandò alla fine il maestro Raenys con un sopracciglio alzato.
Sentendosi chiamato in causa, Jel alzò lo sguardo cercando quello del Custode; il suo respiro si era fatto lievemente più affannoso. Per un secondo la sua mente fu attraversata dall'orribile dubbio che forse Farer non avrebbe mosso un dito per tirarlo fuori dai guai.
- Assolutamente.
Il peso sullo stomaco del Consigliere si alleviò un poco.
- Miei signori - affermò il Re delle Cinque Terre battendosi le mani sulle ginocchia mentre si alzava dal proprio scranno. - Credo che una nuova seduta del Gran Consiglio sia d'obbligo.
Batté sonoramente le mani, al che l'attendente Cliff fece il suo ingresso nella sala rivolgendo ai presenti un elegante inchino, attendendo ordini.
- Richiama gli altri sovrani e Consiglieri, Cliff. È fissata una riunione fra un'ora.
Udendo appena il "subito, mio signore" del ragazzo, Jel si rialzò e, dopo aver rivolto un rapido cenno di ossequio al Re e una lieve strizzatina d'occhi rivolta a Gala per salutarla, si diresse insieme ad altri maghi verso l'uscita mentre altri s'intrattenevano ulteriormente a discutere su quanto aveva appena udito. Tuttavia, il tentativo di evitare di essere trattenuto anch'egli fallì miseramente quando qualcuno gli appoggiò fermamente una mano sulla spalla.
Voltandosi, il giovane si trovò di fronte il maestro Anérion.
- Una manna dal cielo, il vostro intervento - commentò l'uomo guardandolo di traverso, o almeno così parve Jel. - Per tutti questi mesi sono stato sul punto di credere che le Sei Pietre sarebbero rimaste inermi nelle nostre mani.
Anche se avrebbe preferito non rimanere invischiato in una nuova, pesante conversazione - la riunione che si sarebbe tenuta di lì a un'ora sarebbe stata sufficientemente faticosa - il giovane decise di reggere il gioco.
Non gli era sfuggito il leggero tono inquisitorio da parte del maestro dello stato dei Re, motivo per cui cercò di chiarire la sua posizione una volta per tutte.
- Non posso non dolermi per la dipartita del Custode Kryss - disse fermamente. E del mio addestramento. - Ma non nego che le sue rivelazioni siano arrivate in un momento propizio. In ogni caso, ha udito le parole del Custode Farer: non sarei stato in grado di impedire quanto è accaduto in alcun modo.
- Ma certo, ma certo. Non intendevo insinuare alcun dubbio.
- Molto bene. Allora fareste meglio a prepararvi. La seduta del Gran Consiglio sarà piuttosto impegnativa. - Jel era riuscito a trattenersi quanto bastava per mantenere la forma di cortesia, prima di voltargli le spalle e andarsene.
Ma il maestro lo trattenne intensificando la stretta sulla sua spalla; dietro la maschera lievemente melliflua sembrava alquanto impaziente.
- In verità speravo che fossi disposto a parlare con me in privato. Mi chiedevo solo come un giovane come te possa aver conquistato in questo modo la fiducia di Ïsraen Kryss.
- Temo di non conoscere la risposta al vostro quesito, maestro Anérion. Ora, se volete scusarmi, devo sistemare le mie cose nella mia camera. Come ho detto, credo che la riunione si protrarrà a lungo.
Senza aspettare una risposta Jel gli rivolse un appena accennato inchino, poi si dileguò in direzione dei piani superiori.
Imboccò un corridoio sulla destra e si infilò su per una scalinata secondaria. Una volta che ebbe lasciato una distanza sufficiente tra sé e la sala degli interrogatori, il mago si appoggiò al muro con la schiena e reclinò la testa all'indietro.
Gli pulsavano le tempie e avvertiva in tutto il corpo una sensazione di malessere; uno sgradevole calore si dipanava dalle sue viscere in tutto il corpo, dandogli l'impressione di essere febbricitante.
Aveva cavalcato a rotta di collo da Città dei Re a Grimal impiegando l'eccezionalmente breve tempo di quattro giorni. Per tutto il percorso non aveva dormito, si era a malapena rifocillato in qualche tugurio trovato lungo la Grande Via e le sue mani erano state serrate sulle redini di Ehme così a lungo che i palmi ne erano rimasti lacerati.
Si guardò le strisce di pelle arrossata e provò un impellente desiderio di piangere. Nonostante avesse appena riportato al Consiglio la notizia migliore dopo mesi e mesi di fallimenti, la sua psiche era ormai prossima al crollo. Il carico di lavoro e fatica che aveva sopportato nelle ultime settimane, cui si aggiungeva sempre e comunque il peso del viaggio che aveva compiuto insieme a Gala, si era fatto insopportabile. Solo novantasei ore prima si era trovato nella cripta con il Custode Kryss, impegnato nel combattimento con il proprio guerriero-ombra, e ora eccoli lì dall'altra parte dello Stato dei Re, fra le mani le informazioni per attivare la più grande arma mai concepita.
Nessun uomo sano di mente si sarebbe sottoposto volontariamente a qualcosa del genere.
Ma tu non sei sano di mente, Jel.
- Stronzate - inveì il giovane ad alta voce, senza curarsi che qualcuno, di sotto, avrebbe potuto sentirlo.
Dopo essersi stropicciato gli occhi, procedette lungo la scala in direzione dei piani superiori. Ricordava solo vagamente l'ubicazione della camera in cui aveva talvolta trascorso la notte nella reggia di Grimal; abitando così vicino alla sede delle sedute del Gran Consiglio non aveva usufruito di quel servizio se non in rare occasioni.
Ora però una buona mezzora di riposo gli avrebbe giovato sentitamente.
Quando Jel aveva parlato delle "cose" che aveva da sistemare in camera aveva mentito bellamente; in effetti era difficile a credersi che, frettolosa com'era stata la sua partenza da Città dei Re, il giovane avesse avuto il tempo di preparare i bagagli.
Com'era naturale la cosa non lo turbava più di tanto, al momento. Come si suol dire, aveva faccende lievemente più importanti a cui pensare rispetto al pericolo di rimanere senza vestiti puliti. E nella peggiore delle ipotesi, sarebbe passato a casa per recuperare una camicia e un paio di brache lavate.
Raggiunse il terzo piano - aveva la sensazione che il suo alloggio si trovasse proprio lì - e diede un'occhiata in giro, muovendosi con passi incerti nel corridoio silenzioso. Appesi alle pareti, i volti delle figure ricamate negli arazzi lo fissavano con sguardo severo.
Impiegò una manciata di minuti per trovare la porta che recava, inciso su una piccola targhetta, il proprio nome. Consigliere Jel Cambrest.
Il giovane estrasse dalla tasca il mazzo di chiavi che portava con sé ovunque andasse: assicurate ad un anello d'argento c'erano quella della casa di Grimal, quella della stalla di Ehme e Yin e quella della camera che spesso aveva occupato nel palazzo reale della capitale. La quarta, che aveva utilizzato poche volte, era d'ottone come il battente della porta che aveva davanti in quel momento.
Entrò in camera; notò immediatamente che, nonostante l'ambiente sembrasse lindo come appena ripulito da qualcuno della servitù, c'era un forte odore di chiuso, motivo per cui si avvicinò alla finestra per spalancarla. Una sferzata di aria fredda lo investì in viso, ma lui se ne lasciò avvolgere sopportando la pelle d'oca che gli aveva percorso le membra. Respira, Jel, respira. Mantieni il controllo.
Sensazioni antiche e avvolgenti lo attraversarono, così impetuose che il mago ebbe per un attimo l'impressione che le sue ginocchia sarebbero cedute sotto il peso di quelle percezioni.
Un folle desiderio rivolto al passato emerse nel suo animo. Aveva sempre cercato di reprimerlo, preso dalle sue responsabilità, ma ora stava diventando davvero incontrollabile. Ogni volta che avvertiva sulla pelle un rivolo d'aria fresca, ogni volta che provava a scrutare le masse di nuvole che si muovevano nel cielo, ogni volta che un raggio di sole illuminava il pavimento facendo intravedere i granelli di polvere che invadevano l'aria, ricordi più o meno remoti prendevano piede nella sua mente suscitando in lui una nostalgia troppo forte per poter essere descritta.
Proprio ora che il Consiglio disponeva dell'arma con cui chiudere quella storia per sempre, il desiderio di fuggire non era mai stato così forte. Ma a fare da contraltare c'era sempre lei, quell'ossessione che non lo avrebbe abbandonato fino al momento della resa dei conti, la consapevolezza che il suo calvario non avrebbe avuto fine fintanto che non si sarebbe di nuovo trovato faccia a faccia con lei. Pietre o no, Sephirt rimaneva comunque aldilà dei loro piani, aldilà della loro comprensione, aldilà del Gran Consiglio. Era qualcosa tra loro due.
E Jel aveva l'impressione che anche Sephirt, o quello che era rimasto di lei, la pensasse allo stesso modo.
Steso sulle lenzuola ruvide, il mago si passò le mani sul capo arruffandosi i capelli e s'impose di non concentrarsi su quei cupi presagi almeno per un po'. Con le palpebre abbassate, si lasciò catturare dai suoni che provenivano dall'esterno: il brusio dei passanti, lo stridio delle ruote dei carri che scorrevano sulla strada. Fece del proprio meglio per mantenere i propri respiri profondi e regolari, e dedusse fosse una buona idea perché piano piano quell'attimo rubato di quiete ebbe il potere di farlo sentire... non meglio, quello era davvero troppo da chiedere, ma sospeso. Fermo in un limbo in cui, almeno per quel ristretto lasso di tempo, sarebbe stato al sicuro.
Un urletto infantile - non seppe stabilire se provenisse da fuori o se fosse senza accorgersene scivolato nel mondo dei sogni - lo riportò bruscamente alla realtà.
Tiratosi su di scatto, diede un'occhiata alla gigantesca meridiana tracciata sul lastricato della piazza centrale di Grimal. Man mano che il momento del concilio si avvicinava il mago si faceva più impaziente e il suo respiro più irregolare, finche stabilì che cercare di riposare stando steso sul letto era ormai diventato completamente inutile.
Su una cassettiera a ridosso della parete c'era una bacinella di metallo e, accanto, una brocca colma d'acqua - che ogni mattina gli attendenti ricordavano diligentemente di riempire. Il mago ne riversò il contenuto nel recipiente e vi immerse il viso. L'acqua gli punse le guance come mille spilli ghiacciati ma poi, mentre si asciugava con un panno pulito pescato da un cassetto, dovette ammettere di sentirsi decisamente più sveglio.
Si avvicinò allo specchio appeso sopra il camino e osservò con occhio critico la propria immagine riflessa: era peggio di quanto si fosse aspettato. Aveva gli occhi vagamente gonfi, con il bianco screziato da minuscole venature rossastre, e segnati da vistose occhiaie. Cercò di sistemarsi i capelli con un tentativo di ripristinare la riga a sinistra con le mani, ma l'unico risultato che sortì fu di rimanere con le ciocche di capelli sgradevolmente appiccicate alla testa. Aveva un disperato bisogno di un bagno caldo.
Rovistò nei cassetti del comò e alla fine riuscì a rimediare una spazzola. Una ragazza come Dubhne avrebbe sicuramente ritenuto poco virile il fatto che un uomo avesse bisogno di pettinarsi, ma una delle prime - affatto tacite - regole che Jel aveva appreso nell'entrare nell'ambiente degli alti funzionari delle Cinque Terra era stata che la cura dell'aspetto esteriore non era una scelta.
Quando ebbe finito, fece un secondo tentativo specchiandosi nuovamente; non era riuscito a nascondere il fatto di non essersi lavato per quasi una settimana, ma se non altro ora i suoi capelli avevano un aspetto lievemente più ordinato.
Pur consapevole di non disporre di un cambio, al momento, si accertò che i propri vestiti non avessero un odore troppo sgradevole. In effetti, in quel frangente il clima rigido era davvero una fortuna.
Jel chiuse gli occhi. Era ora.
Per un attimo ebbe l'impressione che il tempo si fosse fermato, mentre realizzava per la prima volta in modo completo quanto la seduta che si sarebbe tenuta di lì a poco sarebbe stata fondamentale. Aveva aspettato così a lungo quel momento e, proprio ora che esso finalmente era in procinto di realizzarsi, era talmente vincolato e assorto da muoversi quasi automaticamente, senza quasi concedersi di soffermarsi sulle emozioni che provava; e se da una parte quella era l'unica cosa che gli permetteva ancora di rimanere lucido e di non cedere, dall'altra non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe stato in grado di imporsi un tale rigore. E se si fosse lasciato andare anche solo una volta, se avesse permesso che la barriera costruita attorno a sé cedesse, non sarebbe più riuscito a tornare indietro. Il fiume delle emozioni che tratteneva dentro di sé sarebbe esondato travolgendo ogni cosa davanti a sé. Tutto ciò che aveva costruito a fatica nell'ultimo anno sarebbe stato reso vano.
È ora. È ora, vai. Comunque vada, ora tutto cambierà.








E sì... spiegone time! Mi dispiace, ma era doveroso. Davvero non avrei saputo come altro fare per contestualizzare il potere delle Pietre Magiche. Spero che la storia narrata per bocca del Custode Farer - seppur un po' noiosa - sia risultata sensata e ben strutturata. Non mi sono fatta mancare neanche una tonnellata di infodump in questo capitolo, ma a volte mi piace smorzare l'atmosfera e interrompere il racconto con un po' della storia di Fheriea. Questo è anche uno dei capitoli più lunghi di questo terzo volume, mi dispiace che non sia un capitolo d'azione quanto "didascalico-descrittivo", spero che vi sia piaciuto comunque. L'aspetto molto positivo è che nonostante tutto sono riuscita a pubblicarlo in un tempo ragionevole. Me la merito una recensione no?
Ci vediamo (spero) tra un mesetto, con un capitolo che - ve lo anticipo - sarà sotto il pov di Dubhne e decisamente movimentato. Un bacio a tutti i lettori.
Talia.
  
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