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Autore: HarleyHearts    22/10/2017    0 recensioni
Chiara Mirosi è una giovane ragazza che vive, insieme alla sorella maggiore Lavinia, in un piccolo trilocale a Milano.
Ha due migliori amici: Enrico, con cui condivide la passione per i fumetti e i videogiochi, ed Elisa, omosessuale dichiarata dall'età di 15 anni e "Grillo Parlante" del trio.
Steven Giliberts è un ragazzo italo-canadese che, caso vuole, vive nella stessa palazzina della ragazza, con un'esperienza traumatica alla spalle che l'ha spinto a trasferirsi nella città Natale della madre.
Un'esperienza traumatica che ha visto il padre del ragazzo togliersi la vita con un colpo di pistola, e la sorella minore di appena 11 anni bloccata su una sedia a rotelle.
Tra i due nascerà subito una splendida amicizia, avendo numerosissime passioni e gusti in comune, e chissà... Forse, da una semplice amicizia potrebbe nascere qualcosa di più.
- Prima storia della serie "Love is in the air"-
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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capitolo 6

Capitolo 6


- Ohi, Chiara? Terra chiama Chiara. Ci sei? - schioccò le dita Elisa davanti alla faccia, per richiamare la mia attenzione - Rico l'abbiamo persa -
Enrico al suo fianco portò lo sguardo al display del telefonino - Ora del decesso: 15:26 -
Lanciai un'occhiataccia a tutte e due - Come siete spiritosi - commentai piccata, prendendo in mano il mio bicchierone di Coca-Cola zero.
- Lo sappiamo - annuì Lisa, incrociando le braccia sotto al seno.
- Potremmo fare domanda a Zelig -
- E diventare due comici di fama internazionale -
- Diventeremo delle star! -
Due deficienti.
I miei amici erano due deficienti, ecco cosa erano. Ma io d'altro canto non ero messa tanto meglio di loro.
Mi ero incantata ripensando a cosa mi aveva detto Steven la sera prima, e le sensazioni che avevo provato ad averlo così vicino.
Era tutto così assurdo ed incomprensibile; lo conoscevo davvero poco e nemmeno da così tanto tempo.
Anzi, potevo quasi affermare di non conoscerlo proprio, tanto erano poche le cose che sapevo su di lui.
- E... l'abbiamo persa di nuovo. Chia'? Si può sapere a cosa stai pensando di tanto int_ Oddio! Ho capito! - strillò quasi Elisa, boccheggiando e rifilando un paio di gomitate al ragazzo al suo fianco.
Il poverino pigolò un "Ahia!", prima di massaggiarsi il lato offeso.
- Cosa hai capito? - le domandò lui, ancora dolorante. 
- Guardala - mi indicò con la testa - Ha sicuramente fatto qualcosa col vicino figo; ecco perché è così -
Rettifico quello che ho detto prima: erano notevolmente più deficienti di me. Non c’erano dubbi.
- Ma cosa dici? - squittì, sobbalzando sulla sedia ed arrossendo visibilmente in volto.
- Vuoi forse dire che non stavi pensando a lui? - mi provocò lei, inarcando un sopracciglio. 
Rimasi in silenzio, non potendo negarlo. Lo stavo facendo davvero.
Vidi la corvina sgranare ulteriormente gli occhi scuri, a causa del mio inaspettato silenzio.
- Razza di sciagurata, hai fatto cosacce con l’inglesino e non vieni a dirci niente? Nessun resoconto piccante, a noi che siamo i tuoi migliori amici? Mi ritengo più che offesa - 
- Ma che ti dici, Lisa! - esclamai, esasperata, e sempre rossa in volto.
Quello stava proprio diventando il mio colore di base. Chissà se esistevano dei fondotinta rossi?
- Non ho fatto niente con Steven; niente di niente -
Mi lanciò uno sguardo indagatore, mentre afferrava il proprio pacchetto di Marlboro rosse dal tavolino in ferro scuro del bar, dove ci eravamo accomodati.
- Però stavi pensando a lui -
Nessuna domanda, ma bensì una semplice e diretta affermazione.
Sospirai.
- Stavo pensando ad una cosa che mi ha detto ieri sera, quando l’ho incrociato davanti al portone di casa. Tutto qui -
- Uh. Ti ha detto qualcosa di, diciamo, sconveniente? - domandò curiosa, con un sorriso malizioso in volto.
L’avrei tanto voluta affogare nel suo thè alla pesca.
- Assolutamente no - le schioccai l’ennesima occhiataccia - Mi ha solo detto che... -
Esitai.
- “Detto che” cosa? - incalzò Enrico, con uno sguardo altrettanto malizioso che dava man forte a quello della corvina.
Potevo gestire uno alla volta; due erano decisamente troppi, per chiunque.
- Che sono una bella ragazza - arrossì, distogliendo lo sguardo.
Era stupido arrossire, a 23 anni, per una cosa così? Non lo sapevo proprio.
Per una come me, che di complimenti simili ne riceveva davvero pochi, non lo sembrava.
- Ti ha detto che sei una bella ragazza? Così di punto in bianco? - domandò Rico, confuso.
Scossi il capo.
- Ma no! Ceh... Non è che è venuto lì, e se ne è uscito con una frase così all’improvviso. Sarebbe non poco assurdo, suvvia! Abbiamo solo parlato un pochino, lui mi ha dato una mano ad aprire il solito maledetto portone difettoso e quando abbiamo ripreso a parlare, ad un certo punto, ha detto una frase tipo “Non dimentico facilmente una bella ragazza come te”. Tutto qui -
I miei migliori amici rimasero in silenzio. Si lanciarono uno sguardo d’intesa, e riportarono la loro attenzione sulla sottoscritta.
Perché non prevedevo nulla di buono?
- Sarò ripetitiva, ma chiedigli di uscire. Lui ti piace, a lui piaci. Che problema c’è? - domandò Elisa confusa, tirando fuori una stecca di sigaretta dal pacchetto.
- Io a lui non piaccio -
Rico si lasciò sfuggire una risatina divertita, mentre la ragazza al suo fianco prese a scuotere la testa, con fare esasperato.
- Nessuno dice una cosa del genere, se non ha un minimo di interesse verso l’altra persona. Non far finta di non vedere - mi riprese lui, con un sorriso.
Forse aveva ragione.
Purtroppo non conoscevo abbastanza Steven per poterlo affermare con sicurezza.
Poteva essere una frase che usava con tutte; io che ne potevo sapere?
- Boh, non saprei... - borbottai indecisa, incassando la testa nelle spalle - Ci devo pensare -
Enrico ed Elisa si lanciarono un secondo sguardo d’intesa, rimanendo in silenzio.
Sapevano che non dovevano continuare a pressarmi ulteriormente, se non volevano avere una reazione opposta a quella desiderata.
- Eli mi dai una paglia? Le mie le ho finite prima -
- Non se ne parla proprio! - esclamò lei, fulminandolo con gli occhi, e traendo in salvo il suo pacchetto dalla mano del corvino.
- Compratele ‘ste cazzo di sigarette, Enrico. Sono stanca di te che continui a scroccarmele. Ti sembro per caso un distributore automatico? - gli domandò, al limite dell’esasperazione.
In risposta, sfoderò la sua migliore espressione da cucciolo bastonato.
- Assolutamente no, Lisuccia carissima. Ma sei mia amica, e gli amici si aiutano nel momento del bisogno... -
Provò nuovamente ad allungare una mano verso il pacchetto di sigarette, molto lentamente, ma Elisa la schiaffeggiò via guardandolo, per quanto possibile, ancora più male.
- Amici nel momento del bisogno un corno! - ringhiò - Compratele! Come tutti i cristiani in questo mondo, scroccone che non sei altro -
Dovetti mettermi una mano davanti alla bocca, per nascondere la risata che minacciava di sfuggirmi.
Erano parecchio divertenti visti da fuori. Meglio quasi di un episodio di “New Girl”.
Presi dalla borsa il mio pacchetto, con dentro l’ultima sigaretta, e lo porsi al ragazzo seduto davanti a me. Se questa non era amicizia.
- Tieni, Rico -
Lui in risposta mi osservò con gratitudine e stupore.
- Vedi? Chiaruccia sì che è una vera amica! Non come te - borbottò, con tono infantile, gonfiando le guance e tirando fuori dal pacchetto la sigaretta con fare vittorioso.
Elisa alzò gli occhi al cielo, scuotendo lievemente la testa.
Erano decisamente meglio di un episodio di “New Girl”.


Tornai a casa canticchiando “I want to break free” dei Queen, giocherellando con una ciocca di capelli castani.
Stavo ripensando alle parole di Elisa ed Enrico.
Avrei dovuto chiedere a Steven di uscire insieme? Come avrei mai potuto trovare il coraggio?
No. No. Non avrei mai potuto farlo.
Per quanto potessero essere incoraggianti le loro parole, non avrei mai avuto il coraggio di chiedere d’uscire ad un ragazzo.
Steven poi... era su un altro livello.
Sospirai.
Era da quando avevo memoria che ero sfortunata in amore, e negli anni avevo collezionato ogni tipo di esperienza negativa.
Sapevo quali erano i miei limiti, e fin dove mi potevo spingere.
Purtroppo, Steven era ben oltre. Troppo lontano anche per sperare solo in qualcosa di piccolo.
Mi sarei fatta bastare averlo come amico.
Amico?
Forse speravo in qualcosa di troppo. Non lo conoscevo abbastanza da poterlo definire mio “amico”.
Vicino di casa.
Steven era semplicemente il mio vicino di casa, molto simpatico e carino. Nulla più.
Nulla più...
Tirai un altro sospiro, e mi fermai a metà del marciapiede davanti ad una vetrina di un negozio.
Osservai il riflesso sul vetro, dritto negli occhi scuri pensierosi.
Ma a me andava davvero bene così?
Era una bella domanda.
Non lo sapevo nemmeno io.
Mi rendevo conto che mi stavo facendo davvero troppi problemi, e questi finivano per offuscarmi solo la mente.
Dovevo pensare ad altro.
Concentrarmi su qualcosa di produttivo, che mi avrebbe fatto stare meglio.
Ripresi a camminare, a testa bassa.
Ma cosa avrei potuto fare?
L’idea arrivò poco dopo, come un fulmine a ciel sereno.
Ora sapevo perfettamente cosa fare.









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