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Autore: Nana_13    25/11/2017    1 recensioni
"...È successo tutto così in fretta che non so spiegarmi come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione. Vorrei solo aver dato retta alle mie amiche e rinunciato a questa stupidaggine. Potevamo passare una normalissima serata in tutta tranquillità e invece mi sono dovuta impuntare. Per cosa poi? Non lo so nemmeno io.
E adesso che forse sto per morire ho un solo pensiero che mi rimbalza in testa: non saremmo mai dovuti venire qui."
Questi furono i pensieri di Juliet la sera del ballo dell'ultimo anno. Lei e le sue amiche avevano creduto di passare una serata alternativa andando a quella festa, senza avere ancora idea del guaio in cui si stavano cacciando.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Il piano

 

“E dai, non fare quella faccia.” la rimbeccò Rachel, mentre girava il volante e imboccava il vialetto sotto casa di Jason. “Almeno ti distrai un po'.”

Claire non si voltò, continuando a guardare fuori dal finestrino. Quella sera le amiche l'avevano praticamente costretta a uscire, per andare a prendere qualcosa da bere in quel nuovo locale di cui parlava il volantino. Oltre a non averne nessuna voglia, aveva paura di incontrare Cedric e dovercisi confrontare ancora una volta. Lui la metteva a disagio, forse perché si era accorta che ci stava provando oppure perché il trauma emotivo della sua precedente relazione le faceva provare diffidenza verso tutti i ragazzi che incontrava. Tra l'altro, per l'occasione si era dovuta mettere addosso qualcosa di decente e perfino truccarsi. Cosa che non faceva da settimane.

Juliet si sporse dal sedile posteriore. “Smettila di fare la musona e cerca di divertirti stasera.” 

“Hai notato il trucco?” Rachel ammiccò verso Claire. “E non voleva neanche venire...”

Lei sbuffò. “Non potevo presentarmi con le occhiaie che mi arrivavano alle ginocchia, vi pare?”

Rachel ridacchiò e finse di crederci, mentre Juliet faceva uno squillo a Jason per dirgli di scendere. 

Non attesero molto, prima di vederlo aprire il cancello e raggiungerle sorridente. 

“Salve!” le salutò, montando in macchina accanto a Juliet. “Pronte per la baldoria?”

“Altroché!” rispose Juliet raggiante. “Non è vero, Claire?”

Senza nemmeno un briciolo della sua euforia, lei ricambiò con una smorfia annoiata. “Oh, sì…”

“Wow, trattieni l’entusiasmo.” ironizzò Jason, facendo ridere le altre. 

Secondo l'indirizzo sul volantino, il locale si trovava fuori dal centro della città, quindi Rachel seguì le indicazioni date dai cartelli e uscì dalla zona residenziale.

Trovarlo non fu tanto difficile, anche perché l'insegna con scritto Golden Caddy era piuttosto appariscente, tuttavia si divertirono lo stesso a prendere in giro Claire, insistendo perché chiamasse Cedric per farsi indicare la strada. Ovviamente, lei rifiutò, fingendosi anche un po' seccata.

Una volta imboccata l'entrata, lasciarono l'auto nello spiazzo adibito a parcheggio e si diressero al giardino davanti al locale, dove si stava svolgendo il party vero e proprio. Per l’occasione era stato addobbato con tavolini stile moderno e lanterne fatte con barattoli di vetro, appese ai rami degli alberi. Lo attraversarono in cerca di un posto libero, ma era già pieno di gente, così dovettero entrare dentro. 

L'interno aveva il pavimento in parquet e tavolini di legno dello stesso colore. Ai lati delle pareti c'erano dei divanetti in pelle nera e con la testiera alta, mentre degli sgabelli foderati giravano tutti intorno al bancone. Sia dentro che fuori la musica risuonava a tutto volume e la gente ballava ovunque ci fosse spazio. 

Dopo aver girato un po’, trovarono un tavolo e si accomodarono, aspettando che qualcuno venisse a prendere le ordinazioni. Nel frattempo, riconobbero e salutarono un sacco di gente, visto che l'intera scuola sembrava aver letto il volantino di Cedric.

D’un tratto, da un angolo della sala videro Mark sventolare la mano per attirare la loro attenzione e, quando li ebbe raggiunti, le ragazze gli presentarono Jason, per poi invitarlo a sedersi con loro. 

“Non vedo Cedric...” disse Juliet, trovando strano che non fossero insieme.

“Stasera ha parecchio da fare, ma dovrebbe essere qui in giro.” 

Claire lo guardò senza capire. “Ha da fare?”

Mark non fece in tempo a spiegarsi che di lì a poco Cedric si presentò davanti a loro con indosso un grembiule verde da cameriere e un blocchetto in mano. Rivolse a tutti un sorriso smagliante, asciugandosi il sudore dalla fronte. “Ragazzi che caldo! Neanche l'aria condizionata mi fa effetto stasera.”

 “Tu lavori qui?” Claire strabuzzò gli occhi allibita.

Lui la guardò, assumendo un'aria innocente. “Non ve l'avevo detto?” Ci rifletté sopra un istante. “Deve essermi sfuggito. Allora? Cosa prendete?”

Una volta che si furono ripresi dalla sorpresa, fecero le loro ordinazioni, mentre Cedric prendeva appunti in modo veloce ed esperto.

“Ok, torno fra poco.” assicurò. “E se ci riesco mi siedo.” aggiunse, sfoderando con le ragazze il solito sorrisetto ammiccante.

“Una mano non mi dispiacerebbe!” lo esortò un ragazzo che gli somigliava molto, mentre trasportava un paio di vassoi traballanti verso il giardino.

“Devo andare. Divertitevi.” tagliò corto Cedric, schizzando verso il bancone.

Alla fine venne fuori da Mark che il locale apparteneva alla famiglia dell’amico e che suo padre aveva chiesto a lui e a suo fratello Daniel di aiutarlo, visto il gran numero di clienti previsti per l’inaugurazione. In effetti, scegliere la fine dell’anno scolastico si era rivelata una mossa furba per attirare gli studenti desiderosi di festeggiare l’inizio delle vacanze.

“Insomma, siamo liberi finalmente.” esordì Jason. “Non vedo l'ora di partire per l'Europa con mio padre e lasciare questo mortorio.” 

“Grazie, Jay.” Lo schernì Claire, fingendosi offesa.

Per consolarla, il ragazzo le passò un braccio intorno alle spalle. “Dai, non fare così. Lo sai che mi mancherete.”

 “Ecco qua.” Cedric era tornato con i loro drink, che poggiò uno alla volta sul tavolo. Si scusò per la fretta, chiedendo di aspettarlo finché non finiva il turno, dopodiché sparì di nuovo.

Intanto, si misero a discutere del futuro e della strada che ognuno avrebbe intrapreso dopo il diploma. A Juliet sarebbe piaciuto frequentare un corso di pasticceria artigianale per poi aprire un'attività in proprio. Aveva sempre adorato cucinare e, anche se i suoi genitori non erano molto entusiasti della sua scelta, avevano comunque acconsentito a lasciarla provare. 

Jason era elettrizzato all'idea dell'Europa e non perse occasione per descrivere il viaggio nei dettagli a Mark, l’unico che lo ascoltava interessato.

Trascorsero la serata chiacchierando e bevendo in allegria. Claire incontrò praticamente tutte le ragazze della sua squadra di calcio, con cui rimase impegnata a parlare per un po’, mentre Jason e Juliet furono gli unici a ballare. Senza che se ne accorgessero il tempo passò e, quando la gente iniziò a diminuire, Cedric fece di nuovo la sua comparsa. Completamente distrutto, si tolse il grembiule e si accasciò vicino a Mark, afferrando il suo bicchiere e mandando giù una lunga sorsata. “Questo lavoro finirà per uccidermi.” ironizzò in tono esausto. “E da domani mi tocca anche stare qui a tempo pieno, visto che la scuola è finita.”

Mark gli diede una pacca sulla spalla con fare comprensivo.

“Oh, poverino. Pesa tutto sulle tue spalle.” commentò Claire sarcastica.

Lui stette al gioco, abbandonandosi a un sospiro e annuendo afflitto. “Già… Però potresti darmi una mano tu.” propose, prima di tornare sui suoi passi. “Anzi, meglio di no, altrimenti andrebbe a finire che passeremmo l'intera giornata nello sgabuzzino, invece di servire i clienti.”

L'espressione di Claire era tutta un programma. Non si sarebbe mai aspettata un’uscita del genere. “Cosa?” replicò confusa, mentre accanto a lei Jason lo squadrava perplesso. 

A quel punto, Juliet pensò che fosse meglio cambiare discorso per uscire dal momentaneo stato di imbarazzo creatosi al tavolo. “Bello il locale, Cedric.” disse, attirando così la sua attenzione su di sé.

“Vero?” annuì lui. “Mio padre ha sempre sognato di aprirne uno. Ci sono voluti anni di risparmi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.”

 “L'insegna è curiosa.” osservò Rachel.

 “Sì, si riferisce al nome di un cocktail degli anni '50, il Golden Cadillac, che a sua volta deriva dalla Cadillac Eldorado, l'auto preferita da mio padre.” le spiegò in tono erudito.

“Che originale.” commentò Juliet interessata.

Non sapendo di cos’altro parlare, per un po’ il silenzio scese su di loro, mentre attendevano che qualcuno trovasse un nuovo argomento. Cosa che fece Cedric di lì a poco. 

“Allora…” sospirò, appoggiando la schiena e stendendo entrambe le braccia lungo la testiera della panca. “Avete programmi per quest’estate?”

 Lieta che avesse rotto il ghiaccio, Juliet annuì. “Stavamo pensando di passare qualche settimana in California. Lo zio di Claire ha una casa a Long Beach.”

A Claire l'idea che lo sbandierasse ai quattro venti non piaceva granché, ma evitò di commentare.

“Niente male!” Cedric la guardò di nuovo, stavolta molto sorpreso. In fondo, non era da tutti a Greenwood possedere una villa in un posto così esclusivo e costoso. 

“Sì…” Lei esitò, cercando di sviare la conversazione. Non voleva che la vedessero come una di quelle riccone con la puzza sotto al naso. “Comunque non è una decisione definitiva.”

“Beh, semmai doveste cambiare idea, fatemelo sapere. Potremmo vederci qualche volta, tanto io me ne starò qui per tutta l’estate.” le informò Cedric, soffermandosi poi su Claire. “Potrebbe essere un'occasione per conoscerci meglio.” 

Non sapendo come comportarsi, lei gli rivolse un sorrisetto accondiscendente. Era la prima volta che le capitava di conoscere uno così sfrontato. Sembrava non vergognarsi di niente.

“Non credo che Claire ne abbia voglia.” Intervenne stavolta Jason, infastidito da tutta quell’insistenza. 

Cedric allora lo guardò. “Come scusa?” 

“A Claire non interessa uscire con te.” chiarì.

“E tu come fai a saperlo? Te l'ha detto lei?”

“Jason...” Claire fece per intromettersi e porre fine alla discussione, prima che degenerasse, ma non servì a molto.

“No, ma la conosco da molto tempo e lo capisco quando qualcuno non le va a genio.” 

Ignorando le occhiate eloquenti di Mark, che gli intimavano di darci un taglio, Cedric non sembrò voler mettere un punto al discorso. “Io credo che sia perfettamente in grado di parlare da sé. Non ha bisogno dell'avvocato.”

“Okay, penso che sia ora di rientrare. Si è fatto tardi.” tagliò corto Rachel, guardando l'orologio e interrompendo così quella diatriba. Insieme alle amiche si alzò e, dopo aver salutato Mark e Cedric, lasciarono il locale insieme a Jason. 

Per fortuna, la festa era finita già da un po’ e il parcheggio era sgombro, quindi la macchina non era incastrata tra decine di altre.

“Si può sapere che ti è preso?” chiese Claire seccata, voltandosi verso Jason dopo aver chiuso lo sportello. “Potevo cavarmela benissimo da sola.”

“Lo so, scusa.” rispose lui, guardando altrove. “Ma è stato più forte di me. Quel tizio è un idiota.”

 

-o-

 

Erano da poco passate le due quando Claire salì le scale di casa sua ed entrò in camera. Prese il pigiama dall'armadio e si preparò per andare a letto, senza smettere di pensare alla serata appena trascorsa. Durante il viaggio di ritorno lei e Jason avevano avuto modo di chiarirsi e adesso era tutto a posto. A dire la verità, non è che avessero proprio litigato, ma a volte era un po’ invadente con la sua mania di comportarsi da fratello maggiore.

Finì di spogliarsi, riflettendo sulla stupidità del sesso maschile, poi si buttò sul letto. Si sentiva stanca pur non avendo fatto nulla.

Fissò il soffitto per un po', prima che il cellulare sopra il suo comodino vibrasse leggermente. -E adesso chi è a quest’ora?- Lo afferrò e vide che il messaggio proveniva da un numero sconosciuto.

 

Ho visto come mi guardavi stasera. Non hai bisogno di fingere, lo so che sei già perdutamente innamorata di me ;)

 

Claire strabuzzò gli occhi, non tanto sicura di aver letto bene. Non aveva bevuto molto durante la serata ed era sicura di non aver guardato nessuno in maniera provocante, tanto da spingerlo a scriverle. Perciò chi poteva essere? Incuriosita mise subito mano alla tastiera per rispondere.

 

Chi sei e come hai avuto il mio numero?

 

Non ottenendo risposta, sentì crescere l'ansia. Poteva essere chiunque della scuola, visto che al locale aveva incontrato parecchie facce conosciute. Forse, volevano solo farsi due risate alle sue spalle, perciò stava per convincersi a spegnere quando il telefono vibrò di nuovo.

 

Ma come? Credevo di aver lasciato il segno…

Dopotutto, sono o non sono il barista più sexy della contea?

 

Dopo quel messaggio, capì al volo di chi si trattava. Alzò gli occhi al cielo, poi si passò una mano sulla fronte con aria stressata. La ragione le diceva di mandarlo a quel paese e mettersi a dormire, ma l'istinto guidò le sue dita alla tastiera.

 

Idiota, mi hai fatto prendere un colpo. Comunque, non credi che sexy sia una parola un po' troppo grossa? È incredibile come il tuo ego non smetta mai di crescere, ormai avrà raggiunto dimensioni titaniche.

 

Con questo sperò di averlo messo al suo posto e di chiudere la conversazione. Tuttavia, restava aperto il quesito principale: come aveva avuto il suo numero? Non ci mise molto a fare due più due e capire che doveva essere stata Rachel. C’erano delle volte in cui avrebbe voluto strozzarla e questa era una di quelle. Stava per poggiare il cellulare, ancora acceso malgrado avesse deciso di troncare il discorso, quando vibrò ancora. Con uno scatto fulmineo se lo riportò davanti agli occhi e lesse:

 

È inutile che fai la sostenuta. Tanto vale parlarsi sinceramente fin da subito, perché sappiamo entrambi come andrà a finire. Nessuna resiste al mio charme... Mi dispiace solo per il tuo ragazzo, perché sarà l'unico a rimetterci.

 

Le sfuggì una risata sommessa. Era davvero la persona più sfacciata che avesse mai conosciuto, questo doveva ammetterlo.

 

Penso che il tuo charme stia perdendo colpi, visto che non funziona proprio con tutte. E comunque, Jason non è il mio ragazzo.

 

Non sapeva neanche perché lo avesse specificato. Avrebbe potuto fargli credere che fosse così, in modo da convincerlo a desistere con lei e invece... 

 

Meglio così, almeno non avrai nessuno sulla coscienza quando ci metteremo insieme.

 

Incredibile. Aveva il muro al posto della faccia.

 

Sì, certo. Continua pure a sognare.

 

La risposta di Cedric non tardò ad arrivare.

 

Allora vorrà dire che ci rivedremo stanotte ;)

 

Lesse e rilesse quel messaggio una decina di volte, mentre il suo viso avvampava. Lanciò il cellulare sul letto in modo brusco, infastidita ed elettrizzata allo stesso tempo. Dopo una risposta simile era sicuro che avrebbe posto fine a quei suoi patetici tentativi di abbordaggio. Anche se ne era passato di tempo dall’ultima volta che si era sentita così e doveva ammettere che la cosa le faceva piacere… Però no, non aveva nessuna intenzione di essere il passatempo di turno di Cedric.

Si sdraiò, rannicchiandosi su un fianco e tentando disperatamente di prendere sonno. Sonno che però non venne. Qualche minuto dopo il cellulare alle sue spalle vibrò ancora. Chiuse gli occhi, senza sapere cosa fare, ma alla fine la curiosità ebbe il sopravvento. 

 

P.S.: Scusa per stasera, ho esagerato. Avrei dovuto lasciar perdere ma a volte parlo senza ragionare. Comunque sono stato davvero bene e spero di rivederti presto :) Buonanotte

 

Claire si lasciò sfuggire un sorriso del tutto involontario e, quando se ne rese conto, si riscosse, dandosi della cretina. Dopodiché, finalmente spense il telefono e lo appoggiò sul comodino, per poi afferrare il lenzuolo e coprirsi con un gesto secco.  

 

Si alzò la mattina seguente più assonnata di quando era andata a letto. Ci aveva messo un bel po’ ad addormentarsi, visto che il pensiero dei messaggi di Cedric era come un chiodo fisso che non la lasciava in pace. Si rendeva conto di stare esagerando, in fondo non le aveva mica fatto la dichiarazione, eppure temeva che se non avesse messo le cose in chiaro fin da subito la situazione le sarebbe sfuggita di mano. Urgeva una decisione drastica. Sarebbe andata di nuovo al locale per parlargli a quattr’occhi.  Il problema era che non se la sentiva di andarci da sola, quindi afferrò il cellulare. 

Stava per chiamare Juliet, ma all’ultimo secondo si rese conto di come avrebbero potuto reagire le amiche se avessero saputo di quei messaggi. L’avrebbero tormentata fino allo stremo affinché si buttasse tra le sue braccia, quando invece per lei era fuori discussione.

Per evitare ciò, accampò la scusa di aver perso un braccialetto alla festa, così da farsi accompagnare lì e magari pranzare insieme.

Alla fine, si erano messe d’accordo che Juliet sarebbe andata a prenderla con la sua auto, mentre Rachel le avrebbe raggiunte più tardi per via di alcune pratiche per il college che doveva sbrigare con suo padre. 

Quando arrivarono, nel locale si respirava tutta un’altra atmosfera. C’era solo una leggera musica di sottofondo e nella tranquillità di una soleggiata mattinata estiva si riusciva a distinguere il cinguettio degli uccelli. 

“Ma sei sicura di averlo perso qui? Non credo che sarà così facile ritrovarlo con tutta la gente che c’era ieri.” Osservò Juliet, chinandosi per guardare sotto i tavoli.

Claire però non la stava a sentire perché interessata a tutt’altro. Allungando il collo cercava di scorgere Cedric all’interno del locale e il suo fare circospetto insospettì Juliet, che intuì in un attimo la vera ragione per cui erano lì. 

“Magari potremmo entrare e chiedere a Cedric. Che ne pensi?” domandò con un sorrisetto malizioso stampato in faccia.

Nel sentire quel nome, Claire si girò verso di lei allarmata. “Cos… No, no non serve… Insomma, non è il caso di…” bofonchiò.

Juliet prese posto a un tavolo e accavallò le gambe. “Guarda che l’ho capito che quella del braccialetto era solo una scusa. Potevi dirlo chiaramente, invece di mettere su tutta questa scena.”

Claire si accasciò sulla sedia davanti a lei. “Okay mi hai scoperto, ma non sono voluta tornare per il motivo che pensi.”

L’arrivo del fratello di Cedric munito di blocchetto per le ordinazioni la salvò dal dover inventare altre giustificazioni, anche se Juliet riuscì a liberarsene in fretta dicendogli che stavano aspettando una persona e che avrebbero ordinato non appena arrivata. Lo seguì con la coda dell’occhio mentre rientrava nel locale e a quel punto si accorse di Cedric dietro al bancone, troppo impegnato a pulire dei bicchieri per accorgersi della loro presenza. 

Quando tornò a rivolgersi all’amica, la vide fissarla in attesa di una spiegazione. “Quindi? Qual è il vero motivo che ci ha portate qui questa mattina?” le chiese candidamente.

“Devo chiarire una cosa con Cedric… ma non farti strane idee.” La frenò, prima che cominciasse a costruire castelli in aria.

Juliet avrebbe voluto discuterne ancora, ma Claire non ne aveva nessuna voglia. Per sua fortuna, Rachel comparve di lì a poco, decisamente di buon umore. 

“Ciao.” Le salutò sorridente, dando un bacio sulla guancia ad entrambe prima di sedersi. 

“Hai risolto?” le chiese Juliet.

“Tutto apposto. Voi avete trovato il braccialetto?”

“Sì, il braccialetto…” mormorò lanciando un’occhiata allusiva a Claire.

Rachel era confusa. “Che significa?”

“Che era solo un pretesto per rivedere Cedric.” spiattellò.

La faccia di Rachel alla notizia era tutto un programma e, immaginando dove entrambe sarebbero andate a parare, Claire si mise subito sulla difensiva. “La colpa è tua. Mi spieghi per quale motivo gli hai dato il mio numero?” la inchiodò, parlando sottovoce. “Pensavo avessi capito che non volevo.”

Lì per lì Rachel rimase perplessa, poi realizzando sbuffò seccata. “Me l'ha chiesto, che dovevo fare secondo te?”

“Ehm, non so… Dirgli di no?”

“Io non volevo darglielo, ma lei ha insistito!” si difese, incolpando Juliet.

Adesso si metteva a fare la scaricabarili, ma Claire sapeva che in realtà c’entravano tutte e due. 

“L’abbiamo fatto per il tuo bene, non farla tanto lunga.” confermò infatti Juliet, senza smentire l’accusa. 

“Esatto. Non capisco perché ti scaldi tant…” Rachel si interruppe, ripensando solo in quel momento alle ultime parole di Claire. “Un momento, ma tu come fai a sapere che gli ho dato il tuo numero?”

Claire rimase impietrita a fissarla. Si era tradita da sola come un'idiota. “Ecco...” esitò, senza avere idea di come uscirne. “L'ho saputo...”

A quel punto, la mano di Juliet le sfilò il cellulare dalla tasca con la rapidità di un fulmine e prese a trafficare con la tastiera. “Vediamo un po'...” 

“Ridammelo!” esclamò Claire, sbracciandosi nel tentativo di riprenderselo. 

Lei allora lo passò a Rachel, che lo afferrò al volo e in poco tempo stava leggendo gli ultimi messaggi arrivati. Gli occhi incorniciati dagli occhiali scorsero sullo schermo, mentre il suo viso assumeva a poco a poco un’espressione esterrefatta. “Oh-mio-Dio!” scandì, continuando a leggere. 

“Che c’è?” chiese Juliet ansiosa, mentre teneva ferma Claire, che arresasi all’inevitabile smise di agitarsi e si accasciò di nuovo sulla sedia, tuffando il viso nelle mani con aria afflitta. 

“Hanno messaggiato!”

“Chi?”

“Lei e Cedric!”

Allarmata, Claire le fece segno di tacere. “Vuoi abbassare il tono? Potrebbe sentirti!”

“Fammi vedere!” la pregò Juliet, che ormai faceva davvero fatica a trattenere la curiosità. Quando Rachel le passò di nuovo il cellulare, lesse uno ad uno tutti i messaggi elettrizzata per poi mostrare a Claire lo schermo del telefono con aria eloquente.

“Ha iniziato lui.” precisò, prima che potesse dire qualunque cosa. “E poi non è niente di che...”

Juliet trasalì alla vista del penultimo messaggio. “Guarda che ti ha scritto!” 

Neanche se l'avessero mandato a lei sarebbe stata così esaltata.

“Okay, se te lo lasci scappare sei completamente pazza.” 

Claire sospirò con aria stanca. “Sarò anche pazza, ma è quello che farò. Voglio chiarire la faccenda una volta per tutte, così eviterò di illuderlo e di farmi del male allo stesso tempo.”

Juliet la guardò allibita. “Ti rendi conto che è cotto di te?”

L’amica abbassò gli occhi e non rispose, così Rachel decise di intervenire per darle man forte. “Adesso non esagerare. Si conoscono da meno di un giorno.”

“Che significa? L’amore merita almeno una possibilità.” ribatté Juliet con aria sognante. 

“In effetti, prima o poi dovrai uscire da questa campana di vetro che ti sei creata intorno, Claire. Non puoi scappare per sempre.” concordò Rachel, pur rimanendo, a differenza dell’amica, con i piedi ben saldi a terra.

Dal canto suo, Claire voleva solo mettere fine al discorso. “Non sono pronta, va bene? Sono passati solo due mesi. Mi serve altro tempo.” Detto questo si alzò, decisa finalmente ad andare a parlare con Cedric, ma lui era appena arrivato e ci andò a sbattere contro. 

“E sta più attent…” fece per replicare, ma poi si accorse chi aveva davanti  e si interruppe, fissandolo come intontita.  

 “Ciao anche a te.” Le sorrise, divertito dalla sua sbadataggine. 

Ora che erano così vicini, dovette riconoscere che la sua forza di volontà non fosse proprio delle più solide e, mentre tornava a sedersi balbettando scuse imbarazzate, Rachel intervenne a bruciapelo per salvarla. “Ciao, stavamo giusto per chiamarti. Siamo pronte per ordinare.”

“Bene, ditemi.” disse lui, sfoderando il solito blocchetto. 

Quando fu il suo turno, Claire non lo guardò in faccia, limitandosi a fissarsi i piedi e a chiedere sommessamente un tè freddo al limone e un sandwich al salmone. 

Una volta finito di annotare il tutto, Cedric rientrò nel locale e lei attese un paio di minuti, prima di decidersi a seguirlo. Non disse nulla, si alzò e basta, attraversando il giardino per dirigersi al bancone, dove lo trovò che stava già preparando le loro ordinazioni. Per fortuna dentro non c’era nessuno e si sentì sollevata. Era già abbastanza difficile parlargli, senza avere intorno altri occhi e orecchie.

Lui era di spalle quando gli si avvicinò e fu solo quando esordì con un “dobbiamo parlare” che si voltò a guardarla spaesato. 

A quel punto, non fu più tanto sicura di quello che stava per fare. “Io...” tentennò nel panico. “Ho cambiato idea, il tè lo vorrei alla pesca.” disse d'un fiato.

Cedric la scrutò, sempre più perplesso. “Okay...”

Le labbra di Claire si piegarono in un sorrisetto tirato, poi girò i tacchi e fece per tornarsene da dove era venuta. A pochi passi dall’uscita, tuttavia, ripensò all’ennesima brutta figura e al fatto di non aver concluso niente, così tornò indietro, decisa a dire le cose come stavano. “No, senti...”

Lui la guardò di nuovo, decisamente confuso da quel suo strano modo di fare.

“Non volevo dirti solo del tè, in realtà.” Claire frugò nella sua testa alla ricerca delle parole adatte. “Volevo parlarti dei messaggi di ieri sera… Cioè di stanotte… Insomma, fa lo stesso.” 

Lo vide arricciare le labbra e trattenere a stento una risata, ma tenne ben presente quello che doveva dire e non si lasciò distrarre. “Ho capito cosa vorresti che fossimo, ma in questo momento non sono in grado di gestire una relazione. Ho passato un periodo davvero difficile e adesso voglio prendermi i miei spazi.” Vedendo come lui continuasse ad ascoltarla senza commentare, pensò che si fosse offeso e preparò una nuova scarica di scuse. “Mi dispiace dirtelo, perché tu sei stato molto carino, ma...”

“Va bene.” la interruppe di colpo. “Saremo solo amici, allora.”

Claire alzò un sopracciglio, non proprio sicura di aver capito bene. “Amici?”

“Sì, amici.”

Non si sarebbe mai aspettata una risposta del genere. “Ma ci conosciamo appena.”

“Appunto, motivo in più per diventarlo.” 

Lo scetticismo sul viso di Claire non accennò a scomparire. Anche se sembrava aver ottenuto quello che voleva, la cosa la convinceva sempre meno.

Cedric se ne accorse e con un sospiro paziente provvide a chiarire le sue intenzioni. “Dico sul serio. Solo perché non stiamo insieme non significa che non possiamo frequentarci. Vorrei solo conoscerti meglio, così, senza impegno. Ci stai?” Detto questo sollevò la mano perché potesse stringergliela.

All’inizio lei rimase titubante a fissarla, poi però convenne che in fondo non c’era niente di male e la strinse, ma quando tornò al tavolo era decisamente frastornata. 

“Allora? Che ha detto?” le chiese Juliet, ansiosa di sapere.  

Claire si sedette lentamente, la testa ancora al bancone del bar. “Ha detto se diventiamo amici...”

Rachel fece spallucce, senza staccare gli occhi dall’e-mail che stava leggendo sul suo tablet. “È pur sempre un inizio.”

“Ma ero convinta che avrebbe insistito di più!” replicò Juliet delusa.

“E invece è stato più facile del previsto. Buon per me.” disse Claire con un sorrisetto, soddisfatta di non aver dovuto faticare chissà quanto per fargli capire le sue ragioni.

Smisero di parlarne quando Cedric arrivò con le ordinazioni.

“Ecco il tuo tè alla pesca.” Prese il bicchiere dal vassoio e lo posò davanti a Claire, per poi servire le altre.

“Perché alla pesca? Non ti è mai piaciuto.” Le chiese Juliet quando se ne fu andato. 

Lei scosse leggermente la testa, portando la cannuccia alle labbra. “Lascia perdere, è una storia lunga.”

Rachel aveva appena preso il suo bicchiere, quando con la coda dell’occhio si accorse che le cheerleader stavano attraversando il giardino e con un cenno della testa lo fece notare alle amiche.

Passando davanti a loro, Jasmine mormorò qualcosa all’orecchio di Jacqueline e lei lanciò a Claire un’occhiata di puro odio, per poi andarsi a sedere qualche tavolo più in là. 

Tentarono di ignorare i loro discorsi sul ballo e sui vestiti che avrebbero indossato, come al solito senza curarsi di parlare a bassa voce, anzi era evidente che lo facessero proprio per vantarsi di aver ricevuto l’invito. 

L'arrivo di Cedric fu provvidenziale. “Salve, ragazze. Che prendete?” lo sentirono chiedere, dicendo qualcos'altro in seguito che però non capirono. Uno scroscio di risatine seguì subito dopo, come quasi sempre accadeva al suo passaggio.

Claire alzò gli occhi al cielo nauseata, ma non disse niente per paura di apparire contraddittoria.

Il ragazzo, infatti, non ci mise molto ad attaccare bottone e ovviamente le cheerleader non fecero niente per scoraggiarlo. Dopo un po’ intuirono dalle parole di Jacqueline che la conversazione doveva essere tornata sul ballo. “Tesoro, è una festa esclusiva, ma magari un bel faccino come il tuo possiamo farlo imbucare.”

Fin qui niente di strano, ma fu la risposta di Cedric a stupire Claire. 

“Grazie, ma non vi disturbate. Questo genere di cose non fa per me. Troppo antiquato.” disse, rifilando loro un sorriso di circostanza e rientrando nel locale.

Poco dopo, le ragazze si alzarono per andare a pagare, oltre che per sfuggire all’odioso cianciare delle arpie, che purtroppo però le seguì anche dentro. 

“Non è che le picchieresti di nuovo?” scherzò Cedric, mentre premeva i tasti del registratore di cassa. “L’ultima volta me lo sono perso.”

Claire ridacchiò divertita, trafficando nella borsa in cerca del portafogli. 

 “Andrei a quello stupido ballo solo per dimostrare che posso imbucarmi anche senza il loro aiuto.” 

“Già, sarebbe bello.” disse Juliet, trovando l’idea davvero invitante.

Le altre fecero finta di non averla sentita, per evitare di darle corda, e salutarono Cedric prima che potesse aggiungere altro. Ci mancava solo che iniziasse a incoraggiarla. Non immaginavano ancora che fosse già troppo tardi. 

Durante il tragitto verso casa, infatti, non disse quasi nulla, le parole di Cedric che continuavano a risuonarle in testa. Non sapeva spiegarselo, ma andare a quel ballo era diventata una specie di ossessione. Il problema era come procurarsi gli inviti, visto che né lei né le altre avevano conoscenze nel giro. 

“Ma certo!” scattò all'improvviso, inchiodando allo stop e facendo prendere uno spavento alle amiche. 

“Sei impazzita!” esclamò Rachel, buttando un’occhio dietro per controllare che non ci fosse nessuno. 

Lei, però, badò appena ai suoi rimproveri, concentrata com’era a delineare i dettagli del suo piano. Aveva sempre avuto la soluzione davanti agli occhi senza riuscire a vederla. Doveva sbrigarsi a tornare a casa e sperare che suo fratello fosse già rientrato, così da poter iniziare la sua opera di convincimento fin da subito. 

 

-o-

 

Juliet raccolse l'ultimo fumetto da sotto il letto, riponendolo con cura sulla mensola della libreria, accanto agli altri. Si era perfino assicurata che fossero in ordine di numero e di altezza. Meglio di così non si poteva fare. 

Al suo rientro, aveva scoperto che il fratello non era ancora tornato e aveva deciso di mettersi a pulire e riordinare la sua stanza, sperando in quel modo di ingraziarselo. Impresa da non prendere assolutamente alla leggera. 

Una volta entrata, però, non si era ritrovata in una camera bensì direttamente nelle fognature di Greenwood. C'erano vestiti sporchi ovunque. Sul letto, sul pavimento... Per non parlare delle cataste di fumetti che invadevano la stanza. Come se non bastasse, la sera prima Richard aveva invitato un gruppo di amici a giocare con un nuovo videogioco e avevano ridotto quel posto alla stregua di un covo di senzatetto. I cartoni della pizza giacevano in un angolo e c'erano lattine vuote di birra disseminate qua e là. Quella mattina poi era uscito senza preoccuparsi di pulire e la madre non si era azzardata a metterci piede. Davanti a quello spettacolo indegno, stava per pentirsi della decisione presa, ma poi si era fatta coraggio. In fondo, era per una buona causa. 

Solo Richard poteva aiutarla. Suo fratello, infatti, lavorava in municipio come tecnico informatico, sebbene sapesse che le sue capacità andassero ben oltre, quindi sarebbe stato uno scherzo per lui trovare delle copie di quei biglietti e modificarli con i loro nomi. Ovviamente Juliet sapeva che quello che stava per chiedergli non era del tutto legale e che avrebbe dovuto faticare parecchio per convincerlo, ma contava sulla gratitudine che le avrebbe dimostrato una volta vista la camera in ordine. 

Le voci al piano di sotto la avvertirono del ritorno del fratello. Sua madre gli stava domandando se volesse qualcosa da mangiare e lui stava rispondendo come al solito in tono piatto e monosillabi. 

Dopodiché lo sentì salire le scale e quando aprì la porta la trovò ancora lì. Chiunque l’avesse visto per la prima volta avrebbe stentato a credere che fosse un Peterson. Nella sua famiglia erano di norma tutti biondi e con gli occhi chiari, lui invece aveva i capelli più scuri e, a differenza della sorella, non aveva ereditato le iridi verdi dal padre.  

“Che ci fai qui?” chiese infastidito.

Juliet incrociò le braccia offesa. “Adesso non saluti nemmeno?”

“Ciao.” mugugnò, tanto per farla contenta. Si tolse la borsa da dosso e fece per appoggiarla sulla sedia, quando si accorse che qualcosa non andava. Era troppo vuota. Si voltò allarmato verso la sorella. “Che hai fatto?” chiese, guardandosi intorno.

“Ho ripulito quel deposito di rifiuti che chiamavi camera.” si giustificò lei. “Non si sapeva più dove mettere i piedi.”

“Quante volte ti avrò detto che non voglio che tocchi la mia roba? Avrei rimesso a posto io.” Si diresse alla libreria e prese a trafficare con fumetti e statuette dei supereroi. “Adesso non trovo più niente! Guarda qua che casino!”

“Scusa se ho voluto fare qualcosa di carino per te!” gracchiò Juliet furiosa. “La prossima volta rimani sommerso dai rifiuti, io me ne lavo le mani!”

“Bene! Non chiedo altro!” ribatté secco.

“Bene!” La rabbia le fece dimenticare il motivo per cui aveva fatto tanta fatica. Girò i tacchi e si diresse in camera sua a passo deciso, chiudendosi dentro. A volte suo fratello si comportava come un ragazzino, nonostante avesse sei anni più di lei. Era davvero insopportabile e le ci sarebbe voluto un po’ per sbollire la rabbia, anche se il bisogno di chiedergli una mano con i biglietti era pressante. 

A tavola non si rivolsero la parola, anche perché non avrebbe potuto aprire l’argomento davanti ai loro genitori, quindi pensò di prenderlo da parte più tardi. Fremette sulla sedia durante tutta la cena, mentre fingeva di ascoltare suo padre parlare delle macchine che aveva venduto quel giorno. In realtà, rimuginava sul modo in cui avrebbe aperto il discorso del ballo e su come essere il più convincente possibile. Non fece in tempo a finire di sparecchiare, però, che Richard era già uscito. In preda alla frustrazione, decise allora che glielo avrebbe chiesto al suo ritorno.

Nell’attesa si sentì per telefono con Rachel e Claire, curiose di sapere cosa avesse in mente, ma preferì rimanere sul vago, finché non fosse riuscita a convincere il fratello a collaborare. 

“Beh, se non ci riesci tu perché non fai provare Rachel?” insinuò Claire con una punta di malizia. “Lo sappiamo tutte che ha un debole per Richard.”

Rachel sbuffò, leggermente imbarazzata. “Ancora con questa storia? Ero solo una bambina…”

“Ma il primo amore non si scorda mai.”

Scherzi a parte, secondo Rachel non sarebbe stata un’impresa facile convincerlo e Juliet si trovò d’accordo. Già immaginava a cosa stesse andando in contro e che il suo caro fratellone avrebbe sicuramente trovato un modo per ricattarla.

“Per me ti sei fissata e basta.” le aveva detto Claire. “Che t’importa di quel ballo? Probabilmente sarà anche noioso. Se proprio ci tieni, puoi andare a quello della scuola.”

Non aveva saputo risponderle. Neanche lei aveva idea del perché ci tenesse tanto a partecipare. Forse la eccitava il fatto di fare qualcosa di diverso per una volta, oltre che la prospettiva di visitare il castello. In ogni caso, ormai era decisa ad andare avanti. 

Salutò le amiche con la promessa di informarle dei successivi sviluppi, dopodiché aspettò con impazienza il ritorno di Richard.

Dopo ore trascorse nell’agitazione, trasalì nel sentire i giri di chiave nella serratura, seguiti dal rumore dei passi sulle scale. In punta di piedi allora raggiunse la porta e la dischiuse in tempo per vederlo entrare in camera sua. Il primo impulso fu quello di seguirlo, ma poi si convinse ad aspettare. Andare subito alla carica avrebbe potuto rivelarsi controproducente.

Dopo qualche minuto, si avvicinò alla porta socchiusa e bussò un paio di volte con cautela. “Posso?” chiese, facendo capolino all’interno.

Semi sdraiato sul letto con il portatile sulle gambe, Richard mugugnò qualcosa interpretabile come un segnale di assenso, così entrò. La prima cosa che vide furono i vestiti che si era appena tolto buttati di nuovo in malo modo sulla sedia, ma evitò di fare commenti. 

“Alla fine sei riuscito a ritrovare le tue cose?” esordì allora con finta nonchalance.

Lui la ignorò, continuando ad armeggiare con la tastiera. 

“Andiamo, non ce l'avrai ancora con me? Dopotutto, ho agito in buona fede.” 

“No. Però la prossima volta, ti prego, lascia tutto com’è. Grazie.” le concesse infine, con un sospiro paziente.

 

Intuendo che ormai fosse tutto sistemato, Juliet si sedette accanto a lui sul bordo del letto. “Okay, fratellone. Non lo farò più.” disse in un tono che aveva un che di mieloso. “Sai, mi dispiace litigare con te. Tra fratelli bisognerebbe sempre andare d'accordo...”

A quel punto, però, lui smise di fare qualunque cosa stesse facendo al pc e alzò lo sguardo indagatore su di lei. “Cosa ti serve?” 

Affatto sorpresa che avesse già intuito quale piega stava prendendo il discorso, Juliet lo guardò con aria conciliante. Era sempre così fra loro. Quello era il segnale che aspettava, tuttavia, ora che il momento era arrivato, non sapeva da che parte iniziare. 

“Ho bisogno di un favore, Richie.” Usava quel ridicolo diminutivo solo quando voleva ottenere qualcosa e stavolta sfoggiò perfino uno dei suoi sorrisi più persuasivi, anche se sapeva che non sarebbe bastato a convincerlo. “È una questione un po' complicata, me ne rendo conto.” disse prendendola alla larga. “Potrebbe essere rischioso...”

“Potresti formulare una frase di senso compiuto, per favore?” 

Lei fece mente locale, riflettendo su ciò che doveva dire. “Hai ragione, scusa.” Ridacchiò nervosa. “Mi servirebbe il tuo aiuto per una faccenda tecnica.”

Richard alzò un sopracciglio, perplesso. “Cioè?”

Gli disse del ballo, stando attenta a sottolineare quanto lei e le amiche tenessero a parteciparvi. Mentire spudoratamente era l’unica strategia da seguire, così non ci pensò due volte. Spiegò anche che era riservato al sindaco e alle maestranze, e ovviamente loro tre non avevano ricevuto l'invito. Infine, gli espose il piano che aveva in mente e in che modo lui ne facesse parte. 

“E io dovrei entrare nella casella e-mail del sindaco e rubare il file con i biglietti?” Dal tono non sembrava molto propenso ad assecondarla.

“So di chiederti molto, ma tu sei l’unico che può aiutarmi. Non lo saprà nessuno. Ti prego, fratellone.” lo implorò. 

Richard chiuse il portatile e si alzò dal letto. “Tu sei matta.”

“Dai, non dovrebbe essere difficile per te. Sei talmente bravo…”

“Hai pensato che se ti scoprono la sera del ballo dovrai dare spiegazioni su come hai avuto l’invito senza essere sulla lista?”

Juliet rimase interdetta. In effetti, non ci aveva pensato. “Beh, ci faremo venire in mente qualcosa.”

“No, non se ne parla. È tutto troppo campato in aria. E poi scordati che lo faccia dal mio computer.”

Lei ci rifletté sopra un momento. “Potresti usarne uno dell’ufficio.” 

Richard annuì. “Certo, ottima idea. Così se mi beccano non solo mi arrestano, ma perdo anche il posto.”

“Va bene, ho capito.” sbuffò Juliet, afflitta. “Non mi aiuterai.”

“Dammi una sola buona ragione per farlo.” 

“Sono tua sorella.”

Lui rise. “Questa non è una buona ragione.” 

Indignata, lo squadrò dall’alto in basso. “Allora poni tu le condizioni.”

Per suo fratello fu come un invito a nozze. “Mi farai da schiava per due mesi.” propose beffardo, cogliendo la palla al balzo.

“Uno.”

“Due.”

“Uno.” insistette Juliet.

“Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Derubare il sindaco!” esclamò in tono melodrammatico.

“D'accordo.” si arrese. Se ne stava chiaramente approfittando, visto che per lui sarebbe stato un gioco da ragazzi avere quel file, ma ormai non aveva scelta. “Un mese e mezzo e la chiudiamo qui.”

Dopo attenta riflessione, Richard convenne che fosse un prezzo equo. “Affare fatto.” approvò compiaciuto.

Juliet si sentiva sfiancata, come appena uscita da una contrattazione in borsa. Ora che aveva ottenuto ciò che voleva, seppur a caro prezzo, poteva anche andarsene a dormire. 

Si alzò e fece per tornare in camera sua, ma Richard la fermò. “Aspetta.”

Temette per un momento che ci avesse ripensato, ma poi lui aggiunse: “Portami un bicchiere d’acqua prima.”

Lo fissò in cagnesco, poi deviò verso le scale.

 

-o-

 

Juliet tornò dalla cucina con un vassoio pieno di bicchieri di tè freddo, che poggiò sul tavolino davanti al divano. Durante la mattinata aveva convocato tutti da lei con un giro di telefonate, compresi Mark e Cedric, accennando qualcosa sul suo piano per imbucarsi al ballo, ma senza anticipare nulla di più. Approfittando del fatto che a quell’ora non ci fosse nessuno in casa, aveva dato loro appuntamento per le quattro, promettendo delle spiegazioni una volta riuniti.

Mentre aspettavano Claire, in ritardo come sempre, bevvero il tè e chiacchierarono del più e del meno, finché il campanello della porta non annunciò il suo arrivo. 

Trafelata, entrò senza troppe cerimonie. “Scusate, dopo pranzo mi sono addorment…” si interruppe alla vista di Mark e Cedric seduti in salotto. “Ciao.” ricambiò il saluto con un sorriso tirato, per poi lanciare una breve occhiata interrogativa a Juliet, che però non ebbe il tempo di spiegarle perché Rachel partì subito con le domande. 

“Ora che ci siamo tutti, vuoi spiegarci cosa stai macchinando?” 

A quel punto, Juliet raccontò eccitata l’idea dei biglietti per filo e per segno, mentre loro la ascoltavano sempre più disorientati, ma anche divertiti dalla follia di quel piano.

Finito il discorso, Rachel non poté esimersi da dire chiaro e tondo quello che pensava. “Io non capisco come ti è venuto in mente. È illegale entrare nella casella di posta di qualcun altro e rubare dei file. Possibile che tu non ci abbia pensato?”

Juliet sentì l’entusiasmo scemare pian piano. “Questo è vero, però ti assicuro che non c’è pericolo. Richard sa il fatto suo.” 

“Sì, ma qui si rischia di finire dentro, Juls. Non credi sia un po’ troppo per uno stupido ballo?” ribatté Claire, per una volta d’accordo con Rachel. 

“Già, se ci scoprono è finita.” aggiunse lei. “Mi dispiace, ma non butterò tutto all’aria per andare a una festa.”

“Secondo me potrebbe essere divertente, invece.” intervenne Cedric, dando man forte a Juliet. “Sarà una di quelle pazzie da ultimo anno che ci ricorderemo per tutta la vita.” aggiunse, beccandosi una sfilza di occhiate per niente convinte.

“Non lo so…” replicò Mark indeciso. “Da una parte sono d’accordo con loro, sembra un’idea troppo azzardata. Dall’altra potrebbe essere un’occasione per visitare il castello, visto che durante l’anno non è aperto al pubblico.”

“E tu rischieresti la galera per amore della cultura?” Rachel lo guardò sconcertata. “No, grazie. Preferisco vederlo da fuori il castello.” Poi si rivolse a Juliet. “Tra l’altro, non capisco perché tu abbia voluto coinvolgere anche loro nel tuo piano geniale.”

“Beh, veramente è partito tutto da Cedric.” Si giustificò lei con aria innocente. “Ieri al locale ha detto che gli sarebbe piaciuto imbucarsi e così mi è venuta l’idea.”

Il ragazzo rise divertito. “Era tanto per dire, non immaginavo di scatenare tutto questo. Comunque io sono con te, Juls. In fondo, chi non si è mai imbucato a una festa?”

“Esatto.” concordò lei, entusiasta di quell’appoggio insperato. “E in più è una festa in maschera, quindi sarà più facile passare inosservati.”

Rachel e Claire si scambiarono con Mark occhiate perplesse. In effetti, non avevano pensato al fatto di essere mascherati e quello sarebbe stato sicuramente un vantaggio, ma la faccenda dei biglietti non li convinceva ancora del tutto. Le ragazze conoscevano le capacità di Richard, eppure non si sentivano sicure. 

“Ma è proprio necessario? Non potremmo semplicemente andare al ballo della scuola?” insistette Claire, in un ultimo disperato tentativo di persuaderla.

“Dai, non si tratta mica di rapinare una banca!” ribatté Cedric. “Che vuoi che succeda? Se ci scoprono al massimo ci buttano fuori.”

Juliet annuì, assumendo un’aria da cane bastonato. “Mi sembrava un’idea divertente. Dopotutto è l’ultimo anno e mi sarebbe piaciuto fare qualcosa tutti insieme. Il ballo della scuola è carino, ma vuoi mettere con questo? Sarà una serata da ricordare, di quelle che si raccontano ai figli…”

“Va bene, ci sto!” tagliò corto Rachel, che si sentiva scoppiare la testa. “In fondo, non si tratta di rapinare una banca.” disse, richiamando le parole di Cedric.

L’abbraccio stritolante di Juliet la travolse subito dopo. “Grazie! Sarà una serata indimenticabile, vedrai!” Poi si staccò per cercare anche l’approvazione di Claire. Non sarebbe andata a quel ballo senza di lei, voleva che fossero tutte d’accordo. “Ti prego, dimmi che verrai anche tu.”

Per come si sentiva in quel periodo, Claire avrebbe preferito evitare qualsiasi festa, ma doveva ammettere che in fondo l’idea di imbucarsi la stuzzicava non poco. Inoltre, sarebbe stata una buona occasione per distrarsi e non pensare al passato. “Non posso mica restare a casa tutta sola a ingozzarmi di gelato e guardare Dirty Dancing, ti pare?” 

Entusiasta di aver ottenuto ciò che voleva, l’amica stritolò anche lei e nello stesso tempo rivolse un’occhiata raggiante a Cedric, proprio mentre suo fratello rientrava a casa dal lavoro. 

Quando si ritrovò gli occhi di tutti quegli adolescenti puntati addosso, rimase interdetto.

“Ciao!” lo salutò Juliet, alzandosi dal divano per andargli incontro; poi lo prese sottobraccio e lo trascinò dagli altri. “Ti presento Mark e Cedric. Ragazzi, lui è mio fratello Richard.”

“Piacere.” rispose Mark per entrambi, mentre gli stringevano la mano.

“Vengono anche loro al ballo.”

“Ah.” constatò Richard. “E che aspettavi a dirmelo? Mi toccherà iniziare subito se devo fare cinque biglietti.”

La sorella lo fissò stupita. “Perché? Li hai già presi?” 

“Sì, certo. Devo solo modificarli e metterci i vostri nomi.” confermò lui. “Visto che mancano solo due giorni ho voluto sbrigarmi. Ho fatto male?”

“No, no, macché.”

Claire lanciò un'occhiata di traverso a Juliet. “Che senso aveva avvertirci se era già tutto pronto?”

“Non immaginavo che facesse così in fretta.” si difese l’amica.

Richard sospirò, ormai abituato alla sbadataggine della sorella. “Okay, allora io vado di sopra a lavorare. Ci vediamo.” salutò gli altri e, imboccate le scale, sparì per il resto del pomeriggio.

Erano da poco passate le sei quando Mark e Cedric decisero che era arrivato il momento di togliere il disturbo. 

“Perché non restate a cena?” propose la madre di Juliet, che nel frattempo era rientrata dalle sue commissioni. Anche se non li conosceva non si fece alcun problema a invitarli, in questo lei e la figlia erano molto simili. 

“Mi piacerebbe molto, ma ho il turno al locale stasera.” Si giustificò Cedric con un sorriso di scuse. 

“Sì e siamo venuti con una sola macchina.” aggiunse Mark. “Comunque grazie lo stesso. Sarà per la prossima volta.” 

Salutati i ragazzi, Juliet e le altre salirono in camera sua per parlare più liberamente di tutti i preparativi che avrebbero dovuto fare, come trovare le maschere, comprare i vestiti, trucco, parrucco e tutto il resto. 

Travolte dall’entusiasmo dell’amica, Rachel e Claire non fecero caso al tempo che passava e alla fine, sentendo brontolare lo stomaco, accettarono volentieri l’invito di Martha di rimanere per cena.

 
   
 
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