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Autore: _Polx_    27/11/2017    6 recensioni
Il suo non era un animo credente: di rado gli capitava di pregare e mai offriva oblazioni agli Dèi. Quel giorno, tuttavia, decise di seguire un antico rito nella disperata speranza d'ottenere ascolto. Incise un lieve taglio sul palmo della propria mano e lasciò che il sangue spillasse nel piatto di rame, poi pregò in silenzio perché, sebbene gli risultasse tremendamente difficile da ammettere, cominciava a temere per la vita di quel bambino.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccole anime infelici'
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Ruben infine dimostrò d'aver ragione: pochi mesi dopo la morte di Astar, Asor fu nominato Generale.
Tuttavia, il destino aveva tracciato una via della quale loro non ebbero modo d'avvedersi poiché, in realtà, Astar viveva.
Giunti alla grande fossa scavata nella remota campagna e ormai pressoché satura di cadaveri candidi di calce, i monatti intenti a smaltire il nuovo carico s'avvidero che una delle ultime vittime gettatevi respirava ancora. Non ebbero il cuore di lasciarla a bruciare con gli altri, così la adagiarono a terra e lì la abbandonarono.
Astar stette incosciente per ore mentre il cumulo di morti si carbonizzava in dense volute di fumo nero.
Poi fu sfiorato da un velo di coscienza, che gli aprì gli occhi e storse il naso: guardò ciò che lo circondava ma non lo comprese e, non per lucidità, bensì guidato da una forza che molto rassomigliava al sogno, arrancò carponi e cercò di sfuggire al terribile lezzo della carne ancora sfrigolante nella fossa.
Raggiunse il folto e vi si immerse, tossendo per le esalazioni e pulendo il sangue che spillava dalla sua bocca nelle maniche ormai sudice.
Vagò a lungo, considerate le sue pietose condizioni, completamente estraneo da sé. Poi crollò e il suo peregrinare fu una sfortuna, poiché proprio in quel momento Diamante giungeva alla fossa e l'avrebbe trovato, se non se ne fosse allontanato, invece lei vide solo fumo e cenere e pensò che lì vi fosse perito.
Al contempo, però, fu una fortuna, poiché capitò nei pressi della casupola d'un taglialegna, che lo trovò di ritorno da una potatura nei pressi del fiume.
I ciocchi gli caddero di mano per la sorpresa, ma non gli si avvicinò, temendo che fosse il trucco d'un qualche gruppo di bricconi, poiché non era raro che sfruttassero gli orfanelli di periferia per abbindolare gli animi buoni e portare a termine le proprie malefatte. Tuttavia il bambino non si muoveva, era sporco di sangue e respirava più rocamente d'un cervo morente, quindi lo raccolse e quella sera tornò a casa con un carico insolito.
La moglie dell'anziano boscaiolo rischiò di prendersi un colpo, ma in men che non si dica preparò un giaciglio e spogliò il piccolo sconosciuto dei suoi orridi abiti.
Notò che la pelle e le labbra del bambino erano secche come un fiore avvizzito, così lo costrinse a bere nell'incoscienza e, sebbene lei non potesse saperlo, quella fu la prima volta da giorni in cui lo stomaco di Astar ne sopportò il peso.
Lo dissetò più volte nell'oblio del sonno, ma vedeva il suo corpo ormai scarno e macilento, dunque si chiese quando si sarebbe svegliato per mangiare, oltre che bere.
La risposta giunse due giorni dopo.
Astar aprì gli occhi e si guardò attorno spaesato.
Si ritrasse quando scorse l'anziana signora seduta al suo fianco, o almeno è ciò che avrebbe fatto, se ne avesse avuto le forze.
La donna lo rassicurò e chiese il suo nome.
Lui glielo disse.
Gli chiese cosa gli fosse accaduto.
Lui ricordò d'essere stato terribilmente malato.
Gli chiese come fosse capitato in quei boschi, perché mai aveva visto un bambino come lui in quelle terre, dunque non poteva che essere forestiero.
A questo non seppe rispondere.
La donna gli carezzò il volto e intravide un insolito alone di biancore sul suo occhio sinistro. Gli coprì il destro e gli chiese se riuscisse a scorgere qualcosa.
Astar scosse il capo.
Prese poi le sue mani, fredde e umide, sebbene la febbre stesse ormai scemando. Gli chiese di muovere la destra e questa ubbidì con gesti saldi, tuttavia la sinistra tremava, non d'un moto invalidante, ma pur sempre involontario.
Gli chiese infine di compiere qualche passo e Astar si alzò a fatica. Camminò per un breve tratto, prima che le sue gambe cedessero, ma per la donna e per il boscaiolo fu sufficiente a notare che il suo piede sinistro era più rigido e malfermo del destro.
Un lato del suo corpo era rimasto offeso dalla malattia.
“Poco male” sorrise bonariamente il boscaiolo, rimettendolo a letto “sembra comunque che tu stia molto meglio”.
Astar, in effetti, era smarrito e la sua mente lievemente affettata dalla lunga febbre, ma certo non stava male quanto ricordava.
La sua pancia brontolò rumorosamente e l'anziana donna rise di gusto: “sei a digiuno da chissà quanti giorni: ti preparerò una tazza di latte caldo”.
 
  
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