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Autore: Ginevra1988    01/12/2017    7 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Per prima cosa […]
Sono consumato e stanco per il modo in cui le cose sono andate […]
Seconda cosa,
Non mi dici cosa pensi che io possa essere?
Sono il timoniere, sono il capitano nel mio mare […]
 
Dolore
Tu mi hai distrutto, mi hai ricostruito […]
La mia vita, il mio amore, la mia guida sono venuti dal dolore
Tu mi hai reso un credente
 
Believer – Imagine Dragons
 
 
 
 

 
7 settembre 1998 – Ministero della Magia
 

 
   Il piccolo gruppo di Reclute Auror si guardava intorno nervosamente sotto la Stele al centro dell’Atrium, dove l’Istruttrice Shacklebolt aveva dato loro appuntamento per le otto e trenta. Hannah era eccitata come una bambina davanti ad un Unicorno, ma per fortuna aveva deciso di provare a fare amicizia con la ragazza dai ricci biondi, che la ascoltava con educato interesse. Harry cercava di guardare dappertutto fuorché verso la lista di nomi scolpiti nella pietra grigia, ma era difficile riuscire a concentrarsi su altro; aprì la bocca ma Ron lo bloccò subito con un’occhiataccia.
   “Sono le otto e venticinque, esattamente come un secondo fa.”
   Harry abbassò lo sguardo, contrariato; ficcò una mano in tasca e strinse ancora una volta la lettera che era arrivata il giorno prima da Hogwarts, dove Ginny e Hermione facevano a lui e Ron gli auguri per il primo giorno di corso e ripetevano fino alla nausea la raccomandazione di tenere gli occhi aperti.
   “Chiedere in continuazione l’orario non farà accelerare le lancette.”
   L’acido commento veniva dalla bocca della ragazza alta e castana, di cui Harry aveva dimenticato il nome; fissava gli ascensori oltre il cancello dorato come se cercasse di non guardare qualcosa di estremamente sgradevole.
   “Grazie per averci regalato questa perla di saggezza, Fletcher.”
   Ci pensò Theodore Nott, scuro in volto e le braccia incrociate, a risponderle per le rime; la ragazza si voltò verso di lui e inarcò le sopracciglia, ma qualunque cosa volesse dire fu censurata dall’arrivo dell’Istruttrice, che portava con sé una cartelletta dorata.
   “Se volete un consiglio” disse Lena sorridendo candidamente. “E’ meglio non cominciare il primo giorno di addestramento litigando. Buongiorno a tutti!”
   Gli otto ragazzi raddrizzarono contemporaneamente le schiene e risposero all’unisono: “Buongiorno!”
   La Shacklebolt li contò velocemente con gli occhi e fece un breve appello, leggendo dalla tavoletta dorata; Harry ne approfittò per cercare di imparare i nomi dei suoi compagni di corso: la ragazza castana si chiamava Ella Fletcher, quella dai ricci biondi era Sybil Major, mentre l’amico di Roger Davies, Micheal O’Leary, doveva essere irlandese, visti il cognome, le lentiggini e i capelli rosso scuro.
   “Bene, ci siete tutti. Seguitemi, registreremo le vostre bacchette con un permesso temporaneo da Reclute, dopo di ché andremo al Secondo Livello.”
   Si voltò con eleganza, facendo frusciare la propria veste blu pavone, e si allontanò a passi svelti seguita dal gruppetto. Le operazioni di registrazione furono abbastanza veloci: l’addetto aveva già le schede dei ragazzi pronte e si limitò a pesare le loro bacchette e annotare le caratteristiche sulla pergamena relativa al proprietario; ogni bacchetta registrata veniva poi sigillata dall’impiegato con un Incantesimo, che, pensò Harry, probabilmente era il permesso vero e proprio.
   Istruttrice e Reclute si stiparono a forza in un unico ascensore e attesero in un silenzio imbarazzato; quando la fredda voce femminile annunciò il Secondo Livello il sospiro di sollievo collettivo fu ben udibile. L’open space era in pieno fermento, a differenza dell’ultima volta in cui Harry era stato lì: parecchi cubicoli erano occupati da Auror che dettavano rapporti o che sfogliavano fascicoli, piccoli messaggi viola chiaro sfrecciavano ad altezza delle spalle in ogni direzione e diversi Elfi Domestici con la divisa ministeriale erano impegnati a trasportare pesanti vassoi carichi di caffè e ciambelle. Sopra le finestre c’era ancora l’inquietante scritta a caratteri cubitali LA MAGIA E’ POTERE, coperta ora con una lastra di vetro.
   La Shacklebolt fece cenno alle Reclute di aspettare e si diresse verso la porta alla sinistra dell’ingresso, dove una targhetta dorata recitava: F. Prewett – Capo dell’Ufficio Auror. Bussò e il vocione di Frank urlò: “Avanti!”
   “Signore, sono arrivate le Reclute” disse con voce delicata Lena, infilando solo la testa nell’ufficio del suo capo. “Se vuole…”
   Non riuscì a terminare la frase: Prewett era già nell’open space che raggiungeva con un sorriso da orecchio a orecchio i ragazzi in attesa, il solito sigaro spento stretto tra i denti.
   “Benvenuti!” esclamò a pieni polmoni e sfregandosi le mani. “Carne fresca, eh?” ghignò dando di gomito alla Shacklebolt, che emise un risolino. Frank sembrò comunque convinto di essere risultato simpatico e si voltò verso il resto dell’ufficio.
   “Un attimo di attenzione, gente!” berciò alzando le braccia. “Vi presento la nuova classe di Reclute, che comincia oggi il suo addestramento.”
   Quasi tutti gli Auror si alzarono, incuriositi, le sedie che grattavano sul pavimento chiaro; molti cercarono ed individuarono Harry con gli occhi e gli rivolsero il saluto con il pollice. Il ragazzo tentò di sorridere con aria disinvolta e soprattutto di non arrossire, mentre scorreva i volti dei suoi futuri colleghi; riconobbe Miranda e Linda, pericolosamente vicine al parto a giudicare dalle loro pance, e Greg, che sorseggiava caffè e li salutò con la mano. C’erano anche Jake e la sua tazza con la scintillante scritta glitter, che strappò un sorriso sincero ad Harry.
   Chissà se è qui, si chiese la voce del buon senso dentro la testa del ragazzo; uno chiunque di loro poteva essere il famoso uccellino. Spostò il peso del proprio corpo da un piede all’altro, a disagio, e si voltò appena verso Ron; anche lui forse si stava facendo la stessa domanda e ricambiò il veloce sguardo teso che Harry gli stava rivolgendo.
   “Vi auguriamo buon lavoro” trillò la Shacklebolt.
   “E voi augurate alle nostre Reclute buona fortuna!” esclamò Prewett.
   “Con Lena ne avranno bisogno!” disse Greg con il suo ghigno beffardo. Diversi Auror risero, compresa la Shacklebolt, ma le risate sguaiate di Frank coprirono le altre; qualcuno applaudì, qualcun altro fece loro gli auguri, poi tutti tornarono alla propria occupazione. Prewett diede loro un ultimo sonoro in bocca al lupo, poi l’Istruttrice condusse il piccolo gruppo attraverso l’open space; attraversarono la porta sul fondo e si trovarono nello stretto corridoio al termine del quale c’era l’Ufficio Reclutamento.
    “Ogni mattina verrete qui, nel nostro ufficio” scandì con voce chiara la Shacklebolt, continuando a camminare. “Le lezioni cominciano alle otto, non voglio ritardi, ed è meglio che non saltiate nessun giorno di addestramento senza una giustificazione valida, della quale devo essere messa a conoscenza il prima possibile via gufo.”
   “Cosa succede se arriviamo in ritardo o saltiamo un giorno?” chiese Roger Davies; l’Istruttrice si fermò davanti alla porta del proprio ufficio e posò una mano sulla maniglia, poi si voltò e guardo il ragazzo con un sorriso ambiguo.
   “E’ meglio per voi non scoprirlo mai.”
   La Shacklebolt aprì la porta e fece entrare tutti i ragazzi, che di nuovo si trovarono gomito a gomito; l’ufficio aveva ancora quel bizzarro aspetto, con la caotica parte di Leatherman che faceva a pugni con la zona ordinata di Lena. La finestra però quel giorno splendeva di un bel sole caldo. Micheal O’Leary si appoggiò alla scrivania di Roy, urtando una pila di documenti che scivolò di lato e ricoprì il piano di foglio sparsi; il ragazzo sbiancò e si beccò un’occhiataccia dalla Shacklebolt.
   “Di quello l’Istruttore Leatherman non sarà contento” sibilò. “Fate attenzione, ragazzi” disse poi a voce più chiara; si avvicinò a uno degli schedari dietro la propria scrivania, alzò la bacchetta e colpì il secondo cassetto dall’alto.
   “Elleboro!” esclamò con decisione.
   Il cassetto tremò appena, poi lo schedario prese a ruotare su sé stesso, mostrando un piccolo camino immacolato, quasi non avesse mai visto nemmeno un fiammifero in vita sua.
   “Tutto chiaro?” chiese Lena guardando il gruppo di Reclute, che annuirono. La donna estrasse dalla veste una grossa busta, la aprì e distribuì ad ognuno di loro un foglio di pergamena ripiegato in quattro parti.
   “Mandate a memoria le istruzioni scritte” disse una volta consegnato l’ultimo foglio a Ron. “In pochi minuti la pergamena si sbriciolerà.”
   Harry si affrettò a spiegare il proprio foglio, sul quale una calligrafia poco ordinata che avrebbe sicuramente indispettito la McGranitt aveva scritto:
 
L’Accademia Auror Camulus’ Stronghold è raggiungibile con la Metropolvere
dal camino dell’Ufficio di Reclutamento.
 
   Quando Harry alzò di nuovo lo sguardo, la Shacklebolt aveva già acceso il fuoco nel camino e stava spingendo Hannah Abbott tra le fiamme.
   “Entrate uno alla volta e pronunciate il nome dell’Accademia!”
   Harry rilesse con più attenzione la pergamena, i cui angoli si stavano già disfacendo, e cercò di mandare a memoria il nome; con la affinità che aveva con la Metropolvere, una vocale sbagliata e si sarebbe ritrovato nel salotto di un’ignara famiglia di Boston, come minimo. Il camino era talmente piccolo che tutti si dovettero inginocchiare per potervi entrare, persino Sybil, che era poco più alta di uno studente del primo anno. Harry si accucciò evidentemente nel modo sbagliato, perché venne risucchiato per un braccio e atterrò nel camino di arrivo come un sacco di patate. Ron gli tese la mano e lo aiutò a rialzarsi, giusto in tempo per evitare di essere investito da Roger Davies.
   Si trovavano in un’ampia sala completamente rivestita di mogano scuro; davanti all’immenso camino da cui erano appena usciti era steso un tappetto cremisi al centro del quale spiccava il simbolo bianco della Divisione Auror: una bacchetta che reggeva i bracci di una bilancia a piatti, sopra ognuno dei quali era raffigurata una stella stilizzata. Addossata alla parete a sinistra del camino c’era un’ampia scala di legno, mentre su quella a destra spiccava un robusto portone rinforzato con bande di acciaio. Ai lati del portone si aprivano larghe finestre dai vetri divisi in decine di quadrati uguali da una sottile intelaiatura bianca; a destra e a sinistra del camino si trovavano invece due archi, oltre i quali si intravvedevano altre stanze. Alle pareti una decina di dipinti osservavano con cipiglio severo i nuovi arrivati; Harry notò che le cornici di pesante legno dorato riportavano i nomi dei rispettivi occupanti.
   “Altre donne” sibilò Ebenezer Dawlish, da sotto il suo cappello a cilindro. “Ai miei tempi non ammettevamo femminucce nei ranghi degli Auror.”
   Per un attimo Ella sembrò indecisa se Schiantare il quadro, ma Sybil le fermò la mano con un gesto delicato. Nel dipinto di fianco Venusia Crickerly, una donna corpulenta e che portava un curioso monocolo, si agitò come se qualcuno le avesse dato fuoco alla cornice.
   “Hai qualche problema con le nuove Reclute, Ebe? Ti ricordo che io sono stata un Comandante molto migliore di te!”
   “A me preoccupano più gli uomini” mormorò con un’espressione vagamente schifata Hesphaestus Gore, un uomo dalle spalle larghe con una parrucca a boccoli bianchi e un cappello tricorno scuro. “Sono mingherlini! Lasciatevelo dire da uno che è stato anche…”
   “Ministro della Magia, lo sappiamo!” sbuffò che a Harry suonò familiare. Il ritratto di Rufus Scrimegeour sospirava annoiato, appoggiato con un gomito alla propria cornice. “Ti ricordo che non sei l’unico, Hesp.”
   Gore divenne paonazzo e attraversò a passo di carica un paio di dipinti, spostando di malagrazia Ebenezer Dawlish e Venusia Crickerly. Arrivò nella cornice di Scrimegeour e lo schiaffeggiò con un guanto; la scena non doveva essere inusuale, perché Rufus si limitò ad alzare gli occhi al cielo mentre Gore dava in escandescenze.
   “Ehi, Potter! Weasley!”
   Un altro dipinto richiamò l’attenzione dei due ragazzi: l’ultimo quadro a destra, praticamente a ridosso di una delle finestre, ritraeva un volto completamente ricoperto di cicatrici, con un occhio normale e uno blu elettrico.
   “Moody!” esclamarono Harry e Ron avvicinandosi al ritratto.
   “Speravo proprio di vedervi qui, prima o poi” abbaiò con un sorriso soddisfatto della bocca sghemba.
   “Reclute!” chiamò la voce severa della Shacklebolt, uscita per ultima da camino.
   “Andate” Moody li incitò con un gesto della mano. “Quella è terribile. E ricordate, Vigilanza…”
   “Costante!” completarono in coro Harry e Ron.
   “Questi sono i miei ragazzi!”
   “Vedo che Potter e Weasley hanno già fatto amicizia” osservò con una punta di acidità Lena mentre i due si riunivano al resto del gruppo. “L’Istruttore Leatherman dovrebbe già essere qui” aggiunse poi guardandosi intorno; come Evocato, Roy avanzò lentamente nella sala dall’arco a sinistra del camino, una tazza di caffè in una mano e un biscotto nell’altra.
   “Benvenuti a Camulus’ Stronghold, Reclute!” esclamò con un sorriso soddisfatto. “Clobhair ha insistito per preparare un piccolo banchetto per il vostro arrivo. E’ più una seconda colazione, ma con quell’Elfo non si può discutere in nessuna maniera.”
   “Clobhair ha sentito!” esclamò una vocetta stridula proveniente dalle spalle di Leatherman, che si limitò ad allargare ancora di più il proprio sorriso.
   “Come ha detto l’Istruttore Leatherman, benvenuti a Camulus’ Stronghold” Lena riprese il filo del discorso. “L’Accademia dove sono stati addestrati tutti gli Auror fin dalla fondazione della Divisione nel 1735. Avrete già riconosciuto alle pareti i ritratti dei Capi dell’Ufficio Auror che si sono maggiormente distinti durante i trecento anni di storia della nostra Divisione. Per i prossimi due anni questa sarà per voi una seconda casa: ogni giorno sarete gomito a gomito con i vostri compagni di addestramento, studierete con loro, suderete con loro, combattere con e contro di loro.”
   “Signora” la vocetta stridula richiamò l’attenzione della Shacklebolt e del gruppo di Reclute verso l’arco a sinistra del camino: di fianco a Leatherman, con i pugnetti piantati sui fianchi e lo sguardo torvo, stava ritto il più grasso Elfo Domestco che Harry avesse mai visto; sembrava una grossa zucca acerba, tanto era rotondeggiante. Era vestito di uno strofinaccio dorato allacciato su entrambe le spalle, il simbolo degli Auror ricamato in nero sul petto; il naso a patata quasi nascondeva due enormi occhi verdi che fissavano corrucciati l’Istruttrice.
   “La signora” ripeté puntandole contro un cucchiaio di legno. “Deve finire questo discorso in Refettorio o tutto il lavoro che hanno fatto Clobhair e i suoi aiutanti si raffredderà.”
   L’Elfo si voltò senza aspettare una risposta e marciò a passo di carica verso la stanza dietro l’arco, ma dopo qualche momento il viso tondo e severo fece di nuovo capolino nel salone.
   “Per favore” aggiunse sbuffando, come se si fosse ricordato solo all’ultimo momento della necessità di aggiungere quelle due parole per lui assolutamente inutili. La Shacklebolt era livida.
   “Direi di cominciare il tour introduttivo dal Refettorio!” esclamò con calore Leatherman, facendo cenno ai ragazzi di attraversare l’arco. Lena quasi spinse il piccolo gruppo di Reclute, che si ritrovò in una grande stanza di mattoni rossicci; al centro del pavimento in cotto campeggiava un lungo tavolo di legno scuro, al momento completamente occupato da vassoi di biscotti, una serie di torte, caraffe di succo di zucca, una teiera laccata di bianco e un bricco di caffè fumante. Sul fondo del Refettorio, esattamente sopra il camino, uno striscione scritto frettolosamente dava il benvenuto alle Reclute; Clobhair si era sistemato su uno sgabello di fianco al camino e supervisionava con le braccia conserte e l’aria torva tre minuti Elfi Domestici che correvano avanti ed indietro da una piccola porta poco distante. Leatherman era già seduto a capotavola e la Shacklebolt lo raggiunse; i ragazzi li imitarono e presero posto lungo il resto della tavolata.
   “Come vedete questo posto è stato progettato per addestrare molto più di otto reclute” disse Roy con un sorriso amaro. “Ma per quest’anno ci accontenteremo! Servitevi, ragazzi! Credetemi, vi conviene” aggiunse in un sussurro accennando con la testa a Clobhair; Harry sbirciò velocemente il grasso Elfo, che guardava il gruppo di Reclute con gli occhi ridotti ad una fessura: decisamente sembrava tutt’altro che cordiale.
 
   La prima tappa del tour introduttivo, come lo aveva chiamato Leatherman, era esattamente di fronte al Refettorio: sotto i ritratti dei più meritevoli Capo Auror c’erano alcune porte che conducevano ad una piccola palestra per gli allenamenti invernali e agli spogliatoi maschile e femminile. Mentre la Shacklebolt si occupava delle tre ragazze, Leatherman assegnò ad ognuno dei ragazzi un armadietto e quattro divise: due tute grigie da usare per gli allenamenti in Accademia e due vesti azzurro cupo da indossare sia durante le lezioni teoriche, che, in un futuro prossimo, durante i turni di pattuglia con gli Auror più esperti. Roger e Micheal ulularono estasiati al pensiero di poter fare dei turni con gli Auror e cominciarono a fare domande, o meglio a urlare come bambini davanti al negozio di Florian Fortebraccio.
   “Quando cominceremo?”
   “Chi ci accompagnerà? Io voglio fare almeno un turno con Williams, lui è uno tosto!”
   “Dove andremo?”
   “Possiamo andare ad Azkaban?”
   “Nessuno andrà ad Azkaban!” tagliò corto Leatherman. “E se non la pianti subito O’Leary sarai fortunato se ti farò sorvegliare il Ghirigoro!”
   Roger si lasciò sfuggire una risatina, attirando lo sguardo tagliente dell’Istruttore.
   “Lo trovi divertente, Davies?” le parole erano acide come il limone.
   “No… no, signore” rispose il ragazzo, deglutendo d’istinto.
   “Ti sei appena guadagnato le tue prime dieci flessioni” Leatherman incrociò le braccia e aspettò che Roger eseguisse gli ordini.
   “Ma… ho appena mangiato, signore” osservò debolmente il ragazzo.
   “Oh, scusami, hai ragione!” esclamò Roy battendosi la fronte con il palmo della mano in un gesto plateale. “Ti ho visto ingozzarti dei pasticcini al pistacchio del vecchio Clobahir! Sai che ti dico, Pasticcino? Le flessioni sono appena diventate venti! Per terra, Recluta!”
   Roger si lanciò praticamente sul pavimento e cominciò a contare le flessioni ad alta voce, chiaramente temendo che se anche solo ne avesse saltata una per sbaglio, i piegamenti sarebbero aumentati ancora.
   Non sarà una passeggiata, aveva detto Leatherman a Harry la prima volta che si erano incontrati. Decisamente no, non sarebbe stata una passeggiata. Soprattutto perché il loro Istruttore aveva la stabilità emotiva di una bussola impazzita: un momento prendeva in giro Lena e faceva battute, il minuto dopo sembrava un Ippogrifo a cui stava antipatico tutto il genere umano senza eccezioni.
 
   Dopo aver rianimato il corpo esanime di Roger Davies ed essersi cambiati con la tuta grigia, i cinque ragazzi si riunirono al resto del gruppo di Reclute nell’atrio e seguirono gli Istruttori lungo le scale di legno scuro.
   Il primo piano dell’Accademia era costituito da un corridoio dal semplice intonaco bianco su cui si aprivano molte porte.
   “Queste sono le aule in cui si svolgerà la parte teorica del vostro addestramento” spiegò la Shacklebolt. “La maggior parte delle lezioni sarà tenuta da me, ma seguirete anche diversi seminari a cura di altri colleghi, Auror e non. Quella” disse indicando la porta in fondo al corridoio. “E’ la Stanza degli Allenamenti, molto simile a quella in cui avete sostenuto l’esame di ammissione.”
   “Lì ci divertiremo, ragazzi” commentò Leatherman con un sorriso poco rassicurante. Harry vide Ron alzare gli occhi al cielo: nessuno meglio di lui in quel gruppo conosceva il senso dell’umorismo tutto particolare di Roy.
   “Cos’ha di diverso dalle aule normali?” chiese Kiky, la testa piegata leggermente di lato.
   “E’ imbottita di Incantesimi anti-esplosione, insonorizzanti, stabilizzanti…” elencò Leatherman. “Insomma, è pensata per assorbire tutto ciò che può succedere lì dentro, dal rumore alla magia più distruttiva.”
   “Questa invece” proseguì la Shacklebolt, indicando una porta di fronte alla scalinata, come se nessuno l’avesse mai interrotta. “E’ la stanza della Riunioni...”
   “Eravamo d’accordo!” sibilò irritato Leatherman; Lena lanciò un’occhiata veloce in direzione dei ragazzi, prima di ribattere piccata.
   “No che non lo eravamo!”
   “Anche Malocchio la chiamava così, Lena!”
   “Non discutiamo davanti a loro!”
   La Shacklebolt rivolse uno sguardo rassicurante alle Reclute, un sorriso falsamente rilassato e incoraggiante stampato sulle labbra. L’impressione che ebbe Harry era quella di trovarsi davanti ad una coppia sposata da parecchi anni che cerca di far vedere ai figli che mamma e papà non stanno litigando, anzi, si vogliono bene.
   “Ragazzi, questa è la Stanza del Buongiorno!” tagliò corto Leatherman con un tono allegro che non prometteva nulla di buono. La Shacklebolt alzò gli occhi al cielo, senza preoccuparsi di mascherare la cosa, poi prese la parola.
   “Ogni mattina dopo esservi cambiati dovrete venire qui, dove vi aspetteremo io e l’Istruttore Leatherman. Insieme faremo il punto della situazione su quello che è successo nei giorni precedenti e su quello che è in programma per la giornata. Discuteremo di ciò che è andato bene e di quello che non ha funzionato.”
   “Ma non solo!” intervenne Leatherman. “Qui assegneremo…”
   “… o toglieremo” aggiunse la Shacklebolt.
   “Le punizioni!”
   “Per i comportamenti che lo richiederanno. Ma sono sicura che non sarà necessario arrivare a tanto.”
   “Oh, ma dai, è un gruppo di Reclute! Tutti ci siamo beccati delle punizioni. Tu li vuoi punire se arrivano in ritardo di cinque minuti!”
   “Serve per la disciplina” precisò sospirando la Shacklebolt. La scena era ai limiti della comicità, ma dopo che la risatina di Davies gli aveva fatto guadagnare venti flessioni nessuno aveva il coraggio nemmeno di tirare il fiato.
 
   “Chi di voi sa dirmi dove ci troviamo?”
   La Shacklebolt stava con la schiena dritta di fronte all’ingresso dell’Accademia e fissava il gruppo di Reclute, l’orlo della veste blu pavone che si muoveva leggiadro sull’erba.
   “Leggere la mente è assolutamente vietato” aggiunse Leatherman lanciando uno sguardo divertito a Kiky, che accennò ad un sorriso. Harry, come i suoi compagni, cominciò a guardarsi intorno: Camulus’ Stronghold era un classico edificio della campagna inglese, due piani di mattoni chiari sormontati da un tetto spiovente di tegole scure dal quale faceva capolino anche il basso piano mansardato che ospitava una piccola biblioteca. L’Accademia era circondata da un’ampia distesa verdeggiante, immersa quella mattina in un’aria umida che prometteva presto pioggia e che rendeva sfocati i contorni della campagna vicina. Non molto distante Harry riusciva a scorgere una bassa recinzione di legno che probabilmente delimitava i confini della zona protetta da Incantesimi di Difesa e Respingi Babbani. Oltre la staccionata, a destra, si potevano distinguere alcune case in lontananza; la più vicina era di dimensioni notevoli, a occhio e croce più alta dell’Accademia, e di una curiosa forma rotondeggiante, completamente bianca e dalle ampie finestre ovali dai vetri colorati.
   Quasi di fronte all’ingresso principale di Camulus’ Stronghold, a diverse decine di metri di distanza dalle Reclute, era chiaramente visibile una spiaggetta su cui si infrangevano timide onde di acqua chiara.
   “Quello è un lago?” chiese Ron.
   “Secondo te?” chiese di rimando la Shacklebolt; Ron inclinò la testa e parve studiare la riva fin dove lo sguardo riusciva a seguirla.
   “Sì, credo sia un lago” decretò alla fine.
   “Quasi” concesse l’Istruttrice, mentre con gli occhi socchiusi aspettava altre ipotesi.
   Ella fissava con le braccia conserte e l’aria assorta le case che si intravvedevano nella foschia.
   “Credo di sapere dove siamo” disse dopo qualche momento di silenzio. “Quella è Malting Green. Riconoscerei casa della prozia Christabel anche bendata!” aggiunse indicando l’edificio bianco con le vetrate ovali. “Ho trascorso qui credo tutti i Natali della mia vita.”
   Leatherman scoppiò in una risata.
   “Avvantaggiata dalla parentela!” esclamò. “Vuoi illuminare anche i tuoi compagni?”
   “Siamo nell’Essex, vicino a Colchester. Malting Green è un piccolo villaggio di maghi, quattro o cinque case al massimo. Mia madre è cresciuta lì e sua zia abita ancora nella grande casa bianca di fianco alla carreggiata. E quello” disse infine indicando la spiaggetta. “E’ Abberton Reservoir. E’ un bacino artificiale, quindi, tecnicamente, non è un lago, ma… una grossa pozza d’acqua che i Babbani usano come riserva.”
   “Davvero molto bene!” la Shacklebolt annuì con un sorriso di approvazione.
   “Non avevo idea che così vicino ci fosse l’Accademia Auror” constatò Ella con una punta di risentimento nella voce. “A dire il vero non ricordo nemmeno che tra casa di zia Christabel e il Resevoir ci fosse qualcosa…”
   “E’ importante che la posizione di Camulus’ Stronghold rimanga riservata” disse in tono pratico la Shacklebolt. “L’Accademia non è solo il luogo dove vengono addestrati i futuri Auror, ma è anche utilizzata come base di emergenza in caso di violazione del Quartier Generale principale. Vi sarete già resi conto che l’Accademia è sotto Incanto Fidelius, quindi Indisegnabile e, ovviamente, invisibile ed introvabile per chiunque non sia stato informato dal Custode Segreto.”
   “Il Custode Segreto è il Ministro della Magia?” chiese Hannah.
   “E’ il Capo Auror in carica” rispose Leatherman. “Quando la carica passa di mano viene smantellato il precedente Incanto e ripristinato uno nuovo e vi assicuro che non è una passeggiata!”
   “Quindi per esempio Kin… il Ministro Shacklebolt” si corresse subito Harry. “Non è più in grado di vedere l’Accademia?”
   “Esatto” confermò Lena, sorridendo di nuovo.
   “Ma avrete modo di parlare di cavilli magici da domani, nelle lezioni della vostra Istruttrice preferita!” esclamò Leatherman, controllando un orologio da taschino, che ripose subito nella veste; dalla stessa tasca estrasse poi un fischietto argentato che si passò attorno al collo. Il pensiero di Harry sfrecciò subito a Madama Bumb e alle partite di Quidditch; il ragazzo si concesse un sorriso velocissimo che per fortuna passò inosservato.
   “Oggi comincia il vostro allenamento!” sbraitò a pieni polmoni l’Istruttore. “Un Auror non può avere il fisico di una bambina di dieci anni!”
   Harry non poteva giurarci, ma gli sembrò che lo sguardo dell’uomo balenasse sulle sue spalle tutt’altro che sviluppate.
 
   Quando finalmente Leatherman soffiò a lungo nel fischietto annunciando così la fine dell’allenamento di quella mattina, Harry si trattenne solo per poco dal buttarsi a terra di peso. Si piegò in due, le mani serrate sulle ginocchia e i capelli che grondavano sudore sulle lenti degli occhiali, cercando di riprendere fiato; Ron si teneva il fianco sinistro con una smorfia, mentre poco distante, dietro ad un cespuglio rinsecchito, Micheal O’Leary stava vomitando anche il pranzo del suo Diploma. Le ragazze erano tutte incredibilmente allenate: erano stanche, certo, ma nessuna di loro era nelle condizioni pietose in cui si sentiva Harry. Leatherman aveva fatto fare loro un numero infinito di giri di campo, di flessioni, piegamenti e pesi, senza concedere pause o tentennamenti.
   “Andate a farvi una doccia, puzzate da far schifo” berciò Leatherman. “Avete un’ora per lavarvi e pranzare, alle due vi aspetto nella Stanza degli Allenamenti.”
   L’acqua calda fu un vero tocca sana per i muscoli di Harry, ma il ragazzo non si faceva illusioni: il giorno dopo l’acido lattico avrebbe fatto bruciare ogni centimetro del suo corpo. Mentre si asciugava e si vestiva, quasi senza pensarci apriva e chiudeva ritmicamente il pugno sinistro, cercando di lenire i formicolii come gli avevano insegnato i Guaritori del San Mungo: poteva far finta di nulla, ma la verità è che ancora risentiva del veleno del Vampiro.
   Le tute sudate vennero raccolte e sostituite da divise pulite da un Elfo Domestico dal naso sottile, che si assicurò che le Reclute rimanessero il minor tempo possibile negli spogliatoi, squittendo ad intervalli regolari quanto fosse tardi.
   Dopo sei anni di Hogwarts, il pranzo preparato da Clobhair e dagli altri Elfi sembrava quasi uno spuntino, ma c’era tutt’altro che da lamentarsi: pasticcio di montone, verdure lessate e, per la gioia di Harry, torta alla melassa costituivano le portate del pasto, che sparirono in fretta negli stomaci delle Reclute resi famelici dall’allenamento di Leatherman.
   “Allora” esordì Micheal all’improvviso, guardando con la coda dell’occhio la ragazza dai ricci biondi. “Sybil, eh? Hai doti divinatorie?”
   La ragazza fece scattare un sopracciglio verso l’alto: se quello di O’Leary era un tentativo di abbordaggio, quell’espressione non era sicuramente un buon segno.
   “Per favore, chiamami Kiky. Solo Kiky.”
   “Kiky?”
   “E’ il diminutivo di Kirstine, il mio secondo nome. Nonché quello della mia nonna paterna.”
   Sulla tavolata era sceso un silenzio carico di curiosità e l’attenzione dei ragazzi era ormai tutta su di lei; Kiky appoggiò la forchetta, sospirò leggermente irritata, poi si decise a dare una spiegazione.
   “Tutte le donne della famiglia di mia madre hanno qualche tipo di… Dono: chi fa sogni premonitori, chi legge le stelle, chi è in grado di dirti esattamente chi sposerai o come morirai solo guardando il palmo della tua mano. Per sette anni mia madre mi ha mandato gufi una settimana prima del compito in classe che sapeva avrei sbagliato” Kiky inarcò le sopracciglia dimostrando tutto il suo fastidio. “Si chiamano tutte Cassandra, Frigia e cose del genere. Tutti si aspettavano che anch’io avessi il Dono, quindi mi è toccato Sybil, ma onestamente non sono mai riuscita a prevedere nemmeno che cosa avrei mangiato il giorno dopo a colazione, per quanto mia madre abbia tentato in tutti i modi di far esacerbare la mia Vista.” Si prese una piccola pausa, deglutendo insieme al succo di zucca il sapore amaro di quella parola, poi proseguì con un sorriso che le fece brillare gli occhi. “Così preferisco il mio secondo nome. Mia nonna paterna mi ha insegnato a sfruttare il mio vero dono.” Lasciò che il silenzio si dilatasse in una soffice suspance. “Mi ha insegnato le basi della Legillimanzia.”
   “Vuoi dire che sei una Legillimens naturale?” chiese Ron in tono ammirato, ma Kiky scosse la testa.
   “Sono solo molto brava” disse con semplicità. “Con il tempo ho imparato a leggere la mente senza puntare la bacchetta, che però deve comunque essere a contatto con me. Senza non saprei neppure dirti qual è il tuo colore preferito.”
   I piatti sparirono improvvisamente dalla tavola con un sonoro pop, con grande rammarico di Harry che non aveva terminato la sua seconda fetta di torta. Clobhair era salito in piedi sul suo sgabello e fissava i ragazzi con odio.
   “Smammate” berciò con la sua vocetta acuta da Elfo, in netto contrasto con il tono scontroso. “Il Signore ha detto che alle due le Reclute devono essere al primo piano e Clobhair si assicura che le Reclute eseguano gli ordini.”
   I ragazzi si scambiarono sguardi sbigottiti, ma un secondo ordine deciso di Clobhair li fece scattare in piedi e filare dritti fuori dal Refettorio.
   Gli Istruttori erano già in attesa nella Stanza degli Allenamenti, lui in piedi con l’aria di un gatto davanti ad un topo particolarmente grasso, lei seduta su uno sgabello con tavoletta e penna in mano.
   “Avete ringraziato Clobahir per il pranzo?” chiese per prima cosa Leatherman; un silenzio perplesso e dubbioso fu l’unica risposta, mentre l’Istruttore stirava le labbra in un’espressione di disappunto. “Uuh, errore da primo giorno. Domani non aspettatevi un gran ché. Anzi, vi consiglio di controllare bene cosa c’è nel vostro piatto!”
   Harry vide il sopracciglio di Ron scattare verso la fronte e per un attimo credette che l’amico avrebbe risposto a Leatherman senza risparmiargli qualche parolaccia, ma scelse di mordersi un labbro e tenere la bocca chiusa. La Shacklebolt si limitava a scarabocchiare sulla propria tavoletta, lo sguardo basso e vagamente imbarazzato.
   “Ma veniamo a noi!” trillò allegramente Leatherman. “Una delle tradizioni legate al primo giorno di addestramento è quella dei Duelli di prova. Abbiamo formato quattro coppie, che si sfideranno in un piccolo duello, cosa che ci consentirà di capire a che punto siete e come ve la cavate con la bacchetta. Il Duello termina nel momento in cui uno dei due riesce a prendere la bacchetta all’altro e io decreterò la fine con un fischio. Finché non fischio il Duello è ancora in corso. Tutto chiaro?”
   La classe annuì.
   “Sappiate però” aggiunse Leatherman con un sorriso. “Che chi perde dovrà pagare da bere al vincitore stasera al Paiolo Magico!”
   “Al Paiolo Magico?” chiese perplessa Hannah.
   “Esatto! La tradizione esige una bella bevuta tutti insieme dopo il primo giorno! Ne avremo tutti bisogno quando questa giornata sarà finita!”
   Il gruppo di Reclute mormorò divertito e addirittura la Shacklebolt stirò le labbra in una risatina.
   I primi a fronteggiarsi furono Roger e Hannah, mentre la Shacklebolt prendeva qualche appunto saltuario; Harry riconobbe con una punta di orgoglio lo stile che aveva insegnato ai suoi compagni durante le riunioni dell’ES, ma questo non fu sufficiente alla ragazza per avere la meglio: resistette per una decina di minuti, al termine dei quali Davies era riuscito a Pietrificarla senza grosse difficoltà, sfilandole la bacchetta direttamente dalla mano. Ron deglutì a disagio di fianco a Harry, forse anche lui stava pensando alle pedanti parole di Hermione: voglio proprio vederti al tuo corso da Auror senza un minimo di basi di Incantesimi Avanzati!
   Il Duello fra Micheal e Theodore fu invece decisamente più combattuto: i due ragazzi si lanciavano Incantesimi ad una velocità impressionante, tutti completamente non verbali e alcuni dei quali Harry non riuscì ad identificare. Insomma, agli occhi inesperti del ragazzo, i due combattevano già come due Auror e lui non si sentiva minimamente alla loro altezza; spostò il peso da un piede all’altro, a disagio, mentre un lampo rosso schivava l’orecchio di Nott di pochi centimetri. O’Leary dopo diversi tentativi riuscì a trovare una falla nello schema difensivo del suo avversario e un Incantesimo di una particolare luce viola colpì Theodore sulla mano sinistra, quella della bacchetta: una formazione rocciosa crebbe in pochi secondi, bloccando dita e polso e costringendo il ragazzo a piegarsi sotto il peso della pietra. Micheal avanzò di pochi passi e posò il piede sulla bacchetta dell’avversario, sfilandola con un movimento leggero. Leatherman fischiò e si lasciò scappare un’imprecazione, che gli fece guadagnare un’occhiataccia dalla Shacklebolt.
   “Cosa diavolo era quello?” chiese l’Istruttore sinceramente ammirato; Micheal sorrise, diviso tra l’imbarazzo e l’orgoglio.
   “E’… una combinazione tra un Incantesimo di Evocazione e uno di Disarmo. Io… beh, l’ho chiamato Lapisarma, da…”
   “Pietra, lapis, e arma” completò la Shacklebolt da dietro la sua tavoletta; aveva un sopracciglio alzato e un angolo della bocca rivolto verso l’alto, quasi divertita.
   “Vuoi dire che l’hai ideato tu?” chiese Kiky sbattendo le lunghe ciglia; O’Leary annuì, le guance decisamente rosse.
   “Sì, siamo tutti molto colpiti” disse acidamente Nott, ancora con la mano bloccata e ben adesa al pavimento. “Adesso ti spiacerebbe… liberarmi? Se non ho la mano libera non posso pagarti da bere.”
   Dopo Micheal e Theodore, Ron venne chiamato a fronteggiare Ella, che, a differenza del ragazzo, sfoggiava un sorriso sicuro, come se fosse completamente certa di poter portare a casa una brillante vittoria come quella di O’Leary. I due si studiarono per qualche momento, poi fu la Fletcher ad attaccare per prima, scagliando qualche Fattura minore verso le braccia e le gambe di Ron; il ragazzo le respinse tutte, con qualche istante di esitazione forse, si muoveva impacciato come Harry non lo vedeva da diverso tempo. Sapeva che per Ron controllare le emozioni era sempre stata un problema, ma questo non giustificava del tutto l’atteggiamento quasi remissivo che stava adottando: si limitava a indietreggiare di qualche centimetro di tanto in tanto, senza mai attacchi diretti. Non usò l’Incantesimo Scudo neppure quando Ella cominciò ad andare più sul pesante, tentando di Pietrificarlo e Schiantarlo a più riprese, ma continuò a deviare e indietreggiare ancora, l’espressione contratta. Alla fine tentò un maldestro Schiantesimo, che gli scoprì completamente la guardia e lo espose al potente Incantesimo Scudo dell’avversaria, il cui spostamento d’aria lo mandò in ginocchio in un angolo della sala. Harry trattenne il fiato: ma cosa stava succedendo a Ron?
   L’amico ansimava guardando il pavimento, i capelli che gli coprivano gli occhi, ma la bacchetta ancora stretta nella mano.
   “Basta” esalò Ron; Ella incrociò le braccia, divertita e con un’espressione di trionfo già stampata sulle labbra.
   “Ne hai abbastanza, Weasley?”
   “Basta scherzare.”
   Ron si alzò di scatto e nel tempo di un battito di ciglia aveva lanciato tre Incantesimi: Ella si ritrovò sospesa a testa in giù, legata e Disarmata, il sorriso completamente cancellato e rimpiazzato dalla più cieca rabbia. Leatherman fischiò e si lasciò andare ad una risata.
   “Te l’ha fatta, Fletcher!” esclamò mentre la ragazza cercava di divincolarsi, paonazza.
   “Ron ha capito il tuo punto debole e l’ha sfruttato” spiegò con calma la Shacklebolt. “Ha usato la tua sicurezza per farti abbassare le difese e…”
   “Stracciarti!” aggiunse Leatherman ridendo ancora come un pazzo. Ella aveva smesso di agitarsi e stava aspettando con impazienza che qualcuno si decidesse a liberarla, cosa a cui provvide Ron stesso senza però concederle un atterraggio morbido.
   “Non credere che non me ne sia accorto” berciò Leatherman. “Hai sussurrato gli Incantesimi, non erano non verbali. Occhio, Ron, può fare la differenza.”
   Harry si sentì sprofondare un altro po’ nel terreno: sugli Incantesimi non verbali lui faceva ancora schifo, avrebbe dovuto allenarsi a casa, visto che sembrava che tutti li padroneggiassero a meraviglia.
   “Kiky, Harry, tocca a voi” disse la Shacklebolt invitandoli a raggiungere il centro della Stanza con un cenno della piuma.
   Fantastico, pensò Harry, tra tutti quelli che potevano capitarmi, la Legillimens. Il destino ha la sua ironia. Il ragazzo si mosse con calma, sforzandosi di controllare il respiro e ripassando le poche regole che ricordava della Occlumanzia. Chiudi la mente, Harry, continuava a ripetersi, chiudi la mente. Sarebbe stato tutto molto più semplice se solo avesse saputo come diavolo fare, a chiudere la mente.
   Kiky lo aspettava già in posizione, un sorriso sicuro e rilassato, gli occhi azzurri che lo fissavano curiosi.
   Il contatto visivo è fondamentale nella Legillimanzia, disse un lontano ricordo in fondo alla mente di Harry, se non la guarderai negli occhi sarà più facile. Il ragazzo tenne lo sguardo basso, decidendo di concentrarsi sulle scarpe da ginnastica di Kiky. Non era facile però capire che cosa stava facendo lei, tanto che quando alzò la bacchetta la prima volta lui fece appena in tempo a lanciare un Incantesimo Scudo. Alzò gli occhi d’istinto e Kiky approfittò subito del contatto visivo: Harry la sentì insinuarsi nei suoi pensieri: una presenza, poco più di un’ombra, ma poteva dire che lei era nella sua testa con la stessa certezza con cui sapeva il suo nome. Pensò di Disarmarla, e per poco evitò che lei facesse lo stesso; anche lo Schiantesimo venne deviato senza alcuno sforzo dalla ragazza. Harry fu tentato di chiudere del tutto gli occhi; si concentrò nuovamente sulle scarpe da ginnastica di lei, che colse l’occasione per lanciare una Fattura Urticante dritta sulla spalla di Harry. Il ragazzo indietreggiò, sbilanciandosi, e ancora una volta alzò gli occhi d’istinto, incrociando quelli di Kiky.
   Mostrami, sussurrò una voce femminile nella testa di Harry.
   Vattene, pensò il ragazzo intensamente; cercò di immaginare una porta socchiusa e cominciò a spingerla, ma qualcosa gli impediva di farla girare sui cardini.
   Mostrami! – la voce si faceva più incalzante. Harry cercò disperatamente nella propria memoria qualche consiglio di Piton – e si accorse troppo tardi che era la cosa sbagliata da fare. Sentì Kiky afferrare il ricordo di Piton e tirare, tirare con tutte le forze.
   No! gridò Harry mentalmente, ma Kiky aveva completamente spalancato la porta: il ragazzo vide scorrere davanti ai propri occhi, impotente, le immagini degli ultimi istanti di Piton, i ricordi che gli aveva lasciato, la consapevolezza di doversi sacrificare, e ancora una volta si ritrovò nella Foresta Proibita, con il Boccino sulle labbra e la voce fredda che sussurrava l’Incantesimo dalla luce verde…
   Fu Kiky a staccare il collegamento mentale, emettendo un lamento flebile e ondeggiando sulle gambe incerte. Harry ansimava, si sentiva di nuovo completamente zuppo di sudore, ma finalmente era solo nella sua testa. Puntò la propria bacchetta contro Kiky.
   “Expelliarmus!” disse con tutta la voce che gli era rimasta; la ragazza non fece il minimo sforzo per trattenere la bacchetta, che saltò a diversi metri di distanza da lei. Kiky barcollò, pallida, e fissò Harry con gli occhi sgranati; il ragazzo scattò in avanti appena in tempo per sorreggerla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo di Gin
Ehilà, ben trovati!
Il capitolo era già pronto ieri, ma mi ci voleva giusto un pomeriggio di neve per trovare la citazione inziale…! Ci ho messo una vita e non sono soddisfatta lo stesso, comunque pazienza, mi rifarò, dai.
 
Dunque capitolo di presentazione, di fatto il primo dove ci sono più miei OC che personaggi originali, quindi incrocio le dita e spero che piaccia. Ho messo tanta ciccia sul fuoco, ma credo che al momento la storia abbia bisogno di aria fresca! Non mi soffermo tanto sui singoli personaggi perché mi piacerebbe sentire le vostre impressioni :)
 
Sappiate che ho cominciato a scrivere questo capitolo quasi un mese e mezzo fa e ho studiato un po’ per poter fare qualcosa che reggesse e spero di esserci riuscita: inventarsi un luogo di sana pianta è stato più difficile di quanto pensassi.
 
Sull’origine del nome di Camulus’ Stronghold ho in progetto uno spiegone di Lena Shacklebolt in uno dei prossimi capitoli, quindi per oggi ve lo schivate ;-P
 
Malting Green è davvero un piccolissimo paese a ridosso di Abberton Reservoir e vicino a Colchester, nell’Essex; il viaggione che mi sono fatta parte tutto da un’immagine di google maps che ritrae due casuali passanti su questa stradina sperduta nel nulla dell’Essex, stradina che ho poi scoperto essere la principale (beh, in realtà l’unica) di Malting Green, appunto. Nella mia testa malata quelle sono Ella e sua madre.
Sì, devo avere qualcosa che non va, ma finché qualcuno non mi infila in una camera insonorizzata senza accesso ad internet continuerò a pubblicare…!
 
Clobhair deriva da una leggenda irlandese (cito da un sito di folklore irlandese): Clobhair-cean è un folletto godereccio dall’aspetto grassoccio, la faccia rubiconda, con una vistosa pancia e il naso forucoloso. Detentore del segreto della fabbricazione del whisky, che rivelò agli uomini in cambio dell’ospitalità ricevuta in una bufera nel 1620 sulle coste della Scozia. L’habitat per incontrarlo è la cantina di un pub irlandese. E’ molto permaloso ed armato di un appuntito coltellaccio.
 
Bon, aspetto le vostre opinioni!
Grazie di cuore come a sempre a chi ha letto e chi leggerà, ma soprattutto a chi mi scrive una recensione!
 
Special thanks to
Ire_Unicorn05 che ho scioccamente dimenticato di ringraziare nel capitolo scorso!
 
A presto!
Smack
Gin
   
 
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