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Autore: Debby_Gatta_The_Best    02/12/2017    0 recensioni
-SPOILER SUL PREQUEL DEL FILM DEI MLP-
Una rivisitazione in chiave personale dei primi tre capitoli di un PREQUEL del Film di Mlp, basata sull'estratto del libro offerto dalla Hasbro sul passato di Tempest Shadow (una tra i main villains del film), "The Stormy Road to Canterlot".
SPOILER FREE riguardanti il film in sè pe sè, SPOILER sul prequel.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitoli di efp

Il vento scuoteva i rami degli alberi con innata prepotenza. Un lampo azzurro illuminò la stanza, e la pony sobbalzò nel letto.

“Calmati, è solo un temporale” si disse, cercando di richiudere gli occhi.

Fuori, sembrava il finimondo. I pegasus avevano previsto una tempesta per quella notte, per rinvigorire i fiumi che con l’estate erano andati pian piano a seccarsi. Nessun pony avrebbe rischiato se fosse rimasto chiuso in casa a dormire, quella notte. Ma lei non riusciva a chiuedere occhio.

Da quando i lampi avevano iniziato a esplodere nel cielo, la giovane unicorno si era svegliata per poi non riuscire più ad addormentarsi.

I suoi dormivano beatamente nella camera accanto, senza accorgersi di niente.

Lei si era accoccolata sotto le coperte, dando la schiena alla finestra. Davanti a sè vedeva accendersi, a intervalli regolari, le ombre scure degli alberi piegati come fili d’erba sotto il vento freddo del temporale. Un canto cupo, misterioso e potente graffiava le pareti della casa, e una pioggia fitta rimbalzava sul tetto scuro in una monotona sinfonia.

La pony raccolse le quattro zampe sul petto, come a proteggersi dai fulmini e dal rombo che li seguiva.

Rimase immobile, per alcune ore, a fissare il muro e la sua stanza in ombra. Abbassando le orecchie quando si prospettava un tuono, sgomberando la mente e ascoltanto, quando lo sentiva, il suo debole respiro.

Ad un certo punto si addormentò.


Erano passati lunghi e interminabili giorni, poi tediose settimane, poi mesi. Lunghi mesi, vuoti e intrinsi di solitudine.

Era tornata a scuola, i primi tempi con il cappello in testa, ma dopo poco si era dovuta arrendere alla realtà e si era mostrata, un lunedì, senza nessun copricapo che potesse celare la sua posizione. I suoi compagni non erano sembrati troppo sorpresi, e così la maestra. Probabilmente avevano già sentito delle voci, ma ormai a lei non importava più di tanto.

Nei mesi seguenti aveva reimparato a scrivere con la bocca - era molto più scomodo che scrivere con la magia, una volta che avevi imparato a direzionare la matita, ma non era impossibile. Glitter Drops e Spring Rain continuavano a parlarle, ma sempre di argomenti privi di un vero significato. Non giocavano più insieme. A volte venivano a casa sua per sentire come stava e per fare merenda insieme, ma non avevano più parlato della sua condizione.

I suoi altri compagni si erano inizialmente presi gioco di lei, ma un giorno, colta dall’ira più profonda, si era voltata di scatto verso quelli che stavano ridendo del suo corno in quel momento e aveva fatto brillare il suo moncone di corno, illuminando per un attimo il cielo con un fulmine azzurro. Da quel momento nessuno ebbe più da ridire, ma nessuno cercò neanche più di avvicinarsele.

Quando entrava in classe, o in un negozio, o usciva in piazza, i pony che abitavano lì si voltavano preoccupati verso di lei, le parlavano con timore, cercavano di mantenersi distanti.

Gli unici che continuavano a credere in lei erano i suoi genitori, che con il tempo si erano però fatti sempre più apprensivi e soffocanti.

«Non voglio parlarne» rispondeva ogniqualvolta loro cercassero di riaprire la conversazione.

Avevano cercato per villaggi e villaggi, erano anche andati a Canterlot a chiedere di un qualche dottore in grado di poterle curare il corno, ma sembrava che nessuno fosse capace di aiutarla. Sua madre era anche andata a parlare con una strana Zebra che abitava nella Everfree Forest, rinomata per i suoi potenti infusi magici e le sue cure esotiche, ma anche questa aveva risposto che su una frattura del genere si poteva fare molto poco.

Le stagioni erano pian piano ruotate. Era passato all’incirca un anno e qualche mese. La puledra dal manto bordeaux era cresciuta parecchio in un anno - i bambini, si sa, crescono velocemente. Era alzata di parecchi centimetri e si prospettava che sarebbe diventata alta come un pony di taglia media, come suo padre. Era cresciuta spiritualmente, con tutti i libri di autori stranieri che aveva letto durante i suoi pomeriggi di solitudine. Aveva appreso di terre lontane, terre infernali e desolate, montagne aspre tana di Ippogrifi e di altre creature mai viste in Equestria. Aveva letto di Centauri e di Lynel, di Gargoyle, di una landa di fuoco casa di draghi feroci, al confine con la terra di Celestia. Aveva letto storie di creature abitanti della luna, che creavano i sogni da regalare ai pony della terra, e a volte era rimasta sveglia di notte ad osservare il candido globo, chiedendosi se anche la Puledra della Luna si sentisse sola come si sentiva lei in quel momento.

Qualcosa, però, era andato a crepare nel tempo. Quel vuoto profondo che aveva iniziato a crescerle dentro continuava ad avanzare, dentro di lei, e diventava più pesante giorno dopo giorno. Se prima era stata una pony solare e spavalda, ora si sentiva irascibile e arrogante, fragile e quindi impaurita che altri potessero ferirla ulteriormente. Aveva iniziato a chiudersi in un guscio di falsi sorrisi e di freddo distacco, che la stavano finendo di allontanare dai suoi ultimi contatti.


Quel pomeriggio, il giorno seguente alla tempesta, la puledra si era ritrovata a sfogliare distrattamente un libro di cucina. Per distrarsi dai pensieri sul suo corno si era, con il tempo, imposta di non pensarci più, e aveva cercato altre attività e esperienze da provare per poterci non pensare. Una flebile, magra luce di speranza brillava forse ancora nel suo animo ormai oscurato, la speranza che un giorno qualcuno avrebbe potuto aggiustarle il corno, o che glielo avrebbe potuto far ricrescere, ma era un sentimento così sottile e fragile che l’altra parte di lei, quella fredda e insensibile, riusciva a nascondere senza troppi problemi.

I suoi se ne erano andati per alcuni giorni, e quindi poteva approfittarne per cucinarsi qualche manicaretto piccante, visto che sia a sua madre che a suo padre quel genere di cibo non piaceva molto.

Mentre cercava un qualcosa a base di peperoni e peperoncino, magari una zuppa o una torta salata, sentì bussare alla porta. Subito il cuore le ebbe un balzo. Non si aspettava di ricevere visite, ed aveva il timore di sapere di chi potesse trattarsi. Aprì la porta, con la lentezza di chi già sa cosa si aspetta.

«Em… ciao» la salutarono Glitter Drops e Spring Rain. La prima era rimasta bassina, ma il suo giovane corno era notevolmente allungato rispetto all’anno passato, e oltre a quello la puledrina si era fatta crescere i capelli chiari fino alla base del collo. Il loro amico invece era alzato di qualche centimetro, e le zampe e il collo si erano affusolati con la crescita facendolo sembrare più alto e grande di quello che fosse.

«Ciao» salutò lei in risposta, aprendo la porta per rimanere lì sull’uscio.

I suoi due compagni si lanciarono uno sguardo strano. Lei non capì. Forse, dopo mesi e mesi di silenzio, erano venuti lì quel giorno per chiederle come stava. Iniziò a rombarle il cuore in petto, e subito si mise a formulare una serie di risposte e discorsi con i quali avrebbe potuto rispondere alle scomode domande.

“Be’, sembra che per adesso non si possa fare niente…” oppure “Qualcuno mi ha suggerito di inviare una lettera alla Principessa, ma sono sicura che sia troppo impegnata per queste cose…” oppure “Ah, non saprei, è un po’ che non sento il dottore…”. Ma non ci fu bisogno che lei rispondesse.

«Siamo qui per dirti una cosa...» iniziò Spring Rain, evitando il suo sguardo.

«Sì. Ecco… - Glitter Drops cercò le parole giuste, e poi lo disse tutto d’un fiato - siamo stati ammessi alla Scuola per Unicorni Dotati di Princess Celestia.»

«Esatto. Le lezioni iniziano da primavera.»

«Volevamo dirtelo prima che lo venissi a sapere da qualche altro pony.»

La giovane unicorno sentì il cuore ghiacciarsele, e così il sorriso sul suo volto. Si sforzò comunque di mostrarsi felice, nonostante improvvisamente si sentisse debole e ferita.

«Oh.. ohh! Ma è… è magnifico!»

Glitter Drops allargò un sorriso compiaciuto.

«Sono felice che tu l’abbia presa bene...»

«Temevamo che… insomma...»

«No, no… va tutto bene, davvero» mentì con un sorriso tirato.

«Ma… comunque non preoccuparti, continueremo a venirti a trovare!» si sbrigò a chiarire il puledro azzurro.

«E siamo sicuri che anche tu verrai con noi. Il prossimo anno, quando… ti sarà ricresciuto il corno»

La puledra si sentì tremendamente a disagio di fronte ai suoi ormai ex amici. Sospirò, annuendo senza convinzione, e poi cercò di scacciarli con una scusa.

«Perdonatemi, ora devo tornare a… cucinare. E’ stato un piacere vedervi… e buona fortuna alla Scuola.»

«Faremo una buona parola per te!»

Glitter Drops e Spring Rain non furono restii ad andarsene. Fecero retromarcia dopo averla salutata, e le augurarono un buon pranzo.

La pony richiuse la porta dietro di sè. Si sedette, sentendosi per un attimo completamente vuota, abbandonata, completamente sola.

Poi iniziò a piangere, sola nella stanza, con il cuore a pezzi.



Glitter Drops e Spring Rain erano partiti da una settimana, senza neanche salutare.

La giovane unicorno non aveva provato niente quando aveva saputo della loro partenza. Anzi, per un attimo ne era stata quasi sollevata.

In fondo, era grazie a loro che aveva perso il suo corno. Erano stati loro a spronarla a riprendere quella dannata palla, quel dannato giorno.

“Sei la pony più coraggiosa che conosciamo!”

“Racconto sempre di te ai miei amici!”

“Sì - pensò lei - bella scusa.”

E intanto quella ad averci rimesso era stata lei. Poi, che altro? L’avevano abbandonata nel momento del bisogno. Avevano fatto finta che non fosse successo niente, ma pian piano l’avevano lasciata alle spalle per farsi nuovi amici. Avevano rotto il patto che avevano stipulato da piccoli. Se n’erano andati a Canterlot, la splendente città, senza di lei.

Un altro temporale stava imperversando, quella sera. I suoi erano via, di nuovo, per chissà quanti giorni.

Era sola in casa, sola con il temporale che imperversava sopra il villaggio. Un lampo illuminò il cielo. Lei era affacciata dal balcone della camera dei suoi. Non temeva più i fulmini.

Lei stessa faceva parte di quella tempesta. Il suo animo era stato sbattuto come quegli alberi fragili che il vento stava scuotendo, ma ora si era sopraelevato, diventando più simile ai nuvoloni neri sopra la sua testa. La sua magia le era stata strappata. Ma le rimaneva ancora qualcosa. Le rimaneva un potente e pericoloso potere, un potere legato ai letali fulmini che il suo corno non riusciva a canalizzare per trasformare in magia. Le rimanevano le cicatrici di un passato ingiusto e insensibile, sulla pelle e nel cuore. Cicatrici che avrebbero dimostrato al mondo la sua forza di spirito.

Un fulmine colpì a pochi metri da casa sua. Un rombo potente scosse le case lì attorno, ma lei non si fece intimidire. In risposta accese il suo corno, puntando lo sguardo verso l’alto, e come a sfidare il cielo nero e le nubi tempestose, fece scintillare nel cielo una scarica azzurra.

“Non ti temo. E non temerò nient’altro, da ora in avanti.”

La pioggia si fece più intensa, e la giovane pony rientrò in casa. Ma non ci sarebbe rimasta ancora a lungo.

Preparò uno zaino, vi mise dentro una sacca di monete e poco altro. Scrisse una lettera sintetica e fredda che lasciò sul tavolo. Rovistò tra i vecchi indumenti di suo padre fino a trovare un pesante mantello marrone con cappuccio, se lo gettò sulla schiena e prese lo zaino. Si avvicinò alla porta di casa, e per un attimo, un solo attimo, esitò.

Un gomitolo di pensieri iniziò a sciogliersi nella sua mente, dubbi e paure passate. Ma si sforzò di ignorarli, li represse con violenza nei meandri più oscuri della sua anima. Li gettò tutti dentro il dirupo che si era aperto dentro di lei. Aprì la porta a fatica, per via del vento. Uscì sotto la pioggia.

“Nessuno mi accetterà mai qui” pensava mentre si lasciava la casa alle spalle

“Nessuno può capire quello che ho passato” pensava, mentre si lasciava il villaggio alle spalle.

“E allora, io non avrò bisogno di nessuno.”

Si tirò il cappuccio sopra la testa. Ormai era tutt’uno con la tempesta e con le ombre del suo passato, le cicatrici che avrebbero definito chi sarebbe diventata.


Tempest Shadow si lasciò alle spalle la sua vecchia vita, quella notte, per iniziarne una nuova. Non si voltò neanche una volta.



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Commento d'autore

E così finisce l'inizio della storia di Tempest, rivisitata in chiave fan fiction. Probabilmente molti di voi non avranno voluto rovinarsi il film, ma spero vivamente che dopo l'uscita in Italia verrete a leggerla e vi piacerà, sono piuttosto compiaciuta di com'è venuta e sarei felice di sapere che qualcuno di voi l'ha apprezzata, in qualche modo ;)
Lasciate una recensione se vi è piaciuta, ciao!


  
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