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Autore: olimponero12    10/12/2017    4 recensioni
Conoscete il "Tonight show" con Jimmy Fellon?
Beh questa è la mia versione del medesimo show,in cui intervisterò i personaggi delle saghe "Percy Jackson" e "Eroi dell'Olimpo" con curiosità e una buona dose di sadismo
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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(ATTENZIONE! QUESTO CAPITOLO HA LA FUNZIONE DI FILLER,ERGO NON È FONDAMENTALE PER CAPIRE COSA SUCCEDE NELLO SHOW. IL SUO UNICO SCOPO È DI RIEMPIRE UN BUCO LASCIATO DA UN CAPITOLO CHE NON PUBBLICHERÒ COME EPISODIO DELLO SHOW,IN QUANTO SONO STATO ISPIRATO DA ALCE E MI SENTIVO IN DOVERE DI PUBBLICARLO. CHI HA LASCIATO UAN RECENSIONE CON DOMANDE NELLO SCORSO EPISODIO NON SARÀ  COSTRETTO A RIPUBBLICARE ALTRE DOMANDE O LE STESSE,IN QUANTO SARANNO UTILIZZATE NEL PROSSIMO EPISODIO;POTRANNO COMUNQUE LASCIARE UNA RECENSIONE PER ESPRIMERE LA PROPRIA OPINIONE IN MERITO A QUESTO CAPITOLO. CRONOLOGICAMENTE VA A POSIZIONARSI ALCUNI ANNI DOPO GLI EVENTI DEL MESSICO RACCONTATI NELL’EPISODIO 22; DETTO QUESTO BUONA LETTURA)
 
 
 
 
 
 
 
 
Un velo di neve cadeva lieve dal cielo,avvolgendo tutto nel bianco. Il paesaggio,colorato di un bianco perfetto,altro non rappresentava che una casetta che sorgeva diroccata in mezzo al nulla,circondata da pochi alberi spogli. Questo,almeno,era l’aspetto abituale della zona. In quella mattina il paesaggio era stato alterato dalla presenza di tracce di un carro armato T90 che aveva attraversato a tutta velocità la campagna,sparando colpi a casaccio,finendo poi per schiantarsi contro la casupola,dove ancora giaceva,con un corpo morto sulla canna. Dal vano motore,sul retro del carro,si sentirono dei colpi sullo sportello: uno… due… tre… al quarto il portello si staccò dai cardini,volando a diversi metri di distanza in seguito a una serie di calci poderosi. Dal vano spuntò una zazzera scompigliata di capelli castani che spuntavano da una testa decorata con una paio di occhiali neri davanti a degli occhi castani e una leggera barba. Il ragazzo uscì con un salto dal vano,per poi guardarsi intorno e stringersi il più possibile nel giaccone di pelle imbottito,per trattenere più caldo che potesse. –Gesù,che freddo!- si arrampicò sul carro,arrivando allo sportello che portava all’interno della cabina del cannoniere. Senza esitazioni lo aprì,rivelando un interno pieno di leve,pulsanti,un visore per prendere la mira posizionato davanti a un sedile,su cui giaceva un ragazzo dai capelli corvini lunghi fino al mento che dormiva indossando un’uniforme da alto generale russo. Olimponero si infilò all’interno della cabina e iniziò a tirare dei leggeri schiaffi al ragazzo,cercando di svegliarlo. –Alce? Alceeee? Eddai svegliati! Siamo bloccati dio solo sa dove e con un morto sul cannone!!-. Ma il corvino non si svegliava. A quel punto il castano fu colpito da un’illuminazione. Uscì dalla cabina e dopo essersi sistemato giusto affianco allo sportello per essere sicuro che Alce lo sentisse ma che non lo prendesse di mira con qualche arma che si nascondeva addosso. Dopodiché,con tutto il fiato che aveva in corpo urlò: -IL COMUNISMO È MORTO! NIENTE LO FARÀ MAI TORNARE!-. Tempo tre secondi,Alce era uscito impugnando con sguardo da maniaco omicida,una bottiglia di vodka. –CHI HA OSATO!!??-. Olimponero lo guardò distrattamente,per poi strappargli la bottiglia di mano e portarsela alle labbra nella speranza che fosse rimasto qualcosa del delizioso alcolico con cui si ricordava vagamente di aver festeggiato. Alce,che intanto si era ripreso dalla sua furia omicida comunista,si guardava intorno stranito. –Ma dove siamo?-. Olimponero,rimasto a bocca asciutta,gettò la bottiglia che andò a frantumarsi contro qualcosa per poi rivolgersi al compare. –La prossima volta ti abbandono li dove sei-. Il castano si alzò,stiracchiandosi per combattere il freddo. –Comunque,non lo so,così come non so chi diavolo sia il morto steso come uno strofinaccio sul cannone-. Alce sembrò accorgersi solo allora del cadavere,così come del freddo. Scesero entrambi dal carro e si avvicinarono al corpo. Olimponero tirò per i capelli il cadavere,per vederne il volto,che non gli diceva niente. –A te dice niente questo qui? A me non fa scattare nessun campanello-. Alce si levò il cappello e se lo portò al petto. –Compagno Volkof-. Olimpo lo guardò sorpreso. –Quindi lo conoscevi?-. Il comunista fece di no con la testa. –No ma quando c’è un morto sul campo russo è sempre il compagno Volkof-. Il castano roteò gli occhi,per niente sorpreso dall’assenza di senso dell’affermazione del compare. –Ok,cerchiamo di scoprire dove siamo;io controllo se nei paraggi c’è un cartello,tu vedi se il telefono di compagno Volkof ci sa dire qualcosa-. Olimponero lasciò andare la testa del morto,per poi allontanarsi un po’ nel tentativo di scorgere da qualche parte il minimo segno di civiltà,ma non riusciva a vedere altro che neve,alberi spogli e crateri fumanti,probabilmente causati da lui e Alce la notte scorsa. –Olimpo! Forse ho qualcosa!-. Il castano si voltò verso il corvino,per poi avvicinarsi e sentire cosa aveva scoperto. Alce lo fissò preoccupato. –Ho due buone notizie e una molto cattiva-. Olimpo sbuffò,rassegnato all’idea di morire di ipotermia in un posto di cui forse non sapeva neanche il nome. –Inizia col dessert-.
 
-So dove siamo e anche che c’è un centro abitato a circa tre ore da qui-
 
-Ora vai con la verdura-
 
-La trasmissione del T90 è fuori uso,quindi non si muoverà per un bel po’-
 
Olimponero sbuffò. -Quindi dobbiamo camminare sotto una nevicata per tre ore e sperare che chiunque viva in quel posto abbia voglia di prestarci un mezzo di trasporto?-. Alce si tolse il cappello e si grattò la testa. –In sostanza sì-. Olimpo fissò prima il carro armato,poi il cadavere,sperando di non finire come lui a fine giornata. –Dov’è che sarebbe questo centro abitato?-. Il corvino consultò di nuovo il cellulare,prima di rispondere,indicando verso est:-Da quella parte sempre dritto-. Il castano fissò dove il socio stava indicando,per poi tirarsi il cappuccio imbottito di pelliccia sintetica sulla testa e incamminarsi. –Diamoci una mossa! Non voglio andare a vivere con Ade per il resto dell’eternità!-. Alce lo seguì,rimettendosi il cappello,cercando di ricordare qualcosa riguardo la notte scorsa e chiedendosi chi diavolo stava guidando se Olimpo era nel vano motore e lui nella cabina del cannoniere.
 
 
 
 
 
I due si facevano strada nella nevicata da ormai due ore e mezza,cercando di ricordarsi a vicenda cosa fosse successo la notte scorsa,riuscendo a scoprire solo che stavano festeggiando per l’imminente apertura dello show e che si erano lasciati trasportare,Alce dalla Vodka e Olimpo dal Jack Daniel’s. Alce fissò l’ormai quasi conduttore leggermente infastidito. –Lo so che è colpa tua! Mi hai invitato a festeggiare e io mi sono lasciato coinvolgere,come per la rapina in Messico! Scommetto che l’idea del T90 è stata tua!-. Il castano alzò gli occhi al cielo,esasperato. –Primo: non hai prove che ti abbia coinvolto io,potresti essere stato tu a coinvolgere me,oppure potremmo aver cominciato insieme. Secondo: L’idea del T90 è stata sicuramente tua;io avrei decisamente fatto qualcosa di più estremo,tipo assaltare la casa bianca o rapire Renzi e avrei anche fatto un favore all’Italia. Terzo: Per la rapina tu non ti sei fatto coinvolgere,hai accettato di tua spontanea iniziativa!-. Il corvino rivolse al conduttore uno sguardo innervosito. –Sarà anche così ma non sono io quello che si è quasi fatto ammazzare in una rissa da bar,perché era ubriaco e ha sparato cazzate su dei tizi furiosi!-. Olimpo fece una faccia offesa,ma poi,ricordando anche lui quella notte,si lasciò sfuggire una risata. Il corvino lo guardò confuso. –Che c’è da ridere?-. Olimponero guardò bene il socio,continuando a sorridere. –Stavo ripensando a quella sera: se ci pensi adesso è divertente e poi,se non avessi fatto l’idiota ubriaco della situazione noi due non ci saremmo mai conosciuti-. Ed entrambi si lasciarono trascinare dai ricordi con un sorriso nostalgico.
 
 
 
 
 
Era una serata in cui si respirava un’aria strana,di quelle arie in cui sai che ti sarà data un’opportunità irripetibile che potrai cogliere solo quella volta. Peccato che Alce non fosse in vena di cogliere niente,non quella sera in cui si stava bevendo uno shottino di Vodka dietro l’altro per sopprimere la frustrazione; da un mese aspettava che gli consegnassero quel coltello a farfalla pressoché introvabile che aveva vinto a un’asta online per miracolo e adesso gli venivano a dire che la consegna sarebbe ritardata di un altro mese per “Problemi di stoccaggio della merce”? A quel punto l’unica soluzione era annegare i dispiaceri nell’alcool. Stava per buttare giù il sesto bicchierino,quando qualcuno gli si affiancò e,sfacciatamente,gli rubò il bicchiere di mano e se lo scolò,per poi poggiarlo con forza sul bancone. Il corvino si voltò per guardare bene a chi stava per tirare un pugno. Era un ragazzo alto quanto lui,dai folti capelli castani,occhi dello stesso colore,occhiali neri e una barba che lo faceva sembrare di due anni più vecchio di lui. Indosso aveva una camicia nera con le maniche arrotolate fin sopra i gomiti e dei jeans neri abbinati con scarpe dello stesso colore; alla mano destra portava tre anelli: un cavatappi sull’indice,un teschi sul medio e un lupo sull’anulare. Il castano ignoto si rivolse a lui. –Prima che m prendi a pugni,mi dispiace;sono depresso e ho bisogno di qualcosa per svagarmi,perciò sto andando in giro a provocare gente per convincerli a pestarmi e avere un pretesto per partecipare a una rissa senza essere lo stronzo che la comincia-. Poi,finalmente si voltò a fronteggiare Alce,offrendogli un sorriso a trentadue denti e indicandosi la faccia a mani aperte,come un invito. –Detto questo,colpisci pure,forza!-. Il comunista sbuffò ritornando a versare Vodka nel bicchierino,senza badare alle parole dello sconosciuto. Il castano fece una faccia un po’ delusa e un po’ confusa. –Allora? Ti ho fregato il drink da sotto il naso e non fai niente?-. Alce prese il bicchiere e se lo portò di fronte,scrutando il liquido trasparente. –A quanti hai già fatto questo giochino?-. Lo sconosciuto si mise a contare mentalmente,poi con le dita a causa della mente annebbiata dall’alcool. Dopo un paio di secondi rispose: -All’incirca dieci-. Alce buttò giù il drink e si rivolse nuovamente al castano,senza guardarlo. –E a quanti hai detto perché lo facevi?-. Altri secondi di calcoli. –Dieci-. Il comunista fece un gesto al barista,che gli portò un altro bicchierino. Il corvino lo riempì,poi lo passò al ragazzo al suo fianco,che lo guardò di nuovo confuso. –Se proprio vuoi intrattenerti e sei depresso,puoi farmi compagnia;anche io sono depresso-. Così i due iniziarono a chiacchierare allegramente,bevendo come se non avessero un domani. Le presentazioni furono strane. “Mi chiamo Alce” “Olimponero” “Che razza di nome è? Sembra il nome di un supercattivo” “Parla quello che si chiama come un animale cornuto che tutti confondono con il cervo” “Touchè”. Ma da lì in poi le cose migliorarono: parlarono del perché erano depressi,uno per ritardi di consegne,l’altro per mancanza di ispirazione sul fattore scrittura. Scoprirono passioni e hobby reciproci,scoprendo di abitare entrambi a LA,Olimpo in un monolocale e Alce su un cacciatorpediniere Bismarck,arrivando anche a una piccola discussione su cosa fosse meglio tra Jack Daniel’s e Vodka,senza sapere che sarebbe andata avanti per anni. A un certo punto Alce,notando che Olimpo aveva gli occhi piuttosto annebbiati e che si dondolava sulla sedia come se stesse per cadere,allontanò il bicchiere dall’amico. –Direi che hai bevuto abbastanza-. Olimpo si voltò per fronteggiare Alce. –Io sto benissimo,pesce parlante! Posso continuare senza problemi!-. Il comunista diede un paio di pacche sulle spalle dell’amico. –Certo,lo so,ma non ho intenzione di scoprire quanto puoi andare avanti prima di tirare le cuoia-. E così gli mise un braccio sotto la spalla per caricarselo addosso e portarlo a casa. Sarebbe andato tutto benissimo se Olimponero non avesse cominciato a sbracciarsi e urlare come un pazzo,arrivando a colpire,accidentalmente un tizio dall’aspetto non molto raccomandabile. Nessuno dei due si ricordava esattamente che aspetto avesse il tizio ma sicuramente sembrava il grosso di Team Fortress 2 con i baffoni,la barba rossa e gli abiti di pelle da motociclista. –Hey,idiota,guarda dove vai!-. Alce iniziò a scusarsi,ma venne interrotto dal castano che si staccò da lui e si rivolse al bestione. –Spiacente,ma se avessi guardato dove andavo avrei sicuramente visto la tua faccia e mi sarebbe venuto un infarto! AHAHAHAH!-. E a quel punto le cose degenerarono. Avete presente quelle risse texane in cui volano boccali,si spaccano sedie sule schiene e i tavoli si polverizzano a suon di facce sbattute? Una cosa del genere,ma con un pazzo col revolver e un comunista col coltello a spalleggiarsi contro un intero locale pieno di probabili ex carcerati. Alla fine però,due contro centocinquanta… Il risultato era scontato. Alce sfondò la porta con un calcio,portandosi Olimpo che delirava sulle spalle verso la macchina,lasciandosi alle spalle un locale pieno di cadaveri e feriti con commozioni cerebrali. Una volta raggiunta la macchina,Alce caricò Olimpo sul sedile del passeggero,mentre lui si sistemava al posto di guida. –Sul serio,questa serata poteva andare meglio-. Olimponero guardò il compare,ridacchiando. –E tu saresti rimasto lì a bere e deprimerti per tutta la notte. Almeno ci siamo divertiti un po’-. Alce ridacchiò,annuendo e mettendo in moto. –Sì,sì è stato divertente;dovremmo rivederci qualche volta,magari senza metterci nei guai-. Il castano Si mise a ridere incontrollabilmente,per poi rivolgersi all’amico. –Se domani mi ricorderò qualcosa di stasera,probabilmente ci rincontreremo; sei uno interessante Alce,potremmo combinare un bel po’ di cose divertenti insieme-. Il comunista pigiò il piede sull’acceleratore,pensando che forse,sì,quella sera non era aveva colto un’occasione,ma sembrava proprio che un’occasione avesse colto lui.
 
 
 
 
 
 
 
I due uscirono dal ricordo,sorridendo come bambini. Olimpo si rivolse ad Alce. –È stata una delle notti migliori della mia vita-. Alce annuì,ripensando a quante botte aveva preso Olimpo quella sera,senza mai dar segni di aver effettivamente sentito qualcosa. Mezz’ora dopo,finalmente,arrivarono al paesino che stavano cercando ed entrarono senza esitare,cercando una locanda o qualcosa del genere per chiedere se ci fosse un qualche modo per raggiungere un aeroporto. Non era un granché: gli edifici erano piccoli e grigi,dall’intonaco scrostato. In strada giravano solo pochi bambini che giocavano con la neve,sorvegliati dalle madri. Una cosa aveva però attirato l’attenzione di Olimpo: Ogni volta che qualcuno alzava lo sguardo su di loro,cambiava radicalmente espressione,alcuni addirittura li guardavano male,anzi… guardavano male Alce. –È una mia impressione o a questa gente non piaci?-. Il corvino si guardò intorno,incrociando lo sguardo con una vecchia che,dalla finestra di casa,lo guardava come un cane fissa un gatto. –No,non è un’impressione-. I due cercarono di non farci troppo caso,mentre si infilavano in un bar che avevano scorto dalla strada,per chiedere informazioni. Non appena misero piede nel bar tutti gli occhi furono puntati su di loro,in particolare su Alce. –No,decisamente non era una mia impressione-. I due si avvicinarono al bancone,dove vennero accolti da un uomo robusto,pelato,con una leggera barba grigia e lo stesso sguardo ostile dei paesani. Olimponero si schiarì la voce,leggermente a disagio. –Ehm,potremmo sapere se da queste parti c’è un aeroporto? O un modo per arrivarci?-. Il barista li guardò confuso,per poi parlare in una lingua che Olimpo non aveva ami sentito,ma che evidentemente non era nuova ad Alce,che fece una faccia terrorizzata. Il corvino mise una mano sulla spalla dell’amico per richiamarlo. –Olimpo,questi sono polacchi-.
 
-E quindi?-
 
-E quindi io sono comunista e indosso l’uniforme russa;questi ci ammazzano!-. Olimpo si guardò intorno,notando che molti degli avventori si erano alzati o avevano estratto un qualche tipo di arma: coltelli,bottiglie impugnate come mazze o anche posate. Olimponero ridacchiò,teso,per poi voltarsi di nuovo verso il gestore,ritrovandosi con una doppietta puntata in faccia. –Presumo che questa non sia una tipica accoglienza polacca-. Alce si limitò a scuotere la testa,alzando le mani in segno di resa,imitato da Olimpo. –Bel dopo sbornia del cazzo-.
 
 
 
 
 
 
 
I due si ritrovarono in poco tempo dentro una prigione,a congelarsi le chiappe in attesa di scoprire come i polacchi trattassero i sovietici e i loro amici. Olimpo vagava per la cella,mentre Alce se ne stava seduto con la schiena contro un muro. Il corvino alzò lo sguardo verso Olimponero. –Come si preannuncia la nostra morte?-. Il castano si avvicinò alla finestra munita di sbarre che dava sulla piazza,dove sembrava che gli abitanti stessero ammucchiando due pile di legna. –Senza processo e piuttosto ardente,direi-. Alce sospirò,rassegnato. –Oh beh,moriremo arsi vivi; ci poteva andare peggio- .Il castano guardò per un momento l’amico,per poi riportare lo sguardo sull’esterno. –La tua positività mi lascia sempre molto stupito,compadre-. Una cosa attirò l’occhio di Olimponero: su un tetto poco distante,c’era un vecchio elicottero. Poteva essere guasto o a secco,ma avrebbe anche potuto essere perfettamente funzionante. –Alce? Forse non moriremo arsi vivi;non oggi almeno-. Il sovietico guardò il socio,dubbioso. –E cosa te lo fa pensare?-. Olimpo prese per un braccio l’amico e lo portò alla finestra,mostrandogli l’elicottero. –Il fatto che laggiù abbiamo la libertà servita su un piatto d’argento-. Alce sgranò gli occhi,sorpreso, per poi tornare serio e guardare le sbarre della cella. –E come pensi di raggiungere quel piatto se siamo chiusi qui dentro?-. Il castano guardò le sbarre,per poi sfoderare un ghigno fiducioso. –Se non sono d’argento,non sarà un problema-. Il sovietico inarcò un sopracciglio,per poi capire a cosa volesse alludere il socio,incamminandosi verso la finestra,dando le spalle alle sbarre della cella. –Ma certo,già ci vogliono ammazzare perché io sono comunista e tu sei mio amico,tanto vale ci ammazzino perché sei anche un lupo mannaro-. Appena finita la frase senti un fracasso,di metallo strappato e pietra frantumata. Quando si girò vide Olimponero con un paio di orecchie da lupo che spuntavano dalla testa,le braccia coperte di pelo nero e artigli neri,che reggeva la porta della cella,circondato da un polverone. Il castano si voltò a guardare il compare. –Come hai detto scusa?-. Il licantropo gettò la porta dell’altro lato della cella incamminandosi fuori. –Io mi muoverei se fossi in te; il rogo sembra essere a buon punto e sicuramente qualcuno avrà sentito qualcosa-. Alce non se lo fece ripetere due volte e si affrettò a seguire l’amico. Un paio di minuti e qualche guardia uccisa dopo,i due erano fuori dalla prigione. Il castano si guardò intorno,senza scorgere nessuno. –Ok,se ci muoviamo bene,possiamo farcela-. I due si incamminarono,nascondendosi ogni qualvolta incrociavano un paesano. Il duo stava percorrendo rapidamente un vicolo deserto,quando Olimpo si rivolse ad Alce. –Te l’avevo detto che ce la facevamo. Ce la fileremo in grande stil…-. Ma prima che potesse finire la frase,si ritrovarono faccia a faccia con un gruppo di uomini carichi di legna. Per cinque,interminabili secondi,nessuno emise un fiato né si mosse;poi uno degli uomini lanciò un grido prolungato,facendo scattare i due,che fecero dietrofront per uscire dal vicolo a tutta birra,mentre gli uomini si lanciavano all’inseguimento,lanciando grida per attirare gli altri paesani. Appena usciti dal vicolo,Alce e Olimpo si ritrovarono inseguiti da polacchi incazzati che sembravano uscire da tutte le parti. In poco tempo i due si ritrovarono con le spalle al muro e le mani alzate in segno di resa,circondati da paesani che gli puntavano le armi contro. Olimpo guardò in alto,notando che davanti a loro c’era proprio la casa su cui era parcheggiato l’elicottero. Pensando in fretta riuscì ad escogitare un solo piano. Si rivolse ad Alce. –Reggiti a me-. Neanche il tempo di dire ‘cosa’ che il comunista si ritrovò a stringersi convulsivamente al castano che,in forma di mezzo lupo,aveva appena compiuto un balzo verso la casa di fronte,atterrando giusto affianco all’elicottero. Alce si guardò di fronte,per poi rivolgere uno sguardo di odio al compare. –Non farlo mai più-.
 
-Sai che lo rifarò. Ora poche ciance e decolliamo!-. Rispose correndo verso l’elicottero e saltandoci a bordo con un salto,subito imitato da Alce. Olimpo si mise al posto del pilota e,una volta accesi tutti i sistemi,decollò iniziando ad allontanarsi. Pochi secondi dopo,però sentì uno sparo e una sensazione di gelo lo attraversò. Guardò Alce,rimasto in piedi affianco al portello,vedendo che sulla sua divisa,da entrambi i lati,una macchia rossa si stava espandendo all’altezza del petto. Il sovietico rivolse all’amico uno sguardo vuoto,per poi cadere fuori dal portello. Olimpo fermò l’elicottero per vedere dove fosse atterrato il corpo,ma non fece in tempo,perché un altro proiettile colpì l’elicottero,facendolo desistere. Così Olimponero ripartì verso LA,dove avrebbe pianto l’amico e organizzato un funerale degno di una persona tanto valorosa.
 
 
 
 
 
3 mesi dopo
 
 
Olimponero vagava per il porto di LA,gli occhiali da sole calcati sul volto e uno stuzzicadenti in bocca. Intanto guardava le varie navi e barche ormeggiate ai diversi moli. Si fermò solo quando si ritrovò davanti a un enorme cacciatorpediniere grigio,colossale rispetto alle altre navi. Ricordava ancora tutte le serate che aveva passato con Alce a divertirsi su quella nave,a bere,scherzare e guardare anime sul megaschermo che aveva installato nella mensa. Una cosa attirò l’attenzione del lupo mannaro: l’altissima punta che portava la bandiera sovietica rossa che sventolava a mezz’asta. Olimpo l’aveva sistemata così non appena era tornato dalla Polonia,per non tornare più. La cosa strana era che quel giorno la bandiera sventolava nel punto più alto dell’asta. Incuriosito,il ragazzo balzò sul ponte della nave,guardandosi intorno. Non vide nessuno,così si diresse verso la sala di comando. Una volta entrato in plancia si guardò un’altra volta intorno,per non trovare nessuno,esattamente come sul ponte. A quel punto si diresse verso la sala mensa,pensando che avrebbe trovato qualche barbone che in qualche modo era riuscito a entrare. Una volta entrato,la prima cosa che notò era lo schermo gigante,che trasmetteva il sesto episodio di “Overlord”,un’anime che aveva adorato e aveva consigliato ad Alce una sera. Improvvisamente,sentì una voce;una voce che non sentiva da troppo tempo. –Sai,non ti ringrazierò mai abbastanza per avermelo fatto scoprire;spero che facciano anche la seconda stagione-. Olimpo guardò verso i tavoli,trovando,nella quinta fila,un ragazzo che indossava una camicia rossa con temi floreali gialli e dei bermuda,anch’essi gialli. Il castano si avvicinò lentamente al ragazzo,che nel frattempo si era alzato. Quando finalmente furono uno di fronte all’altro,Olimpo parlò. –Come?-. Alce sogghignò,scrollando le spalle. –Non è riuscito a uccidermi un esercito con sette plotoni,vuoi che ci riescano una cinquantina di contadini?-. I due poi si abbracciarono,come non facevano da anni,come si erano abbracciati la prima volta che un loro piano folle era andato in porto. Olimpo,una volta staccatosi diede una pacca sulle spalle ad Alce,ridendo. –Sai,uno così tosto mi farebbe comodo nello show-. Il sovietico,rise di gusto. –E cosa potrei fare? Il buttafuori?-. Il lupo si unì alla risata per poi sedersi,seguito da Alce. –Non esattamente. Ma parliamo dopo di lavoro;è da un sacco che non mi guardo Overlord-. E così i due si misero lì a guardare Overlord,come se non l’avessero mai visto,sapendo che insieme,avrebbero fatto grandi cose,parola di Olimponero ;)
   
 
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