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Autore: Axel Knaves    10/12/2017    1 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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[1]»Loschi individui mi invadono casa«[1]


Lo sguardo di shock di tutti e quattro quando del fumo nero iniziò ad avvolgere la tazza con dentro il mio sangue; fece intendere un'unica vera verità: nessuno dei quattro aveva preso seriamente il rituale di invocazione. Nessuno dei quattro aveva mai immaginato che saremmo riusciti ad invocare davvero qualcosa.
«Claudia, piantala», disse Sonia cercando di tenere un tono normale; ma il panico si irradiava dalla voce acuta che aveva trattenuto in gola. «Non è divertente!»
Claudia la guardò come se la bionda l'avesse offesa e umiliata in mezzo al campus universitario.
«Io non sto facendo niente! Al massimo piantala te: sei te che hai sistemato le cose a terra!» La mora accusò la bionda.
Bene, ora le offese erano due e probabilmente stava per scoppiare una terza guerra mondiale nel mio salotto.
«Non mi importa chi delle due sia stata», prese la parola Vittorio, sperando di evitare un litigio, «ma qui la situazione sta peggiorando, perciò smettetela di bisticciare e tirarvi la colpa l’un l’atra!»
E in effetti aveva ragione.
Ero rimasta così concentrata sulle due donne che non mi ero accorta che il fumo attorno alla tazza si stava allargando sempre più e stava iniziando a creare un vortice.
Il bene di tutti? Tutti, 'sto cazzo! Stiamo rischiando la vita!
Mi urlai in testa prima che Claudia e Sonia mi presero per braccia e mi allontanarono dal pentacolo: ero in shock, su questa ero certa, e il mio corpo non voleva saperne di muoversi da solo.
Guardammo mentre la nebbia nera pece si alzava da terra, come se fosse un tornado al contrario, immobilizzati dalla paura. Sentii delle mani stringermi la maglietta da dietro e i lamenti spaventati di Sonia, probabilmente stava nascondendo la testa nella mia schiena come uno struzzo fa nel terreno.
Al contrario della bionda alle mie spalle, non riuscivo a staccare gli occhi dal vortice nero, che ormai era arrivato al soffitto. Era maestoso! E seppur il mio cervello mi dicesse che ne sarei dovuta essere spaventata per quello che mi stava accadendo davanti; non lo ero. Anzi, sentivo le mani tremarmi per l’agitazione mentre vedevo la nebbia vorticare su sé stessa: non micro mai sentita così viva.
Poi come era arrivata, la nebbia nera si dissipò rivelando due figure in piedi all'interno del pentacolo.
Sapevo di conoscere le due figure, qualcosa nel mio cervello mi stava dicendo che sapevo esattamente chi fossero, ma per lo shock della situazione ci misi un attimo a comprendere chi avevo davanti.
Entrambe le figure erano alte, molto più di me – non che ci volesse chissà cosa, quasi tutti superano il mio modesto metro e sessanta. 
Quella dalla pelle color rubino aveva gli occhi rossi e i capelli corvini; le corna gli partivano dalla fronte e si alzavano in aria, imponenti e sinistre, la coda appuntita spazzava il terreno. Aveva un'aria regale e autoritaria che era sottolineata dallo sguardo truce che ci stava rivolgendo e dal vestiario di un uomo d'affari.
La seconda figura invece impartiva un'aria lugubre, da funerale e antipatia. Aveva un mantello nero che gli copriva l'intero corpo e gli cadeva largo su spalle e braccia; il volto totalmente nascosto dal cappuccio. L'unica parte visibile del suo corpo era la mano – o quello che ne rimaneva visto che erano solo ossa – chiusa attorno al manico di una falce immensa, nera e minacciosa.
Il mio cervello tornò finalmente a funzionare: «La Morte e il Diavolo». Boccheggiai incredula, lasciando andare il fiato che non mi ero accorta di trattene.
«Ugh...» Mugugnò il Diavolo. «Cosa volete mortali? Ero in procinto di provare alcune nuove torture, e odio essere interrotto». Aggiunse ovviamente stizzito di essere in quella stanza. Aveva una di quelle voci profonde e gutturali che davano l’impressione che l’altro ti avrebbe o ucciso o scopato forte… Dipendeva dalle situazioni… Di certo questa rientrava nell’“ucciso”.
Sentii le mani di Sonia quasi strapparmi la maglia di dosso da quanto la stava stringendo; mentre Claudia sussultò. Non osavo neanche pensare di distogliere lo sguardo dai due essere davanti a me per guardare i miei amici ed assicurarmi che stessero bene.
«Noi... Noi non sapevamo...». Cercò di spiegare Sonia, ma la voce le morì in gola. 
Il Diavolo alzò un sopracciglio inquisitorio: «Non sapevate cosa? SPIEGATEVI ESSERI INFERIORI!» 
L'urlo feroce fece sussultare Sonia contro la mia schiena.
Quella reazione mi fece scattare qualcosa dentro e tornare in me. Come osava urlare addosso a Sonia, la ragazza più generose e dolce che avessi mai conosciuto?! Ma soprattutto come si permetteva di urlare ordini in casa mia?!
Una voce nella mia testa stava cercando di ricordarmi che quello che avevo davanti era molto probabilmente il Diavolo e che mi avrebbe potuto spiaccicare come una formica; ma ero accecata dalla rabbia: nessuno trattava così la gente a cui tenevo!
«Ora mi ascolti bene, brutto bestione cornuto», dissi repentinamente, puntandogli l'indice contro e incastonando i miei occhi verdi nei suoi neri. «Tu non viene a urlare ordini in casa mia! A me non sembra di esserti venuta a urlare addosso ordini all'Inferno o dove cavolo vivi! Vuoi spiegazioni? Le chiedi, gentilmente! Ma soprattutto, ora ti scusi subito con Sonia oppure assaggerai la mia furia e ti giuro che essere il Diavolo non ti sarà molto utile!»
Sentivo il petto alzarsi e abbassarsi velocemente, come se avessi appena finito di correre una maratona. Le mani di Sonia erano ancora più strette intorno alla mia maglietta.
L’uomo rosso di fronte a me era leggermente inclinato all’indietro, le sopracciglia gli arrivavano quasi all’attaccatura delle corna da quanto erano alzate e gli occhi erano sgranati. Un misto di sorpresa e qualcosa che non riuscivo a comprendere gli possedeva gli occhi.
All’improvviso una mano scheletrica si chiuse attorno al mio indice.
Non so ben descrivere cosa provai. Era una sensazione strana, inumana; vedevo che erano ossa quelle chiuse attorno alla mia estremità, ma la sensazione che trasmetteva era quella di carne, carne viva, come se fosse una mano normale: allo stesso momento trasmetteva una sensazione di vuoto, di cessazione dell’essere, ma con una punta di calore, il ricordo lontano del calore di una persona viva. 
Non avevo mai provato qualcosa di così potente e sentii delle lacrime pungermi gli occhi da quanto ero travolta da quel flusso di sensazioni.
«Per quanto mi piacerebbe vedere una mortale sfogare la sua rabbia assopita sul quel “brutto bestione cornuto”», parlò Morte, mentre ero sicura che stesse studiando la mia reazione al suo tocco da sotto il cappuccio, «non c’è bisogno di essere violenti».
Aveva la voce tranquilla, simile a un ragazzo normale.
Mi lasciò andare l’indice e mi ritrovai a lasciare andare lentamente il respiro che non mi ero accorta di aver trattenuto.
«Abbiamo un lavoro importante a cui dover tornare», aggiunse con il tono di un uomo d’affari, «e per quanto mi piaccia parlare con voi umani, dobbiamo proprio andarcene».
Alzò una mano scheletrica, aperta, davanti a lui; puntandola verso di noi. Sgranai gli occhi: che voleva fare?!
«Quando vi sveglierete non vi ricorderete di questa sera o di questo incontro. Vi ricorderete di aver passato la sera a guardare la saga di “The Conjuring” e mangiare schifezze, per alla fine essere tornati a casa e aver dormito mai così bene». Disse e chiuse la mano a pugno.
Sentii come se una forza invisibile mi si scaraventasse addosso – stessa sensazione di quando ti svuotano un secchio di acqua in faccia, insomma – e dovetti fare un passo in dietro per recuperare l’equilibrio, chiedendomi che cosa fosse successo; poi sentii Sonia lasciarmi andare la maglietta e tre sonori TUC
Preoccupata voltai appena la testa e con la coda dell’occhio trovai i miei tre amici svenuti a terra. Claudia abbracciata a Vittorio e Sonia accanto a loro, le mani ancora chiuse, come se stesse ancora stringendo la mia maglia.
Lentamente tornai a guardare Morte, che era rimasta immobile con il pugno davanti al volto, sembrava se lo stesse studiando.
«Cosa hai fatto ai miei amici, maleducato giardiniere di anime?» Chiesi, il panico che fuoriusciva da ogni sillaba a dispetto di ogni mio tentativo di non mostrarlo. Cosa aveva fatto ai miei amici? Le lacrime di panico mi punsero gli occhi. Morte abbassò il pugno e di nuovo ebbi la sensazione che mi stesse scrutando l’anima.
«Vedo che stai perdendo colpi A», ridacchiò il Diavolo, ignorandomi completamente. «Tre su quattro».
Avrei voluto tanto sbattere i piedi e fargli notare che ero ancora lì e che avevo appena fatto una domanda, ma mi trattenni considerando che forse sarebbe potuto essere l’approccio meno indicato.
«Non perdo colpi, cervo dei miei stivali!» Gli sibilò contro Morte, poi si rivolse a me: «I tuoi amici stanno bene, gli ho solo cancellato la memoria di quello che è successo stasera. Ahimè su di te i miei poteri non hanno avuto effetto, per una qualche ragione».
«Seppur il fatto che i poteri di A non hanno funzionato su di te, mi intriga», il Diavolo si intromise nella conversazione, «dobbiamo proprio andare, addio mortale!»
Schioccò le dita rosse e in un secondo i due erano scomparsi dalla mia vista, lasciandomi basita e incapace di parlare. L’unico pensiero che il mio cervello riusciva a formulare era che se avessi avuto io il potere del teletrasporto la mattina avrei potuto dormire molto di più.
Mi strinsi il ponte del naso tra indice e pollice, cercando di assorbire tutto quello che era appena successo: avevamo evocato il Diavolo e la Morte. Avevo urlato contro il Diavolo, la Morte mi aveva salvato probabilmente dalla mia morte – ugh, che brutto gioco di parole – per mano del Diavolo, per infine cancellare la memoria ai miei amici (e per qualche strano motivo su di me non era riuscito a farlo) ed infine erano scomparsi senza lasciare traccia.
Aprii piano gli occhi e fissai il pentacolo a terra. Mi sarebbe servita tutta notte per pulirlo da sola, senza contare che adesso avevo anche i miei amici svenuti a cui badare! E non scordiamoci di aggiungere che non si sarebbero ricordati di tutto questo la mattina successiva!
Sbuffai rumorosamente e chiusi gli occhi. Di certo non poteva andare peggio di così.
BAM!
«AAAHHH!» Urlai spaventata saltando via.
Guardai il pentacolo con gli occhi sgranati dallo spavento. Che si stavano rialzando lentamente dal pavimento c’erano le due figure che erano appena scomparse davanti ai miei occhi.
«Che diavolo ci fate ancora qui?!» Chiesi tra l’esasperata e l’avere una crisi di nervi.
«E poi sarei io che avrei perso il tocco?» Chiese irritato Morte mentre si metteva in piedi e si spazzolava la lunga tunica. «Questo non mi sembra di certo l’Inferno!»
Il Diavolo si rialzò e si raddrizzò il vestito pregiato.
«Non so che sia successo A», disse tra l’esterrefatto e l’irritato, «è come se un qualcosa ci avesse tirati indietro».
E fu in quel momento che la mia pazienza arrivò al suo limite massimo.
Chi cazzo credevano di essere per ignorarmi?!
Okay, erano l’Angelo della Morte e il capo dell’Inferno, ma non era quello il punto.
«Ehi!» Urlai in cagnesco. «Scusate la petulanza, ma esisterei anche io in questa stanza! E, oh, guarda che cosa strana: siete in casa mia! Cos’è? L’essere ultraterreni vi ha fatto dimenticare le buone maniere? E che cazzo!» Esclamai per rafforzare il concetto e roteai gli occhi al cielo.
I due mi fissarono un attimo allucinati, poi senza un’altra parola il Diavolo schioccò le dita e i due sparirono ancora.
«ARGH!» Lasciai andare l’urlo di frustrazione.
Non avrei mai pensato che due angeli potevano causarmi un così forte mal di testa in meno di un’ora! Gli angeli non avrebbero dovuto aiutare gli umani?!
BAM!
Per la seconda volta in pochi minuti saltai in aria urlando per lo spavento: il cuore ormai eretico, cercava di scappare fuori dalla gabbia toracica. I due essere divini si stavano rialzando dal mio parquet ancora una volta.
«Cervo, cosa sta succedendo?» Chiese Morte e sentii qualcosa che assomigliava a preoccupazione nella sua voce, mentre si alzava; sembrava indolenzito. Come faceva uno scheletro a sentirsi indolenzito?
«Non lo so, A». Ringhiò il Diavolo e poi con due falcate fu a pochi centimetri dalla mia faccia. I tratti rossi erano contratti in una smorfia di odio, sentii le mie interiora tremare e un’insensata voglia di chiamare mia madre.
«Cosa avete fatto mortali?» Chiese con un tono di voce che faceva intendere benissimo la pazza voglia che aveva di uccidermi.
«I-I-Io… n-n-non…» Biascicai fuori, ero consenziente che il mio corpo aveva iniziato a tremare come una foglia; ma in questo momento non riuscivo a fare altro: la paura aveva preso il sopravvento.
«RISPONDIMI!» Urlò il Diavolo e cercò di prendermi la gola, sicuramente per farmi del male; ma un’insensata forza invisibile si sprigionò dal mio corpo e scaraventò via l’uomo rosso, contro alla parete; facendo cadere a terra di schiena anche Morte nel processo.
Rimasi paralizzata: cosa era appena successo? Cosa avevo fatto? Ma soprattutto: come avevo fatto? Cosa mi stava succedendo, sentii le lacrime rigarmi le guance ma non le fermai, ero totalmente in panico.
 

»Anglo Autrice«

 

Ed eccomi con il secondo capito. Finalmente la storia inizia a prendere piede e fanno la loro comparsa i due personaggi maschili principali! Ma cosa succederà ora?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
E non vergognatevi a lasciare una recensione! 

Axel Knaves

   
 
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