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Autore: summers001    12/12/2017    1 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11.



2016
"No, non puoi!"
"Andiamo, un saluto e basta!"
Emma sentì delle urla provenire dall'ingresso. Ruby l'aveva lasciata qualche attimo prima, dicendole di restare ferma dove si trovava e non muoversi di un millimetro, addirittura di nascondersi. Quella richiesta sembrava ridicola ed esagerata, ma Emma era su di giri e la lasciò fare, tenendole il gioco e divertendosi anche nel sentire il suo futuro marito litigare con la sua migliore amica per poter entrare e vederla in abito da sposa. Si guardò addosso: il merletto le cadeva addosso avvolgendola morbidamente, la scollatura tonda era delicata ed elegante, una fascia in vita le dava la parvenza di avere dei fianchi. Si sentiva diversa nel portarlo addosso, a suo agio e perfetta così. Avrebbe voluto indossarlo più spesso anche per andare a fare la spesa o per accogliere i suoi clienti! Proprio perchè quel vestito le piaceva, si nascose dietro la porta della camera da letto, facendo sporgere solo la testa, il tanto che bastava per poter spiare la situazione.
"Vattene!" urlò Ruby, spingendo via quello che sembrava un braccio impomatato che cercava di farsi strada oltre la porta. "Te lo taglio!" minacciò alla fine strillando isterica "E non parlo della mano."
"Solo un minuto!" pregò Killian, che intanto non si beveva per niente quelle minacce e con l'altra mano cercava di spingere.
Emma vide l'amica in difficoltà, sballottata sulla porta che quasi si apriva ed allora la raggiunse, correndo sui tacchi che tintinnarono nel corridoio. Allungò le mani e spinse più che poteva fino a quando non ebbe davvero paura di tagliargli la mano. S'immaginò una nottata al pronto soccorso, così si tirò appresso la porta, spinse via il braccio di Killian ed alla fine richiuse tutto, fregandolo e lasciandolo fuori sul pianerottolo.
"Conta anche questo!" urlò Killian ridendo ed alla fine se ne andò, lasciando Emma e Ruby a sghignazzare come due scolarette.
Ruby batté le mani, scivolò a terra coi capelli che le si appicarono alla porta di metallo, lasciandoglieli carichi ed elettrostatici, sollevati in parte dritti sulla testa. Emma invece, con le mani giunte tra le gambe, continuò a ridere anche a quello spettacolo e si lasciò andare, quasi a sedersi fino a che l'amica non le urlò di stare attenta e le piantò due mani sotto il sedere per impedire che il vestito bianchissimo si sporcasse.
Quando entrambe si furono riprese, interrompendo quelle risate a singhiozzi, Ruby guardò la sposa e tornò seria. Ci aveva scommesso sin dall'inizio su quella improbabile coppia ed era quasi strano per lei avere ragione. Ma lo sapeva, questa cosa la sapeva con una sicurezza sconcertante. "Allora avevo ragione o no?" le chiese all'improvviso.
"Su cosa?" domandò Emma, con le sopracciglia accartocciate sul naso, le spalle contro la porta di metallo ed il sedere a mezz'aria. Davanti a quella faccia seria, si risistemò e torno dritta in piedi. Allungò una mano su cui portava un braccialetto di perle di vetro blu, vecchio e prestato da Ruby in persona come simbolo della loro amicizia, e le si risistemò i capelli sulla testa, appiantendoglieli col palmo.
La mora dopo aver capito, s'affrettò a pettinarsi e tornò dritta. "Un giorno ti svegli e all'improvviso ti vuoi sposare." le rispose stiracchiandosi, facendole ricordare un discorso fatto non troppi anni prima.
Emma la guardò con un'espressione che diceva "che idiota", quasi ce l'avesse stampato sulla fronte. Chi le orbitava attorno era ormai abituato a quella faccia, che si era ritrovata a dover portare spesso negli ultimi anni, e non le davano neanche il tempo di esprimersi a parole. Ruby infatti aggiunse velocemente: "E' o non è così?" con quella voce esplosiva che si ritrovava.
"Avevi ragione." confessò alla fine Emma e poi scostò lo sguardo, fissando la macchiolina nera del pavimento pomellato, imbarazzata dalla confessione che s'era ritrovata a dover fare. Quando rialzò gli occhi, Ruby era ancora là e le stava sorridendo, non perché colta in un momento di commozione, ma teneramente come una sorella. Spinta da emozioni che aveva cominciato a provare da quella mattina l'abbracciò e le bisbigliò in un orecchio "Grazie per essermi amica." coscia del fatto che insieme ad un marito, Emma stesse ereditando una famiglia intera di affetti.
"Emma Swan," le fece Ruby tentando un tono di voce accusatorio, che però le uscì spezzato dalle lacrime "non ti starai commuovendo?"
"No, no, no." le rispose la bionda, allontandosi da lei ed asciugandosi con le dita quelle due gocce d'acqua che erano sicuramente cadute dal soffitto piuttosto che dai suoi occhi "Non dire idiozie."
"Ma che sposina!" la prese in giro l'altra
Emma avrebbe voluto con più convizione contraddirla, ma ad un certo punto era arrivata anche a pensare che non fosse una tragedia tradire un'emozione di tanto in tanto, specialmente il giorno delle proprie nozze. "Un'altra parola e ti chiudo la bocca!" minacciò però alla fine, retaggio di una vecchia abitudine che ormai usava per far ridere.
Ruby sorrise, comprendendo la donna a pieno. Si passò allora due dita sulle labbra serrata da una parte all'altra, chiudedonsele con una cerniera invisibile.



4 aprile 2013
"Ehi splendore!" fece Killian entrando nel locale, con le mani alzate, in quel suo modo teatrale di fare che tradiva sempre un tentativo di distogliere l'attenzione dalla faccia triste e dagli eventi ancora più tristi che gli si stavano succedendo.
"Tesoro mio!" esclamò Ruby e si protese con le labbra allungate. Si fece stampare un bacio sulle labbra. Guardò verso Dorothy che si era fermata con il solito sguardo sulla faccia, la solita faccia che faceva quando li vedeva baciarsi così. Era infastidita, ma col tempo si sarebbe abituata."Scusa." le chiese Ruby con il faccino dolce.
Dorothy sospirò rassegnata e se ne andò a recuperare i bicchieri tra i tavoli. Nonostante non stessero insieme da molto, aveva deciso che poteva accettarlo, purché Ruby si scusasse dopo con lei e mostrasse comunque interesse nel proseguire quella relazione.
"Ti ha addomesticata per bene." esclamò Killian. Si tolse la giacca e si sedette al solito posto al banco di fronte a lei.
Ruby recuperò un bicchiere e la bottiglia di rhum, glielo versò e glielo allungò. "Liscio?" chiese, ovviamente dopo aver preparato l'ordine che implicitamente gli aveva chiesto.
Killian le prese il bicchiere da mano e buttò il liquore giù tutto in una volta, le allungò poi di nuovo il bicchierino e guardò sul bancone di legno e su quei graffi vecchi e sporchi, per nascondere le lacrime provocategli dal liquore forte.
"D'accordo," cominciò lei "che c'è che non va?"
Killian alzò la faccia, si gonfiò le guance e la guardò dritta negli occhi senza dire niente, sorpreso ogni volta come lei riuscisse a saltare i convenevoli ed arrivare direttamente al punto in mezzo secondo. "Milah." rispose lui.
"Che novità!" fece Ruby con voce acuta, alzando una mano e agitandosela vicino alla testa, riferendosi alla solita storia: Milah la pazza, la stalker, la fissata, l'incapace... Quando cominciava con quella storia gli dava i nervi, ma per la prima volta allora capì che forse avrebbe dovuto darle retta tempo addietro.
"Ha assunto questa donna," cominciò a spiegarsi "un investigatore privato, per seguirmi e spiarmi. Probabilmente ci sta guardando ora da fuori alla porta. Una dilettante, mi è venuta addosso ieri mattina e si è inventata una commedia." sputò fuori, infervorandosi mentre raccontava "Credono di prendermi in giro? Che sia stupido?" domandò retorico "Ho un appuntamento con quella stasera, non vedo l'ora di smascherarla davanti a Milah. Dio, che soddisfazione." fece poi pregustando già l'idea e la scena. "Versa un altro." aggiunse alla fine.
"Wow!" esclamò Ruby sorpresa, non sicura al cento per cento di aver afferrato tutto. "Una donna? Davvero?"
"Ti sorprende?" Ed un po' in effetti sorprendeva entrambi. Milah non avrebbe fatto avvicinare neanche un dottore a Killian se fosse stato una donna.
"Belle tette?" chiese Ruby per sdrammatizzare.
Killian sorrise complice.


17 aprile 2013
"Tesoro?" lo chiamò Milah dall'open space in cui c'era salotto e cucina. Quella mattina avevano consegnato un pacco, uno dei tanti regali di nozze che lei non aveva il permesso di aprire da sola. Aveva dato però una sola sbirciata ed aveva visto ceramica bianca. L'aveva studiato per bene, rivelando un avviso che diceva "fragile", frenandola dall'agitarlo per scoprire che cosa contenesse.
Killian s'alzò dal letto, posò le parole crociate sul comodino e si infilò le scarpe sbuffando: se non si fosse mosso presto avrebbero cominciato a litigare, accusato di non ascoltarla persino quando gridava il suo nome. I lacci degli stivali gli stavano però dando il tormento, maledicendosi del fatto di non aver mai voluto usare un paio di ciabatte come tutte le persone normali, così per frenare la follia della futura moglie le urlò un "Sì?"
"Puoi venire un attimo?"
Killian sbuffò di nuovo varcando la soglia della stanza. Se ne andò però direttamente al frigo e recuperò una bottiglia di vino aperta la sera prima. Se ne versò mezzo bicchiere, ne bevve un sorso dalla bottiglia e poi la riposò in frigo. S'avviò poi verso Milah che se ne stava in piedi davanti al tavolo.
"Che schifo, vuoi berlo davvero?" chiese lei non appena lo vide, con sguardo disgustato stampato sul viso.
Già, la sua stupida teoria che se una bottiglia è già stata aperta e va in frigo praticamente si può buttare. Le molecole d'acqua del frigo alterano il sapore fruttato del vino. Conosceva quel ritornello a memoria. Si limitò a scrollare le spalle per evitare una discussione. "Che c'è?" chiese alla fine in un tentativo anche di distrarla.
"E' arrivato un altro regalo stamattina. Non l'ho ancora aperto e..." spiegò lei con le mani sui fianchi.
"Strano." commentò solo lui, riferendosi al fatto che lei avesse praticamente aperto e sbirciato all'interno di tutti i pacchi man mano che arrivavano, ovviamente senza di lui e senza dirgli niente.
"La finisci?" chiese lei, sbottando, cercando di rimettere insieme la situazione al punto di partenza. Non sopportava quelle frecciatine, aveva quasi l'impressione che lui non la sopportasse più, per cui ogni volta che ne sparava una cercava di riportare l'ordine, di cancellarle quasi.
"Scusa." fece Killian poco convinto. Si sedette sul divano, dietro di lei e bevve un altro sorso. "Apri." le intimò poi.
Milah aprì il pacco, ormai con l'umore spento. Accartocciò la carta e la mise da parte per poterla buttare subito. Guardò dentro e sospirò delusa. Tirò su un piatto bianco con la cornice a fiori celeste, un oggetto classico, di campagna, di cattivo gusto. Lo fece vedere a lui che si finì il vino. "Piatti."
"Già, ancora."
"Ancora." ripeté lei. "Vado a fare una doccia."
Killian s'alzò, posò il bicchiere sul tavolo dimenticandosi che avrebbe lasciato l'alone sul mogano e guardò nello scatolo.


1 maggio 2013
"Killian, che ci succede?" chiese Milah, posandosi il libro che stava leggendo aperto in grembo. S'arricciò nervosa le lenzuola tra le mani. Il gesto le fece cadere sul braccio la spallina della vestaglia da notte che indossava e s'apprestò timidamente a tirarla su, sperando che lui non l'avesse notata. Una volta s'eccitava per cose come quella. La guardava e le tirava giù anche l'altra. A Milah dava quasi fastidio perché le immobilizzava le braccia nell'indumento stretto, ma lo lasciava fare perché era bello avere le sue attenzioni addosso.
"Cosa?" chiese lui, che invece stava solo fissando il soffitto con una penna in mano.
"Noi non..." accennò lei.
Killian sapeva che quando lei intraprendeva un discorso del genere, sarebbe finita a piangere e sapeva anche che si sarebbe dovuto svegliare. Accese la luce sul comodino e si mise a sedere. "E' solo un periodo." biascicò con la scusa meno credibile del mondo. Forse di peggio c'era solo fingere un mal di testa. "Siamo entrambi stressati."
"No, non è questo, lo sai anche tu." insistette Milah, agitandosi da seduta coi piedi tra le coperte.
Killian sospirò perché sì, certo, lo sapeva, l'aveva capito da mesi ormai.
Milah scoppiò a piangere e gli si aggrappò alla maglietta di cotone. "Non ti voglio perdere." disse tra le lacrime disperata.
Per quanto la loro storia stesse andando male, Killian odiava vederla così. La sentiva piangere ed anche una parte di lui piangeva. La strinse tra le braccia e le asciugò le lacrime con le dita. "Sono ancora qui." riuscì a dire solo. C'erano così tante parole che avrebbe potuto aggiungere e lo sapeva. Avrebbe potuto dire che non si stavano perdendo, che avrebbero tenuto duro e sarebbero andati avanti, che ce l'avrebbero fatta a superarlo e che se chiudeva gli occhi e s'immaginava tra tre o quattro anni sarebbero stati ancora innamorati e sposati, insieme. Ma non voleva dire niente del genere. Non ne era convinto e si sentiva perso tanto quanto lei. Le lacrime di Milah intanto non si fermavano, s'erano solo fatte più silenziose.
"A volte la mattina ho paura di non trovarti." sibilò tirando su col naso. Le lacrime le impedivano persino di sentire l'odore confortante che veniva dalla sua pelle, che da tempo le aveva sempre dato la sicurezza che cercava, riuscendo ad essere forte per entrambi quando lui dimostrava una promessa.
"Ti faccio una promessa:" si preoccupò allora Killian, scegliendo accuratamente le parole "qualunque cosa accada non ti abbandonerò mai e basta. Ok? Non devi preoccuparti di questo."
"Lo so," fece lei "sei un brav'uomo."
"Magari."


13 maggio 2013
Aveva aperto da poco eppure Ruby aveva già il suo primo cliente, che non si sorprese affatto che fosse il suo migliore amico Killian Jones. Se ne stava lì a guardarsi le dita e il cellulare, il bicchiere, poi l'orologio e poi di nuovo il cellulare, controllando nervoso tutto. Ruby sapeva cosa stava succedendo nella vita di lui e da giorni provava ad indirizzarlo verso quella che era la sua volontà, frenata però dal rispetto e vecchio amore per una donna che tuttavia a lei non era mai piaciuta. Tifava per Emma, le era piaciuta dal primo momento che l'aveva vista ed aveva visto in lei molto del suo amico. Emma non era quello di cui aveva avuto Killian in passato, non era la donna accogliente che gli aveva insegnato ad amare in qualche modo. Sapeva che una volta lui aveva avuto bisogno di Milah, per trasformarsi dal don giovanni che era nell'uomo che era diventato, ma quel tempo era finito. Adesso gli serviva invece una donna con cui condividere la vita, una che gli tenesse testa e che non lo mandasse al manicomio. Sorrise, perché era diventata più saggia da quando aveva conosciuto Dorothy.
"Avevi ragione sai?" cominciò allora Ruby, cercando di intraprendere un discorso, per spiccicargli il racconto di una storia che sapeva già come sarebbe andata a finire.
"Cosa?" chiese lui, uscendo da bolla in cui s'era chiuso.
"E' carina." rispose solo e Killian sorrise, capendo subito a chi si stesse riferendo lei. Questo diede ancora di più la prova a Ruby che Emma s'era insinuata nella testa del suo amico e non gli stava dando un attimo di tregua.
"Lo so." rispose solo lui, sorridendo ancora.
"Ed è cotta." aggiunse.
"Lo so."
"Davvero?" domandò Ruby sorpresa. Di quello era sorpresa veramente, sì. Non credeva che fossero già a quel punto. S'era immaginata una storia lenta ed infinita, mesi di rimorsi e rammarico. Beh, meglio per tutti!
"L'ho baciata." cominciò a raccontare lui e si spiegò immediatamente il motivo di quel sorriso impertinente e sognante sulla faccia. La bocca di Ruby s'aprì in una O bella piena. Gli diede uno schiaffetto sul braccio, perché quel brutto impertinente si era tenuto per sé quell'informazione così essenziale. Stava quasi per dargli addosso e riprenderlo, ma poi quel sorriso sparì e lo lasciò continuare. "Ed ora devo andare a prendere Milah che si è fissata con questa stronzata di Emma e Walsh e vuole farli accoppiare come cani."
Ruby sospirò: come previsto sarebbe andata per le lunghe.
Killian la guardò, aspettandosi un consiglio o forse, più probabilmente, un commento cattivo su Milah che giocava a fare dottor stranamore per allontanare da lui qualunque altra donna. L'amica però non parlava, non diceva niente e quasi quel silenzio lo infastidiva. "Non mi dici niente?"
"Che dovrei dirti?" chiese lei e recuperò uno strofinaccio da sotto al bancone che usò per asciugare i bicchieri prima di riappenderli a testa in giù sopra alla sua testa.
"Che sto facendo una stronzata?" propose Killian. "Forse." aggiunse insicuro, non sapendo nemmeno se davvero stesse facendo una stronzata, se fosse qualcosa di serio o solo una cottarella. E poi quando mai aveva mai aveva guardato un'altra donna pensando a qualcosa di serio.
"Quale delle due sarebbe la stronzata, il bacio o il matrimonio?"
Touchè. Killian sospirò. "Che devo fare?" si chiese più a sé stesso che alla sua amica. Scivolò sul bancone e ci diede una finta testata.
"Fare pace col cervello." gli suggerì Ruby, tirandolo su dal bancone "E bere." aggiunse versandogli un altro bicchierino che l'avrebbe fatto arrivare quasi ubriaco al secondo doppio appuntamento con Milah, Walsh ed Emma. Più tardi Ruby gli consigliò anche di baciarla di nuovo e concluse con "se son rose, fioriranno."
"Chiudi il becco!" rispose lui.


15 maggio 2013
Avrebbe voluto andar via con lei, con Emma, voleva quella vita così ardentemente. Cavolo, avrebbe voluto addirittura trasferirsi da lei e stravolgere tutto, per la prima volta in vita sua voleva cambiare non una sola cosa ma tutto. Non aveva mai così ardentemente desiderato una persona, una vita diversa. Con la coda dell'occhio riconobbe però un coccio di ceramica lanciato da Milah sull'asfalto sotto casa sua, i fiorellini azzurri attorno ai piatti. Si ricordò della sera in cui aveva aperto quel pacco con lei e così gli tornò in mente una promessa: non se ne sarebbe mai andato e basta, mai di punto in bianco.
Quando arrivò in cima alle scale, la porta era già aperta. Riusciva a riconoscere pezzi di normalità in mezzo a quel casino fisico e mentale: il pavimento era in ordine e sul divano c'era Milah, seduta ad aspettarlo. Il mascara era sciolto sotto agli occhi, i capelli annodati dietro alla testa.
Killian sospirò cercando di prendere coraggio e poi si sedette accanto a lei. "Dobbiamo parlare." Mai si sarebbe aspettato di pronunciare una frase tanto crudele in vita sua.
Milah fece cenno di sì con la testa. "E' finita, vero?" gli chiese.
Killian non sapeva bene come rispondere. Prese fiato e cercò di essere quanto più sincero potesse. Glielo doveva e lo sapeva. Parlarle era una cosa che doveva fare. "E' finita da molto tempo, per entrambi. Il bambino che volevi" cominciò accennando delicatamente alla questione "era solo un tuo tentativo per avvicinarci di nuovo.". Le allungò le braccia perché sapeva quanto spinoso fosse l'argomento, invitandola ad abbracciarlo e stringersi per prendere coraggio.
"Lo so." fece lei e singhiozzò, macchiandogli la maglia sporca che indossava. Ormai da troppo tempo gli piangeva sul petto. Quella posizione a poco a poco era però cambiata. C'era sempre la forma del suo corpo contro quello di lui, ci stava ancora comoda, ma era diverso, come una piuma che vien fuori dal piumone, come se qualcuno le avesse rassettato il cuscino. Persino il suo odore era diverso. "Ho paura."
"Sai che faccio quando ho paura io?" cercò di consolarla Killian con la voce più dolce che riuscì a tirare fuori.
"Ti chiudi in quello stupido bar con la tua amica e bevete?" chiese lei, ironizzando e con un sorriso nervoso sulla faccia.
Killian sorrise con lei, perché sì, forse era quello, decidendo invece di ignorare il fatto che Milah non avesse mai voluto pronunciare il nome della sua amica, come a tenersi distante dal suo mondo. Ma non era lì che voleva arrivare. "No." rispose e si stupì del fatto che nonostante i tanti anni passati insieme lei, lei non lo sapesse. "Penso a mia madre." aspettò un attimo e la guardò. Lei aveva un'espressione confusa sul viso. "Sorpresa?"
"Posso pensare a te?" chiese lei, cercando ancora un minimo contatto che l'aiutasse per tutto quello che sarebbe venuto dopo.
"Per un po'." cominciò lui ed al pensiero di quello che stava per dire si sorprese a piangere. "Poi dovrai andare avanti."
Milah chiuse gli occhi e lasciò correre delle lacrime. Non s'era mai vergognata di piangere con lui. S'asciugò il naso con un fazzoletto e poi provò a parlare, sempre con quel fare nervoso, come se ormai si fosse creata una voragine tra loro. "Se riuscirai a sposarti devi invitarmi."
Killian si girò verso di lei. Non ci aveva mai pensato alla possibilità di poter sposare qualcun'altra, tipo Emma per esempio. Cercò di ignorare il pensiero e di rimanere nel presente, d'altronde non sapeva neanche se lei fosse ancora giù al piano di sotto ad aspettarlo. Un giorno gliel'avrebbe chiesto. "Fammi indovinare, hai visto un vestito perfetto in qualche vetrina?"
Milah scoppiò in un misto tra una risata isterica e un sorriso vero. "Abbastanza da farti chiedere se hai fatto la cosa giusta."
Killian teneva la testa bassa, senza aver il coraggio di guardarla. Sorrise pensando al giorno in cui l'avrebbe rivista, a quando sarebbe stata diversa allora la sua vita, al fatto che non vedeva l'ora che cambiasse. E per la prima volta non aveva paura. Si girò verso Milah, le diede un bacio sulle tempie e fu finalmente pronto per andare.
Quando poi non trovò più Emma, pensò intensamente a sua madre. Guardò in alto dove c'era il balcone dell'appartamento in cui aveva vissuto per tanti anni, dove c'era il suo passato e poi avanti lungo la strada dove se n'era appena andato il suo futuro.


16 maggio 2013
Erano le due del mattino, stava sotto casa della sua migliore amica e non era per niente sicuro che quella luce accesa significasse che era ancora sveglia o che si era addormentata guardando la tv. Killian sospirò, decise di fare un tentativo piuttosto che aspettare su una panchina per tutto il tempo. Suonò il campanello sperando di non svegliare tutto il condominio nel frattempo.
Sentì delle risate che venivano da dentro, voci ben distinte di due donne che conosceva bene ed una serie di piedi ancora avvolti negli stivali che s'avvicinavano. Gli aprì la porta Ruby in una nuvola sconvolta di capelli scuri, seguita dalla sua fidanzata Dorothy che le stava appesa con le mani ai fianchi ed il mento sulle spalle. "Che faccia!" fece subito ed evidentemente non si era vista la sua.
Killian decise di soprassedere, conoscendo bene quel sorriso che teneva sul viso e passò al dunque. "Posso dormire da te?" chiese entrando direttamente in casa, senza aspettare che lei rispondesse. Arrivò al divano e vi si lanciò sopra, strizzandosi gli occhi dietro il pollice e l'indice della mano destra.
"Sì." rispose Ruby sospettosa, seguita da un ironico "accomodati pure" di Dorothy, che aveva simpatia per Killian a giorni alterni. Quando l'aveva conosciuto l'aveva definito "cafone maschilista", ma poi aveva deciso di fidarsi di quella ragazza che le piaceva tanto ed aveva iniziato a sopportarlo ed a capirlo.
"Sono un'idiota." sospirò lui, ignorando le frecciatine.
Ruby diede un pizzicotto alla fidanzata, con sguardo che implorava pietà verso l'amico ferito e poi lo raggiunse sedendoglisi accanto. "Spiegati meglio." gli chiese, aspettando che Dorothy li raggiungesse posizionandosi sulla poltrona accanto a lei.
"Il matrimonio è cancellato, è finita con Milah." gli spiegò Killian, partendo dall'inizio, sperando di non sentire grida di esaltazione e di gioia dalla brunetta. "E lei se n'è andata comunque, porca puttana!" bestemmiò alla fine e preso dalla rabbia lanciò per terra un cuscino tondo e rosso, che rimalzò sul tappeto senza produrre alcun rumore e senza lasciargli almeno il minimo di soddisfazione che s'aspettava. Ruby sospirò, s'abbassò, recuperò il cuscino e lo lanciò alla fidanzata che senza pensarci troppo se lo strinse addosso abbracciandoselo. "Emma." riprese a spiegare lui, che non aveva sentito alcun commento venire dalle due parti.
"L'avevo capito." rispose Ruby. Guardò la fidanzata, le sfiorò un ginocchio con la mano e cercò di immaginare che fosse successo se lei l'avesse mollata dopo una settimana. "Mi dispiace." riuscì a dire solo sinceramente.
"Se ti può aiutare," cominciò Dorothy, sollevando i piedi sulla poltrona, appollaiandocisi sopra "credo che lei abbia paura di te." gli spiegò.
"Di me?" chiese lui scettico, pronto a sparare un velato insulto. La puntò con gli occhi, ma poi vide le mani delle due intrecciate e lasciò perdere. Da quando non prendeva più la mano di Milah e lasciava che lei ci si allacciasse in automatico? Se solo avesse capito prima Emma non sarebbe andata via. Sarebbe stato meglio per tutti e tre. Che gran coglione!
Dorothy schiarì la voce, pensando che fosse ovvio che lui non avesse capito e che come al solito gli uomini non capiscono un cazzo. "Che non ti potesse dare quello che ti dava Milah..." passò a spiegare.
"Non che fosse molto." aggiunse Ruby ironicamente.
"... in termini di vita." continuò dopo l'interruzzione "Se non avete le stesse prospettive perchè provarci?" cercò di essere chiara una volta per tutte. Il punto era che quella Emma la capiva benissimo, o meglio forse era lui che capiva benissimo: quando Dorothy aveva conosciuto Ruby, qualcuno l'aveva messa in guardia su quanto quella ragazza cambiasse idea velocemente. Il giorno che lei le chiese di uscire, le mise subito in chiaro che nel suo futuro vedeva una casa in periferia, un lavoro onesto e dei bambini. Ruby non l'aveva presa troppo bene, si era spaventata ed era andata via, ma a lei andava meglio così: aveva paura di innamorarsi e poi scoprire di non avere un futuro con lei. Accettò di uscire una seconda volta solo dopo un "ci penserò" da parte dell'altra e si rivelò essere la scelta più sensata: Ruby aveva cambiato idea, si era svegliata una mattina e le era scattato qualcosa.
"Io non la voglio sposare," si lamentò Killian, rompendo subito l'incanto di quella situazione "non voglio fare il paragone, non le ho chiesto niente! E lo sa."
Ruby sospirò. "E' confusa, siete confusi entrambi." provò a dire, mettendogli una mano sulla spalla con fare consolatorio, ma lui si divincolò presto, s'alzò, cominciò a fare avanti e dietro dal divano al televisore con fare nervoso. "Prenditi del tempo anche tu, lavora su te stesso." gli suggerì Ruby.
Killian si girò vero di lei, come se proprio in quel momento avesse avuto un'epifania: gli venne in mente quello sguardo di disapprovazione con cui Emma lo guardava, quella silenziosa predica di non farsi mettere i piedi in testa da Milah che decideva tutto per entrambi, che lo obbligava a cene a quattro, che lo tratteneva con la sua ansia costante, con il suo intimargli di tenersi il lavoro e di accettare quella mediocrità che aveva trovato a favore di un rapido impiego.
Forse poteva...


5 dicembre 2014
"Se vuoi stare con me, ti deve piacere quello che piace a me!" gli impose Emma, che teneva in una mano il telecomando del televisore e con l'altra a tratti gli toccava i capelli con la scusa di controllare che il nodo della benda che gli aveva messo sugli occhi tenesse. Era strano, ma aveva notato che lei aveva un feticcio per i suoi capelli. Non che gli dispiacesse!
"E dove sta scritto?" chiese Killian che vedeva solo attraverso una piccola fessura tra il tessuto nero e le guance. Alzava la testa ogni tanto, così da poter spiare che stesse facendo, ma non appena lei lo notava gli tirava il naso, riportandolo giù e rovinandogli la festa. Quello che lei non sapeva era che con quel gesto, lui poteva guardarle il seno. Decise di ammirarla senza dire niente.
Killian, per fortuna di Emma, non poteva vedere la faccia che lei stava facendo: si teneva un'unghia tra i denti nervosamente, guardava lui e poi il televisore. Fissava quei peli della barba che gli crescevano sul collo ed aspettava di vedere il suo pomo d'adamo fare su e giù.
"E dai, provaci!" si lamentò lei e poteva immaginarsela mentre si sbatteva le mani sulle gambe, lamentandosi come una bambina, facendo riemergere quei lati divertenti del suo carattere spigoloso.
"Va bene!" s'arrese lui per dargliela vinta, anche se già sapeva dall'inizio che l'avrebbe fatto. "Posso?" chiese poi, appendendosi con le dita davanti agli occhi a quella stupida benda improvvisata, che altro non era che una fascia per capelli. Ottenne il via libera e finalmente ci vide di nuovo. Emma lo lasciò piantato davanti alla televisione a guardare uno stupido show sui draghi, castelli ed intrighi di corte che, a dire il vero, non gli dispiaceva poi tanto. Quello che però a Killian piaceva di più era vedere lei sorridere: di tanto in tanto Emma spiava lui, poi tornava al televisore, quindi spiava lui di nuovo e sorrideva contenta. Chissà poi per quale motivo era così contenta.
Quando i titoli di coda partirono, con un gesto veloce del telecomando che altro non era che un'appendice della mano di lei, la donna saltò a sedere sul divano, si portò un piede sotto al sedere e guardò l'uomo con le labbra che stringevano un sorriso. "Allora?" chiese poi sulle spine.
"Carino!" le rispose lui, scrollando le spalle, facendola aspettare per quel momento di soddisfazione che prima o poi le avrebbe concesso.
"Carino?" ripeté lei sconvolta "Ma se non riuscivi a staccare gli occhi dallo schermo!"
"E' vero." s'arrese Killian, forse troppo presto.
Il sorriso di Emma s'allungò da parte a parte sulla sua faccia. "Dillo!" fece allora incitandolo come faceva di solito, ma Killian stava zitto e la guardava, mossa che sapeva avrebbe avuto l'effetto di punzecchiarla. "Dillo!" ripeté lei.
"Avevi ragione." fece allora lui, alzando entrambe le mani, in un gesto che ormai era diventato così usuale per lui. Era un gioco, andava a finire quasi sempre così: Emma proponeva un'attività, un discorso, una serie televisiva da seguire; Killian controbatteva solo per il gusto di vederla agitarsi o mettersi d'impegno e solo alla fine le dava ragione, s'arrendeva, anche se sapeva che l'avrebbe fatto sin dall'inizio. Quando s'arrendeva, Emma cercava di passare dalla sua parte e capire le sue ragioni, anche quando non c'erano.
"Oh finalmente!" esclamò Emma. "Sai, non ero sicura che ti sarebbe piaciuto, ma..."
E allora Killian si perse di nuovo nei suoi pensieri e smise di ascoltare. Quando lui s'arrendeva, Emma cercava di passare dalla sua parte e si rimetteva in discussione. E fu un lampo, un colpo di genio. "Emma?" la chiamò subito. Si girò, ma lei non era più sul divano. S'alzò di corsa e la raggiunse in cucina da dove sentì il rumore metallico di una pentola cadere sopra un'altra. "Emma?" chiamò di nuovo.
"Hm?" chiese lei in piedi sulle punte, con le mani allungate alle padelle sugli scaffali più in alto.
Killian sospirò, preparandosi. S'appoggiò allo stipite della porta della cucina, si montò in faccia quell'espressione di triste arresa che, anche se finta, avrebbe colpito lei, facendola ritornare sui suoi passi. Odiava fingere con lei, odiava dover pensare a stupidi piani e sapeva benissimo che così facendo non migliorava quei problemi di comunicazione che avevano sempre avuto sin dall'inizio. Ma erano bazzecole, lo sapeva, lo sapeva benissimo, tanto che nella sua testa vedeva un futuro radioso con lei. "Mi arrendo." disse solo.
"Cosa?" chiese lei confusa, pensando probabilmente al telefilm, alla televisione o alla discussione semi seria che avevano avuto sulla cena.
"Ti ricordi quando credevi che volessi chiederti di sposarmi?" domandò retoricamente lui e dal suo silenzio piombale che era caduto in quella stanza, poteva dire che sì, Emma se lo ricordava: quella sera quando voleva dirle del suo nuovo lavoro, avrebbe voluto chiedere di aspettarlo, di guardare avanti, di chiedersi se si vedeva in un futuro accanto a lui. Non aspettò che lei rispose. "Mi arrendo." ripeté di nuovo, scrollando le spalle.
Studiò ogni minima risposta e lei se ne stava là a fissarlo. Nessun "oh finalmente!", né un "dì che avevo ragione", niente di niente. Lo guardava e basta. Potette giurare di averla sentita ingoiare saliva. Poi con il sorriso più forzato del mondo fece un sì con la testa e bisbigliò un "ok", prima di tornare giù sui suoi piedi, guardare intensamente la padella che stringeva in mano e mettersi confusa a cucinare.
Forse era la tecnica migliore che avesse mai adottato.


28 Luglio 2015
"Vuole chiederle di sposarla?" chiese il gioielliere di fronte a lui, dopo avergli piazzato davanti una serie di scatoline ed anelli, che a guardarli da vicino gli facevano girare la testa e quasi vomitare.
"Già." fece Killian, pensando che era ovvio, altrimenti perché entrare in una gioielleria e chiedere un anello di fidanzamento? Aveva deciso però di non essere sgarbato, di sperare di poter ottenere un qualche sconto se si fosse mostrato gentile. In questo era decisamente più brava Emma!
"Complimenti, sono sicuro che le dirà di sì." fece il gioielliere, giocando con le mani e continuando a guardare lui e gli anelli, lui e gli anelli, quasi volesse dirgli di sbrigarsi a scegliere.
"Non ne sia così sicuro." rispose Killian sovrappensiero. Col passare dei mesi aveva deciso tante cose: che se prima il matrimonio con Emma era solo un pensiero o un sogno, nell'ultimo periodo s'era trasformato in tutto quello che lui voleva davvero; che nonostante avesse dovuto aspettare che lei tornasse sui suoi passi e ci pensasse davvero, voleva farle la proposta proprio l'indomani a Miami, durante il viaggio che stavano programmando sin dal compleanno di lei, quando le aveva fatto trovare il biglietto dell'aereo sul fondo di una scatola di cioccolattini.
L'uomo tirò dentro aria come a volersi rimangiare l'ultima affermazione. "Le donne difficili sono quelle che regalano una vita più piena." disse al suo cliente, col fare di un vecchio saggio che a Killian ricordava il personaggio di numerosi film sul kung fu.
Killian lo guardò, decidendo di tralasciare il commento che gli era venuto in mente. Guardò verso il basso di nuovo, verso gli anelli, perdendocisi completamente, quasi pensando che niente fosse adatto ad Emma, quasi pensando che non le avrebbe mai messo un anello al dito. "In realtà non so cosa scegliere."
"Si dice che la pietra migliore sia quella che rispecchia perfettamente il colore degli occhi di lei." fece l'uomo consigliandolo.
Killian sospirò. Già, questa l'aveva già sentita, ma era banale e lui non voleva essere banale. Sospirò, pensò a lei, al loro rapporto, a quello che era cambiato negli ultimi anni che stavano insieme, al fatto che dopo più di sei mesi, nonostante il suo piano stupido di arrendersi con lei che era sicuro che l'avrebbe portato da qualche parte, niente era cambiato. Si guardò attorno e vide nella vetrina accanto diversi ciondoli, alcuni erano degli animali e gli venne un'idea. "Sa che le dico? Lasciamo perdere. Facciamole un regalo e basta." Il gioielliere lo guardò pensieroso, stringedo le labbra e massaggiandosi le mani di nuovo ed ancora, forse pensando a qualche altra frase banale e scontata, come un "la prossima volta andrà meglio" o un ancora più ovvio "non s'arrenda". Killian sospirò di nuovo, chiuse gli occhi e s'arrese davvero anche con sé stesso. "Ce l'ha un cigno?" chiese.


17 marzo 2016
Stesso posto, stessa ora di sempre. Il pub di Ruby, tavolo vicino al bancone dove lei poteva sentire tutto se doveva lavorare, alle nove di sera, dopo cena, dopo la prima tv di quella stupida serie. Killian ed Emma avevano chiesto quell'incontro con voce emozionata ed una certa fretta che si leggeva tra le righe.
"Secondo te che ci devono dire?" chiese Dorothy, prendendo un sorso di schiuma dalla solita birra scura che ordinava ogni volta.
Ruby alzò un sopracciglio e la guardò. "Lo sai cosa ci devono dire." rispose solo, ovvia, che altro avrebbero dovuto voler dire? Si versò l'ultima manciata di salatini dalla scodellina di plastica rosa sul tavolo, poi allungò il piattino verso uno dei suoi camerieri che lo riampiazzò subito con uno pieno.
"Lo faranno davvero?" si chiese la fidanzata, più tra sé e sé che come una vera domanda. Raccolse i biscottini salati dalla ciotolina e lasciò all'altra i rimanenti.
Ruby batté le dita sul tavolo, poi il piede a terra ed infine si rigirò stufa gli anelli attorno alle dita. Guardò l'orario sullo schermo della tv, che trasmetteva una partita di football come al solito, attirando i tifosi nel locale. Ed intanto i suoi amici erano in ritardo e presto avrebbe dovuto dare il cambio al sad un suo dipendente al bancone. "Cinquanta dollari che si sposeranno tra un paio di mesi al massimo."
"Così pochi?" chiese Dorothy dandole corda, perché lo sapeva che le piaceva far vedere che conosceva i suoi amici.
Ruby prese un sorso dalla sua birra rossa, ormai quasi, e scrollò le spalle. Avrebbe voluto dire che conosceva bene i suoi polli, ma proprio mentre stava per aprire bocca vide Killian spingere la porta del locale, tenendo Emma per mano. Sorridevano entrambi percorrendo quei pochi passi, fino al tavolo. "Finalmente!" esclamò Ruby.
"Ehi!" risposero invece solo i due. Abbracciarono tutti, mostrandosi stranamente affettuosi e suscitando sguardi confusi da parte di Dorothy, un "visto?" da parte dell'altra ed un cenno di consenso di nuovo da Dorothy.
Killian ed Emma si sedettero al loro solito posto, occupando però un intero angolo di tavolo senza separarsi e mantenere un proprio spazio vitale, sistemandosi così vicini che le loro gambe si toccavano. Si guardarono, strinsero le labbra e sorrisero entrambi. "Siamo stati a Manhattan oggi. Siamo passati per il ponte di Brooklyn e..." fece Killian e poi guardò Emma.
"Ah sì?" fece Ruby, sperando che andassero avanti presto con quella storia che avevano deciso di prendere per le lunghe. Sospirò pensando però poi che per i suoi amici era un momento importante e che quindi Phil dietro al bancone poteva trattenersi per altri cinque minuti.
"La mia auto è ancora dal meccanico." fece Emma poi bombardandole di informazioni, che teoricamente dovevano spiegare tutto ma che in realtà non spiegarono niente.
"Interessante!" rispose Dorothy, suscitando una risatina da parte della fidanzata.
Emma fece un cenno col capo e poi ricominciò "Ci chiedevamo.." Strinse le labbra e guardò Killian, che prese al volo la parola, raccogliendo l'incipit che lei gli aveva dato "Che avete da fare il 18 aprile?"
Le due ragazze si congratularono con la coppia, che sapeva che sapevano. S'abbracciarono tutti, ricevendo i complimenti anche da parte di Phil e di qualche cliente che era al bancone, mentre sotto al tavolo Ruby allungava una mano, aspettando i suoi cinquanta dollari. 


 




Angolo dell'autrice
Ehilà! 
Arrivo oggi col mio capitolo preferito. Ho tentato di mostrarvi altre parti del carattere di Milah: se prima l'abbiamo guardata solo attraverso Emma, qui compare il punto di vista (più dolce) di Killian. Questo capitolo poi inserisce gli ultimi tasselli al puzzle, che mi rendo conto essere complicato per qualcuno che mi segue di aggiornamento in aggiornamento e non ricorda più i primi capitoli, ma molto semplice per chi sta leggendo tutta la storia dall'inizio.  Molti degli eventi qui citati (la scelta della data, del ponte di Brooklyn, il richiamo ai piatti, al viaggio a Miami, al fatto che Killian avesse insistito molto sul matrimonio fino a causare la rottura) sono cose che ho già inserito nei primi capitoli, nella maggior parte dei casi tra i ricordi di Killian. Manca l'ultimo capitolo e l'epilogo, quindi due aggiornamenti e siamo alla fine! Il prossimo capitolo sono sicura che vi piacerà molto ;D
Beh, che dire, grazie a tutti per avermi seguita e per aver letto. Vi invito a lasciarmi una recensione qui sotto ed alla prossima :*

  
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