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Autore: Ormhaxan    12/12/2017    3 recensioni
Gabrielle Nakovrar ha diciotto anni quando, seguendo le orme di suo padre e sua nonna prima di lei, entra a far parte della Bræthanir, la Fratellanza, gruppo di spietati e famigerati soldati al servizio dei sovrani di Yvjór, il regno della Primavera.
Ben presto, però, si renderà conto che dietro la gloriosa facciata fatta di palazzi maestosi, balli in maschera e sorrisi accondiscendenti si nasconde qualcosa di più profondo, oscuri segreti custoditi da secoli e la volontà di annientare coloro che dovrebbe essere protetti.
Nel regno a Nord di Ynjór, estremo baluardo che ancora resiste al dominio dei sovrani della Primavera, gli ultimi discendenti dei Sýrin, i mutaforma che un tempo popolavano ogni angolo dell'isola di Vøkandar, si stanno riunendo, insieme ad altri ribelli, sotto il comando di una combattente misteriosa che si fa chiamare Narmana.
E sarà proprio Narmana e il suo esercito che Gabrielle, adesso conosciuta con il nome di Nako, dovrà cercare di combattere quando la regina Lorhanna e il suo fratello bastardo, Lucien, ordineranno alla Fratellanza di marciare verso Nord in una missione che sembra essere un suicidio preannunciato.
Il vero nemico avrà realmente le sembianze di un lupo albino?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La civetta delle nevi fendette il candido manto di nubi e, silenziosa, si lanciò in picchiata verso l’alta torre del castello, atterrando con un balzello sul cornicione della finestra ogivale che dava sulle stanze del vecchio scriba.
L’anziano uomo era chino sui suoi antichi manoscritti, intento a leggere un vecchio libro di pozioni e incantesimi risalenti alla prima era e si accorse della presenza del silenzioso animale, adesso intento a curare il folto e morbido piumaggio del petto, solo dopo alcuni minuti.

«Sei tornato, finalmente! — esclamò, rivolgendosi al rapace come ad un vecchio amico e con passo lento si avvicinò alla finestra da cui si potevano ammirare le cime imbiancate dei monti circostanti — Mi chiedevo che fine avessi fatto, mio caro amico, ma sono contento di vederti sano e salvo e con notizie dal Sud.»
Con calma sfilò la piccola pergamena legata alla zampa della civetta, il messaggio di cui l’animale era stato l’ultimo portatore — prima c’erano stati altri messaggeri alati, gufi o corvi, a seconda del luogo da cui proveniva il messaggio. Tornato a sedersi sulla lignea sedia, lo scriba srotolò il messaggio e ne lesse il contenuto scritto frettolosamente con inchiostro nero e una calligrafia che lasciava trasparire apprensione e una grave urgenza.
«Dannazione!» si lasciò scappare l’uomo dai folti capelli bianchi, un’esclamazione così inconsueta per un tipo pacato e taciturno come lui e, per quanto le sue malandate e doloranti gambe glielo consentissero, si affrettò verso le scale a chiocciola e poi verso il salone dove avrebbe trovato la sua signora.


Lady Narmana stava discutendo con alcuni dei suoi uomini più fidati quando Egil entrò di tutta fretta nell’ampia sala del Consiglio: tunica nera stretta in una mano ossuta e rachitica e pergamena nell’altra, si fermò a pochi passi da lei e, con il fiatone e lo sguardo di chi aveva appena assistito a qualcosa di sconvolgente, fece un profondo inchino e chiese il permesso di parlare.
«Parla pure, Egil. — rispose con voce atona, notando sin da subito il messaggio ancora tra le mano dell’uomo — Quali notizie ci porti?»

Egil si guardò attorno con aria guardinga, domandandosi se fosse il caso di fare quell’annuncio davanti a quella mezza dozzina di uomini che, a differenza della sua signora, lo stavano osservando impazienti e curiosi; tra loro ne conosceva bene solo tre o quattro, ma si fidava ciecamente solo di uno, l’unico tra tutti che lo guardava impassibile con i suoi occhi del colore del cielo più terso — quegli occhi che conosceva da tutta una vita.
«Parla liberamente, amico mio, non indugiare.» disse ancora la donna, leggendogli nella mente come solo lei sapeva fare.
Egil si avvicinò ancora di qualche passo e, allungata la mano, porse alla donna dalla pelle di porcellana il messaggio.
«Notizie da Yvjór, — disse semplicemente, nonostante tutti sapessero bene da dove provenisse quel messaggio — Notizie riguardo Lorhanna e la sua famiglia.»

Narmana annuì lievemente: notizie giungevano regolarmente alla loro corte, messaggi inviati grazie alle loro spie, insediate sia nel castello sia tra i vicoli e le locande della capitale del sud, che scrivevano informazioni circa mormorii sussurrati davanti una pinta di birra o tra i corridoi segreti di un castello.
L’ultimo messaggio era giunto due giorni prima, una lettera che raccontava di un ballo in maschera imprevisto, un grande evento annunciato dalla sovrana stessa dopo la morte del loro nobile amico Serghej; un ballo che, stando alla lettera che in quel momento Narmana stava leggendo, era stato occasione per un inaspettato quanto sconcertante annuncio.
«Uscite tutti.» disse in quello che quasi fu un sussurro, guardando fugacemente uno dopo l’altro i suoi comandanti e alleati che, con un inchino, si apprestarono a lasciare la sala senza controbattere. 
«Non tu, Volk! — esclamò, fermando i passi di quello che era il suo consigliere più fidato, il più saggio tra i suoi amici e il più letale tra i suoi generali — Ho bisogno che tu rimanga.»
Poi, rivolgendosi nuovamente all’anziano Egil, comandò: «Mandate qualcuno nelle stanze del Capitano, che ci raggiunga immediatamente: questa notizia coinvolge noi tanto quanto coinvolge lui.»

«Non sarà facile per lui accettarlo. — una volta rimasti soli Volk prese la parola, dando voce a quel pensiero che era balenato nella mente del vecchio scriba prima e poi di Narmana — È della sua famiglia che stiamo parlando, del suo unico fratello. Per lui sarà un duro colpo e non sappiamo come potrebbe reagire: forse, sarebbe meglio aspettare e…»
«No! — il volto di porcellana della donna si fece improvvisamente duro — È un nostro alleato adesso, un alleato prezioso e non rischierò di intaccare la fiducia che ha riposto in noi: abbiamo lavorato fin troppo per ottenerla, per convincerlo che le nostre parole erano vere e non rischierò di perdere ogni cosa per causa di Lorhanna. Lucas saprà la verità e la saprà oggi stesso. Io stessa sarò il messaggero e tu, amico mio, ne sarai testimone.»
«La ragazza, invece? Non ha anche lei il diritto di sapere?»
Il viso della donna divenne severo: certo che lei aveva il diritto di sapere, ma non ancora, non prima di avere sotto controllo le sue emozioni, il lupo che viveva sotto la sua pelle.
«Lasciamo che finisca il suo addestramento, che impari a contenere le emozioni, la rabbia che in questo periodo sembra consumarla; lasciamo che Hecate pensi a lei e quando sarà pronta le daremo la notizia. Fino a quel momento ho bisogno che tutti voi teniate le parole, i messaggi e i segreti rivelati in questa stanza solo ed esclusivamente per voi.»
Volk scosse la testa, contrario a quella decisione, ma la donna non si diede per vinta: «Puoi farlo, Volk? Puoi tenere questi segreti nel tuo animo ancora per qualche tempo? Se non per me fallo per lei, per la memoria di tuo fratello…»
«Ancora per poco. — rispose severo — Il giorno non è lontano e quando arriverà non sarò più obbligato a prendere ordini da te.»
«Non lo sei mai stato. — ricordò Narmana — Avresti potuto essere al mio posto, ma hai deciso di non farlo; tu hai deciso chi essere, cosa essere, nessuno ha mai scelto per te.»
«La vita, così come la morte, hanno scelto. Certo, avrei potuto essere al tuo posto, ma sappiamo benissimo entrambi cosa sarebbe successo: morte, distruzione, sangue. Il sangue del mio popolo, dei miei amici, versato per sete di vendetta.»
«Tu non sei tuo padre o tuo fratello; non sei la bestia che alberga sotto la tua pelle, non…»
«Basta! — Volk ruggì e tenere a bada il suo lupo fu per lui un grande sforzo — Ci sono cose più importanti della mia stirpe di cui parlare, piani da preparare: la guerra non è lontana e quando arriverà dovrà trovarci pronti ad attenderla.»


 


**


La mano callosa accarezzò pigramente la pallida schiena nuda della donna dai lunghi capelli neri, strappandole un mugugno e un brivido di piacere.
Alto nel cielo, il sole penetrava obliquamente dalla finestra, illuminando i corpi intrecciati e le bianche lenzuola che ne coprivano le estremità inferiori: Lucas e Morgan si stavano godendo la beatitudine del silenzio che era seguita alla loro unione, dimentichi di tutti i problemi fuori dalla camera da letto, dei tradimenti e delle bugie, delle prove e delle battaglie che li attendevano da qualche parte nel loro immediato futuro.
La roshkar disegnava con i polpastrelli figure immaginarie sul petto leggermente villoso dell’uomo che amava, del suo compagno di vita e avventure, del padre di suo figlio, pensando a come quei giorni insieme fossero trascorsi velocemente: ricordò lo sguardo di Lucas, come si era illuminato di gioia quando l’aveva rivista sana e salva; la sua felicità era stata lampante quando tutti e tre – loro due e loro figlio, Theo – si erano ricongiunti in quel regno un tempo ritenuto il nemico e avevano passato del tempo insieme dopo mesi trascorsi separati l’uno dagli alti.
Quella sera, dopo il suo arrivo Hnmar, Lucas l’aveva condotta nelle sue stanze e le aveva chiesto di suonare il violino come la prima volta che si erano conosciuti — all’epoca, sette anni prima, lui era stato un giovane capitano sprovveduto e temerario, impaziente di dimostrare il suo valore e lei era stata una schiava, una delle giovanissime ragazze che riempivano la casa di un generale di Yvéstheim con il compito di allietare le feste, intrattenere gli ospiti e, se richiesto, tagliar loro la gola.
Nelle ore più buie della notte della piccola città cinta di fiordi, accanto ad un camino dal quale si sprigionavano tremolanti fiammelle rosse e gialle, Morgan aveva acconsentito alla richiesta di Lucas e, occhi socchiusi, aveva iniziato a suonare una dolce e malinconica melodia.
Molte lune erano trascorse dalla prima volta che Lucas aveva udito quella canzone — quella volta lei non aveva suonato quella melodia solo per le sue orecchie e questo, ricordò l’uomo, aveva fatto nascere in lui una innata gelosia.
Come la prima volta, però, il capitano l’aveva ascoltata in silenzio, guardata con occhi colmi di passione e ammirazione; come quella prima volta, anche quella notte l’aveva condotta fino al suo letto e, dolcemente, l’aveva spogliata e aveva fatto l’amore con lei.

«Credo che dovremmo alzarci e vestirci. — esordì suo malgrado la donna, rompendo il silenzio — Narmana ha indetto una riunione questo pomeriggio e sono certa che la nostra assenza è stata notata.»
«Non credo che ai generali sia dispiaciuto: vedo come mi guardano, la diffidenza nei loro occhi di ghiaccio e anche se una parte di me non riesce a biasimarli, l’altra odia profondamente la loro mancanza di fiducia. — Lucas sospirò e lasciò un bacio umido sulla spalla di Morgan — Dopo tutto, non combattiamo per la stessa causa? Non vogliamo tutti la stessa giustizia e lo stesso futuro per il trono della Primavera?»
«Capisco quello che dici, ma credo che la loro fiducia sia stata tradita fin troppe volte in questi ultimi decenni. — Morgan si portò a sedere — Troppe persone che si sono professate amiche o alleate hanno tradito, inoltre tu sei il primo in linea di successione dopo Lorhanna e il timore che le tue azioni portino ad un tornaconto personale sono comprensibili.»
«Nonostante questo non hanno esitato a fidarsi di lei, a eleggerla loro signora e comandante indiscusso, riporre nelle sue mani i futuro delle loro famiglie e del loro regno.»
Morgan sospirò e, protratta una mano, accarezzò dolcemente la guancia dell’amante: «Questo perché il loro signore si fidava di lei. Mikka ha riposto in lei non solo il futuro della sua gente, ma anche quello del sangue del suo sangue, della sua famiglia. — Morgan accennò un timido sorriso — Se c’è ancora una speranza per tutti noi è solo merito di quella donna e tu lo sai bene tanto quanto me.»


In quel preciso istante bussarono alla pesante e spessa porta di legno. I due amanti si scambiarono uno sguardo complice e, dopo che Morgan ebbe afferrato e indossato la tunica di lino e infilato i pantaloni di pelle, Lucas diede il permesso di entrare.
Egil rimase fermo sull’uscio della porta, il viso scavato e il corpo magro e con un frettoloso inchino chiese il permesso di avvicinarsi e conferire in privato con l’uomo.
«Non ci sono segreti tra me e la mia compagna, niente è proibito alle sue orecchie. — rispose piccato — Parlate senza timore alcuno, scriba.»
«Una lettera è giunta meno di un’ora fa dal Sud, notizie riguardanti la donna che siede sul trono. — annunciò con voce algida — Narmana vi aspetta nella sala del consiglio, ha espresso di conferire con voi, da soli.»
Lucas e Morgan si scambiarono un fugace sguardo complice e, seppur irritato all’idea della forzata separazione, annuì e disse: «Sarò da lei entro pochi minuti. Grazie, Egil, potete andare.»
Un ultimo, sbrigativo inchino e l’anziano uomo uscì dalla stanza silenzioso com’era entrato.

«Cosa pensi sia accaduto?» domandò Morgan, nella voce un sentore di preoccupazione.
«Non saprei, ma se Lohanna è coinvolta nulla di buono potrà venirne fuori.»



 


**




Volk non alzò lo sguardo dalle carte che, insieme alla donna, stava studiando da qualche minuto.
Il suo istinto gli diceva chiaramente chi era appena entrato, il passo pesante tradiva la sua natura di uomo del Sud e la sua voce trapelava un nervosismo che probabilmente neanche lui stesso si era ancora reso conto di provare.
Una parte di lui, quella che ancora poteva dirsi umana e capace di provare empatia verso il prossimo, provò un sincero dispiacere per Lucas, per quell’uomo dall’animo sincero e dal coraggio ammirevole che in quei pochi giorni aveva iniziato a tollerare e ritenere degno della sua fiducia: dopo tutto, anche lui aveva avuto un fratello, anche lui aveva provato la perdita e la rabbia, il tradimento scaturito da alcune sue scelte sprovvedute e, infine, la solitudine scaturita dalla dipartita.
Certo, Mikka e il giovane fratello di Lucas, Nikolas, sarebbero sempre state due persone agli antipodi, ma entrambi i fratelli avevano preso decisioni poco sagge, deciso di prendere in sposa due donne — due sorelle — che erano e sarebbero state la loro fine.

«Mi avete mandato a chiamare, Milady?» chiese retoricamente Lucas, piegando il capo in un veloce inchino.
«Presumo che Egil vi abbia informato dell’arrivo di un messaggio dal Sud. — rispose e l’uomo confermò con un cenno del capo — Lorhanna ha tenuto un ballo in maschera ieri sera, uno sfarzoso evento in cui, sorprendendo tutta la sua corte, ha fatto un annuncio che, parola mia, ha lasciato tutti sconcertati e sbalorditi.»
«La mia cara cugina ha sempre amato la teatralità. — si ritrovò a dire l’uomo, ricordando per un istante i balli e le grandi feste di palazzo — Presumo abbia annunciato un’imminente guerra o, meglio ancora, una grande alleanza con Hafmàrr.»
«Alcuni signori dell’oligarchia di Hafmàrr erano presenti al gran ballo in maschera, ma no, nessuna alleanza con loro.»
«Peccato, un vero peccato. — la voce di Lucas era piena di sarcasmo e una sorriso divertito si dipinse sul suo viso — Immagino che Lucien non ne sia affatto contento: per anni ha manovrato fili invisibili affinché la sorella sposasse uno dei figli legati agli anziani oligarchi, un primogenito persino, ma Lorhanna è testarda e tende ad essere sorda a questi giochi di potere.»
«Eppure un marito ha deciso di prenderlo. — fu Volk a parlare quella volta, distogliendo lo sguardo del capitano dalla donna e portandolo sulla sua figura — Una scelta alquanto azzardata, imprevista, piuttosto sciocca visti i tempi che corrono: Hafmàrr e i suoi oligarchi non saranno contenti e potrebbero persino volar loro le spalle e vedere noi come possibili alleati nella guerra che verrà.»
«Un matrimonio, dunque? È questo il tanto sconcertante annuncio fatto da mia cugina?»
«Questo e il nome del suo promesso sposo. — rispose Volk, scambiandosi un’occhiata con Narmana prima di proseguire: quando la donna annuì lievemente, il ragazzo albino ebbe il consenso che stava aspettando — Nikolas Dvjórst, vostro fratello minore, sarà colui che siederà al suo fianco come consorte e sovrano della Primavera.»

Per un momento, Lucas credette di aver udito male, che Volk non avesse appena pronunciato il nome di suo fratello — il sangue del suo sangue, il ragazzo che era stato il bambino che lo aveva seguito ovunque, che da sempre lo idolatrava, la persona alla quale era più legato e che aveva giurato di proteggere da tutto e tutti.
Quando, poi, incontrò gli occhi solo apparentemente privi di emozioni dell’albino realizzò che ogni parola appena pronunciata era vera e che suo fratello aveva davvero accettato di sposare la propria cugina e diventare la pedina di un gioco più grande di lui.
Nikolas era sempre stato un ragazzo ingenuo, malleabile, che vedeva il buono anche nelle persone più oscure: tutte questi suoi aspetti erano sempre stati apprezzati dal maggiore, ma adesso tutto ciò che Lucas desiderava era una situazione diversa, un fratello meno incline a compiacere il prossimo, più caparbio e furbo.
Lorhanna lo avrebbe schiacciato con facilità, trasformato in un consorte burattino, approfittato di lui e delle sue abilità innate sul campo di battaglia per metterlo in prima fila e disfarsi di lui quando l’occasione giusta si sarebbe presentata.

«Sarà una tragedia… — sussurrò con un filo di voce quello che era stato il commodoro della flotta ambrata della Primavera, parole rivolte più a se stesso che ai presenti — Il mio sciocco, stolto fratellino.»
«Dubitiamo che ci sia la mano di Lucien dietro, anche se c’è sicuramente lui dietro l’attacco a sorpresa che ci stanno preparando. — rivelò Volk, riprendendo la parola — Nessuno nella cerchia della regina approva questa unione eppure nessuno la ostacolerà.»
«Nikolas non avrà un esercito alle sua spalle, ma il popolo lo adora, è sempre stato il loro beniamino durante i tornei e nelle occasioni pubbliche di festa. — Lucas sorrise malinconicamente, ricordando come il popolo amasse suo fratello, com’era solito osannarlo ogni volta che l’occasione si presentava. Nikolas era sempre dalla loro parte, lui e la loro madre spesso visitavano le zone più povere della capitavano e portavano viveri e conforto ai più sfortunati — Lorhanna sa che nessuno le metterà i bastoni tra le ruote: nessuno, neanche Lucien cercherà di dissuaderla, rischiare così una rivolta popolare.»
«Per quello che vale sono profondamente rammaricata. — Narmana si avvicinò al capitano e, con fare materno, poggiò una mano sulla sua spalla — Sai bene che avrei preferito avere il giovane Nikolas come nostro alleato, ma adesso che i pezzi sono stati schierati sulla scacchiera non c’è nulla che io, o tu, possiamo fare.»
«Abbiamo fatto entrambi le nostre scelte, preso strade che ci hanno irrimediabilmente condotto su due sentieri lontani, impossibili da ricongiungere. — prese un respiro profondo e si fece coraggio: aveva perso suo fratello, ma aveva ancora la donna che amava, un figlio da proteggere e nonostante tutto, nonostante il dolore al centro del suo petto, sapeva che era a loro che doveva pensare — Tutto questo non cambia le mie scelte, le promesse fatte e le mie intenzioni: combatterò al vostro fianco, morirò per la causa in cui credo se necessario e farò di tutto affinché l’ordine naturale della cose venga ripristinato.»


 



*



Angolo Autrice: Hello, folks! Siamo tornati al nord e, per la prima volta, abbiamo conosciuto personaggi chiave come Narmana. Ora, so bene che alcune cose non sono chiare, che c'è molto di detto e non detto, ma presto - si spera - ogni cosa verrà svelata.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, al solito, ringrazio chi segue e vi invito a lasciarmi una recensione.

Alla prossima,
V.
  
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