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Autore: Mella Ryuzaki    15/12/2017    0 recensioni
SiwonxChangmin
( #WonMin )
« Ogni cosa avviene a suo tempo e, se hai pazienza e buona volontà, vedrai come le cose cambieranno. »
[ Ringrazio due mie amiche per avermi ispirata a questa fanfiction ]
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Max Changmin, Sorpresa
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tenevo lo sguardo sul soffitto, disteso sul grosso letto della mia camera.

Non mi ero minimamente fermato ad osservare quanto fosse grande e quante cose avesse quel mio angolino, ma ero entrato in camera dopo che la signora me lo indicò, richiudendo la porta e lasciando il trolley al centro della stanza.

Stavo ancora pensando a quel ragazzo, il figlio maggiore dei Choi e a quei suoi occhi. Occhi che lo stavano scrutando con una certa aria da spavalderia.

« Min, dovresti smetterla di pensarci. Non tutti sono "normali", no? » si trova a pensare a voce bassa, guardando continuamente quel soffitto e tirandosi seduto sul letto, osservando ora la sua camera.

Era spaziosa e c'erano due librerie abbastanza grandi che poteva riempire con i libri scolastici ed alcune foto, se ne avessi portate qualcuna.

Avevo lasciato velocemente quella casa e in malo modo e ciò che avevo era per la scuola ed i pochi vestiti che erano riusciti ad entrare nel trolley.

Avrei comprato altro con la mia prima paga in quella casa.

Non potevo stare tutto il tempo lì imbambolato ed iniziai allora a svuotare il trolley e sistemare le mie cose in quegli spazi che erano ormai miei.

Spostai la tenda, così grande che nascondeva una finestra altrettanto enorme, affacciata al giardino che dava anche ad un piccolo angolo con alcune panchine. Probabilmente era lì che la famiglia Choi passava le giornate di primavere ed estive in tutta tranquillità.

Mi piaceva come ambiente, tralasciando quel ragazzo mal conosciuto quel giorno.

Tornai verso l'armadio dove riposi la giacca e presi delle scarpe comode che mi ero portato dietro, pronto ad uscire dalla camera. Non potevo stare a lungo lì e dovevo conoscere bene quel luogo, come anche quella famiglia di cui mi sarei dovuto prendere cura.

Aprì la porta, ma sussultai quando mi ritrovai il figlio maggiore dei Choi davanti a me con quello sguardo che, se non fosse il figlio del datore del mio lavoro, avrei preso volentieri a schiaffi.

« Ti stai sistemando bene? Ti piace la tua... Camera? » domandò con uno strano sorriso sulle labbra, tanto da fargli comparire una fossetta sulla guancia destra. Era abbastanza alto, ma più con un fisico da palestrato, anche se i muscoli non erano così enormi da poter scoppiare sotto la sua pelle.

« Si, è molto bella e luminosa. Voleva sapere se stessi bene nella stanza assegnata, signor Choi? » risposi, mantenendo stranamente un tono quasi simile al suo, di stesso grado.

« Lo so, dato che molte delle stanze di questa casa sono pressoché simili. Ma ricorda dove si trova. Potresti entrare in camera mia in momenti poco piacevoli e non mi farebbe piacere, lo sai? »

« Se intende per quello che è successo poco fa, le chiedo scusa. Avevo capito male ciò che aveva detto la sign-... » le parole mi morirono sulle labbra, quando vidi la sua mano appoggiarsi allo stipite della porta ed avvicinarsi a me, guardandomi negli occhi.

Non cedetti al suo sguardo, ma sentivo le gambe tremarmi, stranamente. Era vicino, forse fin troppo per i miei gusti, mentre scrutava i miei occhi per poi abbassare lo sguardo sulle mie labbra e tornare nuovamente sui miei occhi.

« Chiamami Siwon e... Cerca di medicarti quel labbro. Non ha un bel vedere su questo viso da bambino. » 

Si spostò, tenendo quel suo sorriso sulle labbra che sembrava quasi scemo, lasciandomi così lì, ancora senza parole per quella vicinanza.

Non sono uno che trova gli uomini attraenti, sotto quel punto di vista, ma quel ragazzo aveva avuto uno strano effetto su di me.

Mi ripresi, dandomi alcuni colpi sulla fronte e chiusi la porta, andando al piano inferiore per cercare la signora Choi e magari fare un tour della casa in cui da domani avrei prestato servizio.

Scesi le scale, osservando nuovamente quel meraviglioso ingresso con i vari mobili moderni che però davano un senso di lusso antico e pregiato, accarezzando con le dita la balaustra di legno lucido e sentendo quanto fosse liscio al tatto.

« Oh, si è già cambiato, signorino Shim? » a risvegliarmi da quel magico momento fu la figlia dei signori, Jiwon, che stava salendo le scale in quel momento.

« Si, ho appena finito di sistemare le mie cose e stavo scendendo per... »

« Oh, cielo... Il suo labbro. » anche lei si era accorta di quel mio labbro e, prendendomi per mano, mi portò giù, verso quello che era il bagno della casa.

Era gradissimo, con due vasche ( esattamente una era una vasca idromassaggio ) tutto interamente di marmo pregiato con due lavandini ed un grande specchio con due lampadine che illuminava il bagno nelle ore buie. Era bello spazioso e Jiwon lasciò la mia mano per dirigersi verso un mobiletto basso bianco, da cui prese un piccolo kit di medicazione e lo posò sul ripiano del lavandino.

« Siete caduto? » domandò lei, mentre io ero ancora imbambolato davanti all'entrata di quel posto. 
Quella casa era il quadruplo di dove vivevo con mia madre.

« Si, mentre stavo venendo qui sono inciampato e... Beh, lo vede anche lei. » le sorrisi e mi sedetti dove mi indicò, lasciando che guardasse com'ero conciato. Fu delicata, cominciando a ripulire l'angolo e poi il labbro con le dita leggere, mentre io la osservavo.

Era uguale a suo fratello, solo con il viso più gentile e delicato, gli stessi grandi occhi profondi.

« Ecco, ora penso sia a posto. »

Ripresi contatto con la realtà dopo le sue parole e la guardai spaesato, posando le dita sul labbro che aveva medicato.

« La ringrazio... »

« Si figuri... E... Posso chiederle una cosa? » domandò lei, dandomi le spalle per sistemare al suo posto quel kit di medicazione al suo posto.

« certo... Mi dica pure. » risposi, alzandomi dal bordo dove mi ero  seduto.

« Siamo della stessa età... Pensavo, perché non darmi del tu? Non mi piace molto il "lei" e, come ho detto, siamo coetanei. » tornò a guardarmi e sorrise con dolcezza, facendomi arrossire come un perfetto idiota.

« Se... Se vuoi, certo... »

« Perfetto allora. Ricorda di medicarlo anche stasera, Changmin oppa. Sai dove trovare il kit ora. »

« ah... Ah, si... Grazie ancora, Jiwon. »

« Ancora di nulla. Ora vado nella biblioteca. Dopo dovrebbe arrivare il professore di pianoforte. Fai pure il giro della casa e riposati oggi. A dopo, oppa. »

Lei uscì, lasciandomi ancora imbambolato per quelle parole.

« Oppa... »

Mi piaceva essere chiamato così, soprattutto da lei che si era anche dimostrata molto gentile. Sorrisi come un abete, uscendo dal bagno e tornando nuovamente al piano inferiore, alla ricerca della signora Choi.

Non era poi iniziata così male, quell' giornata.

Passai davanti allo studio dove andai per il colloquio e bussai, sicuro di trovare la signora lì.

« Avanti! » ed infatti era lì dentro, seduta dietro la scrivania di suo marito con il portatile acceso davanti a sé, gli occhiali sul viso e quel sorriso caloroso sulle labbra.

« Non si sta riposando, signor Shim? »

« Si, lo sto facendo signora. Volevo solo, ecco... Volevo poter fare una visita della residenza, così da poter cominciare domani senza problemi. Potrebbe farmi da, ehm... Guida? » chiesi, rimanendo sulla soglia della porta.

« Certo, caro. Ma... Purtroppo dovrei finire alcune cose al computer. Magari puoi... Aspetta. »

Spostò lo sguardo sul cordless che prese, premendo un tasto. Attese un bel po', prima di cominciare a parlare, facendomi cenno di attendere.

« Tesoro, so che sei tornato da poco, ma sono occupata con alcune pratiche di tuo padre. Potresti accompagnare il signor Shim per fare il giro della casa? Va bene, grazie tesoro. Ok, glielo dirò. » spostò il cordless dall'orecchio e mi guardò, accennando un sorriso.

« La accompagnerà mio figlio. Mi ha detto di dirle che la attende nella piccola palestra di casa che si trova esattamente... Fuori dallo studio, tre porte a destra del corridoio. »

« Suo... Figlio? » tutto ma non lui. Avrei voluto trovare una scusa per non fare quel giro con lui, ma era inutile e la signora avrebbe pensato davvero che non volessi trovarmi con uno dei componenti della famiglia. 

« Si, lui caro. Perché? » mi domandò, tornando però con lo sguardo sullo schermo del portatile e cominciando a scrivere.

« No... Non volevo disturbare il signor Choi, dato che è appena tornato.. »

« Non ti preoccupare, caro. A lui farebbe anche bene camminare un po' per la casa e parlare con qualcuno con un'aria giovane come la sua. Su, ora lo raggiunga e spero che le mostri tutta la casa. »

Annuì, facendo un piccolo inchino per poi richiudere la porta e sospirare.

" Non lui... "

Ma ormai era fatta e dovevo solo dirigermi verso la piccola palestra della casa, seguendo le indicazioni che mi diede la signora.

Tre porte a destra. 
Sentì qualcuno in quella stanza e sapevo chi fosse, mentre bussavo per farmi sentire, ma senza ricevere risposta.

Allora aprì la porta e me lo ritrovai con un maglia senza maniche bianca e dei pantaloni della tuta neri, davanti ad un ampio specchio a sollevare pesi. Quella stanza era abbastanza grande, tanto da avere molte delle attrezzature essenziali per fare palestra.

Rimasi ad osservare quelle braccia muscolose che si contraevano ad ogni sforzo che faceva. Sembrava anche che non si fosse accorto della mia presenza, continuando a sollevare quei due pesi con le braccia.

Schiarì la voce e bussai un'altra volta sulla porta, ricevendo allora l'attenzione del tipo, che mi fisso con uno sguardo ben diverso attraverso lo specchio, uno sguardo che non sapevo se interpretarlo come un " sparisci " o come " dammi tempo o ti tiro addosso i due pesi ", ma mi ero ricordato che aveva accettato di farmi fare quel tour, forse controvoglia.

Si allontanò dalla sua postazione, andando a posare i pesetti per terra in un angolo e prendere un asciugamano rosso con cui si asciugò il viso.

« Andiamo a fare questo giro della casa, signorino. » furono le parole che mi rivolse, superandomi e camminando verso il corridoio.

Quanto mi stava antipatico, tralasciando il fatto che mi stava anche per investire.

Chiusi velocemente la porta della "palestra" e lo seguì dietro, allungando i passi per stargli dietro e raggiungendolo.

« Se non volevate accompagnarmi, bastava dire di no. » azzardai, dicendogli quelle parole e tenendo il passo con lui.

Il tipo accennò una mezza risata e continuò a camminare, tenendo l'asciugamano sulle spalle.

« Pensi che non voglia? Sarai qui per molto e poi sono il figlio della donna che ti ha assunto. Sarei maleducato a dire di no ad un favore che mi chiede mia madre, non pensi? »

« Penso solo che si può anche dire di no a qualcosa che non si vuole fare. Sennò lo si fa solo con controvoglia. »

Lui sì fermò, prendendomi un polso e fermandomi.

Non potete immaginare la mia sorpresa ed anche la paura di quella stretta attorno al mio polso esile. La sua mano era davvero enorme e calda e mi ritrovai a guardarlo negli occhi, deglutendo.

« Penso che, d'ora in poi, in questa casa, dovrai imparare a dire di sì. Lo sai, signorino Shim? » disse, avvicinandosi al mio viso e guardandomi negli occhi.

" Ma cosa diavolo stava facendo? " pensai, rimanendo fermo e guardandolo avvicinarsi sempre di più al mio viso, le sue labbra che sfiorarono il livido sul mio labbro, facendomi stingere le mani a pugno.

« No...ma cosa sta facendo?? » non so dove trovai la forza per allontanarmi, ma lo feci, guardandolo con gli occhi sgranati per la paura e la sorpresa di quel gesto.

" Che gli piacciano gli uomini...? "
Non avevo nulla contro chi amava il suo stesso sesso, ma non io. Non volevo essere di quella sponda e nemmeno volevo qualcuno che pensasse che lo fossi.

In tutta risposta, lui mollò la presa, scoppiando a ridere e superandomi per riprendere a camminare.

« Volevo solo vedere se ti avessero sistemato bene quella ferita sul labbro. E devo dire che Jiwon ha fatto un bel lavoro. »

Sì fermò, leccandosi le labbra, tornando a ridere nuovamente con quella sua faccia che avrei davvero preso a schiaffi, ma che dovetti anche reprimere quell'impulso.

« Avanti, non ho tutto il giorno a disposizione. »

Mi lasciò lì, camminando via e portai una mano sulle labbra, rabbrividendo.

Qualcosa mi diceva che sarebbe stato il mio incubo in quel piccolo angolo di salvezza e paradiso.

  
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