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Autore: topazio    20/12/2017    5 recensioni
Beth Greene è sempre stata diversa. Silenziosa, solitaria. Sa cose che non dovrebbe conoscere, perchè possiede un potere che la intrappola in un mondo fatto di immagini, frammenti e ricordi non suoi, non ancora avvenuti. E ha sempre saputo che prima o poi sarebbe finita in quel corridoio di quell'ospedale.
Dal testo:
Tra sette anni a partire da ora, io morirò. Nel 2011 una donna mi sparerà un colpo alla testa al quinto piano di questo ospedale. Ti prego salvami, Daryl.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Rick Grimes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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And Remember

 

 

Secondo Atto



 

 

 


 

Volevi cambiare il mondo, hai cambiato solo un uomo. 

– J-Ax e Fedez, Meglio Tardi che Noi

 

 

 

Beth osservò la strada vuota senza vedere realmente le foglie, l’asfalto consumato, la macchia di sangue al centro della carreggiata. Aveva addosso lo stesso odore che avevano tutti quanti. Sudore, pioggia, sangue. Morte.

«Lo sapevi» la voce di Rick la strappò da un’intricata rete di pensieri confusi. «Sapevi che erano lì fuori.»

Lei non disse nulla, era troppo stanca per poter dire. Sentiva l’opprimente bisogno di piangere o gridare. Rannicchiarsi a terra e rimanere lì per sempre, in un eterno limbo tra sonno e sogni. Perché il prezzo questa volta, era stato troppo alto. La ferita sanguinava, troppo fresca e dolorosa per riuscire anche solo pensare al domani, quando il presente è costellato soltanto da sofferenza e mancanza. Avrebbe continuato a sanguinare ancora per molto tempo, tutti loro l’avrebbero fatto.

Non c’era stato tempo per le lacrime, o la debolezza. Erano solo corsi via, nella notte, sotto la pioggia battente e incessante. E alcuni – troppi – erano rimasti indietro.

«Le persone moriranno, Rick» sussurrò, in modo così lieve che solo l’uomo fu in grado di sentire quel sussurro all’interno di quel salotto fatiscente in cui si erano rifugiati. Beth lo guardò. E lui guardò lei, il volto così puro e giovane, il corpo ancora acerbo. Ma gli occhi, quegli occhi riflettevano la vecchiaia della sua esistenza, costellati dai fantasmi del passato, e del futuro. «Non sarò sempre in grado di impedirlo.» Non ci riesco quasi mai. «E a volte…» la sua voce tremò, sotto il peso di quelle parole. «A volte, non sono in grado di cambiare quello che vedo.»

«Siamo usciti da lì, perché ci hai avvertiti quando erano ancora ai confini del recinto» Rick si chinò verso di lei, nel tentativo forse di scusarsi senza dirlo, o di consolarla senza toccarla. Beth Greene appariva bianca come un lenzuolo, fragile come un ramoscello. L’uomo si chiese che aspetto potesse mai avere lui.

«Non sono usciti tutti.» Beth abbassò lo sguardo, per poi alzarlo a guardare quello che rimaneva. Un esiguo gruppo di persone che condivideva il poco che rimaneva. Sentì un bruciore insistente alla base della gola. Deglutì, senza osare dire altro. Andrà sempre peggio, Rick. Non osò dirlo, non quella notte. Non in quel momento con quella ferita ancora aperta.

 

 

Marzo, 2011.

 

Lori si muoveva lentamente, mentre scendeva dalla macchina. Il ventre era così gonfio da sembrare sul punto di esplodere. Aveva dormito in macchina, per essere più comoda. Beth si guardò intorno, i cancelli, il prato verde, la note di Parting Glass risuonavano ancora in quello spazio deserto.

Camminò sotto lo sguardo freddo di Carol, che si massaggiava le spalle doloranti a causa della dormita sul terreno accidentato. Camminò, oltrepassando suo padre, Carl, e Shawn. Nessuno la fermò, sapevano bene – ormai – riconoscere quello sguardo in quegli occhi così limpidi e antichi. C’era un ampio spazio piano davanti a lei, illuminato dal sole nascente.

È un bel posto, pensò, per un tomba.

Si voltò. Maggie era accanto a Glenn, si guardavano in un modo così intenso da far sentire chiunque fuori posto. Anche Rick guardava Lori così, un tempo. Le cose erano molto cambiate tra loro, Rick era cambiato. Come Beth aveva previsto.

Tornò indietro, verso l’uomo che ancora una volta stava ripetendo il piano per entrare dentro il cancello e riuscire a rendere sicura quell’area.

«Beth, Carl, Lori e Hershel rimangono qui» sentenziò Rick, alla fine. «Beth?» si rivolse a lei, non per chiederle se le andasse bene, ma perché ora le credeva, le credeva davvero.

«State attenti» disse soltanto. Ci sono delle persone là dentro, pensò. Ma non glielo disse. Non era ancora il momento.

 

***

 

Rick stesso annunciò che c’erano dei detenuti all’interno della prigioni, rimasti intrappolati all’interno per tutto quel tempo. Avrebbero avuto una zona tutta loro, senza che venisse loro permesso di sconfinare nel blocco che si erano guadagnati.

«Devo vederli» la voce di Beth spezzò il silenzio nato dallo sgomento della notizia.

«Sono pericolosi, Beth?» domandò suo padre in un sussurro carico di apprensione. Il viso di suo padre era paonazzo. Beth per un momento valutò la risposta da dargli. La scelta di impedire a Hershel Greene si perdere la gamba, ma aveva quasi ucciso T-Dogg. C’era forse un equilibrio nell’Universo che faceva in modo che ogni azione compisse, la portasse poi a non poter comunque salvare chi sapeva essere condannato?

Aveva avvertito l’arrivo dei vaganti diversi minuti prima che arrivassero alla fattoria, mesi prima. Ma Jimmy era stato comunque troppo lento. Patricia era morta sotto i suoi occhi. Andrea era scomparsa nella notte. Shane aveva fatto una fine ben diversa.

Se avesse lasciato che quei detenuti vivessero, molto sangue sarebbe stato versato.

«Non tutti» disse allora, sotto lo sguardo di Rick.

«Chi di loro è pericoloso?» domandò Carol, con un tono di voce molto diverso da quello che avrebbe usato molti mesi prima.

«Devo vederli» disse.

«No!» Hershel si alzò in piedi, allontanandosi da T-Dogg, ancora incosciente. «Non puoi portare mia figlia là dentro.»

«Non le accadrà niente» intervenne all’improvviso Daryl, evitando lo sguardo sorpreso di Beth. Non avevano avuto molte occasione per parlare dopo la fattoria. E Beth sospettava che non fosse qualcosa di casuale. Daryl aveva fatto apposta a non trovarsi mai da solo con lei. Forse aveva paura di quello che lei gli avrebbe detto, di quell’incontro all’ospedale avvenuto molto anni prima.

«E se sono davvero una minaccia, allora sarà comunque in pericolo» intervenne Rick.

«Rick!» Lori si era avvicinata al marito, lo sguardo pieno di apprensione. Ma quello dell’uomo rimaneva freddo e distante. «Che cosa avete intenzione di fare a quegli uomini?»

Lui non rispose, si voltò e uscì dalla cella.

 

***

 

C’era uno schizzo di sangue sul suo volto. Non se n’era accorta, non l’aveva nemmeno visto arrivare. Sarebbe dovuta rimanere in disparte, aspettare fuori, lontana da quella carneficina, come Shawn e Glenn, che avevano chiuso gli occhi e stretto i denti. Rick non voleva che lei vedesse, ma si era sporta quel tanto che bastava per scorgere i corpi a terra. Perché non aveva potuto non udire le grida, lo sgomento, le suppliche. Persino le lacrime.

«Come fa a sapere i nostri nomi?» questo aveva domandato Axel, sgomento, orripilato, guardando quella ragazzina dai capelli biondi. Le era bastato pronunciare due nomi e tutti gli altri erano morti. Beth si era voltata ed era uscita. Qualcun altro avrebbe spiegato ad Axel e Oscar perché loro erano ancora vivi. Lei era troppo stanca per farlo.

 

***

 

Rick Grimes aveva conservato quel foglio per nove mesi, nove lunghissimi mesi in cui questo era rimasto sepolto nella tasca dei suoi calzoni, ripiegato come Beth glielo aveva dato. Non lo aveva mai aperto, nonostante la tentazione. Era rimasto lì, quasi ad aspettare quel giorno maledetto.

Erano sporche di sangue le mani. Tremavano senza controllo, anche lui tremava. La gola secca, le lacrime gli occhi, un prepotente senso di vuoto che riempiva ogni cosa. Fu in un  giorno di fine marzo che Rick Grimes aprì quel foglietto. Il giorno in cui Lori morì.

Macchie vermiglie comparvero attorno al nome che lei aveva scritto tanti mesi prima. Tanti di quei nomi appartenevano a persone che non c’erano più.

Era morta urlando, Lori, pregando che Hershel tirasse fuori il bambino. Ma era girato, e non c’era possibilità di farlo nascere in modo naturale. La lama aveva reciso la carne e presto c’era stato solo sangue dappertutto.

Beth aveva ascoltato da lontano, mentre Lori moriva. Uccidere i carcerati non era bastato. E mentre le grida si spegnavano, un pianto si diffuse. Una vita, per un vita.

E al centro di quel foglio pieno di nomi, ce n’era uno soltanto che Rick non aveva sentito. Lo stesso che aveva suggerito Carl, molte ore dopo la morte della madre. Lo carezzò con le dita macchiate di sangue secco, mentre con le labbra assaporava quel suono sconosciuto.

Judith.

 

***

 

T-Dogg morì il quattro giorni dopo. Era uscito una mattina come mille altre volte e non era più tornato. Daryl riportò alla prigione il suo corpo. Venne seppellito in quella pianura ricoperta di erba e margherite. Beth posò accanto alla croce rudimentale un fiore strappato vicino alla recinzione. E in silenzio si domandò chi avrebbe ospitato la tomba che aveva visto accanto a quella di T-Dogg.

 

***

 

La risposta non si fece attendere molto a lungo. Seppellirono Dale in un caldo pomeriggio, l’ultimo giorno di pace che assaporarono prima che l’uomo con la banda all’occhio entrasse nelle loro vite. Naturalmente, all’epoca, non aveva ancora quella benda.

Beth assistette da lontano, testimone silenziosa degli eventi. Osservò, stringendo al petto una bambina non sua, passando ogni giorno a curare ferite che non guarivano mai, ancora aperte e sanguinanti. Un bambino orfano, costretto a crescere troppo in fretta, la rabbia di un uomo che non era riuscito a salvare sua moglie, la fragilità di una donna cui era stata tolta l’unica cosa che la rendesse umana.

E poi c’era Daryl. Inarrivabile, distante. Sempre irraggiungibile, eppure a volte sorprendentemente vicino. Come nel giorno in cui Axel si avvinò troppo a lei.

Si ritrovò con due dita rotte, le stesse con cui aveva osato toccarla.

Beth e Daryl si guardarono per un momento che parve eterno, e poi lui se ne andò, come faceva sempre. Non andava mai troppo lontano, ma abbastanza da essere inavvicinabile. Beth era consapevole che la stava tenendo d’occhio, perché sapeva. Ora ricordava quella bambina dell’ospedale. E a quel punto, non poteva più tornare indietro.

 

***

 

«Non rispetterà nessun patto.»

«Lo so» disse Rick, osservandola con quell’ombra nello sguardo che non sarebbe mai andata via. Era calata su di lui come un velo invisibile, leggero come un battito d’ali, scuro come la morte. Gli occhi di un uomo che ha perso troppo, le cui mani sono sporche di sangue.

Beth lasciò che quegli occhi chiari la guardassero, che scrutassero il suo viso alla ricerca di un qualche segno di cedimento. Ma non ne trovò. Non ne trovava mai. Rick Grimes la guardava spesso, sempre senza malizia, secondi fini, o cattiveria. La guardava per capire, per imparare, forse.

La guardava e non capiva come potesse resistere, come facesse a non mostrare mai un segno di cedimento o debolezza. Non piangeva mai, non urlava mai, non si arrabbiava mai. Viveva da tutta la vita con le voci di mille vite spezzate e interrotte nella testa, con pensieri non suoi, ricordi e avvenimenti mai accaduti che si accavallavano nella sua testa senza sosta.

Ma rimaneva sempre lucida. Era di una gentilezza abbagliante, di una dolcezza commovente. Sosteneva sulle spalle il peso che nessuno dovrebbe sostenere, prigioniera di un potere che nessuno dovrebbe possedere. Eppure lei lo aveva, e lo gestiva con una maturità che Rick ammirava, e che in fondo invidiava.

Lui, schiavo di sentimenti troppo forti da poterli gestire, di una rabbia lo consumava piano piano, costretto a sopportare un fardello che si era posto da solo sulle spalle e che a volte tollerava appena. E mentre ira e dolore prendevano il sopravvento sulle sua mente debole, spingendolo sull’orlo di un precipizio senza fondo, mentre il sangue, la morte e la rabbia lo consumavano, era apparsa lei.

Con la sua gentilezza, la sua innocenza e purezza. Aveva preso tra le braccia la sua bambina, nutrita e accudita. E poi, senza chiedere nulla in cambio, aveva preso per mano lui e Carl. E li stava facendo rialzare a poco a poco. Un passo alla volta, un giorno alla volta. Silenziosa, gentile, pura. Abbagliante. Più vecchia di quanto in realtà non fosse.

Convinta di aver già vissuto più di quanto poteva ancora vivere.

 

 

Aprile, 2011.

 

Primavera. La stagione in cui tutto nasce. Il sole scaldava la pelle, le nuvole fuggivano i raggi. I fiori avevano appena iniziato a germogliare nei prati della prigione. Fu allora che i loro petali vennero inondati di sangue e lacrime. Beth non lo aveva visto arrivare. L’attacco fu improvviso e imprevedibile, persino per lei.

Un corpo cadde a terra, silenzioso, mentre grida che non riconobbe nacquero dalla sua gola. Sentì qualcosa afferrarla e portarla dove il sole non poteva più scaldarla. Era sparito, tutto il calore del mondo sembrava svanito, inghiottito dal suono di uno sparo. Un braccio le stringeva la vita, impedendole di muoversi, di correre verso quel corpo a terra. Una pozza purpurea si stava allargando attorno alla sua testa, come una macabra aureola rossa.

Era morto prima ancora di toccare terra, in un battito di ciglia, non c’era più.

Udì appena l’odore della polvere da sparo, il rumore dei colpi, gli ordini che Rick Grimes le sussurrava all’orecchio. Ferma, non gridare. Calmati. Ordini semplici, eppure Beth non riusciva più ad avere il controllo del proprio corpo. Delle proprie lacrime, delle proprie grida.

Il primo atto si era consumato. Un attacco fulmineo, insensato, crudele. Il Governatore aveva mietuto un’altra vittima. E mentre il sole calava, le nuvole tornavano, i fiori appassivano, qualcosa moriva.

Era Primavera, ma qualcosa era morto.

Il resto si consumò in fretta. Beth vagava di cella in cella, alla ricerca di una pace che non poteva trovare in alcun luogo. Consapevole della richiesta che il Governatore aveva fatto a Rick. Rick che per la prima volta l’aveva vista crollare, sovrastata, distrutta, spezzata, da un dolore che lui provava ogni giorno.

Michonne. Lui voleva Michonne.

Beth lo sapeva, e per un momento non le era importato. Non le importava più niente. Ma sapeva cosa sarebbe costato a Daryl se non avesse fatto nulla. Lui, che era riapparso proprio nel momento più buio. Sapeva che sarebbe tornato, lo aveva sempre saputo. E ora non era più solo.

Così andò da lui, quella mattina. Il volto consumato dalle lacrime, gli occhi gonfi, messaggeri di un dolore che andava oltre le parole.

«Merle morirà domani.» Erano nel locale caldaie, un luogo dove nessuno li avrebbe ascoltati. Lontano dalle celle, lontano dalle tombe. Adesso sapeva a chi apparteneva quella accanto a T-Dogg. «Proverà a portare Michonne dal Governatore, ma la lascerà andare. E morirà.»

Lui la guardò. Non le domandò come sapesse cosa volesse il realtà il Governatore, era una domanda superflua. Non disse nulla, in realtà. Così Beth si voltò, per uscire dal locale caldaie.

«Beth» la voce le arrivò più vicina di quanto si era aspettata. Daryl si era avvicinato a lei. «Mi dispiace per Shawn.»

Trasalì, nel vedere gli occhi della ragazza riempirsi di lacrime. Una ferita ancora fresca, pulsante, infetta. E stava mandando in cancrena tutto il suo corpo.

«Le persone muoiono. Anch’io morirò e non sarai mai pronto per questo. Io cerco di esserlo, ma non posso» sussurrò, senza guardarlo. «Credo che lo abbia detto Rick. O forse non l’ha ancora fatto.»

I loro sguardi si incrociarono. Beth socchiuse le labbra.

«Tu non morirai» le disse Daryl. E per un momento, Beth lo credette davvero.

«L’ho visto» sussurrò. «Era vivido, tangibile e reale. Accadrà.»

«Magari ti sbagli» ribatté Daryl. «Incapace di trattenersi. Non saresti venuta da me quando eri piccola se non avessi creduto che ci fosse una speranza.»

«Avevo dieci anni, non avevo idea di come funzionasse» si giustificò, quasi arrossendo.

«E allora com’è che funziona?» sbottò lui, più sgarbato di quanto volesse apparire in realtà. Ma la verità era che non comprendeva. Non aveva mai capito quella sorta di potere che Beth Greene possedeva oltre ogni ragionevole dubbio.

Beth lo osservò per un momento lunghissimo.

«Non si può smettere di pensare, mai» sussurrò Beth. «E la mia testa è piena di pensieri. Non miei. Ricordi, azioni, cose non ancora avvenute. Ed è tutto mescolato ma a volte, qualcosa è più chiaro, definito. Gli avvenimenti più sono sfocati, più è possibile modificarli. Sono solo una possibile evoluzione degli eventi, delle scelte. Probabile, possibile, ma modificabile.» Si interruppe un istante. « Ma ci sono cose che vanno oltre la mia capacità di intervenire, in cui la visione è talmente vivida da sembrare reale, priva di contorni sfocati o di un’interpretazione diversa da quella che è in realtà. Ci sono stati soltanto due eventi così. Tangibili, vividi, sicuri. Eventi che vanno aldilà di ogni intervento umano, che avvengono e basta, senza possibilità di modificarli.» Lo guardò per un momento prima di parlare. «Lo scoppio dell’epidemia e la mia morte.»

Daryl la guardò per un istante così lungo che Beth temette che non avrebbe detto niente.

«Allora perché sei venuta da me quando eri una bambina?» domandò infine. Beth si morse l’interno della guancia, percepiva gli occhi di Daryl scrutarla e si sentì scottare.

«All’epoca non avevo idea di come funzionasse» ripeté. «Ero confusa e spaventata. Non volevo morire» confessò a mezza voce.

«E ora?» la incalzò lui, all’improvviso aggressivo. «Adesso vuoi morire?»

«No! Certo che no!» sbottò lei. «Ma ora ho capito come vanno le cose. E ho accettato la mia sorte da molto tempo.» Si guardarono negli occhi, un contatto che bruciava e faceva sentire Beth a disagio, mentre un indeterminato miscuglio di emozioni si agitavano nel suo stomaco.

«Sono puttanate!» disse infine lui. «Sei una stupida se pensi che qualcuno di noi ti permetterà mai di morire.» La guardò per un lungo momento, ansimando come se avesse corso. «Io non lo permetterò.»

Daryl osservò il volto di Beth Greene, i suoi grandi occhi colmi di sorpresa e infine le sue labbra, rosate, calde, socchiuse. Labbra che vide con sorpresa curvarsi in un sorriso sfumato di tristezza. Non capì, non comprese quel gesto. Si trovò spiazzato da quella dolcezza e dal gesto che la vide compiere.

«Ti mancherò così tanto quando non ci sarò più, Daryl Dixon» sussurrò Beth, il viso schiacciato contro il petto dell’uomo, le braccia sottili che lo circondavano in un abbraccio a senso unico. Il calore di un corpo schiacciato contro il suo, lo sentiva espandersi dentro di sé. Ma questo non riuscì a contrastare i brividi di freddo che l’affermazione di Beth Greene gli aveva provocato.

 

 

Giugno, 2010.

 

Estate. Il sole cominciò a scaldare la pelle, la prigione divenne più rumorosa e affollata. Judith cresceva giorno dopo giorno. C’era serenità tra quelle mura, una serenità che non credevano avrebbero più provato. Ma molte cose erano cambiate, loro erano cambiati.

Rick non indossava più armi e portò Carl a comportarsi come un ragazzino della sua età. Guardavano quella bambina ogni giorno, accudita da braccia diverse di quelle di Lori Grimes. Soffrivano entrambi, in silenzio, e non smettevano mai. Maggie e Glenn si erano sposati. Sorridevano tutti quel giorno, tranne Beth. Si era sforzata di fingere, ma il vuoto che si portava dentro oscurava del tutto la felicità che provava per la sorella.   

Merle era sopravvissuto. Shawn no. Un fratello per un fratello. Era come se l’Universo avesse preteso un pegno, come se avesse voluto stabilire una qualche sorta di equilibrio che Beth aveva sconvolto molti mesi prima quando aveva impedito che lui divenisse una creatura mostruosa chiusa in un fienile.   

L’epidemia quasi li uccise, quell’estate. Beth assistette da lontano, stringendo al petto una bambina non sua. Non l’aveva vista arrivare, perché qualcosa di peggiore li attendeva, oscurando del tutto i suoi sensi.

Arrivò in agosto il compleanno di Beth. Il diciottesimo. Non festeggiarono, troppo occupati a raccogliere e seppellire cadaveri. Osservò suo padre parlare con Rick e Daryl quel giorno, Glenn osservava da lontano, ancora debilitato. Sapeva di cosa stavano parlando.

L’orologio aveva scoccato il suo ultimo rintocco. L’ora era scattata, il conto alla rovescia finito.

 

***

 

Successe pochi giorni più tardi. Era pomeriggio, un assolato pomeriggio di fine agosto. Beth non mangiò quel giorno, c’era qualcosa che le pesava sullo stomaco come un macigno. La osservarono fissare il vuoto per ore intere, alla ricerca di qualcosa, di qualche dettaglio dimenticato. Stava per succedere qualcosa, lo sapeva, lo sentiva. Ma non ricordava. Forse lo aveva già visto, in un sogno lontano. Ma non riusciva a riconoscere i dettagli.

Stava ancora fissando il vuoto muro della sua cella quando sentì una voce.

«Beth» Carl era davanti a lei. Il cappello da sceriffo calato sui capelli troppo lunghi. «Stai bene?»

«Sì» No.

«Stai piangendo.»

Si portò una mano al viso. Guardò confusa le dita umide. Quando aveva cominciato a farlo? Guardò l’orlo della canottiera. Era bagnato. Piangeva da ore e non se n’era accorta.

«Perché piangi?» domandò il ragazzo, facendo un passo verso di lei. «Stai male?»

«No» soffiò in un sussurro. «Sono triste.»

«Perché?» la voce di Carl giungeva ovattata alle sue orecchie, come provenisse da un luogo lontano. Perché piangeva? Perché c’era tanto dolore nel suo cuore? E poi un lampo esplose nella sua testa.

Oh. Ora lo sapeva, ora ricordava.

«Mio padre morirà oggi.»

 

 

҉

 

 

Credo sia il mio capitolo preferito, finora. Perdonatemi, ma non ho potuto non mettere un minimo accenno Rick-Beth, una coppia che amo profondamente, che compete soltanto con la Bethyl. Nella mia testa non esiste la Rick-Michonne, mi dispiace, ma li odio insieme.

Qualche piccola nota:

·        È un bel posto per una tomba, in riferimento al fatto che quando la prigione viene attaccata da uno dei carcerati, quando Lori muore, T-Dogg viene seppellito, e accatto a lui si sarebbe dovuta seppellire Carol, scomparsa e poi riapparsa qualche episodio dopo.

Ma l’attacco non avviene mai in questa storia, Beth lo impedisce, sentenziando la condanna per tutti i carcerati tranne Axel e Oscar. Questo impedisce la dipartita di T-Dogg (per un po’), ma non salva Lori, che muore comunque di parto, nonostante l’assistenza di Hershel. Non mi sento particolarmente in colpa nell’averla fatta fuori. La odiamo tutti.  

·        D’altra parte, ho salvato Merle. Un personaggio che mi è sempre piaciuto, e in segreto ho tenuto in vita Shawn per fargli in qualche modo prendere il posto di Merle. Un fratello per un fratello.

Sì, questo è decisamente il mio capitolo preferito. Rick e Beth e Daryl, tutti insieme. In mezzo a morte e disperazione. Spero che vi sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me scriverlo.

Il prossimo capitolo è l’ultimo, il più lungo, completamente incentrato su Daryl e Beth.

A presto,

Topazio♥

  
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