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Autore: _Lady di inchiostro_    22/12/2017    4 recensioni
C’è chi dice che la nostra strada è già stata decisa, che è il destino che stabilisce quali difficoltà dobbiamo incontrare durante il cammino, o chi ci accompagnerà durante il percorso.
C’è chi dice che la nostra strada, invece, ce la costruiamo da soli, che siamo noi a decidere chi incontrare, siamo noi padroni delle nostre azioni.
Iwaizumi Hajime aveva sempre creduto nella seconda opzione. Finché non ha incontrato Oikawa Tooru. E allora si chiese se il destino non volesse farli incontrare per davvero, in qualsiasi modo possibile.
***
[Future Fic and What if?] [Tanto angst e cose belle ♥]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo



~



 
[9 agosto 2020]





I corridoi dello stadio, per sua fortuna, erano semideserti, altrimenti sarebbe stato un problema dover spintonare la gente per poter passare. Tutti, probabilmente, erano ad assistere alla partita che, a detta di molti, avrebbe fatto la storia.
Capì di essere quasi arrivata quando sentì delle urla lontane, la luce dei riflettori che quasi le ferì gli occhi.
Tomoko aveva il fiatone, ma il suo sguardo si spostò ugualmente sulle figure che scorrazzavano per il campo. Il cuore quasi le schizzò in gola quando vide una figura che corse a gran velocità dall’altra parte del campo per cercare di recuperare la palla. Purtroppo, questa finì irrimediabilmente fuori. Le parve quasi di sentire la voce del ragazzo che imprecava anche da quella distanza.
Fece un mezzo sorriso, la squadra che si riunì in cerchio per infondere coraggio non solo al compagno che, nonostante tutto, sarebbe anche stato capace di gettarsi sui cartelloni pur di recuperare la palla, ma anche a se stessi.
Nessuno vedeva un team così affiatato da anni.
L’ultima volta che la squadra di pallavolo maschile aveva vinto le Olimpiadi era il 1972. Da allora, la squadra giapponese non aveva ottenuto grandi successi, spesso non riuscendo nemmeno a qualificarsi per i giochi.
Adesso, però, quella stessa squadra che, un tempo, arrancava nelle tattiche di gioco, che aveva dei grandi elementi ma che non sapeva sfruttarli al meglio, stava giocando la finale contro la squadra che, quattro anni prima, era stata vincitrice di una medaglia d’oro: il Brasile.
Sì, quel gruppo di ragazzi che aveva lavorato duramente sul loro rapporto, sul loro essere una vera squadra, aveva comunque fatto la storia, a prescindere da come si sarebbe conclusa la partita.
Lo sguardo di Tomoko seguì il ragazzo di poco prima, quella zazzera castana che gli ricadeva alla perfezione sui lati del viso, sebbene il giovane avesse giocato ben cinque set; e si chiese come diavolo facesse, insomma, lei era ridotta un disastro, correre di qua e di là non era affatto di aiuto per il suo look.
Scese le scale, gli occhi che saettavano tra il pubblico e i giocatori in campo, esultando ogni qual volta i ragazzi riuscissero a segnare. Alla fine, dopo una decina di minuti, riuscì a trovare la persona che stava cercando: era in piedi, non troppo distante dal campo, e accanto a lui c’era una bambina che quasi gli arrivava alla vita.
Arrivò giusto quando l’allenatore del Brasile aveva richiamato la sua squadra per il secondo time-out che avevano a disposizione.
Picchiettò la spalla del ragazzo, due occhi smeraldini che incontrarono i suoi. «Tomoko!» esclamò.
«Tomoko-san, ce l’hai fatta a venire!» aggiunse la bambina, gli occhi dello stesso colore del padre.
«Non me la sarei persa per niente al mondo!» disse, facendole l’occhiolino. «Come sta andando Oikawa-san?»
«Una forza, come sempre!»
Akane fece un sorriso a trentadue denti, mentre il padre le passava una mano tra i capelli corvini, legati da un nastro. Poi, spostò l’attenzione sulla ragazza. «Sono contento che tu ce l’abbia seriamente fatta!»
Iwaizumi sorrise e la ragazza fece lo stesso, grattandosi poi la nuca, imbarazzata. «Beh, sai, avevo da intervistare un sacco di atleti, ma quella a Oikawa e alla sua squadra sarà l’ultima della giornata!» disse, facendo nuovamente l’occhiolino, e l’amico si limitò solo ad alzare gli occhi al cielo.
Iwaizumi lavorava ancora per la rivista di Oohashi-sensei, mentre Tomoko, da un paio di anni, era stata presa come giornalista sportiva per una mittente televisiva, quindi non era facile che i due amici riuscissero a vedersi, visto che avevano entrambi i loro impegni, ma continuavano comunque a sentirsi. Il loro rapporto – incredibile, ma vero – era tornato quello di prima, e non c’era nessun segno di odio da parte della giovane.
E poi, come poteva odiare la persona che aveva ceduto, volutamente, il suo posto come giornalista per una mittente televisiva a lei?
Iwaizumi glielo doveva. Si era comportato troppo male con lei, e anche se l’amica aveva cercato di dissuaderlo, lui era convinto della sua scelta. Per questa ragione, Tomoko non la smetteva mai di esprimere la sua più profonda gratitudine nei suoi confronti. Perché, come Iwaizumi aveva trovato la sua persona speciale, anche lei era riuscita a trovare la sua.
Non si era neanche accorta che Iwaizumi era tornato a concentrarsi sullo svolgimento del match, sebbene in quel momento fosse tutto fermo per via di alcuni problemi tecnici. Fissò con intensità la figura seduta in panchina, la testa leggermente reclinata all’indietro, la maglia rossa che segnava le curve delle sue spalle.
Oikawa aveva dato il massimo, e non solo in tutti i set che avevano giocato, non solo durante tutti i giochi: in quei quattro anni, aveva dato il massimo come giocatore e come persona. La maschera era crollata, adesso i suoi fan vedevano un’altra facciata del giocatore tutto sorrisi e carinerie. E se all’inizio aveva ricevuto una serie di lamentele – per non dire insulti – per via di questo suo cambiamento, in seguito la gente aveva cominciato ad accettarlo così com’era. A cominciare da quei compagni con cui non aveva alcun tipo di rapporto, se non a livello professionale, e con cui adesso condivideva di tutto.
Oikawa Tooru era diverso, adesso. Un’atleta eccezionale, certo, ma che sorrideva più spesso, e stavolta per davvero.
Era felice. E molti sostenevano che fosse per merito suo.
Iwaizumi si imbarazzava spesso quando glielo dicevano, ma anche lui aveva notato che Oikawa era cambiato, che entrambi erano cambiati. Che erano entrambi più sereni.
Certo, inizialmente i fan erano rimasti sconvolti dalla notizia, e non erano mancati gli insulti sul fatto che lui avesse sempre ingannato Eiko, che in realtà era soltanto un “frocio”, e via dicendo. Eppure, la stragrandemaggioranza si era accorta del repentino cambio d’umore del setter. E, adesso, non mancavano di far notare quanto Oikawa fosse felice quando stava con lui e con Akane – già, anche sua figlia aveva il suo manipolo di fan che la adoravano.
Tutto si era aggiustato, dopotutto. Lui e Oikawa stavano assieme, Eiko si era ufficialmente fidanzata, e la gente su Internet non faceva che adorare le foto che ritraevano lui e Oikawa, dove nessuno dei due guardava l’obiettivo, perché non solo Iwaizumi preferiva fare le foto ad altri che a se stesso, ma perché erano quelle più belle. Erano spontanee. Erano quelle dove si vedevano i loro sorrisi.
Come quella della sera precedente, scattata di nascosto da Eiko – dopo l’immancabile selfie tra lei e Oikawa –, dove lui era scoppiato a ridere e, di conseguenza, Oikawa si era messo a ridere a sua volta. Non ricordava neanche lui perché stesse ridendo.
Sbuffò, ripensando a quella foto. Oikawa le postava sempre a tradimento, facendosele passare a sua insaputa.
Guardò poi l’amica, accorgendosi solo in quel momento che era arrivata da sola. «Scusami Tomoko, ma dov’è Hideki?»
«Oh, sta preparando l’attrezzatura per l’intervista! Mi ha detto che avrebbe visto la partita dai monitor!» gli rispose la ragazza.
Hideki era il cameraman di Tomoko, nonché suo fidanzato da ben due anni. Si erano frequentati per pochi mesi, prima di ufficializzare la cosa. E anche lei sembrava veramente felice, aveva trovato un uomo che l’apprezzava veramente, un uomo che aveva persino deciso di cominciare a leggere i manga solo per fare bella figura davanti a sua madre. Era un ragazzo straordinario, estremamente dolce, e trattava Tomoko come se fosse una regina. Tuttavia…
«Avanti, spara!» sbottò, notando che l’amico non aveva smesso di mugugnare qualcosa sottovoce. «Qual è il problema?»
«Parli con me?» Hajime fece finta di cadere dalle nuvole. «Io non ho nessun problema. Forse è il tuo ragazzo che ha qualche problema con me…»
«Hajime-kun…»
«Insomma, lo capisco se mi odia!» esclamò.
«Ancora con questa storia, Hajime? Ti ho già detto che Hideki non ti odia, sa benissimo quello che… “c’è stato” – fece il segno delle virgolette con le dita – tra noi due, e ti assicuro che non ti vede affatto come un possibile rivale!»
La ragazza sorrise, e il giornalista si limitò a produrre un profondo respiro dalle narici, tornando a guardare il profilo del suo fidanzato da lontano, in apprensione. L’allenatore della squadra avversaria aveva tenuto di proposito quel time-out fino all’ultimo: sapeva che se Oikawa perdeva la concentrazione durante la battuta era ufficialmente la fine per la squadra.
Il sorriso di Tomoko si fece più grande. «E poi lo sa che sei il mio migliore amico… e che sei gay» continuò.
Hajime fece una mezza risata. «Ma pensa, sono diventato la rappresentazione vivente del cliché del migliore amico gay!»
Tomoko gli mollò un pugnetto sulla spalla, facendo ridere non solo Hajime stesso, ma anche la piccola Akane, che non la finiva di molleggiare sul posto.
«In realtà – proseguì il ragazzo – io non mi definisco omosessuale.» Spostò lo sguardo di lato, l’amica che aggrottava la sopracciglia. «Io non amo Oikawa perché è un uomo... Io amo Oikawa perché è Oikawa, con i suoi pregi e i suoi tanti difetti.»
Le guance di Tomoko si colorano leggermente dall’emozione. Era bello sentirlo parlare così. Era bello vedere quanto Hajime, adesso, tenesse di più ai suoi sentimenti, a quello che provava per la persona che amava e per sua figlia, la sua famiglia. Era bello vederlo sorridere, perché i media parlavano soltanto di Oikawa, ma non conoscevano il passato di Hajime. Ed era quasi sicura che i suoi genitori sarebbero stati della sua stessa opinione.
Senza rendersene conto, il suo sguardo si spostò in basso, una piccola luce argentea che aveva attirato la sua attenzione. Quasi trattenne il fiato.
«Hajime… Quella è…»
La voce della bambina, però, sovrastò la sua. «Ricomincia!» urlò, indicando poi il campo, la voce dello speaker che annunciava che i giocatori entravano nuovamente in partita in seguito a un piccolo malfunzionamento.
Dopo un piccolo applauso generale, all’interno della sala calò un silenzio tombale. Gli sguardi di tutti erano puntati su Oikawa, un pallone giallo e blu tenuto in mano.
Sarebbero dipese da lui le sorti della partita? Difficile dirlo, per vincere servivano quattro punti.
Un punto in più, però, non faceva per nulla male.
Il castano prese un bel respiro prima di lanciare la palla e apprestarsi a batterla.
Ogni parte del suo corpo vibrava, quasi come se stesse producendo elettricità. Ogni cosa attorno a lui era sparita, quasi non esisteva. Esisteva solo il campo avversario.
Fu un ace netto.
Aveva già battuto altre volte, nel corso di quelle lunghe partite, ma era la prima volta che gli avversari rimanevano immobili, come se avessero i piedi incollati al terreno.
Quel punto, però, non li scompose minimamente, e dopo l’iniziale esaltazione da parte della squadra giapponese, tutti tornarono in posizione. E di nuovo, il pubblico esultò e poi tornò ad ammutolirsi.
Erano tutti col fiato sospeso.
Anche la seconda battuta fu un ace diretto, seppure stavolta gli avversari tentarono comunque di recuperare invano la palla.
Un altro esulto, altri voci che si levarono per tutta la sala, e Oikawa sentiva che il cuore gli batteva troppo veloce nel petto. Credeva che sarebbe esploso di lì a breve.
Erano pari. Avevano raggiunto la squadra avversaria.
Potevano farcela.
Un’altra battuta, un altro ace diretto, altri esulti, altre urla, la squadra che lo abbracciava e gli scuoteva i capelli.
Non era la prima volta che faceva tre ace consecutivi. Il problema era che, dopo il terzo ace, di solito sbagliava la battuta, mandando la palla fuori, oppure toccando la rete.
Deglutì, e per la prima volta da quando aveva iniziato a giocare la finale avvertì il silenzio che c’era attorno a lui. Si stava innervosendo. Le gocce di sudore gli offuscavano la vista e le sue mani cominciarono a tremare.
Fece palleggiare la palla per terra, aspettando che l’arbitro fischiasse e che fosse tutto pronto, mettendosi poi in posizione.
Solo che, alle sue orecchie, non arrivò il fischio dell’arbitro, bensì una vocetta che conosceva fin troppo bene e che lo fece trasalire.
«FACCIAMO IL TIFO PER TE, TOORU!»
Voltò la testa di scatto, cercando con lo sguardo la figura della piccola Akane, riuscendo ad individuarla a malapena tra gli spalti. Era quasi certo, però, che stesse sorridendo, mentre Iwa-chan stava morendo per via dell’imbarazzo. Tutti avevano sentito quello che aveva detto.
Solo che nessuno, né Iwaizumi né Oikawa, avrebbe mai immaginato che quel piccolo grido potesse sortire una sorta di tifo generale. I tifosi giapponesi cominciarono a battere le mani, prima lentamente, poi sempre più veloci, sillabando per bene il nome del setter, come se fosse un unico coro di voci.
Oikawa era sconvolto. Le sue labbra tremavano e avevano assunto un colore bluastro per via dell’emozione. Un conto era sognare momenti del genere, un conto era viverli sul serio. E se un tempo si lasciava trasportare da questo genere di tifo, adesso, come giocatore professionista, era tutta un’altra storia: significava che quei mesi di fatica, di sudore, di lividi e spesso di lacrime erano valsi a qualcosa.
Doveva appuntarsi a mente di ringraziare Akane, più tardi. Quella bambina era eccezionale.
«Il pubblico ti acclama, vice!» Sentì la voce di Ushijima da lontano, troppo intento a guardarsi intorno come se fosse un bambino smarrito, prima che il suo sguardo si posasse su Iwaizumi.
Non stava battendo le mani come gli altri, ma era quasi sicuro che non avesse mai smesso di guardarlo. Gli fece segno di prendere un bel respiro, e Oikawa annuì, proprio poco prima che l’arbitro placasse il pubblico e fischiasse.
L’ultima cosa che Oikawa vide, prima di lanciare la palla, furono due colori: il giallo e il blu. E non erano solo quelli emanati dalla palla che teneva in mano, poiché erano ben stretti al suo polso, un nastro colorato simile a quello che Akane gli aveva dato quattro anni fa e che, in quel momento, portava tra i capelli. Poi vide una luce argentea, e sapeva benissimo da cosa fosse provocata. Sorrise.
Infine, più nulla. Se il momento in cui si apprestava a colpire la palla avvenne quasi a rallentatore, quello in cui la palla finì dall’altra parte del campo fu troppo veloce.
Gli avversari non si mossero di un millimetro, ma per un motivo ben preciso: la palla era finita fuori.
Le urla derisorie e di disapprovazione da parte del pubblico avversario gli arrivarono alle orecchie come se fossero dei fischi, delle bombe a mano gettate lì vicino.
I compagni si avvicinarono, dandogli delle vigorose pacche sulle spalle e dicendogli che, comunque, avevano recuperato alla grande. Si accorse solo in seguito che il mister aveva richiamato l’arbitro, chiedendo di poter usufruire del video registrato dalla moviola, cosa cui il giovane arbitro acconsentì.
Ancora, tutti quanti trattennero il fiato, compresi i giocatori delle due squadre, mentre si stringevano tra di loro, spalle contro spalle, e guardavano in alto, verso lo schermo che avrebbe mandato il video.
Se la palla era finita dentro, allora significava che avevano vinto. Che avevano segnato definitivamente la storia. Che ne avrebbero parlato per mesi, forse per anni.
«Ti prego…» mormorò Tomoko, congiungendo le mani, mentre Iwaizumi aveva preso Akane in braccio. Era teso quasi quanto Oikawa.
Quei minuti di attesa furono una vera agonia.
Poi, lo stupore generale, la gente che si alzava in piedi. Prima di registrare quello che era effettivamente successo, Oikawa si era ritrovato i suoi compagni addosso, un abbraccio che quasi gli mozzò il respiro, e si mise a piangere in un secondo momento.
«È dentro!» continuava a urlare Tomoko, seguita a ruota da Akane, che non la smetteva di indicare lo schermo.
Iwaizumi, invece, non sapeva che cosa dire. Era sconvolto, continuava a guardare Oikawa che veniva abbracciato dai suoi compagni che urlavano, saltavano, e lo facevano sentire come se fosse l’eroe della situazione – e, in effetti, lo era. Aveva anche lui gli occhi lucidi, e lo vide mentre si inginocchiava per terra e cominciava a piangere, non prima di aver gettato un urlo liberatorio.
L’ultima cosa che intravide furono i compagni del giovane alzatore che si avvicinavano a lui, inginocchiandosi a loro volta, prima che Tomoko lo riscuotesse. «Che ci fai ancora qui?» Il ragazzo sbatté le palpebre, ancora frastornato. «Vai da Oikawa, muoviti!»
Iwaizumi guardò prima l’amica, poi sua figlia, che era scesa dalle sue braccia di sua spontanea volontà, sorridendogli; poi, si mise a correre tra la gente esultante, cercando di avvicinarsi agli spalti più vicini al campo. I suoi occhi erano puntati sulla figura di Oikawa che, adesso, si era rimesso nuovamente in piedi e stava festeggiando con i suoi compagni. Il giornalista non sapeva per quale motivo, ma sentiva il cuore battere all’altezza delle corde vocali.
Riuscì a chiamarlo solo quando giunse a destinazione, la voce un po’ roca. «Oikawa!»
Il castano si girò, osservandolo per una manciata di minuti, prima di dirigersi da lui a passo di marcia, scavalcando i cartelloni con un abile salto. Fu un abbraccio un po’ scomodo, poiché il giovane giornalista era qualche metro più in alto di lui, ma questo non gli impedì di singhiozzare contro la sua spalla, di stringere con forza la maglietta del ragazzo.
«Ehi!» gli sussurrò ad un orecchio. «Smettila di piangere…»
Tooru si lasciò andare ad un ultimo singhiozzo, prima di spostarsi e di posare le labbra su quelle del suo ragazzo. Sapeva che Hajime, di solito, non amava esternare certi momenti davanti al mondo intero, tuttavia in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Lo sguardo che lanciò Oikawa, quando si separarono, lasciava intendere tante cose: “grazie di esserci”, “ci vediamo dopo”, “ti amo”.
Oikawa tornò dal suo gruppo di compagni, e quando tutti gli atleti, compresi gli avversari, si presero per mano e sollevarono le braccia in alto, la sala scoppiò in un enorme boato.
Iwaizumi osservò gli atleti che si inchinavano davanti il pubblico, Oikawa che tentava di asciugarsi il viso mentre tutti ancora lo acclamavano, anche lui con le lacrime agli occhi.





La cerimonia di premiazione era stata, di certo, la più emozinante tra le tante che si erano svolte durante i giochi. Dopo essersi dati una sistemata – e aver continuato a festeggiare in spogliatoio –, gli atleti erano saliti sul piedistallo, acclamati con urla e applausi dall’intero pubblico, Oikawa che continuava ad avere gli occhi lucidi. Stava pensando alla sua famiglia, ad Hajime e Akane, a sua madre…
Era sicuro che, ovunque ella fosse, lo stesse guardando. Ed era sicuramente fiera di lui, fiera dell’uomo che era diventato.
Aveva lanciato una lunga occhiata ad Iwaizumi, salutando poi Akane con la mano, prima che l’inno nazionale partisse e loro cominciassero a recitarlo a bassa voce. Gli sfuggirono due lacrime, ma non aveva mai smesso di sorridere.
Ogni volta che Iwa-chan lo guardava, credeva di star sognando, e invece quello sguardo era lì, ogni mattina, non appena apriva gli occhi. Quello sguardo c’era ogni giorno, ad ogni ora, e questo significava che non aveva mai smesso di amarlo. Che continuava ad amarlo nonostante tutto, nonostante lo facesse impazzire il più delle volte. Quei quattro anni di fatica erano stati anche i più belli della sua vita, e sperava che fosse così per sempre.
Alla fine dell’inno, ci fu un altro applauso generale, mentre Bokuto e Kuroo gli scompigliarono i capelli e gli dissero di smetterla di frignare.
Iwaizumi, intanto, era rimasto in disparte, la mano tenuta ben salda in quella di Akane, mentre osservava il suo fidanzato che veniva intervistato dai giornalisti più disparati e si metteva in posa per le fotografie. Si lasciò sfuggire una mezza risata, non appena vide i suoi compagni di squadra che lo sollevarono da terra, lanciandolo letteralmente in aria. Come facessero ad avere ancora tutta quella energia, era un mistero. Probabilmente era l’euforia del momento che li faceva stare in piedi. Tornati a casa, Oikawa sarebbe sicuramente andato alla ricerca del suo amato materasso. E avrebbe cominciato a ronfare non appena la sua testa si sarebbe posata sul cuscino.
Tomoko si era allontanata poco prima, raggiungendo Hideki, che li aveva salutati da lontano, in modo da poter preparare tutto l’occorrente per l’intervista. Stava ancora osservando il trio composto da Oikawa, Bokuto e Kuroo che si lasciavano fotografare in tutte le posizioni più assurde, quando sentì una voce alle sue spalle.
«Complimenti, è stata una bellissima partita! Anche se i complimenti dovrei farli a Oikawa-kun…»
La prima a girarsi fu Akane. «Mamma!» esclamò, abbracciando di slancio la donna.
«Akane, ti prego, fai attenzione…» Fu Katsu a parlare, una mano stretta a quella della sua compagna.
«Katsu, sto bene, tranquillo!» lo rassicurò Minori, un sorriso luminoso che le ingentilì il volto.
«Avete visto cosa ha fatto Tooru-san? L’avete visto? Non è stato un mito?» disse Akane, gli occhi che le brillavano, il mento appoggiato alla pancia della madre.
La donna le scompigliò i capelli. «Sì, l’abbiamo visto.»
Hajime sorrise, le mani tenute dentro le tasche dei pantaloni. Stava per parlare, quando una voce lontana e che gli era familiare richiamò la piccola Akane. Videro Oikawa che le faceva segno di avvicinarsi, sorridendo: a quanto pare, una fotografa si era accorta della presenza della bambina, e aveva chiesto se potesse scattare un paio di foto in sua compagnia. Ovviamente, si aspettava che fossero i suoi genitori a darle il consenso, e gli occhi color cioccolato del giovane incontrarono quelli verdi Iwaizumi. Aveva un sopracciglio alzato e sembrava un poco scettico, del resto non gli piaceva l’idea che sua figlia venisse utilizzata come un mezzo mediatico per aumentare le vendite, aveva pur sempre otto anni. Eppure, Iwaizumi sapeva anche che Akane adorava farsi delle foto con Tooru, per non parlare di quando la riprendeva di nascosto e lei si divertiva a fare le smorfie.
Il castano uscì la punta della lingua e alzò le spalle, come a dire che non poteva farci nulla. Iwaizumi aveva un rapporto contrastante con quell’espressione. Certe volte gli veniva voglia di prenderlo a testate sui denti, ma la maggior parte delle volte avrebbe voluto baciarlo seduta stante, non importava chi ci fosse intorno. Si sentiva come la prima volta in cui era stato fotografato con Oikawa, sebbene non stessero facendo nulla di che. Il setter aveva confessato da poco di stare con uomo, ed era tornato da due lunghi giorni di trasferta negli Stati Uniti. Quella volta, in aeroporto, Hajime era andato a prenderlo senza pensarci. Si erano abbracciati davanti ai paparazzi, e per la prima volta non gli importò nulla di cosa avrebbe pensato la popolazione mondiale di loro due. A lui importava solo di Oikawa.
«Posso? Posso? Vi preeeeego!» disse la bambina, congiungendo le mani e stringendo gli occhi.
«Per me non ci sono problemi… Ma deve essere tuo padre a decidere.»
Minori lanciò uno sguardo eloquente ad Hajime, che alzò gli occhi al cielo. «Va pure!»
«Grazie!»
Osservarono Akane che si faceva strada tra la folla, gettandosi poi tra le braccia di Oikawa, che la prese in braccio. Si dissero un paio di cose, Akane che non la smetteva di agitare le mani, Oikawa che non aveva mai smesso di sorridere. Poi successe una cosa che lasciò di stucco i due genitori e probabilmente la stessa Akane: Oikawa si tolse la medaglia d’oro che aveva al collo e la mise attorno a quello della bambina, quest’ultima che se la rigirava tra le mani, fissandola con intensità. Era il suo modo di ringraziarla per quello che aveva fatto prima, per avergli regalato un momento che non avrebbe dimenticato mai, finché avesse avuto respiro. La bambina gli diede un bacio sulla guancia, e poi rimasero così, fronte contro fronte, a ridere a crepapelle. Sì, con Akane poteva concedersi di essere un po’ più bambino del solito.
Iwaizumi dovette abbassare lo sguardo per evitare di arrossire. Era sempre così quando li vedeva assieme. Si innamorava ogni giorno di più, ogni volta che vedeva Oikawa che abbracciava sua figlia, o che rideva con lei. Ed era sicuro che per il ragazzo fosse lo stesso, era come se si fosse innamorato un’altra volta.
Adesso non era solo Hajime a voler proteggere Akane da qualsiasi male. Per Tooru era diventata troppo importante, come se fosse veramente sua figlia.
«Io ne approfitto per andare a prendere qualcosa da mangiare…» esordì Katsu, facendo voltare i due genitori. Poi, si rivolse a Minori. «Gradisci qualcosa in particolare?»
«Solo un succo di frutta, grazie!»
Il ragazzo si allontanò poco dopo, e i due rimasero in silenzio, uno di fianco all’altro, continuando a fissare Oikawa e Akane, e adesso si erano aggiunti anche Bokuto e Kuroo, assieme ad altri membri della squadra. Quest’ultimi tenentarono di coinvolgere anche Ushijima, interrompendo la sua intervista con un giornalista. Era come se Akane fosse diventata, improvvisamente, la maschotte della Nazionale.
«Allora, – sbottò poi Hajime, dondolandosi sui talloni – la neo mamma non ha niente da dirmi?»
La donna rise, spostando una ciocca bionda che le ostruiva la vista. Abbassò gli occhi, sfiorando con la punta delle dita la pancia che, piano piano, stava cominciando a crescere. «È un maschietto!» disse, sorridendo e inclinando la testa di lato.
Hajime sorrise a sua volta. «Immagino che Katsu sarà entusiasta!»
«Lo è, ma è anche molto apprensivo.» E questo era uno dei motivi per cui Akane era andata alla partita con il padre e non con Katsu e Minori, poiché la ragazza non era stata tanto bene e il compagno aveva dato di matto. Aveva persino deciso di portarla al pronto soccorso, sebbene la donna gli avesse detto che si trattava di un semplice mal di testa. «Anche Akane è entusiasta» aggiunse.
«Già, non smette mai di parlarne!»
Non ricordava quando era stata l’ultima volta che l’aveva visto così, eppure sapeva che era stata quella luce che gli illuminava gli occhi a farla innamorare di lui, la prima volta. Hajime poteva sembrare un tipo un po’ burbero, che difficilmente esternava i suoi sentimenti, ma in realtà era un persona estremamente buona e paziente – e di pazienza ne aveva da vendere, considerando che stava assieme a Oikawa Tooru. E Minori l’aveva visto quella sera di quattro anni fa, quando le aveva confessato di amare un uomo, quando le aveva confessato di provare per lui dei sentimenti che non aveva mai sentito in vita sua. Non poteva fare a meno di mettere a confronto quell’immagine, quell’espressione, con quella di lui che teneva in braccio sua figlia.
«Si chiamerà Hisoka.» Il ragazzo spalancò gli occhi, voltandosi lentamente verso la donna, le labbra che gli tremavano. «Katsu è d’accordo.»
Per un attimo, credette di aver capito male, ma lo sguardo determinato che gli lanciò la ragazza gli disse che no, non aveva capito male. Il fiato gli uscì in pesanti sospiri, mentre si passava una mano sul viso per cacciare indietro le lacrime. Quello era il nome di suo padre. Il figlio di Minori e Katsu avrebbe avuto il nome di suo padre.
Gli sfuggì una risata amara. «Io… io non so che cosa dire…»
«Non devi dire niente» disse lei, continuando a sorridere. «Vorremmo che tu e Oikawa foste presenti nella vita di nostro figlio. In fondo, siete i due papà di Akane, no?»
Ricordava ancora il disegno che aveva portato Akane da scuola, raccontando come fosse stato complicato dover spiegare che, per lei, Oikawa Tooru era il suo secondo padre.
«Non capiscono perché loro non sanno il rapporto che ho io con Tooru-san, è speciale!»
Ricordava ancora il suo visino imbroncianto quando le aveva mostrato il disegno, le braccia conserte, e accanto al nome di Oikawa c’era scritto “papà”, esattamente come per Hajime. Era felice che Katsu non se la fosse presa, del resto sapeva che il rapporto che aveva con Akane era diverso da quello che aveva con Iwaizumi o con Oikawa. Forse era per questo che si comportava in maniera così apprensiva, perché pensava di non riuscire a portare a compito il suo ruolo di padre. Gli ricordava un po’ Hajime.
Con enorme sorpresa da parte della giovane, il giornalista la avvicinò a sé, stampandole poi un bacio tra i capelli, calde lacrime che gli solcavano il viso. «Grazie» sussurrò.
Quando due persone si separano, c’è la seria possibilità che tra di loro il rapporto si sfaldi completamente: entra in gioco l’odio, la vendetta, e tutti quei sentimenti negativi che portano le due persone a non frequentarsi più, a non riuscire a guardarsi più in faccia o a stare nella stessa stanza. Non era così per Hajime e Minori, loro si volevano ancora bene. Non c’era più amore tra di loro, ma l’affetto, oh, quello non era mai scomparso. Minori aveva fatto tantissimo, per lui, negli ultimi anni, e le sarebbe stato per sempre debitore.
«I tuoi genitori sarebbero fieri di te…» disse lei, e Hajime si lasciò sfuggire un singhiozzo, seguito da una risata un po’ roca.
La ragazza le posò le sue mani bianche come il latte sulle sue guance, leggermente più scure, asciugandogliele. Entrambi sorrisero, ed era bello che tra di loro non ci fosse imbarazzo. Non c’era rancore, non c’era odio: loro erano la prova vivente che si può volere il bene di una persona che, un tempo, era stata la propria amante, la propria compagnia di vita.
«Okay, credo di aver pianto abbastanza per oggi!» disse poi il giornalista, schiaffeggiandosi la faccia con ambedue le mani, e strappando una risata a Minori.
Ci un attimo di silenzio, prima che la ragazza tornasse a parlare, dando una gomitata sul braccio al ragazzo. «E tu, invece? Non hai niente di bello da dirmi?»
Il ragazzo finse di pensarci un attimo. In realtà, sapeva benissimo a cosa si riferiva. «No, non ho niente da dirti.»
«Hajime… Guarda che si nota…» disse, indicando poi la piccola fedina argentea che portava all’anulare della mano sinistra, esattamente nello stesso punto dove la portava Oikawa.
Iwaizumi non disse niente, limitandosi solo a incrociare le braccia per nascondere la prova incriminante e ad alzare gli occhi al cielo, mentre la ragazza lo scuoteva, eccitata. «Quando?»
«La prossima settimana» disse, lasciandola di stucco. «Lo so, è presto, e conoscendo Oikawa mi sarei aspettato che volesse fare le cose in grande, ma ho scoperto che in realtà… non gli importa.» Fece un piccolo sorriso, rigirandosi l’anellino tra le dita. «Gli basta sapere che siamo sposati…»
Sentì le braccia dell’amica che gli stringevano il collo, e Hajime ricambiò subito l’abbraccio. Era stata dura, ma alla fine il Giappone aveva finalmente deciso di ufficializzare i matrimoni tra due persone dello stesso sesso; del resto, le stesse regole olimpioniche stabilivano che il paese ospitante dovesse rispettare qualsiasi tipo di religione, di cultura, di orientamento sessuale.
In parte, alcuni avevano dato il merito di tutto questo proprio a Oikawa, perché era stato il primo atleta giapponese ad aver ammesso, davanti al mondo intero, di amare una persona del suo stesso sesso. La sua squadra l’aveva sostenuto sin dall’inizio, assieme a tantissimi altri atleti provenienti dai paesi più disparati, fino a quando non erano cominciate a uscire delle voci sulla presunta omesessualità di altri atleti giapponesi. Alla fine, dopo anni di proteste, dopo che la maggior parte delle prefetture avevano riconosciuto le coppie dello stesso sesso come coppie di fatto, il governo nipponico decise di approvare il matrimonio tra le coppie omosessuali.
Forse era esagerato dire che fosse per merito loro, ma le proteste si erano fatte più intense proprio quando stavano per cominciare le Olimpiadi, proprio perché molti dicevano che gli atleti della stessa Tokyo non dovevano più nascondersi. E tra questi, spiccava sicuramente il nome di Oikawa.
«Sono così felice per voi!» disse la ragazza, dopo che si furono allontanati.
«Sì, beh, mi sono informato, e a quanto pare posso sposarmi nonostante io sia divorziato…» Si torturò una ciocca di capelli, una risata nervosa che risalì lungo la sua gola. «Non ci credo che sto per sposarmi con quel cretino…»
Scosse la testa, ridendo, e Minori non potè fare a meno di sorridere. «Quindi sarà un cosa più intima…?» chiese.
«Sì, almeno spero… Non so cosa intenda Oikawa quando dice di voler invitare poche persone.» Scoppiarono a ridere. «Poi, partiremo per la Bolivia… Desideriamo farlo da anni, e adesso abbiamo il pretesto perfetto.»
«Te lo meriti… Ve lo meritate…» Nessuno dei due smise mai di sorridere, continuando a guardarsi negli occhi. Poi, Minori aggiunse: «Quando ti ha fatto la proposta?»
«In realtà, sono stato io a fargliela…»
La ragazza sbattè le palpebre, incredula. «Hai sempre detto che l’idea di fare la proposta a qualcuno ti imbarazzava!» Infatti, era stata lei a fargliela, tanti anni prima, e Hajime si era imbarazzato anche in quel caso, rimanendo in silenzio per cinque minuti buoni.
«Lo so, ma conosci Oikawa, se non gliel’avessi fatta io me l’avrebbe rinfacciato a vita!» disse, cercando di essere il più convincente possibile, fallendo miseramente.
Iwaizumi era davvero cambiato. Iwaizumi aveva finalmente maturato il desiderio si voler passare il resto della sua vita con la persona che amava, di poter dire davanti a tutti che erano sposati. Per questa ragione, era stato lui a fare il primo passo.
«E poi, gliel’ho fatta solo perché ieri sera non la smetteva di lamentarsi e non mi faceva dormire!»
Minori continuava a non bersela, dandogli comunque corda, un sorriso divertito che faceva capolino sulle sue labbra rosa. Avrebbe voluto chiedergli che cosa ci faceva con due fedine perfettamente abbinate se non aveva intenzione di fargli la proposta, ma lasciò perdere, non voleva imbarazzarlo più del dovuto, aveva già le guance in fiamme.
Non poteva sapere che stava ripensando alla sera precedente, il lenzuolo attorcigliato alle caviglie, Oikawa rannicchiato dall’altra parte del letto e che non la smetteva di lagnarsi, l’ansia che quasi lo mangiava vivo. Poi, i suoi occhi color cioccolato che si fecero più grandi non appena sentì quella parolina magica provenire dalla bocca di Iwa-chan.
«Sposami.»
Sulle prime, si mise a ridere, perché pensava che lo stesse prendendo in giro, ma non appena vide che la sua espressione non era cambiata di un millmetro, aveva cominciato a piangere. E le lacrime si fecero sempre più copiose, Iwaizumi che tirava fuori la fedina d’argento e gliela metteva al dito. Sentiva ancora la risata di Oikawa dentro le orecchie, e i suoi palmi cominciarono a farsi appiccicaticci per via del sudore.
Spesso si domandava perché uno come Oikawa stesse con lui: erano come due abitanti di due mondi diversi, erano come il bianco e il nero, così diversi, eppure così simili. Così bisognosi di qualcuno che fosse in grando di completarli.
Tooru aveva dato ad Iwaizumi quello che, per una vita, aveva sempre cercato, e adesso non voleva più perderlo. Voleva che tutti sapessero che era una parte della sua vita, che era legato a lui in una maniera che, forse, in molti non riuscivano a capire.
E per Oikawa era esattamente lo stesso. Non lo odiava per quello che gli aveva fatto, poiché Hajime c’era, era rimasto, non se n’era più andato. Hajime continuava ad amarlo ogni sera, ogni volta che le sue labbra incontravano la sua pelle rovente, ogni volta che apriva gli occhi di prima mattina. La proposta era solo una conferma che, sì, avrebbe continuanto a farlo per il resto della sua vita.
«Iwa-chan!» Il ragazzo in questione si girò verso la fonte della voce, e questa volta vide Oikawa che gli sorrideva, accompagnato da Tomoko e, ovviamente, da Akane.
Era talmente preso dalla conversazione con Minori, da non essersi accorto che l’amica era riuscita a strappare Oikawa dalle grinfie dei fotografi, ottenendo finalmente la possibilità di intervistarlo. E, dato che c’era anche Akane, perché non intervistare l’allegra coppietta che faceva impazzire milioni di fan?
Il ragazzo scosse il capo, ma a schiodarlo dalla sua posizione, fu la pacca che – gentilmente – Minori gli diede sul sedere. «Dai, Hajime, che ti costa! Accontenta tua marito, una volta tanto!»
«Non è ancora mio marito! E su certe cose rimarrò comunque inflessibile!» esclamò, dirigendosi lo stesso verso il gruppetto che non aveva mai smesso di fissarlo.
«Eccolo qui!» annunciò Tomoko, sorridendo all’indirizzo di Iwaizumi. «Stavo giusto dicendo a Oikawa-san che sarebbe davvero carino se vi scambiaste un piccolo bacio, proprio come è successo qualche anno fa, vi ricordate?»
«Oh, sono sicura che Iwa-chan se lo ricorda perfettamente!» esclamò Oikawa, ripensando al video che aveva postato sui social, dopo che l’intero mondo sportivo era esploso per via del suo coming out.
Iwaizumi, intanto, lo stava guardando negli occhi, i suoi che si erano ridotti a due fessure, e si ricordò della prima volta in cui si erano guardati così. Erano seduti al tavolo di un ristorante e non avrebbe mai immaginato che con quel ragazzo – lo stesso ragazzo che aveva avuto il dispiacere di intervistare – potesse nascere qualcosa di così importante.
Sorrise, spostando poi lo sguardo su Akane, e in un primo momento Oikawa aggrottò le sopracciglia, confuso. «In realtà, stavo pensando a un bacio un po’ diverso…» disse, e a quel punto il giovane setter capì, spostando i capelli scuri della bambina.
In un attimo, le loro labbra calarono sulle guancie di Akane, ancora tenuta dalle robuste braccia di Oikawa, che si lasciò sfuggire un’esclamazione di stupore.
«Non vale, ero distratta!» protestò la bambina, ridendo ugualmente, dopo che i due ragazzi si furono staccati.
«Okay, ci accontentiamo, è stato davvero carino!» disse invece Tomoko, i denti scoperti in un sorriso luminoso.
Stava per congedare i due ragazzi, ma Iwaizumi la fermò, continuando a parlare. «Che ne dici, Shittykawa? Diamo alla nostra amica una piccola esclusiva?»
«Ci stai prendendo gusto a farti riprendere, Iwa-chan?»
«No, affatto, ma mi sembra giusto che Akane e Tomoko lo sappiano… E visto che ci siamo…»
«Cosa devo sapere?» scattò subito Akane, spostando lo sguardo da Oikawa a suo padre, entrambi sorridenti.
Iwaizumi non disse niente, si limitò solo a mostrarle la mano sinistra, e se all’inizio la bambina non capì cosa ci fosse di diverso rispetto al solito, non appena vide la mano di Oikawa cacciò un urlo fortissimo, più forte di quello che fece in aeroporto, abbracciando subito suo padre.
«Papà si sposa! Si sposa con Tooru-san!» continuava a dire contro la spalla del genitore, i capelli neri che gli solleticavano la punta del naso. «Tooru-san, ora sei per davvero il mio secondo papà! Anche se lo eri già da prima, per me!» disse poi, voltandosi verso Oikawa.
Il ragazzo sorrise, le labbra che tremavano, per poi abbracciare la piccola Akane. Non riusciva ancora a capacitarsi di quanto la sua vita fosse cambiata, a cominciare dal fatto che quella bambina lo considerava come un genitore a tutti gli effetti. Era ancora un emozione troppo grande da riuscire a contenere.
E Oikawa non era l’unica persona che si era lasciata sfuggire qualche lacrima. Anche Tomoko aveva cominciato a piangere e singhiozzare senza alcun motivo, Hideki che aveva già spento la telecamera da un po’, giusto il tempo di riprendere la scena incriminante, e che le aveva posato le mani sulle spalle. 
«Ehi, perché stai piangendo?» le disse Iwaizumi, abbracciandola in un secondo momento.
«Non lo so… Hajime, sono così felice per te, diamine…» biascicò, la bocca impastata di saliva.
Il ragazzo aumentò la presa, senza smettere di sorridere. «Grazie di tutto, Tomoko, davvero…»





Una giovane donna non la smetteva di dondolare le sue lunghe gambe nel vuoto, seduta sulla ringhiera metallica e color ferro, mentre osservava un gruppetto di persone che cercava di ricomporsi. Erano già passati quattro anni da quando era rimasta in disparte? Sembrava di più.
Il destino aveva deciso di lasciare in pace i due giovani, eppure era tornato per vedere se il filo rosso c’era ancora, sempre sotto le vesti di quella donna che faceva disperare i due malcapitati, quella donna con l’animo un po’ fanciullesco. Sorrise: il colore del filo si era fatto più accesso. Osservò i due ragazzi mentre si guardavano negli occhi e, lontani dalle telecamere e dai fotografi, si scambiavano un fugace bacio.
«Non ho mai visto mio figlio così felice…» disse una voce alla sua destra, la madre di Oikawa seduta accanto a lei. «Grazie per avermi permesso di vederlo…»
Il destino inclinò la testa di lato e sorrise.
«Hajime non è più solo, adesso…» Un’altra voce, i genitori del ragazzo posti alla sua sinistra, e il destino ricambiò il sorriso maliconico della madre.
Lanciarono un ultimo sguardo ai due ragazzi, al loro sorrisi, alle loro mani strette a quelle della piccola Akane, ai loro polsi legati da un filo rosso invisibile, prima di dissolversi come una nuvola di fumo, un dolce profumo che si librò nell’aria.



 
[Meeting you was fate, becoming your friend was a choice, but falling in love with you was beyond my control.]





Ultime delucidazioni:
Ebbene sì, siamo giunti alla fine di questa avventura. Come dite? Volete sapere se sto piangendo? Ma sciocchini, certo che STO PIANGENDO, MA VI PARE, E’ COME SE STESSI LASCIANDO MIO FIGLIO IN BALIA DEL SUO DESTINO! STA STORIA L’HO IN MENTE DA QUASI UN ANNO, VE NE RENDENTE CONTO?
*soffoca nelle sue stesse lacrime*
Tornando a fare le persone serie – forse – prima dei ringraziamenti finali, vorrei spendere due paroline su questo epilogo: se non si fosse capito, è ambientato durante le Olimpiadi che, proprio nel 2020, si terranno nella mitica isola del Sollevante. La data non è casuale: in teoria, i giochi si concluderanno proprio quel giorno e di solito le finali di pallavolo si svolgono a conclusione del percorso olimpionico. Per quanto riguarda la vincita di Tooru e compagni… Potevo non regalare una gioia a questo ragazzo? Insomma, ne ha passate di tutti i colori e diamogli un po’ di pace, su! *la menano*
E vi ho regalato una gioissima (??) finale – credo: i due idioti si sposano. Ora, vi chiederete come è possibile visto che la magica terra dei manga lucra sugli yaoi, ma non approva i matrimoni gay. A parte che tra tre anni le cose potrebbero cambiare, ho fatto anche un paio di ricerche e ho visto che alcune prefetture, effettivamente, riconoscono le coppie gay come coppie di fatto. Perché? Beh, proprio per evitare il problemino delle Olimpiadi e del fatto che ogni atleta deve essere rispettato a prescindere dal sua religione o dal suo orientamento sessuale. Non so come si concluderanno le cose, ma io spero veramente in meglio per tutte quelle persone che ancora, in Giappone, aspettano di aver riconosciuti i propri diritti.
La frase finale è questa e l’ho beccata per puro caso su un post tamblah, non giudicatemi.
Non credo di dover aggiungere altro, per il momento, quindi passiamo ai ringraziamenti:
-Ringrazio tutte le persone che hanno recensito ogni capitolo o che, comunque, hanno lasciato un messaggio dopo il bip (Obsidian_Butterfly, nigatsu no yuki, Kotomi, GinnyBlack12, Anown, Mikaelaknight, momoko89, unamoresolitario, ariannalosi). Una menzione specialissima va a Sarck, il mio Kit Kat del cuore, e Elis9800, le cui recensioni mi davano un carica immensa per il capitolo successivo. GRAZIE PER QUESTI 63 MESSAGGI DOPO IL BIP (??)
-Ringrazio tutte le persone che non mi hanno lasciato una recensione, ma che si sono premurate di lasciarmi SEMPRE un recapito telefonico a fine capitolo: la mia piccola kohai Gaia, la mia waifu _Aria, Ayumu, la senpai Selene, Alexys_Tenshi, le piccole ari-chan e Erc. Ne avrò senz’altro dimenticato qualcuno. Non prendetevela. Ho vent’anni, sono vecchia.
-Ringrazio, soprattutto, la mia beta, che si è premurata di leggere e di sclerare per ogni singolo capitolo di questa storia. Non sarei la persona che sono oggi senza di lei ♥
-Ringrazio tutte le persone che hanno messo questa storia tra le preferite, le seguite o addirittura tra le ricordate. E ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino a qui, anche se ha cominciato la storia molto tempo dopo. Apprezzo il coraggio di chiunque abbia voglia di leggere un’epopea del genere.
Che dire, ci vediamo a una prossima storia su questi due trogloditi. Come dite? Mi state chiedendo se ce ne saranno delle altre?
E CERTO! Tooru menziona di un certo video che ha postato sui social, e poi permettete che io voglia divertirmi a descrivere Iwa-chan in totale imbarazzo mentre fa la proposta a Oikawa? E non dimentichiamoci della torta che sti due devono preparare con Akane! 
Brace yourself. L’ennesima nuova serie sta arrivando! *vola a cavallo di una scopa*
Grazie ancora di tutto! Buon Natale e buone feste a tutti ♥
_Lady di inchiostro_

l'uccellino cinguetta 
  
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