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Autore: Signorina Granger    26/12/2017    3 recensioni
Jude Verrater e Isabelle Van Acker, entrambi testardi, orgogliosi, riluttanti ad esprimere quello che provano.
Insieme ne hanno passate tante e si sono sostenuti a vicenda in modi diversi... alla fine, finalmente, hanno trovato la propria serenità.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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… Ma ama una sola volta 


Si svegliò a causa della luce che entrò nella stanza attraverso la finestra, aprendo pigramente gli occhi e chiedendosi perché non avesse chiuso le serrande la sera prima.
Ci mise un paio di secondi, dopo essersi ripreso dallo stato di sonnolenza, a rendersi conto di non essere nel letto dove dormiva di solito.
O almeno, non dove dormiva da mesi. 

Jude strabuzzò gli occhi quando si rese conto di essere in camera sua, nel suo letto, cosa che un anno prima non avrebbe trovato affatto strana… ma Dio solo sapeva quante cose fossero cambiate rispetto ad un anno prima. 
Ormai, per lui, dormire lì dentro non era più la norma.
E in un attimo il suo stupore aumentò, rendendosi conto che teneva Isabelle stretta tra le braccia, il suo capo appoggiatogli contro il petto e il braccio che lo cingeva delicatamente. 

Per un momento fece per muoversi, ritrarsi di scatto per evitare la reazione della moglie. O almeno finché non si ricordò di come fossero andate le cose la sera prima, quando era stata lei ad accordargli il permesso di restare, di toccarla e abbracciarla per la prima volta dopo infinite settimane.

Jude si permise di sorridere, sfiorandole i capelli castani con mano tremante, quasi a volersi assicurare che fosse reale. 
E capì perché le finestre non erano state chiuse, visto che Isabelle voleva sempre avere un minimo di luce e più aria quando dormiva, anche se le sue ore di sonno si erano dimezzate rispetto a cinque mesi prima, forse per non sentirsi in trappola.  

Jude non si mosse, limitandosi ad osservare i lineamenti rilassati del suo volto, ben lieto di poterla finalmente guardare senza che lei gli desse le spalle. Poco dopo Isabelle aprì gli occhi e la sentì irrigidirsi per un istante quando si rese conto di non essere sola, ma posò gli occhi verdi sul suo volto e non si ritrasse, esitando prima di parlare a bassa voce:

“Ciao.”
“Ben svegliata.”

Jude sorrise, e all’improvviso si sentì felice come non lo era da quella sera, quando era tornato a casa e non l’aveva trovata. Fu tentato di chiederle se sarebbe potuto tornare a dormire nella loro camera ma la porta si aprì e un cigolio anticipò il suono della voce di Audrey:

“Mamy, facciamo colazione… oh! Papà, dormi di nuovo con la mamma? Che bello, allora non state più stretti!”

Audrey sorrise allegramente mentre si avvicinava al letto, sedendo sul materasso mentre Jude restava in silenzio, rivolgendo un’occhiata interrogativa alla moglie, che si limitò ad esitare prima di annuire, sorridendo debolmente:

“… sì tesoro, papà dorme di nuovo qui.”


*


“Attenta a non farla cadere, mi raccomando.”
“Tranquilla mamma!” 

Beatrix sorrise mentre camminava a passo svelto lungo il corridoio, i capelli castani sciolti sulla schiena e una torta in equilibrio tra le braccia con la madre, che teneva Audrey per mano, subito dietro. 

Quando raggiunsero la porta della camera da letto dei genitori Isabelle la aprì lentamente, invitando le bambine ad entrare. 
E a quel punto Audrey sorrise, correndo verso il letto per poi saltare letteralmente sopra al padre ancora addormentato, augurandogli un buon compleanno a gran voce.

Jude si svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere di scatto e lanciando un’occhiata torva alla bambina di quattro anni, che invece rise allegramente mentre Beatrix gli si fermava accanto, sorridendogli con affetto e porgendogli la torta:

“Buon compleanno, papy.”
“Grazie tesoro. E tu, piccola peste, ti sembra il modo di svegliare papà proprio oggi?”

Jude afferrò prontamente Audrey, che aveva provato a darsi alla fuga, per farle il solletico, ignorando le sue preghiere di smetterla mentre Isabelle si avvicinava al letto, sedendo sul bordo del materasso del letto dove il marito aveva da poco ripreso a dormire e sorridendogli:

“Buon compleanno, Jude.”
“Grazie tesoro.”


Jude Verräter non aveva mai amato il suo compleanno, e non l’aveva mai festeggiato fino a quello successivo al suo diploma, quando aveva scoperto che sua madre non era morta di parto come aveva creduto per anni e Isabelle gli aveva insegnato a non dar retta a sua nonna, che la sua nascita non era stata uno sbaglio ma un evento meraviglioso, come tutte le nascite. 
 
Aveva iniziato a godersi il 13 Novembre solo da quando lui ed Isabelle stavano insieme, anche se le attenzioni che le bambine gli rivolgevano ogni anno continuavano a lasciarlo vagamente perplesso… forse non ci si sarebbe mai abituato del tutto, dopotutto. 

“Devi soffiare ed esprimere un desiderio.”
 
Beatrix sorrise al padre, accennando alla torta mentre Audrey, risparmiata dal solletico, si sistemava sulle sue ginocchia, abbracciandolo.

Jude annuì e spense tutte le candeline un attimo dopo, scaturendo la curiosità delle figlie, che gli chiesero cosa avesse desiderato:

“Non posso dirlo, altrimenti non si avvera.”
Jude si strinse nelle spalle, serafico, ma quando intercettò lo sguardo della moglie capì che lei sapeva cosa avesse desiderato. 

Ciò che, in realtà, desiderava da settimane, ovvero che tutto tornasse come prima. E forse, finalmente, erano sulla strada giusta.

“Papà, alzati, nonno Morgan, nonno Alphard, la zia Phoebe e lo zio Steb arrivano tra poco!”
“Oh, certo, devi andare a farti bella visto che sei innamorata di lui…”

“Non è vero!”

La bambina arrossì e il padre sorrise mentre faceva per alzarsi dal letto con Andrey ancora in braccio, rivolgendo un’occhiata divertita alla moglie:

“Restia ad ammettere i sentimenti? Mi ricordi qualcuno, Trixie…”


*


“Non è colpa tua Jude, lo so. Mi dispiace se ti ho dato l’impressione di pensare l’opposto… ti conosco, so che ti addossi la responsabilità, ma non è stata colpa tua.”

Isabelle abbozzò un sorriso, inclinando leggermente il capo per cercare lo sguardo di Jude, le mani strette nelle sue mentre gli era seduta di fronte, sul divano. 

“È mia nonna, Isabelle. La mia famiglia, un conto che IO avevo in sospeso. Avrei dovuto ucciderla molto tempo fa.”
“Se anche fossi tornato prima, quella sera, che cosa sarebbe cambiato? Magari sarebbe successo il giorno dopo, o quello dopo ancora… Jude, mi dispiace di essere stata tanto fredda, ma non ti ho mai ritenuto responsabile. Lei ha ferito anche te in passato, l’unico mostro qui è tua nonna.”

Jude posò gli occhi sul volto della moglie, provando un po’ di sollievo nel rendersi conto che era sincera e che non gli stava mentendo. Sapere che la pensava così forse l’avrebbe aiutato, ma alleviare tutto sarebbe stato pressoché impossibile. 

“Io voglio solo vederti stare bene, Belle.”
“Se sto meglio è solo grazie a te.”
“A me? Non ho fatto niente per mesi.”

“No invece… hai fatto esattamente quello che ti stavo chiedendo: non mi hai fatto pressioni, hai tenuto le distanze e ne avevo davvero bisogno… non sei stato soffocante, mi hai dato il tempo che mi serviva. Ti sei avvicinato lentamente, un po’ per volta, ed è stato un bene.”
“Cinque mesi praticamente senza parlare con te o guardarti in faccia… il mio incarico più difficile. Ma sono felice di vederti stare meglio.”

Per lo meno, gli permetteva di dormire nella loro camera e riuscivano, finalmente, a parlarsi. 

“Lo supereremo, ok? Ho capito che ho bisogno di te per farlo, non posso andare avanti da sola… spero che le cose possano tornare come prima, presto o tardi.”

Jude, le mani strette su quelle della moglie, le sollevò per depositarci un bacio sopra, mormorando quanto gli fosse mancata, lei, la sua voce, i suoi occhi, le sue mani, persino il suo profumo. 
Era bello riaverla finalmente indietro, o almeno in parte.


*


“Con Jude le cose come vanno?”
“Bene.”
“Bene?”
“Sì, bene. Noi… parliamo, finalmente. Glielo devo, credo.”

“Non gli devi niente, Isabelle. Magari ti senti in colpa per averlo tenuto a distanza per mesi, ma non gli devi nulla. Se gli stai permettendo di avvicinarsi va bene, ma solo se lo vuoi davvero.”
“Lo voglio davvero. Ho bisogno di lui, mi conosce, sa come gestirmi. E quando sono con lui ho la sensazione che tutto vada meglio.”

“Io non lo conosco, ma ho capito che tiene molto a te. Ti senti ancora “protetta”, la sua presenza ti rassicura?”
“… sì, credo. E lui è così felice… quando lo chiamo o mi avvicino, dovrebbe vedere come sorride.”
“Lo posso immaginare, ma mi preme maggiormente che tu sia felice, Isabelle. Stai facendo grandi progressi, non solo versi Jude ma anche con te stessa, accettare quello che ti è successo, vivere meglio la gravidanza… Jude ti ama, Isabelle, ed è giusto che capisca, che ti lasci i tuoi spazi come ha fatto finora, è stato bravo, ha agito nel modo migliore… ti senti in colpa, forse, perché lo ami, ed è giusto, ma devi pensare prima di tutto a te stessa adesso. Perciò, quando dici che non lo ritieni responsabile è davvero così?”

“Sì. Lei non lo conosce… credo che l’ultima cosa che farebbe sarebbe farmi del male, figuriamoci permettere a qualcun altro di farlo.”


*


“No, non posso farlo… lei non capisce, non può nascere oggi!”
“Signora Verräter, temo che suo figlio non abbia voglia di aspettare, al momento…”
“Doveva nascere tra una settimana…”

Isabelle scosse il capo, mordendosi il labbro con veemenza mentre teneva le mani strette sui bordi bianchi del letto su cui si trovava, gli occhi verdi arrossati:

“Succede, a volte… non è il suo primo figlio, giusto?”
“Il terzo.”
“Allora non si preoccupi, andrà tutto bene, sa come funziona, ormai.”

L’infermiera le sorrise e Isabelle annuì lievemente, poco convinta e silenziosa. Alzò lo sguardo solo quando sentì dei passi affrettati lungo la corsia e la voce di Jude, sorridendogli con sollievo:

“Ciao…”
“Sono arrivato appena ho potuto… perché ogni volta i tuoi figli decidono di nascere prematuri e mi fregano sul tempo, Van Acker?!”
“Avranno preso il tuo gene dell’essere rompiscatole, si vede.”

Isabelle abbassò nuovamente lo sguardo, sollevando una mano per asciugarsi una lacrima mentre la portavano in sala parto, attirando così l’attenzione del marito:

“Belle, che cosa c’è?”
“Non può nascere oggi, non capisci? Non deve nascere oggi! Doveva nascere poco prima di Capodanno…”

La strega scosse il capo e di fronte all’occhiata interrogativa dell’infermiera Jude scosse il capo, capendo mentre si chinava leggermente, sorridendole e sistemandole i capelli dietro un’orecchio:

“Lo so amore, ma… forse sarà il modo per superarla definitivamente, non credi? È una buffa coincidenza… magari riuscirai, finalmente, ad essere felice pensando ad oggi. Diventerà un giorno dal significato bellissimo, e non devastante per te. Per noi. Non pensi che lui ne sarebbe felice? La prenderebbe sul ridere, credo.”

Isabelle annuì mentre Jude le prendeva il mento con due dita, costringendola a guardarlo per poi sorriderle:

“Andrà tutto bene, vedrai. Molti anni fa, hai perso tuo fratello… oggi invece avrai un figlio, un altro piccolo Alastair.”
“Non ne voglio perdere un altro proprio oggi, Jude.”
“Non succederà, fidati di me.”


*



Jude si fermò sulla soglia della stanza, sorridendo quasi senza volerlo di fronte alla scena che gli si presentò davanti agli occhi: Isabelle era seduta sul letto contro i cuscini, i lunghi capelli lisci sciolti e un po’ spettinati e il viso rilassato, ma stanco. Eppure, mentre la guardava sorridere al bambino che teneva tra le braccia poco dopo averlo dato alla luce, si disse che probabilmente l’aveva trovata di rado bella come in quel momento. 

“Come sta?”
“Bene. Vieni a vederlo.”

Jude si avvicinò al letto, sedendo accanto a lei per rivolgere un debole sorriso al figlio, sfiorandogli il capo con due dita. 
In quei nove mesi erano successe molte cose, tante erano cambiate… ma finalmente il piccolo Alastair era nato, portando con sè, forse, un nuovo inizio per i suoi genitori. 

Dopo averla sorpresa, in un paio di occasioni, a piangere proprio a riguardo del bambino, mormorando di non essere nemmeno riuscita a proteggere lui in primis. Isabelle aveva vissuto quella terza gravidanza probabilmente nel modo peggiore, ma ormai era passato e intendeva lasciarselo alle spalle. 

Jude sorrise al figlio, rendendosi conto con sollievo e soddisfazione allo stesso tempo che sua nonna non avrebbe mai potuto avvicinarsi a lui. Questa volta, poteva affermarlo con estrema sicurezza. 


*


“Non abbiamo avuto il piacere di vedere sua moglie per mesi, Signor Verrater… ora che vostro figlio è nato sta meglio?”
“Sì. Non è stata molto bene, mentre era incinta.”

Annuì con fare sbrigativo, stringendo la presa sul bicchiere che teneva in mano prima di trangugiarne il contenuto, trovando il dover presenziare a serate come quella ancor più insopportabile senza la moglie accanto, che era rimasta a casa con i figli. 
E anche se sua nonna era morta aveva comunque un po’ di riserve, continuando a chiedersi se avesse fatto bene a lasciarli soli. 

“Succede, ma l’importante è che tutto sia andato liscio… come si chiama?”
“Alastair.”
“Nome curioso.”
“Il fratello di mio moglie si chiamava così.”

“Un lieto evento dopo il decesso di sua nonna… le mie condoglianze, Jude.”
“Grazie.”

Jude annuì, faticando a reprimere un piccolo sorriso: per quanto lo riguardava, erano stati lieti eventi entrambi. Nemmeno suo padre si era pronunciato, ma forse aveva provato un moto di gioia anche lui… Magda aveva, trent’anni prima, privato suo figlio dell’amore, e Jude continuava a ringraziare che non fosse riuscita a farlo anche con lui.



Si aspettava di trovare la casa buia, al suo ritorno, ma la luce del salotto era ancora accesa. 
Non si stupì poi molto quando vide Isabelle impegnata a camminare intorno al divano, tenendo Alastair in braccio, sorridendole mentre le si avvicinava, sfilandosi il mantello:

“Ciao. Ancora in piedi?”
“Tuo figlio è un po’ irrequieto.”

“È il nostro bambino, cosa ti aspettavi? Dallo a me, vai a riposarti.”
Jude si avvicinò alla moglie, sfilandole con delicatezza il figlio dalle braccia per sistemarselo su una spalla, sentendolo mugugnare qualcosa di incomprensibile mentre gli massaggiava la schiena. 

“Sicuro?”
Jude annuì e Isabelle esitò invece di superarlo e andare a dormire, osservandolo per un attimo prima di alzarsi in punta di piedi, prendergli il viso tra le mani e baciarlo dolcemente. 

Quando si staccò abbozzò un sorriso, restando a pochissima distanza con le mani che gli accarezzavano il viso:

“Grazie.”
Qualunque cosa per te 


*


La sua giacca scivolò sul pavimento, ma non se ne curò, anzi quasi non se ne accorse mentre baciava la moglie con trasporto, le mani strette sui suoi fianchi mentre sentiva quelle di Isabelle intrecciate sul retro del suo collo.

Cercò di ricordare l’ultima volta in cui l’aveva baciata in quel modo ma proprio non ci riuscì, ricordando solo quei mesi di agonia, passati standole lontano, e a quando lei, lentamente, gli aveva permesso di avvicinarsi, un poco per volta. 

Jude aprì gli occhi, riacquistando un po’ di lucidità ed esitando, combattuto tra il suo stesso desiderio e la paura di ferirla, esattamente come quando erano stati insieme per la prima volta. 

“Belle… se non ti senti pronta, se non vuoi farlo, non ti voglio forzare, basta che tu lo dica.”
Isabelle sfoggiò un piccolo sorriso, prendendogli il viso tra le mani prima di parlare a mezza voce:

“Jude… mi aspetti da quanto tempo, esattamente? Davvero tanto. Cielo Verräter, è stata la più grande dimostrazione d’amore che tu potrai mai farmi… mi devi amare proprio tanto.”
“Certo che sì.”

Jude corrugò la fronte, guardandola come se fosse implicito e facendola ridere leggermente, dandogli un bacio a stampo sulle labbra sottili che di rado vedeva piegarsi in sinceri sorrisi, al di fuori di quella casa.

“Lo so. Credimi, lo so… e ti amo anche io. Scusa se ci ho messo tanto a dirtelo.”


*


Jude teneva gli occhi fissi sul piccolo Alastair che, seduto sulla coperta, stava cercando di afferrare le bolle di sapone che il padre faceva uscire dalla punta della sua bacchetta, ridendo quando scoppiavano non appena le toccava.

Isabelle era stesa sulla coperta, all’ombra di un albero, mentre Audrey e Beatrix giocavano sul prato poco più in là, sotto lo sguardo vigile dei genitori. 
Isabelle sorrise e si sollevò per dare un bacio sulla guancia del figlio, solleticandogli la pancia e facendolo ridere. Jude sorrise, gli occhi divertiti:

“Sei felice?”
“Certo… tu lo sei?”
“Lo sono se lo sei tu, Belle… vederti sorridere così è un toccasana.”

“Sei tu che mi rendi felice. Lo vedi? Abbiamo bisogno l’uno dell’altro. E ora vieni qui e baciami.”


*


“C’è qualcuno pronto in questa casa?!”
“Non trovo la scarpa sinistra!”
“E io il mio fermaglio!”

Jude si lasciò sfuggire una debole risata mentre, in piedi davanti allo specchio a figura intera, si annodava la cravatta verde foresta con inserti d’argento e la voce di Isabelle giungeva alle sue orecchie, sentendola lamentarsi di aver avuto due femmine. 

“Ora capisci che cosa devo sopportare ogni volta.”
“Vorrei farti notare che io sono pronta, mio caro.”


Jude non si voltò, udendo la voce della moglie anticipare il ticchettio delle scarpe contro il parquet mentre gli si avvicinava, fermandosi dietro di lui per cingergli la vita con le braccia, appoggiando il capo sulla sua spalla e sorridendogli attraverso il riflesso dello specchio, sistemandogli una ciocca di capelli neri:

“Ma come siamo belli… forse dovrei iniziare ad essere gelosa anche io.”
“Non essere sciocca.”

Jude abbozzò un sorriso, voltandosi verso di lei mentre appuntava il fermacravatta d’argento con un piccolo serpente inciso sopra, guardandola inarcare un sopracciglio:

“Perché?”
“Lo sai perché. Te l’ho già detto una volta, non ricordi? Noi amiamo una volta sola. Mio padre non si è mai ripreso… ringrazio ogni giorno di non averti persa, quella sera.”
“Non mi perderai. E comunque, Verräter, vorrei farti notare che ci siamo vestiti accidentalmente abbinati, di nuovo.”

“Io te l’ho sempre detto, saresti stata una meravigliosa Serpeverde… anche se, ripensandoci, avrei qualcosa da ridire. Non ti sembra troppo?”
“No, non lo è.”
“La scollatura sì.”
“Non preoccuparti marito geloso, l’unico che voglio impressionare sei tu.”

Isabelle sorrise prima di dargli un bacio su una guancia, mentre Jude invece si voltò nuovamente verso lo specchio, sbuffando debolmente mentre si sistemava il bavero della giacca, dandole della ruffiana prima di dire qualcos’altro:

“In ogni caso, devo farti una confessione. Mentivo, quella sera.”
“Su cosa?”
“Il bianco stava meglio a te.”


Isabelle rise e anche le labbra di Jude si inclinarono in un sorriso, mormorando che l’amava prima di baciarla.

“Audrey, guarda, mamma e papà si baciano!”
Beatrix comparve sulla soglia della stanza, indicando i genitori alla sorella minore, che fece capolino accanto a lei un attimo dopo, sfoggiando invece una smorfia:
“Bleah!”

Jude si staccò dalla moglie e roteò gli occhi, rivolgendosi alle bambine mentre Isabelle invece ridacchiava:
“Invece di spettegolare, voi due, siete pronte? I bambini non pronti verranno lasciati a casa, stasera.”
“Ma noi vogliamo venire dal nonno!”
“E allora forza fanciulle, gambe in spalla.”

Jude raggiunse le figlie, afferrando Audrey e caricandosela in spalla mentre Beatrix si allontanava ridacchiando, lasciandosi la madre alle spalle, che li seguì fuori dalla camera con un sorriso sulle labbra dopo aver lanciato un’ultima occhiata allo specchio, studiando brevemente il suo riflesso.

Isabelle Van Acker era tornata, finalmente. 



   
 
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