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Autore: Nana_13    29/12/2017    1 recensioni
"...È successo tutto così in fretta che non so spiegarmi come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione. Vorrei solo aver dato retta alle mie amiche e rinunciato a questa stupidaggine. Potevamo passare una normalissima serata in tutta tranquillità e invece mi sono dovuta impuntare. Per cosa poi? Non lo so nemmeno io.
E adesso che forse sto per morire ho un solo pensiero che mi rimbalza in testa: non saremmo mai dovuti venire qui."
Questi furono i pensieri di Juliet la sera del ballo dell'ultimo anno. Lei e le sue amiche avevano creduto di passare una serata alternativa andando a quella festa, senza avere ancora idea del guaio in cui si stavano cacciando.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17

 

La scelta

 

“Ti prego, non ne posso più!” aveva protestato Rachel quella mattina, quando Dean aveva accennato a volersi rimettere in cammino. “Pretendo una giornata di riposo.” Era davvero troppo stanca per muoversi ancora di un solo passo e anche gli altri erano della stessa opinione. La sera cercavano di andare a dormire presto, ma nonostante questo non riuscivano del tutto a recuperare le energie e così alzarsi diventava ogni giorno sempre più una tortura. 

Cedric l’aveva appoggiata in pieno. “Tra l’altro, è il compleanno di Mark. Dobbiamo festeggiare.”

“Addirittura.” ribatté lui imbarazzato, mentre gli arrivavano auguri da tutte le direzioni. “Grazie, ma non mi pare il caso…”  

Juliet, però, lo interruppe, cogliendo la palla al balzo. “Ma come no? Motivo in più per fermarsi.” Esattamente come Rachel, se non di più, anche lei non era disposta a trascorrere un’altra giornata a scarpinare per i boschi. 

Non lasciarono a Dean molta libertà di scelta, visto che avevano già deciso a prescindere dalla sua opinione, così alla fine accettò malvolentieri di rimanere nella radura. 

Di comune accordo con le amiche, Juliet pensò di approfittare della sosta per lavare i vestiti sporchi. Non avevano molti cambi e il più delle volte rischiavano di non sapere cosa mettersi, perciò avevano bisogno di lavarli spesso. Si fecero dare anche quelli dei ragazzi e poi lasciarono l’accampamento, dirette al torrente.

Una volta arrivate, scelsero un punto in cui l’acqua era bassa e la corrente meno forte, e iniziarono a darsi da fare. Si chinarono lungo la riva, ginocchia a terra, e immersero i panni nell’acqua gelida, che le fece rabbrividire. Non avevano sapone, così strofinavano i vestiti sui sassi per togliere le macchie, mentre l’acqua pensava a dare una rinfrescata al tutto. 

“Che hai fatto stanotte? Hai una faccia…” chiese Rachel, notando le occhiaie e l’aria stralunata di Claire.

Lei si strinse nelle spalle. “Niente. Ho dormito poco.” In realtà, da quando si era svegliata da quel sogno assurdo non era stata più in grado di chiudere occhio, perché come provava a riaddormentarsi le tornava in mente la scena disgustosa del tizio nella cella.

Mentre lavava le sue cose, le capitò tra le mani una delle t-shirt di Cedric e il sogno passò immediatamente in secondo piano, lasciando il posto al ricordo di loro due soli davanti al fuoco. Era indecisa se parlarne o meno con le amiche, certa che le avrebbero fatto di nuovo pressione, però non riusciva nemmeno più a tenerselo dentro. Aveva urgente bisogno di consigli. Mise da parte la t-shirt e le guardò. “Se vi dico una cosa, mi promettete di rimanere calme?”

Entrambe la fissarono con aria interrogativa.

“Dipende.” fece Rachel, riprendendo a strofinare. “È grave?”

“No, macché…” Claire esitò. Non ne era tanto sicura nemmeno lei. “Cioè, forse...”

“Insomma, di che si tratta?” le chiese Juliet curiosa.

Prendendo coraggio, raccontò delle cose che si erano detti, girando intorno al vero problema per timore di come l’avrebbero presa. Alla fine, però, dovette per forza arrivare al punto cruciale. “E poi ha suonato una bella canzone e si è praticamente dichiarato.” confessò, avvampando per l’imbarazzo.

La reazione di Rachel non fu affatto quella pronosticata. “Beh, avresti dovuto aspettartelo prima o poi.” disse tranquillamente, strizzando un paio di mutandine. 

Juliet, invece, sembrava più su di giri. “Ma che ti ha detto di preciso? Voglio dire, si è proprio dichiarato in maniera esplicita?” 

“No, non proprio.” Claire scosse la testa, abbassando gli occhi sulla maglia che stringeva ancora tra le mani. “Ha detto una cosa strana, che si capiva e non si capiva…”

 “E allora come fai a dire che si è dichiarato?” obiettò Rachel.

“Perché in realtà voleva farmelo capire!” ribatté lei spazientita. “Era più che evidente.”

Quella risposta le lasciò ammutolite per un po’. Nessuna sapeva cosa aggiungere e per qualche istante si sentì solo lo scorrere lento del fiume. 

“Per favore, dite qualcosa.” le implorò Claire d’un tratto. “Voi che fareste al mio posto?” Magari, con il loro aiuto, sarebbe riuscita finalmente a capire cosa fare e a uscire da quella situazione di stallo che durava ormai da troppo tempo.

Juliet sospirò, mentre strizzava i suoi pantaloncini sull’erba. “Io ti ho già detto come la penso. Secondo me dovresti buttarti. Cedric è un bel ragazzo, simpatico, intelligente… Non capisco che altro vuoi. Oltretutto, ha dimostrato di tenere veramente a te lasciandoti i tuoi spazi, senza farti troppe pressioni.” Lo disse con tutta la sincerità di cui era dotata. Voleva davvero che tra quei due nascesse qualcosa. “E poi vi vedo bene insieme.” Aggiunse infine con aria sognante.

Claire sollevò un sopracciglio dopo quell’ultima affermazione. “Bene.” mormorò, rivolgendosi poi a Rachel. “La parte razionale cosa consiglia, invece?”

Lei ridacchiò. “Di solito non sono una che si butta nelle storie e lo sai, ma ammetto che in questo caso sono d’accordo con Juls. Comunque non conta quello che pensiamo noi, ma quello che vuoi tu.” Guardò l’amica, tornando seria. “Che intendi fare? Lui ti piace? Se la risposta è sì, non vedo quale sia il problema.”

Le fissò un po’ delusa. Si era aspettata qualcosa di più del solito tentativo di gettarla tra le braccia di Cedric, cosa che ormai andava avanti da settimane. D’altronde, non avrebbe potuto pretendere di affidare a qualcun altro il compito di chiarirle le idee, quando lei per prima non si sentiva per niente sicura dei suoi sentimenti. “Non lo so…” disse afflitta. “Per ora siamo solo amici e penso mi basti. Non dico che lui non mi piaccia, ma ho paura di rovinare tutto andando oltre.”

Sia Rachel che Juliet conoscevano già il problema e le sue origini, e avevano tentato più volte di farla uscire da quell’impasse, ma senza risultati. A quel punto spettava solo a lei trovare il modo di lasciarsi il passato alle spalle.

“Allora chiarisciti le idee e soprattutto chiarisciti con Cedric. Non è giusto continuare a dargli false speranze.” sentenziò Rachel secca.

Claire sapeva che aveva ragione, ma il suo tono la infastidì lo stesso. Detestava quel suo modo di fare da maestrina, con cui impartiva lezioni su tutto. Certo, era stata lei a chiederle consiglio, ma questo non le dava il diritto di insinuare che stesse tenendo Cedric sulla corda di proposito. Cosa pensava? Che la situazione la divertisse? Comunque incassò il commento, senza aggiungere altro e dedicandosi al resto del bucato. 

Una volta tornate all’accampamento, pensarono di stendere i vestiti sulle tende, per farli asciugare più in fretta.

Juliet era molto presa dal tentativo di sistemare i suoi al meglio, in modo che il sole li raggiungesse il più direttamente possibile, e a malapena fece caso a Dean, che intanto si era avvicinato. Con la coda dell’occhio lo vide venire verso di lei, ma si impose di ignorarlo per far intendere di essere ancora arrabbiata. Non voleva dargli alcuna soddisfazione.

Solo quando si fu schiarito la voce per annunciare la sua presenza, finse di essersi accorta di lui. 

“Dovremmo parlare di ieri.” esordì serio.

Juliet lo squadrò da capo a piedi, per poi rispondere in tono neutro: “Sì, penso che dovremmo.” La prima cosa che le venne in mente fu che si fosse reso conto di aver esagerato e volesse chiederle scusa, ma Dean provvide subito a smontare quell’ipotesi.

“Il tuo è stato un comportamento infantile. Non era il caso di fare quella scenata e di urlarmi contro.” disse, mantenendo la solita espressione distaccata. “Quindi, gradirei le tue scuse.” 

Colta alla sprovvista, Juliet rimase di sasso, non troppo sicura di aver capito bene. Con che faccia le stava chiedendo di scusarsi, dopo averla trattata in quel modo? Stava scherzando! “Le mie scuse?” ripeté sconcertata, tenendo a mezz’aria la maglietta che stava stendendo. “Non credo proprio di essere io a dovermi scusare.” Istintivamente adottò lo stesso tono compito usato da lui, come a dimostrare di sapergli tener testa.

Dean, infatti, rimase un po’ spiazzato. Era evidente che non si aspettasse una risposta simile. “Ma…” 

“No, senti.” Lo interruppe subito, parlandogli sopra. “Non ti ho chiesto io di venirmi a cercare. Non ho urlato Dean ti prego vieni a salvarmi! Non sono una ragazzina, so cavarmela anche da sola.” Si sfogò d’un fiato, senza dargli il tempo di ribattere, convinta questa volta di avere la ragione dalla sua parte.

Si fissarono ancora per qualche istante, studiandosi a vicenda. Più che risentito, Dean sembrava concentrato, come se stesse soppesando ogni parola che lei aveva detto. 

Intorno a loro, intanto, gli altri fingevano di non interessarsi alla discussione, ma lo spazio era limitato ed era difficile non sentire.

Alla fine, Dean distolse lo sguardo, riacquistando il disinteresse che lo contraddistingueva. “Bene, se è questo ciò che pensi...” 

Senza aggiungere altro, le voltò le spalle e se ne andò per conto suo, lasciandola lì impalata come una scema. Anche stavolta l’ultima parola era stata la sua e a Juliet non rimase altro che guardarlo andare via. D’altra parte, cosa si aspettava? Era troppo pretendere che avrebbe ammesso di essersi comportato male, lui che faceva sempre la cosa giusta. 

Il primo sguardo che incrociò fu quello di Cedric, che si picchiettò la tempia con l’indice, con chiaro riferimento alla salute mentale di Dean. 

A poca distanza, Rachel e Claire stavano decidendo chi delle due sarebbe dovuta andare da lei per parlarle. Rachel preferiva non affrontare la situazione, visto che non le era mai capitato di vederla così nervosa. Tra l’altro, pensava che Dean non avesse proprio tutti i torti, ma per ora non era il caso di dirlo. Quindi, delegò l’ingrato compito a Claire.

Quando le si avvicinò, Juliet stava stendendo con un po’ troppa foga le ultime cose rimaste. 

“Tutto a posto?” le chiese cauta.

“Certo. A meraviglia.” ribatté lei punta sul vivo, mentre scaricava la tensione strizzando una maglietta con tutta la sua forza.

Claire provò pietà per quel povero pezzo di stoffa. “Vedo.”

Juliet cercò di calmarsi, prendendo un bel respiro. Si era già pentita di averle risposto con quel tono acido. “Scusa. Anche per ieri. Non ce l’ho con te.” 

“Tranquilla, non me la sono presa.” le sorrise l’amica. “Piuttosto, non stare a pensarci troppo. Si sa che Dean non è la persona più affabile del pianeta.” scherzò.

Lei fece segno di saperlo già, accennando un sorriso a mezza bocca e mettendo poi la maglietta ad asciugare. 

Il resto della mattina lo trascorse in panciolle, evitando di incrociare lo sguardo di Dean o di entrarci in contatto in qualunque altro modo. Si stese sull’erba a prendere il sole fino all’ora di pranzo, quando i brontolii del suo stomaco la avvertirono che forse era il caso di preparare qualcosa da mangiare. 

Rovistò nella borsa dei viveri, ormai quasi vuota, e ne riemerse un po’ affranta. Non sapeva più cosa inventarsi, così prese una delle ultime scatole di fagioli, pensando di farne una zuppa. “Siamo quasi a corto di cibo.” avvertì gli altri. “Dovremmo fermarci da qualche parte a fare scorte o non avremo più niente per il viaggio di ritorno.” 

“In effetti, stavamo giusto pensando di fermarci al minimarket qui dietro.” ironizzò Cedric.

“Potremmo cercare qualcosa in giro.” Propose invece Mark, come sempre il più assennato. “È una foresta no? Ci sarà sicuramente qualche radice commestibile o qualche frutto.” Neanche il tempo di finire la frase, che già aveva aperto la sua guida del Montana, da cui si separava raramente. 

Cedric sollevò un sopracciglio con aria scettica. “Delizioso.” 

“In mancanza di altro…”

“Hai ragione.” concordò Rachel, scorrendo anche lei le pagine della sua guida. “Intanto che aspettiamo di arrivare al prossimo rifugio, mi sembra l’unica soluzione. Dai, andiamo insieme.” propose a Mark, precedendolo verso il bosco.

Juliet fece spallucce, rimettendo a posto i fagioli. Li avrebbe cucinati per cena, mentre a pranzo consumarono le ultime scorte di carne in scatola, miste ai pinoli che avevano portato Mark e Rachel. Dalla loro escursione, erano tornati con radici verdognole simili a carote, ghiande, pigne cariche di pinoli e delle strane bacche che secondo la guida erano commestibili. Raccontarono di aver visto anche qualche fungo qua e là, ma di non averli raccolti per paura che fossero velenosi. 

Juliet ripose tutto nella sacca, contenta di aver trovato qualcos’altro da aggiungere ai fagioli per dare più sapore alla zuppa. Almeno avrebbe potuto cucinare qualcosa di decente per il compleanno di Mark.

Era pomeriggio inoltrato quando Rachel, stanca di starsene con le mani in mano, pensò di rendersi utile accendendo il fuoco. Quando si alzò, nessuno la degnò di attenzione perché preso da altro. Juliet impegnata ad aggiornare il suo diario e Claire stesa in un angolo a sonnecchiare. 

“Mi dai una mano a preparare il fuoco?” le chiese avvicinandosi.

Lei sollevò una palpebra per guardarla. “Proprio adesso doveva venirti tutta questa voglia di fare? Stavo per addormentarmi.”

“Va bene, lascia stare.” ribatté Rachel acida. “Faccio da me.” Iniziò quindi a radunare le pietre attorno al fuoco spento; poi guardò in giro in cerca di legna, ma nelle vicinanze non ce n’era praticamente più, perciò si spinse oltre. Dopo un po’ fece ritorno con un mucchio di rami secchi da bruciare, ma qualcosa le disse di aver esagerato perché a malapena riusciva a trasportarlo. 

Vedendola affannata e in difficoltà per via del peso, Cedric lasciò perdere il suo ukulele e si alzò, offrendosi di aiutarla.

“Non ce n’è bisogno, ce la faccio.” 

Lui, però, fece orecchie da mercante e le tolse la legna dalle mani. “Dai qua su. Potresti farti male.” 

“Ma sentilo, un vrai chevalier. Sempre pronto a soccorrere le donzelle.”

“Che c’entra? Si sa che voi ragazze siete delicate.” commentò, mentre depositava il carico sopra i resti del falò precedente. “E poi è giusto che un vero uomo dimostri il suo valore, quando serve.”

Rachel alzò gli occhi al cielo, per nulla impressionata. “Prolisso e ripetitivo.” 

“Ma piantala, sono solo rami.” Mark passò e lo spinse con fare scherzoso. “Quanto vuoi che pesino?”

Punto sul vivo, Cedric si guardò intorno, alla ricerca di una sfida da proporgli. Quando finalmente la trovò, gli si illuminarono gli occhi. “Ah sì? Vediamo se riesci a spostare quello, allora.” lo provocò, indicando con un cenno della testa un grosso masso a qualche metro dal campo. Era ricoperto di muschio e anche da quella distanza era possibile intuire che fosse ben piantato nel terreno. 

Mark seguì con lo sguardo la direzione indicatagli dall’amico, poi gli rivolse un’occhiata perplessa. “Ancora con questi giochetti? Non siamo più ragazzini.”

Cedric ghignò. “Hai paura di perdere, eh?”

“Dai, fatela finita. Che cosa stupida…” sbuffò Rachel spazientita, venendo ovviamente ignorata.

“Non è questo, è che non sono motivato. Perché dovrei farlo?”

La domanda lasciò Cedric interdetto. “Fammi pensare…”

Entrambi iniziarono a proporre una serie di possibilità sul premio che sarebbe spettato al vincitore, mentre Rachel si convinceva che fosse inutile tentare di dissuaderli e Juliet si godeva la scena divertita, chiedendosi come sarebbe andata a finire.

“Niente. Non riuscirò mai a prendere sonno con tutto questo casino.” si lamentò Claire con aria spenta, sedendosi accanto a lei e affondando il viso nelle mani. 

Fu allora che a Juliet venne l’idea risolutiva. “Perché non un bacio?” propose.

“Come?” chiese Mark.

“Chi vince riceverà un bacio da una di noi.” chiarì sorridente. In realtà, era per Claire che lo stava facendo. Forse in quel modo si sarebbe data una svegliata.

Non appena la sentì, infatti, riemerse dal suo stato di dormiveglia e la fissò con gli occhi sgranati.

Cedric ci pensò su un istante, prima di annuire convinto. “Sì, la cosa non mi dispiace. E chi sarà a baciarmi, dato che sappiamo tutti come andrà a finire?”

“Lo deciderà il vincitore.” rispose Juliet.

Claire le avrebbe volentieri messo le mani al collo. Era ovvio che tra quei due non ci fosse partita e che l’amica lo sapesse quanto lei. Aveva capito il suo gioco, ma per niente al mondo le avrebbe dato quella soddisfazione. Doveva correre ai ripari, ma come? 

Per sua fortuna, Dean stava rientrando dalla sua passeggiata proprio in quel momento, così colse l’attimo. “Rendiamo le cose più interessanti.” disse, lanciando un’occhiata di sfida a Juliet. “Dean, vieni. Gareggia anche tu.” Ignorando la reazione sbalordita di Juliet, gli andò incontro per trascinarlo in mezzo a loro. 

“Che sta succedendo?” chiese confuso, squadrandoli uno ad uno.

“Stiamo per dimostrare di cosa è capace un vero uomo.” spiegò Cedric fiero. 

“E in che modo?”

“Sollevando quel sasso laggiù. Chi riesce a tenerlo più a lungo vince.”

Dean alzò un sopracciglio con aria scettica. Si intuiva che provasse scarso interesse per l’iniziativa. “Di che genere di veri uomini stiamo parlando? Cavernicoli?”

Cedric gli riservò una smorfia di finto divertimento. “Davvero uno spasso. Che c’è? Pensi di non farcela o di sporcarti la camicia?” 

La provocazione sembrò avere un certo effetto su Dean, che dapprima si prese del tempo per pensare e poi annuì, dando segno di voler raccogliere la sfida. “Ci siamo già passati, mi sembra. Sei proprio sicuro di vincere stavolta?” chiese, mentre si arrotolava le maniche per facilitare i movimenti. 

“E tu?” 

Con aria decisa Cedric si diresse al masso, posizionandosi nel punto che ritenne più comodo; poi si tolse la camicia e la lanciò a Mark con un sorriso beffardo, rimanendo in canottiera. La pietra era affossata nel terreno, quindi dovette faticare non poco per rimuoverla dal posto che occupava da chissà quanto tempo. Alla fine, riuscì a sollevarla di qualche centimetro e Juliet contò diciotto secondi. Dopodiché mollò la presa leggermente ansante, lasciando il posto all’amico.

Mark si sforzò parecchio per tenergli testa, senza però riuscire a superare il suo punteggio. “D’accordo, ammetto che avevi ragione.” disse onestamente, mentre si scambiavano un’amichevole pacca sulle spalle.

Quando fu il turno di Dean, tutti trattennero il fiato mentre lo guardavano sollevare il masso, per poi rimanere basiti quando dopo più di venti secondi non lo aveva ancora lasciato. 

Proprio quando Juliet stava contando il ventisettesimo, Claire annunciò soddisfatta: “Beh, direi che abbiamo un vincitore.” 

Solo allora Dean rimise giù il masso, senza scombussolarsi troppo. Poi, mentre si strofinava le mani una con l’altra per pulirle dalla terra, rivolse a Cedric un velato sorriso di vittoria. 

Lui però non diede segno di essere impressionato. “Bravo, complimenti vivissimi. Ma adesso non esaltarti troppo.”

“Ora puoi scegliere chi baciare.” aggiunse Claire.

“Come dici, prego?” 

Lei rimase un attimo interdetta, realizzando che in effetti Dean non era a conoscenza della parte saliente della gara. Nessuno si era preoccupato di dirgli in cosa consistesse il premio finale. 

Fu Rachel a provvedere con aria annoiata. “È la brillante trovata di Juliet. Chi vince deve baciare una di noi.”

A quel punto, Dean fece segno di aver capito. “Beh, se è così per stavolta passo.”

“Eh no, bello mio. Fa parte del gioco.” ribatté Cedric, scuotendo la testa con un ghigno. Era evidente che godesse nel vederlo in difficoltà, così girava il coltello nella piaga. “Hai vinto e adesso devi riscuotere. O il signorino ha paura di baciare una ragazza?” 

Lui si difese dicendo di non essere stato avvisato e che quindi quella regola non valeva, ma Cedric fu irremovibile. Così, per non sentirlo più, si diresse a passo svelto verso Rachel, la tirò a sé e le diede un frettoloso bacio sulle labbra, per poi lasciarla impalata a fissarlo. 

“Contento?” chiese a Cedric in tono seccato, prima di defilarsi e sparire nella sua tenda. 

La sua iniziativa li aveva lasciati a dir poco spiazzati e per un po’ nessuno seppe cosa dire. 

Com’era prevedibile, fu Cedric a interrompere quel silenzio imbarazzante. “Però…” esordì. “Non credevo che lo avrebbe fatto davvero.”

E non era il solo. La scena del bacio restava tutt’ora ben presente nella mente di Juliet. Si sentì una stupida per aver pensato anche solo per un attimo che avrebbe scelto lei. “È quasi ora di cena. Vado a preparare.” disse, sforzandosi di non mostrarsi turbata. 

Subito dopo, anche Mark e Cedric la seguirono, lasciando Rachel ancora congelata nella stessa posizione da cinque minuti. 

Claire le si avvicinò e provò a scuoterla. “Ehi, sei tra noi?” 

L’amica allora reagì, girandosi lentamente verso di lei. “Ma l’hai visto?” Era talmente scioccata che per poco non lo urlò.

“Sì, l’abbiamo visto tutti. Eravamo qui.” ironizzò Claire. “Allora? Com’è stato baciare il freddo Dean?”

Rachel sentì la domanda, ma non rispose subito. D’istinto, si portò una mano alle labbra, ripensando a poco prima; poi si riscosse e le rispose stizzita: “Che ne so! Sarà durato sì e no un secondo.” In effetti, aveva avuto a malapena il tempo di sentire le labbra di Dean sfiorare le sue, ma era bastato a farle mancare la terra sotto i piedi.

Ancora scossa, deglutì, sentendosi la gola secca. “Vieni, ho bisogno di un bicchiere d’acqua.” In realtà, sarebbe stata meglio una tequila, ma meglio di niente… Con convinzione la agguantò per un braccio e fece per trascinarla con sé, ma nel frattempo Cedric era tornato indietro e gliela sottrasse dalle mani. 

“Scusa tesoro, te la rubo solo un momento.” 

Impotente, Claire si vide costretta a lasciarsi trascinare via, senza sapere cosa avesse in mente. “Dove stiamo andando?” chiese confusa e allo stesso tempo irritata.

Lui non si degnò di rispondere, finché non arrivarono al fiume e decise di fermarsi. “Dì un po’, l’hai fatto apposta, vero?” la inchiodò in tono inquisitorio, mollando finalmente la presa sul suo braccio. 

“Non so di cosa tu stia parlando.” rispose candida, evitando di guardarlo negli occhi. 

Cedric, però, non si lasciò incantare. “È inutile che fai la finta tonta. Mi riferisco alla furbata di mettere in mezzo Mister Perfettino.” chiarì. “Avanti, ammettilo. Sapevi che avrei vinto io e che avrei scelto te per riscuotere il premio. Per questo l’hai coinvolto.”

A quel punto, Claire pensò che continuare a fingere non servisse a niente e lo fissò dritto negli occhi con aria di sfida. “Certo che lo sapevo, era fin troppo facile immaginare come sarebbe andata a finire. Ho voluto solo rendere la gara più interessante. Inoltre ho pensato che fosse una buona occasione per toglierti quell’espressione da pallone gonfiato dalla faccia.” Sorrise soddisfatta. “A quanto pare, ha funzionato.”

Per la prima volta, Cedric sembrava a corto di parole e a lei non parve vero di averlo messo finalmente in difficoltà.

“Tra l’altro, me lo dovevi.” aggiunse.

“In che senso?”

Claire sogghignò malevola. “Pensi che mi fossi dimenticata dello scherzetto che mi hai fatto a Wisdom? Ti avevo avvertito che te l’avrei fatta pagare.”

Lui annuì, dando segno di ricordare. “Vendicativa, eh?”

“Puoi ben dirlo. E poi dai, davvero pensavi che bastasse un bacio per farmi cadere ai tuoi piedi? Dovresti aver capito che questi giochetti con me non attaccano.” 

Il sorriso, già fiacco, si spense definitivamente sul volto del ragazzo, che all’improvviso si fece serio. Troppo serio. Non l’aveva mai visto così e quasi se ne preoccupò. Forse, stavolta aveva esagerato.

Venne verso di lei, facendosi sempre più vicino e Claire prese a indietreggiare intimorita. 

A un certo punto, la sua schiena sbatté contro la corteccia di un albero e fu costretta a fermarsi, il viso di Cedric a pochi centimetri dal suo naso. Poteva sentire il loro respiri fondersi per quanto erano vicini. Allora raccolse il coraggio e guardò quegli occhi azzurri, scoprendo con sorpresa che non era arrabbiato, se mai determinato. Si sentì attraversare il corpo da un brivido di eccitazione quando lui si avvicinò ancora, così trattenne il fiato e socchiuse gli occhi, il cuore che le batteva a mille. La sua parte razionale avrebbe voluto scappare da quella situazione, ma l’altra le imponeva di lasciarlo fare. La vecchia Claire non avrebbe rinunciato a quel bacio per niente al mondo e al momento era quella parte ad avere la meglio. Decise di ascoltarla e serrò definitivamente le palpebre, in attesa.

Bacio che però non arrivò, perché Cedric deviò la traiettoria all’ultimo secondo, spostando le labbra vicino al suo orecchio. “Quando vincerò il tuo cuore, e lo vincerò, non sarà grazie a dei giochetti, ma perché lo vorrai anche tu.” le sussurrò con un tono da far accapponare la pelle.

Detto questo, si allontanò da lei, per poi andarsene e lasciarla inchiodata a quell’albero, incapace di respirare. Per una volta che aveva pensato di avere il coltello dalla parte del manico era riuscito a fregarla di nuovo. 

Appoggiò la testa all’indietro, aspettando che il battito del suo cuore tornasse a livelli normali. Sentiva le gambe molli e non era certa che avrebbero retto il suo peso se si fosse mossa subito, così attese quel tanto che bastava per riprendersi. L’idea che la vedesse in quello stato e gioisse per la vittoria ottenuta era insopportabile e cercò di darsi un tono. Non gli avrebbe mai concesso una soddisfazione del genere. 

Dopo diversi minuti, convenne con se stessa di essersi calmata e si incamminò verso il campo, dove Juliet aveva appena finito di preparare la cena.

Come prevedibile, Cedric cercò di sondare il terreno lanciandole occhiatine ammiccanti, per verificare gli effetti che la sua iniziativa aveva provocato, ma Claire lo ignorò completamente e proseguì a testa alta, andando a sedersi accanto a Rachel.

“Che è successo?” le chiese l’amica sottovoce, mentre le passava la ciotola con la zuppa. 

“Te lo spiego dopo.” tagliò corto lei. 

Consumato quello che era riuscita a mettere su con pochi ingredienti e molta fantasia, Juliet stava per alzarsi e sparecchiare, ma Cedric insistette perché almeno quella sera non si affaccendasse subito. Era il compleanno di Mark e dovevano festeggiare. Si armò allora del suo ukulele e iniziò a intonare allegre canzonette, simili a quelle che avevano sentito a Wisdom. 

“Auguri!” urlò all’amico, passandogli accanto senza smettere di suonare. Gli altri risero e stranamente anche Dean sembrò divertirsi quando Rachel prese il festeggiato sottobraccio e lo coinvolse in un balletto, a cui ben presto si unirono anche Juliet e Claire.

Juliet poi li sorprese con una composizione di marshmallow al centro della quale aveva inserito un fiammifero a mo’ di candelina, così che Mark potesse avere anche la sua torta di compleanno. 

Trascorsero la serata tra una canzone e l’altra, rievocando l’atmosfera di Wisdom, finché non concordarono che fosse arrivato il momento di sistemare tutto e andarsene a letto. Niente e nessuno avrebbe convinto Dean a restare un giorno in più in quella radura, quindi l’indomani li aspettava di sicuro un’alzataccia.

Visto che Juliet si era data così tanto da fare nel pomeriggio, Rachel si offrì di andare a lavare le stoviglie che avevano usato.

“Aspetta.” la fermò Cedric, prima di rivolgersi a Mark. “Perché non vai con lei? In due farete prima.” propose. “E poi è buio, non può andare da sola.”

Per un attimo Mark lo guardò incerto, ma poi prese la torcia e la seguì al torrente. Le fece luce lungo tutto il tragitto e Rachel gli camminò affianco nel timore di mettere un piede in fallo e far cadere tutto. 

Giunti al torrente, si chinò verso l’acqua fredda e vi immerse un pentolino. “Comunque, non serviva che mi accompagnassi. Cedric esagera sempre.” disse con un sorriso, mentre iniziava a strofinare.

“Non c’è problema.” tagliò corto Mark, mentre si chinava a sua volta per aiutarla.

A Rachel quel tono piatto suonò strano, ma fece finta di niente e gli passò una scodella. 

Lavarono i piatti in silenzio, mentre intorno a loro si sentivano solo i versi dei grilli e di qualche uccello notturno, ma dopo dieci minuti che non le rivolgeva la parola, Rachel cominciò a insospettirsi. Di solito, era un ragazzo loquace, soprattutto con lei. “Bel modo di concludere un compleanno, eh? A lavare i piatti.” scherzò, pensando in questo modo di stimolare l’inizio di una conversazione. 

“Già.”

Quell’ennesima fredda risposta la convinse definitivamente che qualcosa non andava. Doveva vederci chiaro. “All’improvviso sembri un po’ giù. È successo qualcosa?” chiese con aria innocente. Aveva intuito che non fosse di buon umore e preferì andarci cauta.

Mark fece spallucce, evitando di guardarla direttamente. “No, sono solo stanco.”

“Dai, ti si legge in faccia.” insistette lei. Era inutile che facesse finta di niente, tanto non sarebbe riuscito a ingannarla. 

“Non ti arrendi mai tu, eh?” sbuffò allora, visibilmente irritato.

Quella reazione la spiazzò. Tutto si sarebbe immaginata, tranne una risposta così acida. Pensava che ormai ci fosse più confidenza tra loro. “Scusa, non volevo impicciarmi…”

“Possibile che tu non abbia ancora capito? Eppure sei così intelligente.” la interruppe, con un sospiro malinconico.

Da perplessa che era, adesso Rachel cominciava a chiedersi cosa volesse da lei. Non solo le aveva risposto male, ma pretendeva che decifrasse il suo discorso criptico. Perché non veniva al punto e basta? “Sì e continuo a non capire. Spiegamelo tu, visto che io non ci arrivo.” 

A quel punto, Mark si alzò in piedi, abbandonando sull’erba la ciotola che stava lavando. Agitato e imbarazzato, si tolse gli occhiali e strofinò nervosamente le lenti con un lembo della maglietta, per poi rinforcarli. “Dannazione, non sono pratico di queste cose. Non lo sono mai stato...” esitò, in cerca delle parole giuste. “Il fatto è che non mi era mai capitato di essere geloso.”

Rachel lo squadrò dal basso, tentando di dare un senso a quel comportamento che la stava decisamente mettendo in crisi. “Geloso?” chiese, alzando un sopracciglio. “Geloso di chi?”

Mark tentennò ancora, prima di farsi uscire il fiato. “Di Dean.” confessò alla fine, con una tale tensione nella voce che sembrava si fosse liberato di un peso enorme.

Fu allora che Rachel cominciò a unire i pezzi, ma le riusciva abbastanza difficile credere alla fattibilità di ciò che stava pensando. “Riguarda me, ho indovinato?” 

“Secondo te? Di cosa staremmo parlando?” 

Era un domanda un po’ sciocca in effetti, ma l’intuizione improvvisa che la colse subito dopo gliela fece dimenticare. “Non ti riferirai al bacio di oggi pomeriggio?” chiese quasi divertita, talmente pensava fosse assurdo. 

Dall’altra parte, però, Mark non sembrò cogliere l’ironia e la sua muta risposta bastò a farle capire di aver centrato il punto cruciale della discussione. Incredula come non mai, si alzò in piedi e lo guardò dritto negli occhi. “Pensi che tra me e lui ci sia qualcosa?” 

A quel punto, per lui fu impossibile evitare ancora il suo sguardo. “Non è così?” la incalzò in tono incerto.

Rachel ricambiò basita. Non le sembrava di aver fatto niente che potesse dare adito a un’idea simile, ma evidentemente si sbagliava o altrimenti non si sarebbero ritrovati lì a discuterne. Stava per ribattere e chiarire tutto, ma Mark non glielo permise.

“Dai, sei l’unica a cui si degni di rivolgere più di un monosillabo al giorno.” disse con freddo sarcasmo. “Siete sempre appiccicati e poi ho visto come vi guardate. D’altra parte, se anche fosse non te ne faccio una colpa. Dean è indubbiamente bello, coraggioso, e io non posso certo pretendere che ti sia indifferente…”

“Aspetta, frena un secondo.” intervenne lei, mettendo le mani avanti per interrompere quel fiume di parole. “Io non ho mai detto di essere interessata a Dean. D’accordo, magari mi è capitato di farci un pensierino ogni tanto, ma il fatto che io ci parli non significa che voglia avere una relazione con lui. Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto questo?” Pur non volendo, quella domanda le uscì carica di enfasi. Forse perché sentiva urgentemente la necessità di chiarire l’equivoco.

In un primo momento, Mark le rivolse un’occhiata fugace, ma niente di più. Forse, aveva bisogno di ulteriori conferme, così Rachel si avvicinò cauta, finché non si trovarono l’uno di fronte all’altra. Senza pensarci troppo, gli prese la mano per attirare la sua attenzione. “Dico davvero, lui non fa per me. A dire la verità, sono più attratta dai tipi occhialuti.” confessò con un fil di voce, ma abbastanza chiaramente perché la sentisse.

Fu allora che i loro sguardi si incontrarono, mossi dallo stesso istinto. Lo vide trattenere il fiato, in preda all’imbarazzo più totale, e sorrise quando balbettò qualcosa, senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto. 

Lei, però, era stufa di parlare. Quello che si erano detti era più che sufficiente. Così, prese l’iniziativa e gli diede un bacio. Fu breve, ma bastò per paralizzarlo completamente. “Buon compleanno.” gli sussurrò a fior di labbra, sentendo subito dopo le guance avvampare.

Mark le sorrise e, senza darle il tempo di aggiungere altro, la afferrò per i fianchi e la baciò come si deve, facendola trasalire per la sorpresa. Impiegò un secondo per riprendersi e rispondere al bacio con entusiasmo; poi, al settimo cielo per la felicità, si agganciò al suo collo, lasciando che la stringesse più forte. 

 

-o-

 

Dalla torre più alta del castello Nickolaij osservava il villaggio di Bran, le cui luci risaltavano nell’oscurità della foresta circostante. Era frequente trovarlo affacciato alla finestra del suo studio, poiché la visione di tutto ciò che aveva costruito fino a quel momento era l’unica cosa in grado di distrarlo da pensieri meno felici. 

Quello era il solo luogo sicuro per lui e la sua razza, dato che il villaggio e l’intera regione erano stati ormai del tutto assoggettati al suo dominio. Altrove la loro sopravvivenza era minacciata dai cacciatori, le cui spie si erano spinte ovunque. Era per questo che doveva spostarsi continuamente. Perfino nell’insignificante Greenwood c’era il rischio di essere rintracciati. 

Quella lotta tra lui e chi voleva ostacolarlo durava da troppo tempo, senza che nessuna delle due fazioni riuscisse a prevalere sull’altra. Era a causa dei cacciatori se non aveva ancora potuto vedere realizzato il suo progetto, ma finora non era riuscito a trovare il modo di annientare quei seccatori una volta per tutte.

Quei pensieri gli logoravano i nervi ogni volta che si fermava a riflettere e per scacciarli rivolse uno sguardo ai giardini. In particolare, al roseto. Era il suo orgoglio. Aveva continuato a prendersene cura per tutti quei lunghi anni, facendo in modo che non appassisse. Lei avrebbe sicuramente apprezzato.

In quel momento qualcuno bussò alla porta, deviando la sua attenzione dai fiori. Così, senza allontanarsi dalla finestra, lo autorizzò a entrare.

Un uomo magro e dal mento aguzzo fece il suo ingresso nella stanza, prostrandosi in un breve inchino. “Mio Signore.” 

“Byron.” Nickolaij riconobbe all’istante quel tono mellifluo. “Hai qualche novità?” chiese, mentre tornava a sedersi dietro la scrivania. Lì, come spinto da un riflesso condizionato, aprì un cassetto e ne trasse un piccolo ritratto incorniciato d’argento. 

“Sorprendentemente sì.” rispose l’uomo, più esaltato di lui all’idea. “Ho utilizzato tutte le mie risorse e dato fondo alle mie conoscenze, ma finalmente sono giunto a una conclusione.”

Senza dire nulla né mostrare alcuna emozione, Nickolaij prese ad accarezzare il ritratto con zelo. “Esiste un modo.” mormorò, fissando l’immagine dipinta.

“Non è affatto semplice. Come avevo immaginato dall’inizio d’altronde…”

Il negromante cominciò a descrivergli tutte le fasi della sua ricerca: quanto fosse stata ardua e di quanto tempo avesse impiegato per arrivare alla soluzione, eccetera, eccetera. Tutte cose che Nickolaij già sapeva, ma che lo interessavano ben poco. L’unica cosa che gli premeva era sapere se l’ipotesi di cui discutevano da tanto fosse davvero realizzabile. 

“Come.” lo interruppe secco, inchiodandolo con lo sguardo.

Byron si riscosse, un po’ intimorito. “Per far sì che funzioni, è essenziale che la ragazza rimanga pura.” disse schietto. “È il motivo per cui finora ogni nostro sforzo si è risolto in un fallimento. Il corpo prescelto deve essere quello di un’umana. Non c’è altra via.” 

Nickolaij annuì impercettibilmente, riflettendo sulle sue parole. Quindi dipendeva tutto dalla missione che aveva affidato a Dean, ma erano passati giorni e ancora non si era fatto vivo. Come se non bastasse, non aveva ricevuto notizie neanche da Rosemary e questo lo rendeva sempre meno incline a pazientare. 

“E riguardo alle modalità?” chiese poi, senza staccare gli occhi dal ritratto. 

“Devo ancora verificare alcuni dettagli, ma conto di arrivare presto a una soluzione definitiva. Comunque si tratterebbe solo di perfezionare il vecchio metodo.” spiegò lui. “Piuttosto, ho scoperto qualcosa di interessante…”

Qualcun altro bussò alla porta e lo interruppe. Dustin entrò senza aspettare il permesso, come era abitudine quando c’era qualcosa di urgente. 

“Mio Signore, c’è stato un altro attacco da parte dei cacciatori.” lo informò, subito dopo un mezzo inchino frettoloso. “Nei pressi di Düsseldorf.”

La cosa non stupì Nickolaij, che si limitò semplicemente a chiedere: “Perdite?” 

“Considerevoli.”

La sua mascella si contrasse, ma lui riuscì comunque a contenere la rabbia e a incanalarla in un profondo respiro. In breve tempo, le dita serrate intorno alla cornice tornarono a rilassarsi. Non poteva rischiare di distruggere l’unico oggetto che gli permettesse ancora di guardarla negli occhi. 

“Raduna gli uomini. Arrivo fra poco.” dispose con la solita calma, prima di congedare Byron. “Puoi andare. Ne riparleremo.” Dopodiché, ignorato l’inchino che gli rivolse prima di uscire, dedicò un’ultima occhiata di speranza al ritratto della giovane donna che teneva in mano. “A presto, amore mio.”

 
   
 
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