Ecco il nuovo capitolo! La storia sta diventando sempre più torbida +____+ muahahaha xD In realtà, Enrico sarebbe dovuto essere il "bastardo" per eccellenza, ma si sta forgiando in modo troppo dolce >___< prima o poi dovrò rimediare u.u
Comunque!! Voglio ringraziare ChasingTheSun, Silvietta, Vale728, claudina cullen, valespx78, nimi_chan, SweetCherry, Bastard87, morbidina e Merry NIcEssus che hanno commentato il capitolo precedente, e poi di nuovo chi mi ha aggiunta tra le preferite e le seguite :.) vi adoro!!
Spero di non deludervi con questo capitolo, perdonatemi se è troppo corto é.è fatemi sapere!
Buona lettura!
Smack :*
Capitolo VIII
Il giorno dopo mi svegliai con un
incredibile mal di testa.
Mi avvolsi nelle lenzuola,
mugugnando infastidita, cercando
di tornare al confortante torpore del sonno senza tuttavia riuscirci.
Allora
aprii lentamente gli occhi, portandomi però una mano a
coprirli quasi subito a
causa della luce che entrava dalla porta finestra di fianco al letto, e
che mi
aveva quasi accecato. Mi sembrava di essere reduce da una sbronza
colossale,
eppure non ricordavo di aver mai esagerato con le bibite…!
Feci capolino da sotto le
coperte, per dare un’occhiata in
giro e controllare chi era stato ad aprirmi le tende. Tuttavia, non
appena misi
il naso fuori dal letto mi accorsi che c’era qualcosa che non
andava, e che non
coincideva assolutamente con gli ultimi ricordi che serbavo della mia
stanza.
Tanto per cominciare, il mio
letto non aveva la testata in
ferro battuto!
Quando mi accorsi finalmente che
il letto in cui avevo
dormito non era il mio, balzai subito a sedere, avvolgendomi il
lenzuolo
attorno al corpo e guardandomi intorno piuttosto spaesata. Una poco
gentile
imprecazione mi sfuggì dalle labbra nel capire che,
sfortunatamente, quello che
mi era accaduto la notte prima non era stato il frutto di un sogno
troppo movimentato.
Mio Dio, mi trovavo ancora
prigioniera di Enrico?
Il mio sguardo saettò
immediatamente lungo il mio corpo,
facendomi accorgere con un misto di ira e imbarazzo del fatto che stavo
indossando solo la biancheria intima.
Lo uccido, giuro che lo uccido, pensai, fumante di rabbia.
Con cautela scesi dal letto, che
era anche piuttosto alto, e
mi avvolsi bene nel lenzuolo per evitare di essere sorpresa in quelle
condizioni. Non appena mi misi in piedi, però, un violento
capogiro mi fece
piombare nuovamente sul materasso, costringendomi ad aspettare una
manciata di
minuti che passasse. Accidenti a lui, chissà che cosa mi
aveva fatto bere
insieme a quell’aperitivo; era sicuramente per quello se
avevo quel terribile
mal di testa.
Alla fine mi alzai con un
grugnito, massaggiandomi le tempie
e poggiando una mano alla parete per evitare di barcollare e cadere.
Accanto
all’armadio c’era una porta, ed escludendo che
fosse quella di ingresso alla
camera, visto che questa si trovava dalla parte opposta della stanza,
supposi
che si trattasse di quella del bagno. La raggiunsi e, con sollievo,
scoprii di
non essermi sbagliata.
Il bagno era molto grande, con le
pareti piastrellate di
bianco e arancione e dotata di un divisorio in muratura che separava la
doccia
e la vasca. Con un sospiro chiusi a chiave la porta alle mie spalle e
mi
preparai l’occorrente per farmi una bella doccia
rinfrescante. Avevo bisogno di
essere lucida per poter nuovamente affrontare il mio carceriere alla
luce del
sole.
Quando ormai decisi di aver
finito, avevo i polpastrelli
delle dita completamente ammorbiditi. Mi avvolsi in un corto
asciugamano bianco
e mi frizionai i capelli con un altro, ricordandomi solo allora di aver
dimenticato i miei vestiti nell’altra stanza. Quando mi ero
svegliata ero troppo
nervosa e non li avevo visti, ma ero sicura di trovarli poggiati da
qualche
parte.
Aprii la porta del bagno e tornai
in camera da letto.
Mi sfuggì un grido.
Sul letto, morbidamente sdraiato
sopra le lenzuola che erano
rimaste, c’era Enrico. Con le braccia incrociate dietro la
testa e le gambe
accavallate sembrava l’immagine stessa
dell’innocenza e della tranquillità, ed
era proprio questa l’espressione che aveva quando si
voltò pigramente ad
osservarmi. Sorrise, ed io non potei fare a meno di arrossire.
“Che cosa ci fai
qui?” Sbottai, senza osare avvicinarmi al
letto. Tuttavia se volevo andare alla ricerca dei miei vestiti sarei
dovuta
passargli proprio davanti, ma non ne avevo nessuna intenzione, visto e
considerato che al momento stavo indossando solo un asciugamano che mi
copriva
a malapena fino a metà coscia.
Il suo sorriso si
allargò ulteriormente mentre mi rispondeva.
“Sono venuto a svegliarti, visto che sono già le
nove e mezza e tu non sei
ancora scesa a fare colazione. Mi stavo preoccupando.” Poi il
tono della sua
voce cambiò, diventando improvvisamente serio.
“Temevo di aver esagerato con
quel sonnifero, ieri…”
“Ah, allora non me lo
sono sognato! Mi hai davvero drogata!”
Esclamai, mentre la rabbia che si era in parte dissolta sotto la doccia
riaffiorava,
più decisa di prima.
“Mi hai costretto tu a
farlo.” Mormorò cauto, raddrizzandosi
e rimanendo seduto in modo più composto sul letto.
Io incrociai le braccia sul
petto, un po’ perché se non
l’avessi fatto sarebbe prevalsa in me la tentazione di
prenderlo a schiaffi e
un po’ perché altrimenti l’asciugamano
avrebbe rischiato di scivolare per
terra. E rimanere nuda davanti a lui era proprio una di quelle cose che
volevo
evitare, se possibile!
“Certo, che stupida
sono stata a chiederti di riportarmi a
casa!” Replicai, per nulla intimidita. “E dimmi un
po’, spogliare una ragazza
indifesa e priva di sensi fa parte dei tuoi hobby preferiti?”
Vidi che gli angoli della sua
bocca si piegarono lievemente
all’insù, ma poi mi rispose senza nessuna traccia
di divertimento nel tono.
“Credo che dormire vestiti sia piuttosto scomodo, soprattutto
per una ragazza.”
Rispose, gentilmente. “Mi dispiace di non averti messo un
pigiama, ma purtroppo
non ne avevo. Ad ogni modo, sono stato attento a non indugiare troppo a
lungo
nello spogliarti, per quanto fosse un’attività
alquanto piacevole, lo ammetto…
Ma ho fatto tutto al buio. Magari questo ti fa stare un po’
meglio.”
Mio Dio. A domanda
scema…
Ormai avevo perso il conto delle
volte che ero rimasta senza
parole davanti a lui, e questo era comunque abbastanza grave, visto che
quella
era solo la terza volta che gli rivolgevo la parola. Non seppi cosa
replicare:
dopotutto, che cosa si risponde ad un ragazzo che confessa con tutta
tranquillità di aver trovato piacevole toglierti i vestiti
di dosso? Credevo di
essere talmente rossa in viso da poter fare concorrenza ad un pomodoro;
mi
sentivo le guance in fiamme.
“Non… Non
preoccuparti per il pigiama.” Balbettai alla fine,
incapace di dire qualcos’altro di più sensato.
“Non lo uso mai.”
Rimase in silenzio per un attimo,
poi rise, piano. “Credo che
tu sia l’unica ragazza che dorme senza il pigiama!”
Esclamò, guardandomi con
gli occhi che brillavano, divertiti.
Arrossii ancora di
più. “Si, me l’hanno già
detto.” Mormorai.
Distolsi lo sguardo da lui ma mi
accorsi con la coda
dell’occhio che si era alzato dal letto per dirigersi verso
una poltroncina che
prima non avevo notato.
“Ti ho portato dei
vestiti per cambiarti.” Dichiarò,
prendendo della roba accuratamente piegata tra le mani e tornando verso
di me
per porgermela.
Non so come riuscii
nell’acrobazia di prenderla dalle sue
mani, aprirla per guardarla e contemporaneamente riuscire a non
sciogliere il
nodo dell’asciugamano. Comunque, il pericolo aguzza
l’ingegno, e immagino che
fosse per questo che ci riuscii tranquillamente.
“Dovrei indossare questa
cosettina?” Esclamai stupita,
osservando un vestitino appena più lungo
dell’asciugamano che stavo indossando,
di uno sgargiante blu elettrico e a dir poco scollato. Era uno di quei
vestitini
che si potrebbero indossare per andare al mare, non certo per
gironzolare nella
casa del proprio rapitore, circondata da maschi di tutte le specie e le
età!
“Purtroppo è
l’unica cosa che ho.” Disse scrollando le
spalle, per nulla dispiaciuto. “Almeno è
più comodo di quei pantaloni che
indossavi ieri notte, no?”
“Si,
ma…”
“Allora non vedo quale
sia il problema.” Sorrise, poi fece un
altro paio di passi nella mia direzione fino a trovarsi ad una distanza
per
niente rispettabile da me. Fui costretta ad indietreggiare, ma
incontrai il
muro e lui mi imprigionò molto facilmente contro di esso.
“Hai paura?”
Sussurrò contro la mia pelle, sorridendo in un
modo che mi ricordò parecchio l’espressione
compiaciuta di un leone che ha
appena catturato la sua preda e si appresta ad assaggiarla. Non mi
sarei
stupita se avessi visto delle zanne spuntargli da quel bel sorriso.
Il mio respiro si fece
più accelerato ed irregolare, e
sicuramente lui se ne accorse, visto che quello stupido asciugamano
rivelava
più che coprire. “Dovrei averne?”
Mormorai.
Lui posò le labbra
appena sotto il mio orecchio, accarezzando
la pelle ancora umida e facendomi venire la pelle d’oca lungo
tutto il corpo.
Potevo sentire chiaramente il suo odore, era un profumo dolce e al
contempo
frizzante, di dopobarba… Mi odiai profondamente per quello
che pensai in quel
momento, ma quel profumo mi piaceva…
“No…”
Sussurrò ancora, la voce improvvisamente roca. Le sue
mani premevano forte contro il muro, come se si stesse sforzando di
tenerle
pressate contro la parete per non farle scivolare a sfiorare altro.
“Non voglio
farti del male…”
Depositò sul mio collo
una scia di baci lenti e casti come se
mi volesse realmente assaggiare, e io rimasi immobile, senza neppure
cercare di
allontanarlo, perché in verità non avrei mai
voluto che si fermasse. Dalle mie
labbra sfuggì invece un inconfondibile gemito di piacere e
chiusi gli occhi,
imbarazzata per non essere riuscita a mordermi le labbra piuttosto che
fargli
capire quello che stavo provando. Quando si allontanò da me
quel tanto che
bastava per potermi osservare in viso, sorrise, compiaciuto, e mi
rivolse uno
sguardo reso torbido dal desiderio. Deglutii: questa volta ero davvero
spaventata.
“Hai un dolcissimo
profumo…” Mormorò, abbassando lo
sguardo
per posarlo sulle mie labbra.
Ma io avevo ritrovato abbastanza
lucidità per potermi
maledire in silenzio, e con la stessa determinazione posai le mani sul
suo
petto e lo costrinsi ad allontanarsi, cosa che, grazie al Cielo, fece
senza
opporsi.
“Vattene.”
Dissi, non senza tentennare. “Mi devo vestire.”
Lui annuì, prendendo
un profondo respiro come per richiamare
a sé il suo autocontrollo. “È
un’ottima idea.” Ammise. La sua voce sembrava
essere tornata normale. “Non credo di riuscire a trattenermi
ancora, se rimani
così…”
Prima che potessi replicare
ulteriormente mi sfiorò la fronte
con un piccolo bacio, poi sorrise e raggiunse la porta. “Ti
aspetto in sala da
pranzo, non dovrebbe essere difficile da trovare.” Disse,
voltandosi ancora
verso di me. “Fai in fretta.” Aggiunse, con un
altro sorriso. Poi uscì.
Una volta rimasta sola potei
riprendere a respirare
normalmente, sentendo il forte peso della tensione sulle mie spalle che
scivolava lentamente via. Mi gettai sul letto, notando che le mie mani
stavano
ancora tremando, e con cautela ne sollevai una per sfiorare il punto
dove mi
aveva baciata.
Dio, in che razza di incubo ero
finita? La notte prima Enrico
aveva sottolineato con forza di non avere nessuna intenzione di abusare
di me
in qualsiasi modo, eppure non volevo credere che quello fosse il suo
normale
modo di augurare il buongiorno ai suoi ‘ospiti’.
Avevo il cuore che batteva
ancora all’impazzata, nervoso, ma temetti che non fosse solo
per la paura: era
normale desiderare, seppur in minima parte, il ragazzo da cui si era
stati
rapiti?
Certo che no!, pensai con forza,
nascondendomi il volto tra le mani. Non sapevo che cosa fare,
accidenti, sapevo
che avrei dovuto odiarlo, e forse l’avrei anche preso a
schiaffi, se… Oh, se che
cosa? Aveva già minacciato di far del male ai miei
amici se avessi provato
a contraddirlo in un qualche modo. Non potevo fare molto, da
sola… Solo
aspettare. Se Alessandra aveva capito il mio messaggio, allora non
avrei dovuto
attendere molto prima della mia liberazione. E poi c’erano i
miei genitori,
sicuramente a quel punto si sarebbero dovuti accorgere della mia
sparizione,
anche se in teoria avrei dovuto dormire dalla mia amica!
Insomma, c’erano tutta
una serie di prospettive che mi faceva
sperare in positivo. Inoltre, se io non avessi fatto nulla per
liberarmi, se
non attendere l’arrivo della
‘cavalleria’, Enrico non avrebbe nemmeno potuto
attuare la sua minaccia. O, almeno, questo era quello di cui stavo
cercando
disperatamente di convincermi.
Con un sospiro mi alzai dal
letto, togliendomi l’asciugamano
e rivestendomi con quel quadratino di stoffa che mi aveva portato lui.
Non era
molto corto, in effetti, però era troppo scollato. Va beh,
pazienza, tanto non
avrei dovuto indossarlo ancora per molto, se le mie speranze si fossero
rivelate esatte.
Mi asciugai i capelli e, quando
pensai di essere finalmente
presentabile, uscii alla ricerca della sala da pranzo. Speravo solo che
i
bollenti spiriti di Enrico si fossero già placati.