Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Alsha    06/01/2018    2 recensioni
|Lockwood and co!AU|
Tenete d'occhio questi giovani talentuosi, presto leggerete il loro nome ovunque. Con la loro abilità nulla li potrà fermare.
Non sono ancora i migliori, ma presto lo saranno. Di chi parlo?Ma è ovvio!
Della Mandrake and Co!
La caccia ai fantasmi è il loro mestiere.
Genere: Dark, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel, Tolomeo
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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EDIT 06-03-23: ho aggiustato la formattazione

INCUBO
 
-Kitty non sogna più-
 
 
La tomba di Honorius, umida coperta di muffa, è davanti a lei. Improvvisamente fa buio, non è più sola.
 
Pennyfeather, Annie, Fred… Stocchi alzati.
 
Uno scheletro evanescente, con le braccia tese, e lo spleen. Le lacrime le colano sul viso e il respiro si fa pesante con le sue membra.
 
Corre indietro, per i corridoi bui del cimitero, con le catene e lo stocco che sbattono.
 
Inciampa nel corpo riverso a terra, e li vede tutti, i suoi compagni della Resistenza. Gonfi, tumefatti, manichini violacei riversi a terra.
 
Ossa protese verso di lei, toccano la sua pelle ma non la uccidono. Sfrigolano come se stessero toccando l’argento più puro.
 
La mandibola di Honorius si scardina e si ingigantisce fino a occupare tutta la sua visuale. Il teschio la inghiotte.
 
 
Lasciò scivolare lo stocco nell’asola formata dal moschettone che le teneva la leggera catena d’acciaio in vita, e l’elsa ci si bloccò con un solido “clunk”. Con il piede, aggiustò una mattonella perché tornasse nel suo incavo a formare la linea protettiva attorno alla casa, e suonò il campanello.
 
– Ce n’è un’altra! – la porta si aprì, e ne sbucò un ragazzo sui ventiquattro, venticinque anni, occhi seri da vecchio e sorriso luminoso da bambino. Decise subito che la irritava, così, a pelle. Di solito quando sceglieva così sceglieva bene.
 
Sopraggiunse un altro ragazzo, mingherlino, basso, non poteva avere più di quindici anni, ma sembrava serio ed affidabile.
 
– È qui il colloquio? – gli chiese, ignorando il primo.
 
– Sì, entra pure.
 
E lei entrò, mentre i due le richiudevano la porta alle spalle. Fece qualche passo, poi si fermò incuriosita da un testo che le sembrava di aver già visto nella biblioteca del professore, e i due si fermarono dietro di lei a rispettosa distanza. Una voce (il ragazzo più grande) bisbigliò qualcosa. Riprese, e dopo un paio di passi si fermò, e così i due ospiti.
 
– Ebbene? – chiese Kitty – Il colloquio?
 
– Oh, beh, certo, seguimi. – il più piccolo fece strada nel corridoio, mentre il più grande la seguiva dietro; ne avvertiva gli occhi puntati sulla schiena – Io, comunque, mi chiamo Tolomeo. Piacere di conoscerti. Lui è Bartimeus. – il ragazzo alto grugnì – E tu sei…
 
– Kathleen Jones, piacere.
 
Non fu un piacere.
 
 
Le divise sono troppo grandi. Gli stocchi troppo pesanti.
 
Jakob cammina in silenzio, mezzo passo più avanti. Può vederne i riccioli scuri, e la schiena nel buio assoluto.
 
Il corridoio sembra incavarsi su sé stesso, e il fantasma è lì quando un momento prima non c’era, protende le mani e urla ma non si sente nulla.
 
Jakob cade a terra con la faccia gonfia. Il fantasma fa per avvicinarsi ma non la tocca, e il corpo di Jakob è pesante, impigliato nelle catene del cerchio protettivo, e la faccia slavata del supervisore Tallow la sovrasta, poi un’ustione violacea la copre e c’è Jakob che la guarda dall’alto in basso, con l’occhio cieco semi aperto e striature color cenere sul volto.
 
“È colpa tua”
 
 
– Kitty, c’è qualcuno per te! – la voce del professor Button risuonò dalle scale.
 
Nel salotto, tra polverose pile di libri, Tolomeo sorseggiava una tisana e Bartimeus sgranocchiava biscotti.
 
– Hai lasciato l’indirizzo con il curriculum. – disse il maggiore, agitando vagamente una mano. Il più piccolo sorrise.
 
– Abitavo qui, prima di unirmi alla Mandrake & Co. – spiegò, e poi aggiunse, innocentemente – Bart voleva parlarti.
 
E, nonostante le sue proteste, Bartimeus la trascinò su per le scale, di nuovo in camera sua. Era pulita, ordinata, e totalmente vuota.
 
– Quando Tol viveva qui era piena di poster. È un nerd, sai. Magari non l’hai notato perché ti ha distratto parlando di cose da nerd. – disse, accomodandosi sul letto come fosse a casa sua.
 
– Cosa vuoi. – non tentò nemmeno di farla sembrare una domanda. I suoi capelli sembravano un nido, indossava ancora un pigiama e molto probabilmente aveva il segno delle pieghe del cuscino sulla faccia. Voleva solo tornare a dormire e dimenticare il disastroso colloquio alla Mandrake and Co.
 
– Darti ragione.
 
Oh.
 
Questa non se l’aspettava.
 
– Mandrake è un piccolo bastardo presuntuoso. Non avrebbe dovuto trattarti così. – sorrise soddisfatto, come se fosse veramente fiero di sé. Kitty ebbe il forte impulso di picchiare anche lui.
 
– Ora te ne vai? – sospirò. Bartimeus raccolse la maglietta spiegazzata da terra e la ributtò sulla sedia da cui era caduta, poi si chinò a controllare sotto al letto.
 
– Dove sono le valige?
 
– Valige per cosa?
 
– Tu vieni con me, ovviamente.
 
 
Ogni tanto sogna i suoi genitori. Sono seduti sul divano in salotto, lei sulla poltrona.
 
La loro pelle si sgretola, i vestiti si sfilacciano. Due scheletri siedono nella luce di mezzogiorno, gli spettri parlano.
 
Ci hai deluso.
 
Poi le vengono addosso e la sua pelle d’argento non li allontana come con tutti gli altri fantasmi.
 
Muore soffocata nel suo salotto, l’eco delle voci dei suoi genitori nelle orecchie.
 
 
– Ridammi le mie cose! – ma Bartimeus aveva delle gambe lunghe e il passo svelto, e Tolomeo era piccolo e agile, mentre Kitty indossava a malapena una salopette di jeans sopra il pigiama e un paio di scarponi slacciati, non aveva fatto colazione e men che meno si era pettinata.
 
Il maggiore dei tre, che portava con sé due borsoni di cui uno in gentile prestito del signor Button, si infilò in un autobus, seguito a ruota dal più piccolo. Kitty sbuffò, saltando al volo tra le porte in chiusura.
 
– Perché? – sibilò, furibonda – Perché?
 
– Perché sei la migliore che abbiamo visto ieri e tu hai bisogno di questo lavoro tanto quanto noi abbiamo bisogno di te. – rispose Tolomeo, zittendo con un solo gesto l’altro – Per favore! – supplicò, e questo lo poteva capire, almeno un poco. Aveva  davvero bisogno di tornare in azione.
 
– E poi abbiamo bisogno di qualcuno in grado di picchiare per due volte Mandrake nella squadra.
 
Okay, qui si era persa un pezzo.
 
– Due volte? – sbottò, e Bartimeus le sventolò sotto gli occhi il suo stocco di seconda mano ridendo con tanta foga da attirare l’attenzione di una signora con delle buste della spesa.
 
Ecco perché Mandrake aveva reagito tanto male durante il colloquio. Era lui il ragazzino nel vicolo, quello stocco era suo.
 
 
Si ritrova nel bar, disoccupata e senza soldi, senza una casa, piccola e scarmigliata.
 
Il signor Pennyfeather si siede davanti a lei, al tavolino. Una cameriera serve loro due tazze ma quando beve la sua è piena di limatura d’argento.
 
È questo il trucco? – le domanda – È così che sei sopravvissuta?
 
La polvere metallica le si appiccica sulla lingua e in gola.
 
Noi siamo morti, è così che sei sopravvissuta?
 
 
Scese le scale in silenzio, alla ricerca della cucina. Aveva bisogno di qualcosa da mangiare, e di riflettere un po’. Bartimeus e Tolomeo erano fuori per un caso, ma lei non si aspettava di trovare Nathaniel intento a prepararsi un the, in vestaglia e pantofole.
 
Sullo zigomo il livido era diventato verdognolo, e aveva dei cerchi scuri attorno agli occhi, regalo della missione che la sera prima aveva compiuto da solo per non dover lavorare con lei.
 
Era la prima volta che si trovavano da soli da quando faceva parte della Mandrake and Co, e com’era prevedibile la cosa si risolse in uno stallo imbarazzato, mentre Kitty frugava tra i barattoli di limatura e le confezioni semivuote di biscotti alla ricerca di qualcosa da mangiare e Nathaniel cercava di finire il suo the senza sfiorarla, ma continuando a lanciarle occhiate fugaci.
 
Per un momento parve indeciso se dirle qualcosa, ma richiuse la bocca e cercò di aggirarla per uscire, accompagnato dal fruscio della sua vestaglia. Kitty prese una scatola di cereali, ma aprendola trovò al loro posto una busta di plastica piena di polvere di magnesio. Bartimeus. Ma che fine aveva fatto tutto il cibo in quella casa?
 
– Senti, la missione di stasera la facciamo assieme? – Nathaniel interruppe i suoi pensieri, fermo di spalle sulla soglia della cucina – Credo che sarebbe adatta ai nostri Talenti, potremmo farcela benissimo tra di noi, - sembrava quasi un’offerta di pace - sempre che tu non decida di aggredire anche i nostri clienti. – ah, ecco. Però almeno si era sforzato…?
 
– Lascerò le chiacchiere a te e ignorerò chiunque inizi a sembrare irritante. – concesse, e poi sospirò – Non mi scuserò per il colloquio, sei stato eccessivo e crudele. Ma mi dispiace per il vicolo, anche se lo stocco serviva più a me. Ora sai dirmi dove posso trovare del cibo in questa cucina?
 
– In cucina non ne troverai molto, ma nel seminterrato, tra le cose di Bartimeus…
 
Suonava un po’ come una tregua.
 
 
A un certo punto, sogna Portland Row.
 
Tolomeo è seduto sul divano, con le braccia incrociate sul petto e gli occhi chiusi. La pelle rinsecchita sembra quella di una mummia, ed è ricoperto di polvere rossa del deserto. Com’è morto? Cos’è successo?
 
La mano bruciata regge lo stocco di Nathaniel, brandelli del suo pastrano sono fusi addosso a quello che rimane delle gambe. Potrebbe essere chiunque, ma con la certezza tipica dei sogni sa che è lui.
 
Quando si volta verso la porta, la sagoma traslucida di Bartimeus vi fluttua davanti.
 
Hai visto cosa ci hai fatto? – non muove nemmeno le labbra, la voce riecheggia attorno a lei – Hai visto?
 
 
Jakob spostò appena la tazza di the dal tavolo e riprese il suo lavoro. Kitty sedeva sul suo letto, guardandolo con la coda dell’occhio mentre si affaccendava a ricucire il volume su cui stava lavorando.
 
– Non vedo quale sia il problema. – spiegò, senza nemmeno voltarsi verso l’amica – Ti stai facendo una tua vita, è giusto.
 
Dalla sua posizione, la ragazza riusciva a vedere le striature grigie del tocco fantasmatico su collo e orecchie, visto che per lavorare Jakob teneva i capelli legati.
 
– Tu però non esci nemmeno di casa. – ribatté – Ed è colpa mai se sei in queste condiz…
 
– Smettila. – quando si voltò, l’occhio cieco la fissava inespressivo da una ragnatela di pelle ingrigita, ma l’altro celava un’ombra di irritazione – Se stai cercando qualcuno che ti dica che non va bene, che dovresti continuare a martoriarti non lo troverai qui. E adesso silenzio, devo finire questo restauro.
 
Kitty avrebbe voluto rispondergli che non era così semplice, che gli incubi e i sensi di colpa erano ormai la sua vita e che l’idea di una notte (di una mattina, la notte era per il lavoro ormai, quasi non se ne rendeva conto) vuota le risultava persino più spaventosa dei suoi sogni, perché ormai li conosceva tutti.
 
Dopotutto era il suo lavoro, combattere spettri.
 
 
Entra nella cucina ancora in pigiama, i capelli arruffati.
 
Bart sta scarabocchiando delle dosi su un foglio di carta, mentre con aria assente porta alla bocca un becker di una qualche polvere rossastra prima di accorgersi che non è il suo bicchiere di succo di frutta.
 
Tolomeo ha una pila di faldoni piuttosto alta accanto a sé, all’altezza giusta per appoggiare la testa e recuperare un po’ di sonno. Gli occhiali da lettura gli sono scivolati via dal naso e il ritaglio di giornale ciondola inerte nella sua mano accanto al latte e cereali.
 
Nathaniel sta leggendo un giornale di pettegolezzi, mentre scarabocchia sulla tovaglia di carta bianca quello che potrebbe essere il ritratto di una diva della rivista.
 
È tutto a posto.
 
 
Kitty scese le scale un po’ stordita quella mattina, tanto che persino Nathaniel appena la vide entrare in cucina a caccia della colazione (pranzo, anzi, stando alle lancette dell’orologio appoggiato sopra il mobile in corridoio) si voltò per controllare di aver visto bene.
 
– Tutto bene? – domandò direttamente Tolomeo, con un vassoio di cibo e già avviato verso il seminterrato, fermandosi a fissarla – Incubo?
 
E la ragazza dovette fermarsi un attimo e fare un respiro profondo prima di rispondere.
 
– No.
 
Era la prima volta dall’incidente di Jakob.
 
Forse le cose potevano migliorare davvero.
 
 

NOTE
Questo capitolo è stato un parto, non so se il tempo che ci ho messo ad aggiornare mi ha dato via. Ho dovuto riscriverla qualche decina di volte, e spero che quest’ultima versione sia venuta sufficientemente bene da non volermi linciare.
Se volete, per la disperazione qualche tempo fa avevo pubblicato una one shot Tolkien!verse che trovate QUI
Come al solito sono disponibile a sproloqui sul mio tumblr, che trovate QUI, per il resto ci sentiamo (spero presto).
Ciao!
  
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