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Autore: TaliaAckerman    19/01/2018    3 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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27








Hareis ascoltava il serrato confronto che si stava tenendo fra il suo mentore e Gerd Raenys, osservando la scena con occhio attento. Non voleva perdersi una sola sfumatura nelle espressioni che si disegnavano sul volto del maestro dello stato di Tharia.
Sapeva che i giochi dovevano essere in procinto di chiudersi.
Raenys aveva esordito ufficiosamente il colloquio diplomatico esponendo le condizioni che le Cinque Terre ritenevano essere indispensabili per procedere con qualunque trattato di pace. Fondamentalmente, i privilegi che il Gran Consiglio si era mostrato disposto a concedere agli Uomini del Nord erano scialbi e alquanto prevedibili: un riassestamento dei confini meridionali delle Terre del Nord in base etnica — la popolazione degli ultimi territori dell'Ariador settentrionale poteva contare su una massiccia presenza di Uomini del Nord, retaggio del passato periodo "espansionista" ariadoriano — , la possibilità di aumentare il proprio numero di Consiglieri da tre a cinque e la totale amnistia verso qualunque azione perpetrata durante la guerra in corso.
Hareis doveva ammettere che per un attimo, nell'ascoltare quelle parole, aveva avvertito il vago desiderio che Theor facesse improvvisamente marcia indietro e acconsentisse a stipulare l'accordo che il governo di Grimal proponeva. Le Terre del Nord avevano avuto il loro momento di gloria, avevano dato prova di grande tempra e orgoglio battendosi da sole contro una coalizione di quattro nazioni più il Bianco Reame, ma forse si erano spinte troppo in là. Forse, ora più che mai, era il momento di salvare il salvabile o avrebbero perso anche quello. Ma quella debolezza era durata solo un istante; al giovane era bastato rivolgere lo sguardo verso il volto altero e sicuro di Theor per rammentare le motivazioni che l'avevano spinto a seguirlo così ardentemente.
Le Terre del Nord meritavano qualcuno in grado di guidarle con determinazione, qualcuno che desse finalmente voce alle grida di un popolo che invocava l'indipendenza della propria nazione da decenni, ormai. Qualcuno pronto a sfidare la mascherata arroganza delle Cinque Terre dimostrando che, no, gli Uomini del Nord non si sarebbero lasciati eclissare da nessun'altra potenza straniera.
Dunque il mago aveva seguito in silenzio la controbattuta di Theor, sui cui contenuti il suo maestro l'aveva informato il giorno precedente.
Le condizioni cui miravano erano decisamente più radicali rispetto a quelle proposte dal Gran Consiglio: l'immediata fuoriuscita dall'unione delle Cinque Terre e, soprattutto, il mantenimento del dominio delle aree e delle città ariadoriane che erano state conquistate durante la guerra. Ma Gerd Raenys si era dimostrato fermo sulle posizioni del Consiglio quanto Theor sulle proprie. Il massimo che erano riusciti ad ottenere era stata l'ammissione della possibilità di programmare un secondo confronto, ma solo dopo che Raenys avesse avuto modo di consultare il resto del Consiglio sulle richieste avanzate dagli Uomini del Nord.
Nel silenzio generale Hareis fissò il suo maestro, aspettando come tutti gli altri presenti che uno dei due parlasse.
- Credo - sillabò alla fine questi con gli occhi ridotti a fessure - che in questo caso non abbiamo ragione di prolungare oltre questo colloquio.
- Lord Theor - replicò Raenys con il fare di chi implora un amico di non compiere una sciocchezza. - Non gettate via questa opportunità. Pensate al bene delle Terre del Nord, prima ancora che a quello di Fheriea. Vi prego.
Il maestro di Tharia si alzò in piedi. In segno di rispetto, gli Uomini del Nord fecero altrettanto. - Vi lasceremo ancora qualche giorno per riflettere, sperando che siate disposti a ritrattare la vostra decisione.
- Grazie per la gentile concessione - rispose Theor sardonico e, nonostante la tensione, Hareis ridacchiò fra sé e sé dinnanzi alla sfacciataggine dell'uomo che sedeva poco distante da lui.
I due maestri chinarono il capo senza staccarsi gli occhi di dosso; il contatto fra i loro sguardi si mantenne per qualche istante, quasi feroce, indi Gerd Raenys girò sui tacchi facendo un cenno al suo attendente, che puntualmente lo imitò. I Ribelli li lasciarono fare.
Una volta che furono spariti dietro la porta, Hareis scambiò con Theor un lungo sguardo di intesa.
Vai, sembravano ordinargli gli occhi gialli del suo mentore.
Senza dire una parola il mago si alzò e in pochi secondi si lasciò alle spalle la saletta delle riunioni.
I suoi uomini lo stavano già aspettando. Hareis fece cenno di seguirlo a due di loro.
- Voi - disse asciutto rivolto agli altri sei. - Tre sulla destra, tre sulla sinistra. Voglio che li attendiate agli angoli della piazza e vi occupiate della loro scorta. Avanti, subito!
Con il cuore che batteva a mille, l'uomo si mise alla testa di due combattenti mentre gli altri imboccavano corridoi diversi. Una volta raggiunto l'ingresso della reggia di Amaria, spalancò le porte che davano sulla piazza centrale.
Raenys e il suo attendente non erano lontani: circa nel centro dell'ampio spiazzo imbiancato, camminavano quanto più speditamente la neve alta fino alle caviglie permettesse loro. Al margine della piazza, un manipolo di uomini armati attendeva in silenzio, sorvegliato da due guardie nordiche.
Hareis scese il primo gradino e inspirò profondamente.
- Non lo ripeterò un'altra volta - avvertì gli uomini accanto a lui. - Dovete prenderli vivi. Almeno uno dei due. Meglio se entrambi.
Mentre i due uomini scattavano in avanti, Hareis si rimboccò le maniche della camicia sotto il mantello e subito l'aria gelida gli sferzò i polsi bianchissimi cospargendoli di pelle d'oca. Il mago distese le braccia con il volto contratto per la concentrazione.
I due Terkil di pietra che sorvegliavano la base della scalinata si separarono di colpo dal loro basamento; con uno sforzo immane Hareis sollevò le mani strette a pugno poi, all'ultimo momento, distese i palmi in direzione dei due uomini nel mezzo della piazza.
Gerd Raenys dovette percepire lo spostamento d'aria con pochi secondi d'anticipo, ma non fece in tempo a spingere via anche il suo attendente, che fu colpito in piena schiena dal volatile di pietra. Da parte sua, il maestro di Tharia rotolò a terra, in mezzo alla neve.
Una ventina di metri più avanti, nordici e componenti della scorta del Consigliere stavano già combattendo. Colte completamente alla sprovvista, le guardie delle Cinque Terre avevano cercato di compattarsi per assumere la classica tattica di combattimento coesa e uniforme, come membri di un'unica unità, ma la rapidità dell'assalto dei sei Ribelli con le spade sguainate aveva impedito loro di realizzarla.
Hareis era scattato in avanti e, in un battito di ciglia, due masse di fuoco vivo avevano avvolto le sue mani. Uno dei suoi uomini aveva afferrato l'attendente di Raenys, rimasto tramortito, ma il maestro thariano si era rialzato e aveva proteso le mani nella sua direzione. Il Nordico venne sbalzato via da una potente massa d'aria, ma Hareis ne approfittò per dirigere una fiammata contro il suo nemico. Questi riuscì ad accorgersene appena in tempo per erigere un incantesimo di scudo su cui essa si infranse.
- Prendete il ragazzo! - tuonò il mago del Nord rivolto ai suoi uomini. - Di lui mi occupo io.
Forse si sarebbe aspettato che Raenys prendesse più sul serio le sue parole, ma l'uomo non lo degnò inizialmente di uno sguardo; al contrario, con un elegante cenno della mano si rivolse proprio verso i due Ribelli che Hareis aveva portato con sé, i quali avevano sollevato Dane Westerling — che si era ripreso e ora si divincolava a più non posso — tenendolo per le braccia e per i piedi per portarlo via. Fu un attimo, e prima che Hareis potesse muovere un dito i suoi uomini crollarono a loro volta a terra, svenuti.
- Furbo figlio di puttana... - mormorò il giovane. Quello era il genere di trucchetti mentali che aveva sempre faticato ad applicare.
I due uomini, uno nordico e l'altro thariano, si trovavano faccia a faccia ora. - Se è un duello che volete, ragazzo - affermò in tono sicuro il maestro Raenys lasciando scivolare nella neve il mantello e la pelliccia - Che un duello sia.
- Non ho paura di voi, maestro - ribatté lui mentre una stilettata di rabbia gli pungeva le viscere, anche se accompagnata da un dirompente desiderio di mettersi alla prova.
- Non ho dubbi, ma questo non servirà a catturarmi - lo avvertì il suo avversario. Irritato, Hareis scagliò contro di lui la seconda fiammata, ma Raenys la deviò con un semplice gesto della mano*.
- Avanti, combatti! - lo esortò il Ribelle a denti stretti, indirizzandogliene addosso un'altra, più massiccia. Cominciava ad avvertire la rabbia scorrere nelle sue vene: era come se il maestro di Tharia lo stesse prendendo in giro, come se considerasse una perdita di tempo combattere con un avversario così giovane.
Raenys aveva eretto un secondo incantesimo di scudo su cui il suo attacco si era infranto, ma lui non aveva più testa per aspettare. Estraendo un coltello dalla cintura, scattò verso l'avversario, pronto a coniugare l'uso di forza e magia.
Abbatté la lama su di lui ma, come aveva previsto, Raenys lo bloccò ancora una volta. Sempre facendo ricorso a una Evocazione che gli avvolse di fuoco il pugno sinistro, Hareis tentò di colpirlo al ventre, ma prima che potesse riuscirci l'uomo scomparve dalla sua traiettoria per riapparire alla sue spalle.
Ma il Nordico era ormai diventato affine al riconoscere l'uso della trasmissione istantanea e riuscì ad anticipare le sue mosse offensive: Raenys aveva cercato di tagliagli la gola con un sortilegio, ma lui era stato rapido nel pronunciare un contro incantesimo. Si liberò dalla stretta avversaria con uno strattone e colpì il maestro in volto; come sempre quando colpiva qualcuno con un pugno, le sue nocche scricchiolarono. Menò nuovamente alcuni colpi di coltello, ma Raenys le deviò tutti con la magia, anche se costretto ad arretrare.
D'un tratto, Hareis avvertì qualcosa di duro colpirlo nella schiena e l'urto fu così forte da farlo vacillare: il suo nemico aveva evocato una imponente massa di terra compatta e gliel'aveva scagliata contro da dietro.
È troppo forte per me, non riuscì a impedirsi di pensare. Combatte con una concentrazione di livello eccezionale.
Eresse una barriera un secondo prima che Raenys dirigesse a sua volta un'Evocazione di fuoco verso di lui, ma fu troppo debole e la vampata di calore lo investì in viso ustionandolo.
Al diavolo!
Infuriato, il giovane avvertì il proprio potere intensificarsi. Era il lato più controverso e affascinante della Magia, il modo in cui essa divampava alimentata dalla rabbia e dalla progressiva perdita del controllo. Hareis allargò le braccia e richiamò due lingue di fuoco che poi fece convergere sul suo avversario.
- E così vuoi giocare con fuoco, maestro? - urlò mentre questi, visibilmente in difficoltà, era costretto a sbilanciarsi all'indietro difendendosi con l'ennesimo incantesimo di scudo. Le fiamme vi scivolarono sopra per poi andare a esaurirsi nella neve.
Hareis aveva ottenuto ciò che voleva: ignorando il dolore al viso ustionato, che gli bruciava follemente, scattò in avanti e si gettò sul suo avversario con il coltello alzato. Ma aveva peccato di arroganza, fatto che Raenys volse puntualmente a proprio favore abbattendogli una valanga d'acqua addosso che lo fece rotolare via prima che riuscisse a raggiungerlo.
Bagnato fradicio, il mago si rimise in piedi con la testa che gli girava. Ora percepiva anche il gelo pungergli i polmoni ad ogni respiro in modo quasi insopportabile.
Anche Raenys si era rialzato e aveva iniziato a scagliargli contro lastre di pietra che aveva divelto dalla pavimentazione della piazza. Hareis ne schivò alcune e riuscì a pararne altre con la magia, ma aveva il respiro a mille e non era più sicuro di riuscire a contrattaccare.
Per sua fortuna, Theor aveva fatto intervenire altri Ribelli che ora si stavano riversando nella piazza per terminare la scorta del maestro Raenys e catturare quest'ultimo.
No, no, è mio, è mio!
Con uno sforzo immane, Hareis attuò una trasmissione istantanea che lo portò praticamente di fronte all'avversario che, impreparato, fermò a mezz'aria il braccio con cui controllava l'ultima lastra di pietra. Hareis aveva già deciso da tempo che cosa fare. Menò contro di lui una testata con tutta la forza che aveva, al che Raenys crollò all'indietro, con un taglio sulla fronte da cui colava sangue ad inondargli il volto. Ma neanche Hareis era abituato a quei colpi da corpo a corpo e indietreggiò, barcollando; le immagini davanti a lui per qualche istante si sovrapposero. L'Uomo del Nord inciampò nella neve e cadde all'indietro.
Ben cinque uomini si erano avventati su Gerd Raenys e l'avevano rimesso in piedi tenendolo fermo, o almeno cercando di farlo, ma non bastò: Hareis, da terra, vide di sfuggita il massiccio spostamento d'aria che il maestro di Tharia usò per liberarsi. I Ribelli vennero sbalzati via.
Il combattimento li aveva portati piuttosto vicini al limitare della piazza e Raenys fece quello che Hareis si sarebbe aspettato: fuga.
Alcuni dei suoi uomini cercarono di ostacolarlo, ma erano avversari troppo deboli per un mago come lui. Il maestro si fece strada allontanando gli aggressori con Evocazioni e altri incantesimi, ma lui non aveva intenzione di lasciarlo andare, non dopo tutto quello che aveva fatto per fermarlo.
Si rialzò a fatica, incespicò ma non se ne curò. Doveva impedirgli di lasciare la città, non poteva permettersi di deludere ancora Theor.
Chiamando a sé tutte le forze rimaste, si cimentò con un'ultima, imponente fiammata. Raenys dovette accorgersene, perché interruppe di colpo la sua corsa e si voltò verso di lui. Con una velocità di cui finora il giovane aveva visto capaci solo Theor e Sephirt, evocò a sua volta una gigantesca lingua di fuoco mentre lui gli scagliava contro la propria.
Lo scontro fra i due incantesimi produsse un'esplosione che divampò con un boato. Ancora una volta, investito dallo spostamento d'aria, Hareis venne scaraventato a terra, anche se la neve attutì la caduta quanto bastò per impedire che si frantumasse l'osso sacro.
Senza riuscire a rialzare del tutto la testa, il mago guardò disperato il suo avversario rimettersi in piedi e scappare. Lo vide sparire, confondendosi alla vista protetto dall'incanto di Disillusione.


                                                                                             ***                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

- Quali sono i piani del Consiglio?
- Non lo so.
Uno schiaffo, secco, in pieno volto.
- Quali sono i piani del Consiglio?
- Non lo so, lo giuro.
Un altro schiaffo. La guancia sinistra di Dane Westerling era già arrossata come in fiamme.
Appoggiato alla parete con le braccia incrociate, Hareis osservava l'interrogatorio in silenzio. Il viso gli bruciava ancora dove l'Evocazione di Raenys l'aveva sfiorato, per non parlare dei giramenti di testa che non lo avevano abbandonato da quando aveva rimesso piede nel palazzo di Amaria.
- D'accordo, vediamo se ti piace se cambiamo domanda. Come ha fatto il Consiglio a scoprire come utilizzare le Pietre Magiche?
- Non lo so - ansimò il ragazzino cercando di evitare lo sguardo di colui che lo stava interrogando.
- Menti! - l'uomo gli assestò un manrovescio così potente da far ribaltare la sedia a cui Dane era legato. - Eri l'attendente personale di uno dei più importanti politici delle Cinque Terre, lui te l'ha detto!
- Non è vero, non lo so!
- Non lo sa, Dresin - intervenne Hareis pacato. - Cerca di non ammazzarlo prima che possa rivelarci quello che ci serve. Piuttosto, chiedigli ancora dei piani del Consiglio.
- Come vuoi - risposi lui afferrando rudemente il giovane e rimettendo la sedia a posto. Per non farsi mancare niente, lo colpì con un calcio sulla tibia che gli strappò un gemito strozzato. - Allora, che cosa hanno intenzione di fare le Cinque Terre?
- Quante volte lo devo ripetere? Non lo so! Per dio, non lo so! - gemette lui mentre lottava per trattenere le lacrime. - Il maestro Raenys non parla con me di queste cose...
- Stronzate! - gli urlò in faccia Dresin, e Hareis pensò che per la paura il ragazzo si sarebbe ribaltato un'altra volta dalla sedia. - Per quanto ne sappiamo gli uomini politici delle Cinque Terre se li portano praticamente a letto gli attendenti! Vuoi dirmi che Raenys non ti ha detto nulla di interessante prima di venire qui?
- Non ha detto nulla, lo giuro - balbettò Dane incespicando nelle proprie stesse parole. - Non ho idea di quello che faranno.
A quel punto, l'uomo di fronte a lui tornò calmo.
- Andiamo, ragazzo... Non vorrai costringermi a mettermi questo - con in volto un mezzo sorriso pericoloso, Dresin prese in mano un aggeggio metallico che Hareis riconobbe come un tira pugni.
Dane sbiancò in viso. - No... - biasciò - No, ti prego, ti giuro che...
Il colpo che Dresin gli assestò nello stomaco gli mozzò le parole in gola, piegandolo in due. Passò un istante poi, come spinto da una convulsione, si ribaltò in avanti e vomitò sul pavimento.
- Puah! - fece Dresin disgustato dopo aver istintivamente fatto un passo all'indietro. - Ti basta poco per rigettare - constatò. - Che dici, ne vuoi ancora? O preferisci la faccia?
L'attendente emise un gorgoglio pressoché incomprensibile, ma l'uomo se lo fece bastare; agguantò il prigioniero per le spalle, lo risollevò e lo colpì al volto con la mano in cui aveva indossato il tirapugni. Uno schizzo di sangue imbrattò il pavimento.
- Avanti, parla!
- Non so niente...
Il naso del ragazzo si sfracellò sotto un nuovo, selvaggio pugno in faccia.
- Che cosa ti ha detto Raenys? Dimmelo! - ringhiò Dresin posseduto dalla distaccata ferocia che per poter compiere il suo lavoro aveva fatto diventare parte di sé. - Avanti, pezzo di merda, dimmelo!
- Basta così, Dresin - disse Hareis a voce alta per sovrastare i suoi toni veementi. - Lascia in pace il ragazzo, ne ha prese abbastanza.
Dresin si scostò controvoglia dal povero attendente, permettendo al mago del Nord di vederne chiaramente il volto insanguinato e la figura scossa dai singulti.
- Devo andarmene, mio signore?
Hareis guardò l'uomo tarchiato davanti a lui, con i capelli biondi che gli ricadevano in ciocche lievemente sudate sulla fronte, le nocche della mano destra completamente imbrattate di sangue.
- Sì Dresin, me la sbrigo da solo qui. Grazie per avermi dato una mano.
Lui sputò per terra. - È quello che faccio per vivere.
Hareis attese pazientemente che si sfilasse il tirapugni appoggiandolo sul tavolo e che lasciasse la stanza. Solo quando la porta si fu richiusa con uno scatto il giovane uomo si decise a muovere due passi verso Dane Westerling.
- Avete aspettato che ce ne andassimo... - esalò il ragazzino fissando il pavimento. - Perché non ci avete catturati subito? Perché non lo avete fatto subito dopo aver scoperto che non avreste ottenuto da noi niente di ciò che speravate?
- Stupido ragazzino - commentò l'uomo, pur stupendosi di come si fosse mantenuto lucido. - Credi davvero che avremmo corso il rischio di ingaggiare una lotta in cui Lord Theor venisse coinvolto?
Avremmo dovuto prendere Raenys, disse una voce dentro la sua testa. Questo lattante non sa niente di niente. Stai solo perdendo tempo qui.
E se così non fosse? Se sapesse qualcosa, se fosse venuto a conoscenza di qualcosa di importante, anche per sbaglio?

C'era solamente un modo per scoprirlo.
Hareis si accovacciò davanti a lui e lo squadrò di sottecchi.
- Sai che posso avere quello che voglio.
- Se davvero puoi farlo, perché mi hai fatto torturare?
- A volte, i soggetti deboli non resistono all'incursione di un estraneo nella loro mente e muoiono prima di averci dato la possibilità di ottenere quello che ci serve.
- Quindi io sarei un soggetto forte?
Sembrava che la tortura lo avesse stravolto a tal punto da liberarlo persino dalla paura.
- No, ma hai resistito a Dresin. Resisterai anche a me.
- E questo che cosa vorrebbe...?
Ma Hareis era stanco di rimandare il difficile momento in cui sarebbe entrato nella sua mente. In solo istante chiuse gli occhi e richiamò a sé tutta la concentrazione di cui era capace. Se li avesse tenuti aperti avrebbe potuto vedere Dane immobilizzarsi di colpo e rovesciare i suoi all'indietro. Ben conscio di non doversi lasciare distrarre dai lamenti che il ragazzo avrebbe emesso mentre lui si faceva strada nei suoi pensieri, Hareis percepì che la pratica stava funzionando. Cominciava a sentirsi più distante della realtà e più vicino alla sfera emotiva della sua vittima. Era questo l'altro aspetto a cui doveva fare attenzione; se si fosse immerso troppo a fondo nelle emozioni provate dal giovane attendente la sua psiche avrebbe rischiato di rimanervi intrappolata, e probabilmente entrambi sarebbero morti.
Lentamente, immagini confuse cominciarono a balenare davanti a lui come sfumate da aloni biancastri: gli ultimi ricordi della sua vittima. Hareis cercò di orientarsi e individuare quello che cercava, le persone che cercava e che potevano aver comunicato al giovane attendente dettagli importanti: il maestro che serviva, Raenys, un Consigliere di rilievo, il Re delle Cinque Terre in persona. O anche solamente qualcosa che potesse aver sentito, frammenti di dialoghi sparsi da qualche parte nella sua memoria, una conversazione origliata, informazioni carpite per caso...


                                                                                                                                                                                                                                                                                   ***


Hareis si lasciò alle spalle la stanza dell'interrogatorio; la porta rimasta semiaperta lasciava intravedere il corpo di Dane Westerling steso a terra, con un rivolo di sangue fresco che gli colava dal naso rotto raccogliendosi in piccole goccioline che ricadevano picchiettando sul pavimento di pietra.
- Il ragazzo è morto - annunciò ostentando noncuranza alla guardia che stava appoggiata alla parete con le mani dietro la schiena. - Fatti dare una mano a trasportare il corpo nella fossa comune più vicina.
Risalì la scalinata che lo avrebbe fatto uscire dal sotterraneo balzando i gradini a due a due. Era quantomai impaziente di riferire a Theor quanto aveva scoperto frugando nella mente dell'attendente. Francamente, sperava di recuperare un poco della propria reputazione agli occhi del suo maestro dopo che si era lasciato sfuggire Gerd Raenys.
Raggiunse lo studio del suo maestro in pochi minuti e bussò impazientemente alla porta. Non attese nemmeno un qualche tipo di assenso, semplicemente entrò.
- Hareis - constatò Theor stupito, interrompendo la stesura della lettera cui stava lavorando seduto alla sua scrivania. - Hai già finito con il ragazzo?
Hareis annuì. - Il maestro Raenys non mentiva - dichiarò seriamente dopo essersi richiuso la porta alle spalle. - Ho guardato nella mente dell'attendente: pare che il custode Farer si sia recato a palazzo un paio di settimane fa per discutere con il Consiglio a proposito delle Pietre Magiche.
Una ruga di preoccupazione segnò per un istante il volto indurito di Theor. - Lo sai per certo? L'attendente era presente durante questo colloquio?
- Sì, mio signore. Il custode Farer è stato convocato a palazzo e ha parlato di un talismano e di un santuario, di cui già sapevamo grazie al libro di Voss.
- Vieni al dunque, Hareis - il tono dell'Uomo del nord tradiva la sua impazienza. - Ha detto dove si trovano?
- Qui al Nord - rispose il mago, mentre percepiva il cuore cominciare ad accelerare i battiti. - Non so il luogo preciso, ma ha parlato di una grotta fra le colline dell'Orinen. Il talismano si trova al suo interno.
- Altro?
- Solo qualcosa sulla storia delle Pietre e su un giuramento che vincola i Custodi a non parlarne con anima viva, un sigillo che viene imposto su ognuno di loro al momento della loro iniziazione.
- E hai scoperto niente su come intende muoversi il Consiglio?
A questo punto Hareis non riuscì più a controllare l'agitazione. Raggirò la scrivania portandosi vicinissimo al suo maestro e si appoggiò con una mano al piano in legno di mogano.
- Attaccheranno Amaria - dichiarò in tono concitato. - Prima però dovranno fare tappa in quel Santuario se vogliono utilizzare le Pietre. Ma - e qui viene il punto più interessante - non mobiliteranno l'intero esercito delle Cinque Terre nel recarvisi: la maggior parte delle truppe marcerà verso Nord fino alla piana di Dárenlas, dove ha l'ordine di attendere. Nel mentre, solo un paio di battaglioni raggiungerà il santuario, recupererà il talismano e in seguito si riunirà al corpo centrale. Questo significa...
- Che se trovassimo il santuario potremmo preparare per loro una degna accoglienza - completò per lui Theor, e Hareis si chiese come facesse a mantenersi così lucido e apparentemente calmo in un momento come quello. - Potremmo sottrar loro le Pietre e usarle per spezzare l'assedio prima ancora che cominci.
Lentamente, il giovane annuì e sorrise. - Ritorcere il loro piano contro di loro - sussurrò.
Theor si alzò in piedi e si avvicinò alla libreria che occupava l'intera parete di sinistra, squadrandola come senza vederla. Per qualche istante Hareis si chiese come avrebbe dovuto comportarsi; sapeva che prima di elaborare un piano, quale che fosse l'obiettivo, l'ex maestro delle Terre del Nord aveva bisogno di riflettere sul da farsi da solo. La sua mente passava in rassegna ogni singola opzione, e solo allora egli si decideva a parlarne con i propri più fedeli consiglieri. Ma anche così, quel momento di solitaria pianificazione rappresentava la fase più importante; molte volte Hareis si era chiesto se davvero Theor fosse a conoscenza di verità che tutti loro ignoravano, fatto stava che fino a quel momento i casi in cui un piano elaborato da lui era fallito si contavano sulla punta delle dita. L'ingegno di quell'uomo era qualcosa che lui non riusciva a comprendere appieno, una sorta di forza oscura nutrita dalla dedizione che Theor riversava in ogni obiettivo che riteneva valesse la pena di perseguire. E con la Ribellione Theor aveva sfoderato il meglio di sé.
Fu per tutta questa serie di motivi che, alla fine, l'uomo optò per dileguarsi e attendere prima di conoscere le intenzioni del suo mentore. Così fece per lasciare la stanza.
- Ancora una cosa, Hareis...
Sorpreso, il mago si voltò. Theor sembrava accigliato.
- Come mai... - disse piano. - Come mai le Cinque Terre hanno pensato che convocare un Custode sarebbe stato loro utile proprio adesso?
Hareis aggrottò la fronte cercando di ricordare in fretta i dettagli.
- Pare che vi fosse un ragazzo accusato dell'omicidio di Ïsraen Kryss. Sosteneva di aver scoperto il modo per servirsi della Magia delle Pietre e che questo fosse costato la vita al Custode. Farer è stato chiamato per certificare che la sua testimonianza fosse veritiera. Un ragazzo molto giovane. Un certo... Jel Cambrest.








* abilità possibile solo nei confronti di Evocazioni di dimensioni ridotte.


Hareis Hareis (Michael Angarano)
  
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