“Se Bronn tira un’altra delle sue battute, giuro che lo ammazzo!” Tyrion sbuffò imbufalito. Il mercenario non aveva fatto altro che punzecchiarlo sul come la lady gli restasse appiccicata, persino a cavallo era aggrappata a lui. Come una sposa allo sposo. E seppure fosse certo dal tatto che Catelyn Tully dovesse avere delle forme buone sotto l’abito, preferì non pensarci più del dovuto, temendo un’Orda di Metalupi inferociti. “E’ spaventata, tutto qui.” Rimuginò tra sé il Lannister. “Dopo un pestaggio da parte di quel mostro, lo sarei pure io. Spero solo che non abbia idee strane.” –Allora, sicuro di portare la tua bella a Nido dell’Aquila?- Tyrion imprecò. –Ci limitiamo alla Porta della Luna, tutto qui! Siamo vicini alla Valle, quindi non è un pericolo, senza contare che non posso portarmela appresso.- -Ah già, un altro rapimento come Rhaegar e la Bella Lyanna, con seguito di una Guerra tra Tully e Lannister!- Tyrion continuò ad ignorare le frecciatine, sapendo bene che non serviva a nulla rispondere o realizzare il suo desiderio di vendetta in caso di battute invadenti. Certo che Lady Catelyn continuava a rimanere aggrappata a lui in modo preoccupante, il che oltre a dargli qualche timore gli areva grottesco. “Ho letto da qualche parte che alcune donne reagiscano in aiera spropositata verso l’uomo che le salva… No! Non accadrà!”
Arya aveva appena finito la sua lezione. Mentre si ritirava verso le stanze per salutare il padre, un bambino le corse addosso. –FA ATTENZIONE!- Esclamò il ragazzino, per poi correre via. Arya non riuscì nemmeno a rispondere che era già andato. “Si tratta di un altro addetto ai camini, o altro! Quello stronzetto, avessi con me Ago gliela farei vedere io!” La porta si aprì, rivelando Lord Stark, suo padre. –Cosa è successo?- Chiese. Arya sbuffò. –Solo un marmocchio idiota che mi è venuto addosso!- Esclamò. Lord Stark sbuffò, e parve per iniziare una piccola classica strigliata, ma non lo fece. Si limitò a spolverarle un po’ maglia e brache, piegandosi nel farlo. –La prossima volta fa più attenzione! Non credo che avremo sempre Lord Manji a darti una mano, sai?- Arya annuì. Quel uomo straniero, Manji, l’aveva riportata dal lord, dandogli i suoi saluti essendo anche lui iscritto al Torneo, anche se per i duelli all’Arma Bianca. –Non sapevo che partecipassero anche non cavalieri, ne di Duelli!- Aveva esclamato. –E’ un’aggiunta al programma. Ogni Guerriero, di qualsiasi paese, parteciperà per mostrare la Capacità del suo Stile. Chi vincerà riceverà la Carica di Lord e un appezzamento. Ovviamente ne deve vincere Solo Uno!- “Magnifico!” Aveva pensato Arya. E aveva saputo che avrebbe partecipato pure uno Spadaccino Braavosiano, un Danzatore dell’Acqua. Ma non il suo Maestro. – sono stato Guardiano del Signore del Mare a Braavos, non mi serve una carica straniera, ragazzo!- Le aveva detto. Ma pazienza, almeno avrebbe visto anche altre cose oltre ai Cavalieri. Intanto erano rientrati. –Perdonami, ma di a Sansa che non parteciperò alla Cena.- Esclamò lui. Arya rimase sorpresa. –Il lavoro?- Chiese. Il padre fece segno di diniego. –Starò al Parco degli Dei, a pregare. Non lo faccio da tempo!- Arya annuì. Ma Sansa, la sera, non reagì alla notizia in modo sorpreso o altro ancora. SI limitarono a mangiare, sotto l’occhio vigile di Septa Mordane.
La Taverna era particolare. Non vi vide prostitute, o ubriaconi o gente di male affare. Cosa insolita, vista la locanda. Per quanto fosse rumorosa, vi si sentiva una certa allegria, quasi come fosse un locale del Nord. Gli parve di essere a casa. A stupirlo poi era la multietnicità, moderata ovvio: uomini delle Città Libere, quelle Desertiche a sud di Pentos e a nord Lys, andale o simili, da Braavos a Qohor, vi erano anche figure che sicuramente dovevavno provenire da Volantis, nel vedere i tatuaggi, e persino genti dagli occhi a mandorla come i Dothraki, o dai tratti scuri o insanamente chiari dei ghiscariani, pure qualcuno che probabilmente proveniva da Yi Ti o da Seng Ma, nell’Estremo Est. Per entrare si era vestito in modo più semplice: sarebbe apparso come un operaio che tornava da un Laboratorio Artigianale, o un bottegaio. Aveva raggiunto il Parco degli Dei per pregare agli Antichi Dei, e lì, davanti ad un Albero aveva ceduto il ruolo, e gli abiti, ad una sua guardia, mentre l’Albero del Cuore si aprì, rivelando un uomo sordomuto simile in corporatura ad uno dei suoi guerrieri, e questo prese l’armatura del soldato, mentre Ned prese i suoi. Tutto seguendo gli ordini di un foglietto, finito tra i calzari di Arya. Lo riconobbe per il simbolo della Mano del Re. Quello lo aveva portato fin lì, e lì era entrato, chiudendo il Volto. Scese lungo una scaletta e lì trovo un bambino. Questo gli chiese di fingere di essere suo padre. Non fu difficile. E seguendo quella scala a chiocciola, giunse ad un lungo corridoio, e seguendolo giunse ad un muro. Capì di doverlo spostare, e così si trovò lungo un vicolo. Vi trovò un bambino, e questo gli fece segno di seguirlo. Gli diede un foglio, un altro, e lesse l'informazione. "Da questo momento, lei è un fabbro, e sta portando a cena suo figlio". E così iniziava un viaggio in segretezza. Le strade serali di Approdo del Re non erano male. Almeno passava gente a pulire. Il perché il vecchio Sistema di Pulizia e le discariche della Capitale non funzionassero più come nel passato, per lui era un Mistero. Al inizio. Poi vide gli Addetti alla Ristrutturazione degli Acquedotti. Non facevano niente, bevevano e mangiavano, disinteressati al proprio dovere. Come Robert. Ormai ne era certo, Robert era un idiota. Nessuno lo avrebbe accettato, ma era la Verità. Ormai era chiaro che Robert non avrebbe tenuto il Potere. E una parte di lui ne era pure contente. “Chiunque sarebbe migliore di lui!” Pensava. Ma era suo amico, ed il suo Re. Doveva servirlo. “Ma non hai fatto lo stesso con il Re Folle!” Cacciare quel pensiero era difficile. Che il Re Folle avesse massacrato suo padre e suo fratello non pareva forte come scusa.. Ma arrivò un aiuto. Erano arrivati alla locanda. Ora il bambino lo guidò verso un tavolo. Un uomo stava mangiando rumorosamente, e ancora più rumorosamente beveva e canticchiava una canzonaccia straniera, a sentire le parole e il tono. Si sedette davanti. -E’ permesso? Io e mio figlio vorremmo mangiare qui.- Quello levò la bocca dal boccale e rispose: -MA CERTO! ANZI, VI OFFRO IO! EHI, SALSICCE DI OCA, FORMAGGIO E PATATE PER QUESTO UOMO E PER SUO FIGLIO, E DUE BOCCALI DI BIRRA, ACQUA PER IL MOCCIOSO!- Ned annuì, un poco imbarazzato. Si sedettero, poi il volto di quel uomo, un viaggiatore o un marinaio, cambiò. -Non si è fatto vedere, vero?- Ned non capì, ma il bambino rispose per lui. -Deve essere un ottimo padre. Sicuro che sia proprio lui?- -Credo che Ned sia più abile di quanto credessi.- Allora lo riconobbe. Era Varys! Non riusciva a credere che il Maestro dei Sussurri fosse lì, in quella locanda. -Non dite il mio nome, Ned.- Disse questo. -Perdonami se uso confidenza, ma è meglio che certe parole non si nominino.- Ned annuì. -Siete un attore capace, me ne compiaccio.- Continuò Lord Varys. Intanto i boccali di birra erano arrivati. -Mi faccia seguito, resti imbarazzato, e parlate con la testa china, mangiando un poco. ALLA SALUTE!- E lo disse afferrando il boccale. I due brindarono, bevettero e tornarono a mangiare. -Questo locale è il Più Sicuro al momento.- Esclamò Varys, masticando una salsiccia. -Per quanto sia strano, non vi sono spie di nessuno. Infatti l’hanno scoperta i miei uccelletti.- -Sarebbero…- -Sì, ne avete conosciuto uno.- Ned annuì, e così il bambino. Continuava a mangiare, prendendo qualche sorso profondo di birra. -Quale è il pericolo che ruota intorno a Rob?- Chiese. Varys ridacchio.
Nelle lontananze della costa, Teletha osservò la città. O almeno, ciò che poteva apparire come tale. Lo chiamavano Porto Bianco, e da lì avrebbero raggiunto il loro Obiettivo. “Se giungerà il momento, e sapremo dove.” Pensò la ragazza. Era una fanciulla chiara di pelle, i capelli d’argento e gli occhi di un viola scuro grigiastro, chiaramente del sangue dell’Antica Valyria. Vestiva una tunica stretta con una cintura, ma non era visibile, dato che il mantello di pelliccia la copriva del tutto, lasciando scoperti solo il volto e i capelli tenuti in un’unica coda. –Siamo arrivati, Hime?- Teletha si voltò. Due Guerrieri erano chinati davanti a lei. Un giovane scuro di pelle, quasi un dothraki, vestito alla maniera delle genti delle Terre Piatte a sud di Pentos e delle Terre Contese, una tunica tenuta stretta con la cintura, lunga fino al ginocchio, pantaloni larghi e un turbante, una scimitarra che splendeva priva di fodero, e accanto un arakh, dietro la schiena arco , scudo e faretra. Doveva avere quindici anni, forse di meno, eppure i tratti rigidi lo facevano apparire più grande. L’altro giovane invece aveva i capelli rasato, ad eccezione di una folta ciocca sulla fronte e di un’altra sulla nuca, legati insieme e formando un codino che andava dalla fronte al collo, folto e lungo. Era chiaro quanto un andalo, ma con occhi più stretti, vestito di un’armatura particolare, esotica, con una spada che pareva un incrocio tra le scimitarre, gli stocchi di Braavos e le Spade di Westeros. Teletha annuì ai due. –Siamo giunti a destinazione, sì.- Disse sorridendo, allegra e solare. –Vedrete che potremo riposarci e rifocillarci come si deve!- -E quando giungeremo a destinazione?- Chiese un’altra voce. Portava l’abbigliamento in cuoio degli spadaccini di Braavos, ma accanto allo stocco portava anche una spada da Cavaliere, l’armatura di cuoio con su rappresentato la Stella a Sette Punte. Portava gli occhi azzurri e i capelli, biondi, la carnagione chiara e di bel aspetto. Teletha pensò un attimo a quelle parole. –Non saprei dire con certezza, Kurtz. Non mi è ancora arrivata notizia di dove dobbiamo andare, né di Chi dobbiamo aiutare!- Kurtz sbuffò, con fare esasperato. –Allora è bene che lo si sappia presto, Mia Signora.- A parlare fu una donna bella, prosperosa, vestita di un abito di cuoio con maniche e brache che erano usberghi, ma che non riuscivano a nascondere le forme generose, i fianchi e le gambe, queste coperte da stivali del Nord, e così il mantello. Portava dietro la schiena una balestra, ed ai fianchi una spada ed una sciabola esotici, di lontane terre. I capelli erano corti e neri, gli occhi a mandorla viola, le labbra desiderabili come un frutto, la carnagione chiara. Teletha annuì. –Non dovremo aspettare molto, ve lo assicuro!- “O almeno, lo spero.”
-Vi ringrazio, Lord Tyrion.- Queste furono le prime parole pronunciate da Lady Catelyn, il giorno prima di arrivare alle Porte Insanguinate. –Non fosse stato per voi, credo sarei morta.- Tyrion si limitò a chinare il capo-E’ stato solo un Dovere, Mia Lady. Nulla di più.-“Spero che non abbia starne idee, mia Lady, perché non resisterei se si concedesse come ricompensa!” Aveva saputo di donne, anche virtuose e maritate, che si erano concesse ai loro Salvatori, come effetto delle violenze subite e della sorpresa di essere Salvate. “Non nego che non sarebbe male, ma non voglio rischiare troppo, non credo mio padre mi proteggerebbe dal Lord suo marito!” Probabilmente i Sette erano con lui, perché non ci fu nessuna Notte di Passione. Ma una Notte Insonne questo sì. Insonne e di Scuse. –Spero vogliate perdonarmi per le mie accuse.- Esclamò dopo Lady Catelyn. –Credevo che…- E gli narrò dei suoi sospetti. “Dubito che me li racconterebbe così facilmente. Forse esistono altri effetti alla Salvezza Improvvisa, oltre all’Innamoramento di quel Maestro Reud!” ascoltò ogni cosa. E infine le rispose. –Conosco quel Coltello.- Rispose. –Sì, è il mio, ma lo persi in una scommessa. E finì tra le mani di Re Robert.- Catelyn annuì. Tyrion rimase sorpreso che fossero passati a darsi del Tu, come dei Vecchi Amici, ma decise di dare corda a quella Sindrome dell’Amicizia, come aveva voluto definire quello sciogliersi la lingua al Salvatore. Gli disse della Lettera, pure dei Sospetti di Lysa Arryn, dei sospetti verso i suoi fratelli. Tyrion annuì a tutto. “Interessante.” Pensò. –Dubito che potrai mai testimoniare contro mia sorella e mio fratello.- Esclamò alla fine. –Sono solo congetture, senza prove valide, e quel coltello nelle mani di un assassino può voler dire di tutto. Non dubito che si possa scoprire che sia andato “perduto” tra gli Oggetti che Re Robert portò a Nord. Minimo si sosterrà che quel assassino fosse solo un pazzo. E tuo figlio Bran non ricorda nulla.- A quelle parole, Catelyn parve risvegliarsi. –Bran? E’ Sveglio?- Tyrion annuì, e le parlò della sua visita, della sella di sua invenzione. Catelyn pianse di gioia, e lo ringraziò, co persino le formule di rito. –Pane e Idromele non mancheranno mai per Te alla Mia Tavola!- -Cercherò di farne uso allora. Ma restiamo sul tema.- Disse lui. Poi continuò. –Ormai sai che non vi sono prove sui miei fratelli, a meno che non possa ricordare qualcosa il Piccolo Bran. Però non è detto che tu abbia torto.- Quelle parole parvero risvegliare la Lady di Grande Iverno. –Cosa intendi?- Chiese. Tyrion sorrise maligno. “Scusa Jaime, ma non posso perdermi una simile Umiliazione per Cersei!” –Sai, quando ero piccolo, sentì le domestiche sostenere che mio fratello e mia sorella si volessero bene. Molto bene. Forse troppo! Ti basti sapere, che quando la Lady mia Madre era ancora in vita, li fece dormire in stanze separate, ai lati opposti del castello. Cosa insolita per dei gemelli che si vogliono molto bene, o sbaglio?- Catelyn rimase a bocca aperta. Non aveva mai sentito questa voce. –Hai detto che Bran è caduto dalla torre?- Chiese. Catelyn annuì. –Sì, era la torre del…- Rabbrividì. Tyrion sorrise perfidamente. –Ricordo che Ser jaime non partecipò alla caccia. E anche se sono passati giorni, potresti trovare tracce di qualche passaggio per quella torre. Tracce particolari. Certo, è molto poco, ma basterebbe chiedere con la dovuta fermezza dove si trovavano, perché Jaime si fosse assentato, e se magari anche la regina era…- -PORCI!- Urlò Catelyn, gli occhi pieni di ferocia e odio. –Porci Schifosi! Sì, non c’è alcun dubbio!- -Non credere di riuscirci, però.- Esclamò il nano. Il viso era contrariato, ma maliconico. Stranamente malinconico. –Non è detto che restino molti segni di un passaggio. Se fosse vero ciò, e non ci metterei la mano sul fuoco, potrebbero aver cancellato le tracce. E stai parlando della regina, potrebbe sostenere che sono Menzogne causate dalla Follia, e probabilmente era usata da molte coppie quella torre, molto più di quanto si creda.- -HANNO CERCATO DI UCCIDERE MIO FIGLIO!- -Di questo sei certa, ma come puoi dimostrare che siano loro? O chi altro? Non hai prove, ed essendo passato del tempo, e se i tuoi sospetti fossero giusti, saranno state cancellate! Finiresti per essere considerata pazza, come tua sorella.- Catelyn tacque. E si risedette per terra. Non parlò per l’intera nottata. Non chiuse occhio, e neppure Tyrion. Bronn ne approfittò per andare a dormire, con la scusa che potevano fare loro la Guardia visto che non dormivano!
Erano giunti a vista della Porta. Catelyn scese da cavallo. –Ti ringrazio, Lord Tyrion.- Si inchinò. Tyrion fece lo stesso, e scese da cavallo. Bronn levò il meccanismo suo dalla sella. –Spero che non dia problemi, cavalcare a pelo. Almeno fino alla Porta!- Catelyn annuì. –Sopporterò. Spero di rivederla.- “Ha ripreso il suo Comportamento. Sindrome Superata!” E prima che si separassero, lei disse: -Mio figlio ha sofferto per copa della Regina, ma non potrò mai dirlo. Non esiste Giustizia nel Mondo?- Tyrion parve voler rispondere. Ma una freccia colpì il cavallo. Questo stramazzò al suolo, seguito dal cavallo di Bronn, che con balzo felino si staccò dal animale. –FERMI DOVE SIETE!-
I Venti Gelidi colpivano le preti della Barriera. Jon continuò le operazioni di pulizia, soddisfatto che ameno era al chiuso. Samwell era più che contento di non essere fuori e di non addestrarsi, cosa opposta per il bastardo, che se condivideva il chiuso abbastanza soddisfatto, non poteva dirlo per il non combattere. In quel momento la porta si aprì. Entrò un giovane, più grande di loro. Vestiva del abito dei Guardiani, ma pareva a perfetto agio. Il volto squadrato, duro, i capelli biondi corti, pareva non sorridere mai. Con lui entrò Ser Alliser. –Questo qui è un Nuovo Arrivato, al momento il meno peggio della compagnia. Probabilmente potrà donarvi un poco del suo spirito, ma più probabile che diventi come voi.- E li lasciò. Il giovane si diresse verso le pentole, forse per ordine, essendo una recluta. Si levò il mantello, i guanti, li pose piegati dietro di sé e si mise al lavoro. Non parlò, non rivolse uno sguardo ai due, si limitò a lavorare, e prima che finissero di pulire, questo aveva scrostato e pulito i calderoni, ben poggiandoli ai lati, asciugati. Li prese e li portò ai loro posti. Samwell rimase come pietrificato nel vedere l’efficienza del nuovo arrivato, e così Jon. Fu il pasciuto ragazzo a rivolgersi al biondo. –Ehm, scusa ma chi sei? Mi chiamo Samwell. Samwell Tarly. E lui è Jon.- Quello si volto versò di lui, poi pose gli occhi su Jon. Occhi gelidi, duri, di quelli più adatti ad un vecchio ranger, eppure notarono anche un senso di vissuto, di chi aveva visto tutto, che tutto comprendeva. Ma fu solo un attimo. Lo sguardo rimase di pietra, e così il volto. Poi parlò. –Mi chiamo Berthold. Ero un Guerriero, ora sono un Guardiano della Notte.-
Bah, sto sito fa schifo, mi ha cancellato dei dialoghi perché "Sì", e certi erroracci poi! Salve. Mi scuso per questo ritardo, e soprattutto per certi errori che, mi rendo conto solo OGGI, sono presenti nei capitoli recedenti. Rimedierò. Se a qualcuna piace sta ciofeca, può lasciare una recensione. Grazie