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Autore: Fanelia    27/01/2018    3 recensioni
La storia si svolge diversi anni dopo la fine della seconda GM e non tiene conto nè di TCC nè dell'epilogo originale.
È una Dramione, anche se non sarà subito presente la coppia.
Dal testo...
Hermione cancelló con rabbia le lacrime che le rigavano il volto, non appena si accorse che qualcuno stava sopraggiungendo. La paura che si trattasse di Ron, che si accorgesse dei suoi occhi lucidi, la spinse a dipingersi il suo miglior sorriso sulle labbra. Voltandosi, si trovò a faccia a faccia con George e non le servirono parole inutili per capire che aveva visto. D’istinto si passò di nuovo la mano sulle labbra e le sfregó, come a volerle pulire. Quel dannato furetto le aveva rubato il sapore di Ron, l’aveva sporcata.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Reach out for my hand

Capitolo tre

 
Ancora tu
 
 

Si era appena disteso sul letto, accanto alla moglie che aveva insistito affinché Scorpius dormisse con loro. Nel suo pigiama blu, di morbida e profumata seta, non provò alcun conforto al pensiero di essersi liberato del tè con i suoceri e di aver incontrato il padre senza incidenti diplomatici. Lucius lo aveva ignorato fino a quando gli era stato concesso e, una volta arrivati i Greengrass si era impegnato in quella recita ipocrita alla quale anche lui, Draco, aveva finito per prendere parte. Non nutriva desiderio alcuno di scontrarsi con il padre, né di farlo davanti ai genitori della moglie, sebbene fosse consapevole che la recita fosse nota a tutti.

«Pensi a lei?» Astoria si era resa conto di quanto fosse assente il marito, benché lui fosse abile a dissimulare. L’aveva infastidita profondamente e non solo per gelosia: non riusciva a tollerare che il marito non fosse concentrato sul figlio se Scorpius era nei paraggi.

All’inizio della loro relazione, diversi anni prima che rimanesse incinta, aveva trascorso un lungo periodo ad attendere che Draco voltasse pagina, poi forse si era illusa di averlo conquistato, ma le era bastato guardarsi a fondo nel cuore per capire di non avergliela fatta dimenticare, non del tutto.

«Astoria, non cominciare.»

Lo sentì sbuffare, avvertí la sua irritazione dal tono secco e duro.

«Non neghi.» Lo affermó mordendosi un labbro per impedirsi di aggiungere altro, anche se il cuore nel petto era un buco nero di dolore.

«Dormiamo, domani comincia la nostra nuova vita.» Draco realizzò troppo tardi quanto poco opportune fossero le sue parole, ma ormai le aveva pronunciate e non poteva certo riavvolgere il tempo.

«So che la vedrai e non posso sopportarlo. Fingi che di lei non ti importi! Non voglio che entri fra le pareti di questa stanza, non voglio che si insinui fra noi! Mentimi, ma non lasciarmi pensare che a lei sono rivolti i tuoi pensieri!»  Dalla sua supplica, o ordine, trapelava una disperazione malcelata e Draco non se la sentí di infierire.

«Ricordati che sei tu la moglie di Draco Lucius Malfoy, è te che ho scelto di sposare.» Si auguró che lei non controbattesse, poiché sapevano entrambi dove stesse la verita, una verità che faceva male e che non c'era bisogno di palesare.

Astoria non aggiunge nulla, strinse la manina di Scorpius e ricacció indietro le lacrime. Non poteva cambiare la realtà e lottare richiedeva energie di cui lei, in quel momento, non disponeva.

 

***

Draco si destó non appena i primi raggi del sole filtrarono dalle pesanti tende scure. Si mosse cauto nel letto, stanco per non aver dormito molto. Il solo pensiero di dover cominciare quel suo percorso di espiazione gli grattava nel petto, rendendogli impossibile liberarsi della bizzarra sensazione che lo avvolgeva tra le proprie spire. Controllò Scorpius, gli diede un bacio leggero sulla fronte e, prima ancora che la sveglia suonasse, si alzò. Raggiunse il bagno già caldo, dove la sera prima aveva preparato i vestiti. Si fece una doccia e permise al tepore dell’acqua di accarezzargli il collo e sciogliere i muscoli tesi, poi si avvolse in un telo di morbida spugna candida e si asciugò. Si vestì con cura, alla ricerca maniacale di una perfezione che sembrava essere in grado di cancellare l'imperfezione fatta di sbagli di cui la sua vita era disseminata.

Raggiunse il salone, dove colazione era già stata predisposta sul tavolo finemente apparecchiato. Una piccola elfa di cui non conosceva il nome si presentò con una tazza di caffè nero, fumante, e l'adagió davanti a lui. Infine la creaturina si esibì in un lieve inchino prima di sparire.

Poi Draco avvertì il ticchettio delle scarpe di sua madre e, mentre prendeva un sorso della bevanda calda, vide Narcissa entrare.

«Buongiorno. Scorpius dorme ancora?»

La fissò: sapeva di cosa volesse parlargli, ma speró che capisse che lui non desiderava intavolare il discorso.

«Come state?» Narcissa era preoccupata, anche se tentava con tutta se stessa di dissimulare.

Le speranze di Draco svanirono in una nuvola di fumo.  Inspirò, morse il muffin ai mirtilli e si chiede cosa sua madre volesse sentirsi dire. «Bene, ma se vorrete scusarmi, ora andrei. Di Scorpius e Astoria si occuperanno Theo, Blaise e Daphne. Mia moglie e mio figlio verranno riportati qui per il tè.» Fu lapidario. La salutò, per poi congedarsi. Infilò la giacca e si smaterializzò. Grazie a quel piccolo diversivo, per un attimo la sua mente divagó, ma poi si trovò la realtà sbattuta in faccia e si sentì smarrito. Rimise immediatamente la maschera e si nascose ancora una volta, pronto alla recita. O forse no.

***

Quando l’avvisarono che era arrivato, Harry si maledisse. Sapeva che la settimana stava per cominciare nel peggiore dei modi e in parte era anche colpa sua. Era stato evasivo quando c’erano risposte da fornire e aveva avuto molte occasioni per chiarire, ma aveva finito sempre per tergiversare.

«Malfoy, vieni pure.» Fece accomodare il suo nemico e vecchio compagno di scuola, incerto sull’esito di quella improbabile collaborazione, sicuro che a breve i guai si sarebbero affacciati nella sua vita.

«Potter.» Draco si impose di essere educato, per quanto vedere lo sfregiato non rientrasse fra i suoi desideri.

«Stamattina vorrei presentarti la persona che ti farà da tutor e che tiene alcune lezioni per il corso di Auror.» Harry tentò di essere professionale e diplomatico, di dimostrare che ormai erano lontani dai tempi di Hogwarts, ma il lieve disprezzo che trasudava dagli occhi dell’ex serpeverde, in qualche modo, riusciva a metterlo a disagio e farlo sentire come se non avessero mai abbandonato il castello.

 

Draco ascoltó Potter con vago disinteresse. Non gli importava di conoscere la sua futura balia, non gliene fregava nulla del corso di Auror. L’unica cosa a non procurargli fastidio era l’idea di insegnare Occlumanzia e Legilimanzia, oltre che Pozioni Avanzate, poiché in fondo sarebbe stato divertente piegare le menti dei suoi alunni e leggerne i segreti.

«Sono pronto.» Fu breve, cercò di non lasciare trasparire nulla che non fosse la propria boria e,  quando vide Potter sorridere sotto ai baffi, si chiese cosa ci fosse di tanto divertente.

Harry spiegò velocemente a Malfoy come si sarebbero svolte le sue giornate, cosa si aspettavano da lui e gli diede degli appunti, da lui scarabocchiati, con i quali gli suggeriva come cominciare le lezioni.

Draco lo vide alzarsi, fargli cenno, e lo seguì lungo i corridoi, sommerso e soffocato dagli sguardi curiosi altrui. Gli scavavano la nuca, come se potessero bucargli il cranio e leggergli fra i pensieri e, per un istante, fu tentato di abbassare le barriere e lasciare che i curiosi venissero fagocitati dal buio che gli viveva nel cuore.

«Siamo arrivati. Ti prego di essere civile.»

Non fece in tempo a rispondergli perché Potter spalancò la porta, entró, salutò e nel petto Draco avvertì il battito morire.

***

«Harry, perché volevi parlarmi?» Hermione si era svegliata di pessimo umore quella mattina. Aveva dormito poco perché Harry aveva annunciato di volerle parlare del lavoro, ma poi si era rifiutato di fornirle ulteriori dettagli e lei odiava brancolare nel buio.

«Volevo farti conoscere la persona di cui sarai responsabile, non che il nuovo insegnante di Occlumanzia, Legilimanzia e Pozioni Avanzate.» Non sapeva che reazione aspettarsi dalla sua migliore amica, ma era certo che si sarebbe arrabbiata e lui non poteva fare altro che mentirle. Non poteva svelarle la verità, per quanto propinarle una menzogna rappresentasse davvero un peso.

 

Hermione sgranò gli occhi confusa e quando intravide la zazzera biondo platino, si morse il labbro per non sbottare.

«Draco Malfoy è rientrato in Inghilterra. Solo tu puoi fargli da tutor e sei l’unica persona cui lo affiderei.» Se Harry pensava di abbindolarla con le sue lusinghe, si sbagliava di grosso.

«Granger, respira, prima che ti scoppi la testa. Di sicuro non sono io a insozzare l’aria qui dentro.» Draco la colpì, con una stoccata veloce e inattesa.

«Dimmi che è uno scherzo o giuro che do le dimissioni!» Hermione ignorò Malfoy per concentrarsi su Harry. Lo aveva accettato come suo capo, lo aveva sempre rispettato, ma non poteva obbedire a quell'ordine.

«Granger, non sei un po’ esagerata? Hai paura di un redento Mangiamorte o che il mio sangue puro ti infetti un po’?» Il tono derisorio di cui aveva intriso le sue parole fece brillare gli occhi alla ragazza che aveva amato con tutto se stesso. E quando lei ridusse le distanze fra loro, costringendolo a respirare il suo profumo alla vaniglia, si sentì smarrito.

Hermione si avvicinò a quel borioso, gli puntó un dito verso il viso e trattenne lo schiaffo che gli avrebbe volentieri tirato.

«C'è in ballo una promozione…» Harry si era arrabbiato quando glielo avevano detto. Si era battuto a lungo affinché lei potesse ricoprire una carica di maggior prestigio, come meritava, eppure la società magica sembrava aver tratti maschilisti.

Hermione avvertì gli occhi inumidirsi. Se desiderava ricevere la promozione doveva vivere un incubo. E non era la presenza di Malfoy in sé a destabilizzarla, non le aveva mai fatto paura né la impensieriva, ma quel piccolo ricatto con cui veniva tenuta in scacco. Era certa che non potesse essere colpa di Harry, ma non riusciva a tollerare la discriminazione che le avevano riservato.

«Io vi lascio. Lo accompagni in aula e poi vieni da me?» Potter si disse che era meglio andarsene prima che Hermione lo tempestasse di domande.

***

Hermione uscì dalla porta sbuffando come un drago arrabbiato, senza degnare il suo migliore amico di una risposta. Camminó veloce lungo il corridoio, quasi come se avesse fretta e stesse sfuggendo a qualcuno.

«Hermione, dove vai così di fretta?» Il quesito di una collega la spinse a fermarsi. Si voltò e si accorse che il furetto non la stava seguendo.

«Ho bisogno di un caffè.» Sorrise alla collega, dopo averle mentito, e appellandosi a tutte le sue forze, tornó indietro.

Infilò la testa nella stanza dove Malfoy era rimasto in piedi, contratto e con un'espressione schifata sul volto. Reprimendo un moto di stizza, gli urlò contro: «Sbrigati, che non ho tempo da perdere! Seguimi.» Prima di avviarsi di nuovo lungo il corridoio si accertó che lui la stesse seguendo e, quando lo vide ghignare, pensó di non averlo mai detestato tanto in vita sua.

Lo accompagnò sino all'aula dove si teneva lezione il lunedì mattina, gli indicó quella che sarebbe stata la sua nuova prigione e, stava per andarsene senza dirgli nulla, ma poi cambiò idea.

«Vedi di comportarti in maniera civile e non crearmi grattacapi.» Poi gli voltò le spalle e si allontanò, impedendogli di ribattere. Lo sentì sbuffare e imprecare, ma non gli diede retta. Irritata si recò da Harry e quando entró nel suo ufficio era pronta a mangiarselo vivo.

«Dimmi come ti è passato per la testa e perché io non ne sapessi nulla!» Tuonó, incapace di contenersi. Aveva passato un pessimo week-end e aveva erroneamente sperato che la settimana lavorativa potesse essere migliore, ma l’inizio non prometteva certo bene.

«Draco Malfoy ha ottenuto il permesso di rincasare solo a patto che non combinasse guai e così è stato deciso che tenerlo impegnato con il corso di Auror e con le lezioni fosse un modo per sorvegliarlo senza farlo sentire in gabbia.» Harry non sapeva cosa inventarsi, ma che volesse e dovesse tenerlo sotto controllo, e che quello fosse il modo più semplice, era vero.

Hermione lo fissò confusa perché davvero non riusciva a capacitarsi di come tutto ciò fosse possibile. «Draco Malfoy è sfuggito ad Azkaban grazie a te.»

Harry la interruppe. «Eri d'accordo anche tu che fosse troppo giovane e soprattutto che in qualche modo fosse stato costretto a seguire suo padre.»

«Non sto dicendo il contrario. Ma se proprio volevate concedergli la grazia, non avrei voluto essere chiamata in causa. Voi decidete e io devo subirne le scomode conseguenze.» Era adirata, ma si sentì ingiusta quando vide l’espressione colpevole sul viso di Harry.

«Lucius e i Greengrass hanno fatto pressioni. Non ti sto dicendo che sono contento della situazione, ma questi sono i fatti.»

Dal tono del suo migliore amico trapelava una vena calma che secondo lei stonava con l’intera situazione, ma lasciò perdere.

«Cosa comporta che lo supervisioni?» Si arrese all'evidenza.

«Devi solo accertarti che segua il corso, che faccia lezione e che la sera sia a casa appena dopo il lavoro. Se vuole uscire, ha bisogno di un permesso firmato da te e da me, ma è a nostra discrezione se acconsentire o meno.» Harry aveva cercato di ottenere che non gli venissero imposte troppe regole, troppi vincoli, ma non era riuscito a guadagnare un po’ di libertà per il suo nemico di sempre. E non aveva tentato solo per pietà, ma perché non voleva che un bambino piccolo subisse le conseguenze degli errori compiuti dagli adulti.

Hermione annuì, poco convinta. Non capiva perché mai Malfoy avesse accettato delle condizioni tanto indecorose e restrittive. Si disse che di certo negli Stati Uniti doveva essere libero di condurre una vita normale e non riusciva a credere che gli mancasse casa al punto da farsi umiliare e imprigionare. Perché in fondo le condizioni imposte lo privavano della libertà.

«Vado a sbrigare delle pratiche, fra un’ora ho lezione.»

«Hermione!» Harry la richiamò indietro e la vide voltarsi e alzare gli occhi al cielo. Sapeva di averla spazientita. «Vorrei che seguissi le sue lezioni. Quelle tenuto da Malfoy, non dimenticarti che ha imparato da Piton ed è stato alla corte di Voldemort.»

«È un obbligo?»

L'amico scosse la testa. «Non lo è, ma io parteciperò e vorrei che lo facessi anche tu per dare l’esempio.»

Si fermò a riflettere per qualche istante, poi annuì, prima di sparire oltre la porta di mogano. Non aveva annuito per confermare a Harry che avrebbe presenziato, ma solo perché aveva capito cosa intendesse. Era troppo scossa e infuriata dalla situazione frustrante per prendere la decisione più giusta. Raggiunse la macchina del caffè, inserì le monetine e selezionó un caffè nero, lungo con tanto zucchero. Non che le avrebbe risollevato lo spirito, né calmato i nervi, ma in quel momento non poteva tornare nel suo ufficio e starsene seduta sulla sedia. Semplicemente non poteva.

***

Draco giunse al termine della mattina, esausto. La lezione con la Granger lo aveva prosciugato: cercare di prestare attenzione, di non mostrarsi annoiato e di non dirle che raccontava scemenze era stato un compito difficile cui assolvere. Eppure ce l’aveva fatta e ora aveva un’ora libera, durante la quale poteva consumare un pasto. Potter  gli aveva illustrato gli orari pomeridiani e come si sarebbero svolte le lezioni che lui avrebbe tenuto.

Per fortuna non tutti i giorni sarebbe stato impegnato e quando era libero, poteva rincasare prima.

Draco si sentiva sulle spine, come se stesse ballando a piedi nudi sui carboni ardenti. Era stato pesante lasciarsi scrutare da tutti, ma ancor peggio sarebbe stato introdursi in una stanza, pronto a tenere lezione, e ritrovarsi a fissare dei banchi vuoti. Non ne aveva fatto parola con il Santo-protettore-di-Hogwarts e ora, mentre si avviava verso la mensa, si chiese se non stesse pretendendo troppo da se stesso. Poi, giunto sulla soglia del refettorio, inspirò a fondo. Dai vetri poteva notare il personale e i cadetti Auror mangiare attorno a grossi tavoli, divisi in gruppi. C'erano diverse sedie libere e lui avrebbe potuto accomodarsi ovunque, ma poi individuò la chioma indomita della Granger e per un istante s’immaginó mentre si avvicinava e prendeva posto davanti a lei.

«Allora, cosa le do da mangiare?»

Draco fu riportato alla realtà da quelle parole. Non c'era nulla di suo gradimento, era sicuro che  il cibo fosse scadente, ma alla fine rispose: «Zuppa di farro, arrosto e patate. E una fetta di torta di carote.» La donna gli diede quanto richiesto e Draco cercò di concentrarsi per escludere il brusio che, era conscio, aveva causato lui con il suo ingresso e doveva essere l’eco rumorosa delle maledizioni che gli stavano scagliando contro.

Alzò lo sguardo e d'improvviso la folla si zittí. Un silenzio irreale caló nello stanzone e Draco sfiló con eleganza e superbia sino al tavolo da dove Potter, la Granger e altri loro ex compagni di scuola lo scrutavano.

«Che ci fai qui?» La Granger lo fulminò con lo sguardo e lui avvertì uno squarcio nel petto. Non lo avrebbe mai perdonato, non lo avrebbe mai considerato una persona qualsiasi e quindi che senso aveva trattarla diversamente?

«Per quanto il cibo sia improponibile, devo sustentarmi anche io.» Si sedette, prendendo posto proprio davanti a lei.

«Te ne vai tu o mi devo alzare io?» Hermione non aveva intenzione di sopportarlo più del dovuto.

«Tu hai terminato e io mi sono appena seduto.» Era sicuro che lei non avrebbe avuto nulla di sensato da controbattere, ma che avrebbe replicato comunque pur di non farlo vincere.

«Harry e Seamus non hanno ancora finito.» Lo detestava. Perché non se andava? Perché non lasciava che terminassero il loro pasto in pace?

«Non ho chiesto loro di andarsene.»

Per quanto lo detestasse, Potter era stato il meno odioso nei suoi confronti e, sebbene sapesse che era una facciata, in fondo gli faceva comodo. Potty Poo rappresentava un biglietto di sola andata per un po’ di pace e, per quanto gli pungesse lo stomaco al pensiero di starsene lí, seduto col suo nemico di sempre, la serpe che c'era in lui prese il sopravvento e gli impose di restare. A tempo debito si sarebbe preso una rivincita, ma il momento non era arrivato.

«L’arrosto è buono, ma io odio la zuppa di farro.»

Hermione si voltò, sgranò gli occhi e fissò Harry, incredula. Perché gli stava tendendo la mano? Non riusciva proprio a capirlo. Non che lei non fosse propensa a concedere una seconda chance, ma Malfoy restava un Malfoy e il suo atteggiamento sprezzante era la riprova di come nemmeno la punizione inflittagli lo avesse cambiato.

«Potter, non so che sei abituato a mangiare tu, ma a Malfoy Manor ti posso assicurare che si mangia bene. Perfino mio figlio, e ha solo tre anni, saprebbe cucinare meglio.» Draco si pulí la bocca e si ritrovò gli occhi di Hermione fissi su di sé. «Granger, non guardarmi così! È ovvio che un Malfoy non cucinerebbe mai.» Indossare la maschera e fingere ancora e sempre, con lei. Non permetterle di scorgere oltre, quale faticoso e ingrato compito. Eppure Draco sapeva che non avrebbe avuto senso comportarsi diversamente.

«Hai un figlio?»

Draco si perse negli occhi sorpresi e confusi di Hermione Granger e lei, dal suo canto, ebbe l'impressione di non aver mai saputo nulla di lui. Certo, chiunque era in grado di concepire un bambino, Malfoy aveva una moglie e… perché mai non l’aveva sfiorata la possibilità che avesse un figlio e quella notizia la destabilizzava a tal punto?

Draco capì che non lo sapeva, anche se la sua espressione sbalordita era fuoriluogo. «Non che siano affari tuoi» imboccò un cucchiaio di zuppa, deglutí e poi riprese, stranito dal fatto che lei non gli rispondesse male. «Scorpius Hyperion Malfoy ha tre anni.»

Hermione non disse nulla. Rimase in silenzio, poi si alzò di scatto, porto via il vassoio e con velocità, dopo averlo riposto sugli appositi ripiani, se ne andò.

Una volta giunta nel suo ufficio, e dopo essersi chiusa la porta alle spalle, si concesse di ammettere la verità. Solo lei e Ron avevano fallito, si erano lasciati e non avevano avuto figli. Persino un essere abbietto e dalla morale discutibile era riuscito a sposarsi, a tenersi una moglie e ad avere un figlio. Draco Lucius Malfoy, con tutti i suoi limiti e difetti, era riuscito laddove lei non era riuscita. Aveva una famiglia, doveva essere felice e circondato da persone che l'amavano, mentre lei era sola. Sola.

 

***

Durante il pomeriggio si tenne impegnata per non permettere alla mente di vagare: Harry l’aveva invitata caldamente a partecipare alle lezioni di Malfoy, ma lei non era pronta a concedere il suo tempo a quel furetto indisponente.

Rigirò una matita fra le labbra e riprese a mordicchiare l’estremità posteriore di quel pezzetto di legno.

Mentre leggeva distrattamente un documento, d'un tratto si rese conto che ogni singolo giorno avrebbe dovuto accompagnare a casa Draco Malfoy. Certo, si potevano materializzare ed era un'operazione veloce e semplice, ma non per questo si sentiva meglio.

Si alzò, a passo svelto raggiunse l’aula dove lui avrebbe tenuto lezione. Appoggiò la mano sulla manopola, inspirò e prima di poter aprire la porta, si girò sui tacchi e se ne andò. Forse era un’ipocrita, ma dimenticare cosa Bellatrix le avesse fatto era impossibile e Draco Lucius Malfoy nelle sue vene aveva lo stesso sangue. Come avrebbe potuto anche solo pensare di tollerare il figlio di un Mangiamorte e nipote di una pazza scriteriata?

Hermione scosse la testa e si disse che, nonostante tutti gli anni di fatica, forse avrebbe potuto rinunciare alla promozione. Arrendersi non era da lei, ma lasciarsi umiliare, piegare e infliggersi una tale sofferenza solo per una migliore posizione forse non valeva la pena.

Si riconcentró sulle sue carte e pregò che la giornata terminasse presto. A breve sarebbero tornati anche Ron e Dean da una spedizione speciale e lei non osava immaginare come avrebbero reagito quanto avessero scoperto la notizia. O come avrebbe reagito la famiglia Weasley, per non parlare della moglie di Harry Potter.

Trattenne a stento una risata al pensiero di Ginny e di quanto si sarebbe arrabbiata: era certa che l'ora di Ginny rappresentasse la giusta punizione per la situazione in cui Harry l’aveva cacciata.

***

 

Uscì dalla stanza cercando di non sbuffare: l’idea di Potter era ridicola! Era ovvio che non si sarebbe presentato nessuno alle sue lezioni e infatti così fu. Sbatté la porta alle sue spalle e vafó lungo il corridoio, ricordandosi che non sapeva dove stesse andando.

Poi si sentì prendere per un braccio e si specchió nello sguardo confuso del suo tormento personale.

«Non vorrei tornare a casa senza di me?» Hermione lo aveva visto camminare veloce e sconvolto e non aveva resistito. Qualcosa l’aveva spinta a fermarlo, ma la sua domanda aveva assunto un tono ridicolo e sembrava quasi che gli stesse chiedendo altro.

«Granger, che piattola!» Draco cercò fra i meandri della sua calma serafica ormai in pezzi e quando trovò la maschera, la indossò ancora una volta. Era salvo, almeno per quel momento.

«Scappavi? I tuoi studenti volevano mangiarti?»

«Malfoy, quanto Merlino corri! O forse sono io che non corro abbastanza!»

Hermione si specchió negli occhiali rotondi di Harry e si rese conto che le mancava qualcosa.

Draco sgranò gli occhi e speró che il Bambino Sopravvissuto non volesse affrontare davanti alla  ex-Grifona zannuta quanto appena accaduto.

Harry colse lo stato di agitazione di Malfoy e se ne meraviglió: forse per la prima volta da quando lo aveva incontrato a Hogwarts, negli occhi del rampollo aveva scorto qualcosa di diverso dalla sua indolente boria.

«Hermione, dacci cinque minuti che definiamo una cosa è poi lo puoi scortare a casa.»

Draco chiuse gli occhi, sollevato ,ma quando li riaprì la certezza che venire accompagnato a Malfoy Manor dalla Granger lo avrebbe messo nei guai, fece centro. Avrebbe litigato con Astoria, non aveva dubbi al riguardo, e non poteva certo raccontare a Potter la verità. Lo seguí nel suo ufficio e si predispose a colpire.

«Vuoi scusarti per la tua pessima idea? E ammettere che sia tale?» Lo punzecchió per primo.

«No. Volevo solo dirti che domani non ti sarà concesso di lasciare l’aula. Farai lezione, anche se ci saremo solo io e Seamus.» Harry sperava ardentemente che gli altri cambiassero idea, lui non aveva intenzione di desistere.

«Almeno concedimi di tornare a casa da solo! Non ho bisogno della balia!» Il suo tentativo di liberarsi della Granger venne effettuato con stile.

«Non posso. Ringrazia che non la mandi anche a prenderti la mattina, ma se dovessi saltare il corso sarà costretta a venire a prelevarti.» Il suo tono era stanco, Harry se ne rese conto.

«Non credi che la Granger non gradisca di tornare al Manor?» Forse era pessimo a rammentare l’accaduto, ma si auguró di colpire nel segno.

Vide Potter passarsi una mano sul volto e si chiese cosa gli frullasse per la testa, ma poi si disse che non gli interessava.

«Non posso farci nulla. Tu non farla entrare, mi basta che ti lasci al cancello.» Non voleva sembrare insensibile, ma non poteva cambiare le cose.

«Davvero? Cioè, non te ne frega nulla di una tua amica? Alla faccia dello spirito altruistico grifondiota!» Draco suppose che colpirlo potesse aiutarlo a raggiungere lo scopo, ma poco dopo si rese conto di sbagliare.

«E tu ti preoccupi per una sangue sporco?» Non voleva certo offendere la sua migliore amica, ma ricordare a Malfoy come stessero le cose.

«Potter, nemmeno se fosse l’unica mia ancora di salvezza. Continuo a credere che chi non ha sangue di mago nelle vene non meriti di essere chiamato mago.» In realtà qualche eccezione, col tempo, aveva cominciato ad accettarla, ma di fondo per lui rimaneva una distinzione abissale tra uno nato dall’unione fra due famiglie magiche e una persona che non potesse vantare natali come i suoi.

Harry scosse la testa e lo liquidó. «Ora va’, prima che mi penta di averti affidato a Hermione e ti affidi a qualcun altro.»

Draco si mosse verso la porta e prima di aprirla gli rivolse ancora la parola. «Non ti azzardare a peggiorare le cose, Potter. E non ti azzardare a raccontare nulla a nessuno o giuro che te la farò pagare.» Sbatté la porta uscendo, rendendosi conto di quanto incoerente dovesse sembrare. Poi si specchió nelle iridi della Granger e il suo mondo per un momento assunse i toni del nocciola e il profumo della vaniglia.



Note stonate d'autore: buonasera! Allora, come va? Sì, vi ho fatte attendere chiedo venia... sono molto impegnata e la storia mi sta facendo ammattire perché Draco fa' troppo di testa sua :)
Che ne dite, si inizia a capire qualcosa? La trama e i problemi cominciano lentamente a delinearsi: quali sono le vostre supposizioni? Sono curiosa!
Io spero che vi stia piacendo, se vi va' fatemi sapere, sia in positivo che in negativo.
Grazie a chi si è imbarcato con me in questa nuova avventura! Grazie per la fiducia!
 
 
   
 
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