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Autore: Daniel_The White    28/01/2018    1 recensioni
La morte di Cedric Diggory ha scosso la pace di Hogwarts. Il Signore Oscuro è tornato ma il Ministero cerca di nascondere la verità. Un giovane mago torna dalla Nuova Zelanda ad Hogwarts, mentre dagli Stati Uniti tre nuovi professori stanno facendo le valige. Nuovi e vecchi personaggi si incrociano. Là dove il mistero, la sfiducia e l'incertezza minano la società magica e Voldemort si staglia pronto a riconquistare il potere, Hogwarts riuscirà a ricordare la sua storia o finirà divisa?
Nuove amicizie e amori sboccieranno, altri finiranno amarmente, mentre il mondo magico si prepara ad una guerra che ancora non conosce, Hogwarts diventerà il fulcro della salvezza o della rovina di tutta l'Inghileterra.
P.S. Questa fanific si discosterà dal canone su specifici punti e progressivamente si svilupperà alternativamente alla continuity originale.
Genere: Avventura, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry, Luna/Theodore, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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Erano le nove passate quando Luna fu svegliata da un bubbolio ed un rumore di qualcosa che sembrava sbattere e grattare poco distante. La ragazza si tirò su dal letto, i capelli biondi tutti arruffati da una lunga notte di sonno. Mettendo a fuoco la stanza vide che le sue compagne erano già tutte scese a colazione, il che di per sé era una cosa normale visto che non l’aspettavano mai. Cercando di ricordare, mentre poggiava i piedi sul pavimento di pietra della torre ovest, Luna per la prima volta ebbe difficoltà a farsi tornare in mente i sogni della notte appena passata, solo di una cosa era certa: erano stati molto più strani del solito.

Da seduta sul letto vide che il rumore proveniva da un gufo che cercava con insistenza di entrare dalla vetrata chiusa poco distante; la ragazza scese dal letto, s’infilò la vestaglia e si diresse saltellando verso la finestra facendola scattare; il pennuto entrò subito e lasciò cadere una lettera sul letto accanto a quello di Luna sulla destra, prima di tornare da dove era venuto, probabilmente diretto alla voliera del castello.

“Una lettera per Marietta…” pensò Luna prima di guardare l’orologio. Distogliendosi dai suoi pensieri si ricordò dell’orario delle lezioni di quella mattina e un sorriso le si materializzò sul volto. Finalmente avrebbe conosciuto uno dei tre nuovi professori, se non ricordava male, il professor Costa, il nuovo docente di Storia della Magia. Luna, vestendosi, si chiese cosa mai avesse convinto il professor Ruf a lasciare la sua cattedra, visto che nemmeno la morte c’era riuscita, ma qualsiasi fosse stata la ragione lei era ben lieta di questo cambiamento.

Tra questi e mille altre idee per la testa si affrettò a vestirsi, prendere la borsa con i libri, sistemarsi e scendere velocemente a colazione; non avrebbe avuto troppo tempo ma forse almeno un bicchiere di succo di zucca sarebbe riuscita a berlo prima dell’inizio delle lezioni.

Fu proprio quando con un ultimo saltello aveva finito di scendere la grande scalinata ovest, svoltando l’angolo per entrare in Sala Grande, che il suo fluire di pensieri ed il leggero canticchiare furono interrotti bruscamente quando un ragazzo la prese in pieno uscendo trafelato dalla sala. Luna non fece in tempo nemmeno a dire una parola che si ritrovò di colpo per terra, la cartella di lato ed immersa in una miriade di fogli di pergamena che le ricadevano lentamente addosso. La ragazza si tolse gli occhiali allegati all’edizione del Cavillo di quel mese per rimettere a fuoco la scena, il tono sognante sparito ed un gran mal di testa che si faceva largo per la botta presa. Di fronte a lei, ancora incredulo per l’accaduto, si trovava un ragazzo del suo stesso anno, bassino, di corporatura esile con due grandi occhi azzurri e capelli biondo dorato leggermente arruffati che incorniciavano un viso ovale. Il moto di risentimento di Luna scomparve totalmente nel riconoscere davanti a se l'unico amico che avesse mai auto a Hogwarts in cinque anni, Galen Brannis.

Galen si affrettò a rialzarsi e a porgerle la mano, rosso in volto e profondamente imbarazzato, incurante degli sguardi e dei numerosi commenti e ammiccamenti che gli studenti attorno a loro si scambiavano guardandoli e girando al largo dalla miriade di fogli che avevano attorno.

Scu...Scu…scusami Luna. Non ti avevo vista” disse aiutandola e porgendole la cartella. “Che casino che ho…ho combinato!”

“Lascia stare, Galen” disse la ragazza rialzandosi. Guardandoli meglio vide che si trattava di appunti di storia; probabilmente Galen doveva essersi svegliato presto per andare in biblioteca prima della lezione che avrebbero avuto di lì a poco; a Storia della Magia, infatti, Corvonero e Tassorosso erano assieme.

“Sei stato in biblioteca?” gli chiese porgendogli una decina di fogli mentre il ragazzo ancora rosso in volto li sistemava nella sua cartella.

“Sì, finalmente sembra che abbiamo un pro…professore di storia della magia decente e vo…voglio fare una buona impressione. Anzi…” proseguì sentendo il pesante rintocco del grande orologio della torre nord “siamo qua…quasi in ritardo Luna. Hai tut…tutto? Andiamo!” le disse illuminandosi in volto.

Luna gli sorrise e lasciando perdere i gorgoglii del suo stomaco s’incamminò con sguardo sognante verso la scalinata nord, dove al primo piano si trovava l’aula di Storia della Magia. Camminando velocemente notò un gruppetto di ragazze del primo anno guardare il suo amico con aria sognante, poi una di loro sembrò confabulare qualcosa fitto fitto e dopo qualche istante poté vedere il gruppetto allontanarsi con sguardi molto diversi da quelli di prima; se in un primo tempo dimostravano interesse e ammirazione, i secondi erano molto meno lusinghieri.

Luna accelerò il passo con Galen che la seguiva con lo sguardo rivolto verso il pavimento; chiaramente il ragazzo doveva aver sentito qualcosa di quello che avevano detto le ragazze poco distanti. Luna sospirò ed il suo cipiglio si fece stranamente duro mentre fissava il gruppetto svoltare a destra verso est: se c’era una cosa che odiava era vedere Galen in quello stato, ed al primo giorno di lezioni per giunta.

“Lasciale perdere, Galen. Non sanno nemmeno di cosa stanno parlando” disse sfregando leggermente la mano contro quella dell’amico. Questi non disse nulla, continuando a guardare il pavimento con gli occhi bassi.

I due svoltarono infine verso sinistra trovandosi di fronte alla porta della classe 4F, ancora aperta con un grande un brusio che proveniva dall’interno. Entrando i due si diressero verso l’ultimo banco libero, in fondo accanto ad una delle tre grandi finestre laterali da cui si vedevano il parco sul retro ed in lontananza il campo di Quidditch.

“Com’è andata l’estate, Galen?” chiese la ragazza all’amico che stava guardando avidamente fuori dalla finestra, rivolto ad un punto imprecisato nel panorama. Alla voce di Luna sembrò come trasalire e voltandosi col respiro corto, come chi fosse stato svegliato da un sogno ad occhi aperti, le rispose:

“Bene, sono sta...stato con i miei a Los Angeles…una cit…città strana.” Le rispose con lo sguardo rivolto verso il soffitto a cassettoni dell’aula. Luna non fece in tempo a continuare che di nuovo gli occhi del ragazzo si erano spostati fuori dalla finestra. Interessata la ragazza si sporse in avanti per vedere meglio; all’inizio non riuscì ad afferrare il concetto di uno dei molti silenzi di Galen a cui si era ormai abituata, ma poi le si accese come una lampadina.

“Ehi, quest’anno ci puoi riprovare no? Hai sentito il Professor Silente? Se non mi sbaglio alla squadra di Tassorosso manca un portiere…”

“E un ce…cercatore.” concluse Galen con uno scintillio negli occhi. “Ma non…non lo so...” aggiunse tirando fuori il libro di Storia della Magia e sprofondandoci dentro con la testa.

Luna, che conosceva bene le abitudini bislacche di Galen, lo prese per un braccio e facendosi improvvisamente seria gli disse ad un centimetro dal volto: “ No, sai….Basta con questo tono da autocommiserazione. Sei bravo, ti ho visto volare un paio di volte a casa mia e non permetto a nessun altro di dire il contrario. Anzi…” disse con un sorriso, togliendosi la sua collana fatta di tappi di burrobirra e porgendola all’amico: “Portatela dietro ai provini, ok?”

Galen la fissò per qualche istante incredulo, sapeva bene quanto Luna tenesse alla sua collana; all’improvviso gli occhi gli si fecero lucidi mentre prendendola, mormorò un flebile “grazie” infilandosela al collo, incurante degli sguardi e dei mormorii dei due Corvonero seduti al banco di fronte.

Luna sentì la rabbia salirle di nuovo in gola, ma prima che potesse dire alcunché la porta della stanza si chiuse con un rumore secco ed una voce potente risuonò verso di loro come una frusta, richiamando l’attenzione di tutti verso la cima dell’aula.

“Buongiorno a tutti”.

Dalla porta era entrato un uomo non molto alto, robusto, vestito di un lungo mantello nero a collo alto, da cui traspariva, visto i bottoni parzialmente slacciati, un bel vestito verde smeraldo con finiture ed un panciotto argentato riccamente lavorato. L’uomo aveva un volto largo, due penetranti occhi neri ed i capelli portati leggermente all’indietro, pettinati con grande cura.

“Buongiorno, professor Costa” risposero tutti in coro gli studenti.

L’uomo avanzò verso la cattedra, poi si bloccò come a metà strada rivolgendo uno sguardo di stupore all’intera classe. Poi con calma si diresse verso il primo banco sulla sinistra, occupato, Luna si sporse per vedere meglio, da due studentesse di Tassorosso.

“Signorina Macavoy, dico bene?” disse con voce profonda, per essere sentito chiaramente in tutta la classe.

Quella che Luna riconobbe come Heidi Macavoy, una ragazza alta con i capelli portati in due lunghe trecce, sembrò essere colta alla sprovvista.

“Sì, professore?” disse stupita.

“Non le sembra che manchi qualcosa?” aggiunse l’uomo con un sorriso più pronunciato.

La ragazza sembrò rimanere senza parole, non riuscendo a formulare una risposta. Il professore non parve però perdersi d’animo, avvicinandosi al banco successivo:

“E a lei signorina O'Flaherty?” disse guardando la giovane Tassorosso che assunse un colorito rosso pomodoro, chiaramente anche lei presa in controtempo da quella domanda.

Un leggero brusio iniziò a sollevarsi dai banchi più distanti, mentre gli istanti di silenzio passavano.  Il professor Costa tuttavia parve non udirli, anzi, lasciati i banchi davanti si avviò spedito verso il fondo dell’aula, guardandosi attorno fino ad arrivare di fronte a dove sedevano Luna e Galen.

“Signor Brannis, dico bene?” disse sempre accennando un leggero sorriso.

Galen alzò gli occhi con un leggero rossore sulle guance ma sostenne lo sguardo dell’uomo. “Mi dica, secondo lei, da quando sono entrato non è mancato nulla?”

Per un secondo Luna ebbe timore che Galen potesse sciogliersi sotto lo sguardo penetrante dell’uomo; tuttavia con suo grande stupore l’amico rispose, cercando di scandire bene le parole:

“Non ci sia…siamo alzati qua…quando è entrato in aula, pro…professore” disse Galen con un tremito nella voce.

“Esatto!” disse il professore illuminandosi in volto. “Finalmente qualcuno che se n’è accorto!” disse con tono gioviale ritornando verso la cima dell’aula; Luna tirò un sospiro di sollievo, Galen accanto a lei stava leggermente tremando per l’emozione.

“Come ha detto giustamente il signor Brannis io mi aspetto che voi vi alziate all’inizio e alla fine della lezione e mi salutiate come io saluto voi. Non ha senso imparare la storia quando ci siamo scordati delle buone maniere, non credete?” disse sedendosi dietro alla cattedra fra lo stupore generale.

“Molto bene, aprite il libro a pagina 342. Oggi parleremo della Prima ribellione dei Goblin.”

Luna tirò fuori la sua piuma e Galen fece altrettanto. La ragazza sorrise con sguardo sognante all’amico che pareva ora molto più tranquillo di qualche istante prima. Da vicino aveva avuto un’impressione genuina del professor Costa, non aveva fatto quella strana domanda per mettere Galen o qualcun altro in difficoltà, era piuttosto….sì, se il suo sesto senso non la ingannava, era semplicemente il suo modo di insegnare.  Più lo osservava e più se sembrava un tipo interessante.

Con un colpetto di tosse il professor Costa si avvicinò alla grande lavagna e cominciò:

“Come ricorderete nel 1692 la Confederazione Internazionale dei Maghi, riunita a Parigi adottò lo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia a maggioranza qualificata, questo portò alla nascita dei vari Ministeri della Magia nazionali. In particolar modo nella clausola 73 viene chiaramente enunciato che, “Ciascun ente governativo magico sarà responsabile dell'occultamento, la cura e il controllo di tutti gli animali, gli esseri di qualsiasi razza e genere e gli spiriti magici viventi entro i confini del suo territorio. Se una di queste creature dovesse danneggiare la comunità Babbana o attirarne l'attenzione, l'ente governativo della nazione in causa sarà sottoposto a misure disciplinari da parte della Confederazione Internazionale dei Maghi”. Questo portò molte specie del mondo magico per la prima volta sotto il diretto controllo di un organismo politico nazionale umano.”

Il rumore di penne parve continuare ancora per qualche secondo. Il professor Costa si interruppe segnando alla lavagna la data del 1692 e cerchiandola due volte prima di rivolgersi all’aula.

“Ora, secondo voi…” esordì camminando nuovamente fra i banchi, con lo sguardo che saettava da uno all’altro, con il gessetto ancora saldamente nella mano destra.

“Perché i Goblin sono stati i primi a cercare di ribellarsi allo Statuto di Segretezza?”

Dopo qualche secondo Luna vide quattro mani alzarsi nell’aula; Galen accanto a lei posò la penna sul banco e iniziò a grattarsi la tempia destra, come per riordinare le idee.

“Sì, signor Finch?” disse il professore indicando un Corvonero robusto con una zazzera di capelli corvini ed un naso molto pronunciato, seduto in terza fila:

“Per la persecuzione di Ug l'Inaffidabile, il loro leader”

“Corretto, Signor Finch, cinque punti a Corvonero, ma incompleto. La circolazione dell’oro dei Lepricani a cui lei si riferisce fu solo la truffa che fece scatenare la rivolta. Io vi chiedo…qual era la motivazione di fondo? Cos’è che i goblin temevano più di ogni altra cosa da parte dei maghi e streghe inglesi? Ricordate siamo nel 1692.”

Dopo qualche secondo due mani si alzarono contemporaneamente, una vide Luna di un ragazzo di Corvonero, Gabriel Frost, mentre l’altra era quella di Galen. Luna guardò stupita l’amico; era la prima volta che si esponeva a rispondere ad una domanda di un qualsiasi corso da quando aveva memoria.

“Sì, signor Frost” la voce del professor Costa, fece tornare la ragazza a guardarlo mentre si avvicinava verso il lato opposto al loro, verso la metà dell’aula.

“Per non perdere la loro libertà” disse il ragazzo con voce insicura.

“Corretto, cinque punti per Corvonero. Ma ancora incompleta come risposta” disse il professore rivolgendo un cenno col gessetto a Gabriel prima di riavvicinarsi al fondo dell’aula, chiaramente attirato dalla mano alzata di Galen.

“Sì, signor Brannis?”

“Pe…per non per…perdere il loro o…oro?”

 Il volto del professor Costa parve illuminarsi di nuovo per una frazione di secondo mentre col gessetto indicava Galen con decisone.

“Precisamente, bravo Brannis, dieci punti a Tassorosso” disse prima di ritornare indietro verso la lavagna. “Signori non dimentichiamoci che l’abilità di fabbri e di economisti goblin ancora oggi è in moltissimi casi inarrivata. Immaginate cosa potesse significare nel 1692 l’istituzione di un controllo sulle varie specie magiche da parte di maghi e streghe. I Goblin attaccarono Hogsmeade perché proprio sotto i nostri piedi all’epoca erano custodite le riserve auree inglesi! Rischiarono tutto con un attacco preventivo.”

“Ecco…” disse rimettendosi a sedere e riprendendo in mano il libro di testo. Pagina 393, terzo paragrafo…”

Luna guardò con stupore l’amico mettersi a scrivere freneticamente su un foglio di pergamena; nei suoi occhi brillava un interesse che non aveva mai visto prima di allora. Con un sorriso pieno di gioia si mise anche lei a scrivere gli appunti della lezione…decisamente con c’erano paragoni col professor Ruf.

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Con la testa che ancora cercava di far ordine sui mille pensieri che il suo recente incontro con Cho gli aveva provocato, Harry superò la porta del sotterraneo di Piton che si aprì cigolando minacciosamente. Entrò in classe dietro a Ron e Hermione e li seguì al solito banco in fondo, dove sedette ignorando il loro continuo battibecco. Era dal primo anno che seguivano pozioni insieme ai Serpeverde e questo non migliorava mai il suo umore, un’occhiata acida della Parkinson gli ricordò ancora una volta, se mai se lo fosse scordato, che non era il benvenuto là sotto.

Non ebbe tempo di elaborare una strategia di risposta che l’ingresso di Piton pose fine al leggero chiacchiericcio che si era sviluppato in attesa dell’inizio della lezione. L’attenzione di Harry stavolta però, più che dall’entrata in classe del suo insegnante meno amato, fu colta di sorpresa dalla vista di madama Umbridge che, sfoderando ancora una volta il suo vaporoso cardigan rosa shocking, seguì l’ingresso in aula del loro professore di Pozioni.

“Seduti” disse Piton con voce fredda.

Non ci fu bisogno di richiamare nessuno all'ordine: nel momento in cui la classe aveva sentito la porta chiudersi, ogni irrequietezza si era placata. La sola presenza di Piton bastava ad assicurare il silenzio.

“Prima di cominciare la lezione, voglio che sappiate che madama Umbridge, quale Osservatrice del Ministero, mi ha chiesto il permesso di assistere alla lezione di oggi. Confido che farete del vostro meglio per dimostrarvi tutti quanti all’altezza delle sue aspettative.” concluse con uno sguardo che non ammetteva repliche.

Harry poté vedere per un attimo una nota d’impazienza nella figura di solito fredda ed imperscrutabile di Piton ma non ebbe modo di esaminarla meglio visto che madama Umbridge prese la parola e con un leggero inchino disse:

“La ringrazio professor Piton per le sue parole di benvenuto.” Poi il suo sguardo si posò sulla classe, esaminandoli uno alla volta, mentre il loro insegnante di pozioni riprese a parlare; Harry si accorse chiaramente che il suo sorriso si spense quando incrociò il suo sguardo per qualche istante prima di proseguire oltre.

“Oggi prepareremo una pozione che viene richiesta spesso al G.U.F.O.: la Bevanda della Pace, una pozione che calma l'ansia e placa l'agitazione. Attenti: se esagerate con gli ingredienti infliggerete al bevitore un sonno pesante e qualche volta irreversibile, quindi dovete prestare molta attenzione”. Alla sinistra di Harry, Hermione si mise un po' più diritta, ostentando la massima concentrazione.

“Questa fa parte di una categoria di pozioni avanzate che non sarete in grado di preparare da soli; vi chiedo quindi di dividervi a coppie e di lavorare secondo le istruzioni scritte alla lavagna (e vi apparvero). “Troverete tutto quello che occorre” agitò la bacchetta, “nell'armadio” (la porta dell'armadio si spalancò). Avete due minuti per formare le coppie.”

Detto questo si sedette dietro la scrivania in cima all’aula mentre un rumore di sedie ed un crescente chiacchiericcio seguiva gli studenti che cercavano di divedersi nel più breve tempo possibile; Harry si avvicinò a Ron che annuì con un sorriso, mentre Hermione aveva già fatto coppia con Neville e gli parlava fitto fitto come a ricordargli le istruzioni; il giovane Grifondoro sembrava pendere dalle sue labbra con uno sguardo di profonda ammirazione.

Proprio quando i primi studenti si stavano avviando verso l’armadio per iniziare, la voce di Madama Umbridge si levò nell’aula. “Ehm, ehm…Non credo che così vada bene.” disse schiarendosi la voce, con uno sguardo costernato a metà fra il dispiacimento e la delusione.

“Avete sentito il mio discorso di ieri sera e il messaggio dei fondatori di questa nobile scuola attraverso il Cappello Parlante, ma a quanto pare non ci avete riflettuto abbastanza, non è vero?” disse mentre tutti si bloccavano sul posto e molti sguardi spaesati cercavano una spiegazione a quello di cui la Umbridge stava parlando; anche Piton, Harry vide dal fondo dell’aula, aveva alzato un sopracciglio in segno di sorpresa, pur non proferendo parola per quell’interruzione.

“A quanto pare il termine “cooperazione” non vi è chiaro e questo dimostra ancora una volta a necessità della mia presenza qui; il Ministero considera questo un punto fondamentale della vostra istruzione, voi dovete cooperare gli uni con gli altri, così come Hogwarts e Ministero devono camminare fianco a fianco per creare le streghe e di maghi di domani”.

S’interruppe un istante abbracciando con lo sguardo tutti gli studenti come ad aspettarsi una risposta di qualche tipo; Harry sentì che c’era qualcosa che non andava nel tono lezioso con cui si stava rivolgendo loro mentre il suo sguardo si posò di nuovo su di lui mentre avanzava verso il banco alla sua destra, dove Malfoy e Nott la guardavano con uno sguardo interrogativo da dietro il loro calderone.

“Credo che dovremmo partire dalle basi.” concluse la donna con tono di costernazione. Poi rivolgendosi a Theodore Nott disse: “Signor Nott, cortesemente, potrebbe scambiarsi di posto col signor Potter?”

Un brusio parve scoppiare da ogni lato mentre tutti sembravano chiedersi cosa stesse succedendo. Harry dal canto suo era rimasto fulminato, non riusciva ancora a capire il motivo di quel cambio di posto….avrebbe dovuto preparare una pozione di quella difficoltà con…Malfoy?”

Anche dal canto suo, Harry poté vedere, Malfoy era diventato bianco dallo stupore ed aveva assunto un’espressione di puro disgusto, come se stesse trattando di uno scherzo di pessimo gusto, di quelli che non fanno ridere.

Dopo un istante che parve dilatarsi all’infinito nella mente di Harry, vide Nott alzarsi e venire lentamente verso il suo banco. Incrociando lo sguardo inorridito di Ron, Harry sospirò e si alzò a sua volta; non c’era niente che potesse fare per evitare quel supplizio. L’Umbridge era stata fin troppo chiara la sera prima durante il banchetto inaugurale: in quanto Osservatrice del Ministero aveva il potere di prendere provvedimenti per modificare tutti quei comportamenti che non riteneva essere in linea con la disciplina scolastica approvata dal Ministero col decreto didattico numero ventidue.

Passando di fianco a Nott i loro sguardi si incrociarono per un istante ed Harry vide un’espressione di beffarda curiosità stampata sul volto del Serpeverde anche se non riuscì a spiegarsene il motivo; mentre si avvicinava alla sua destinazione, poteva vedere chiaramente l’espressione di disprezzo che traspariva dal volto di Malfoy; anche lui sembrava inorridito dalla prospettiva di dover collaborare col suo più acerrimo rivale.

Una volta sedutosi accanto a lui, Harry poté sentire bene una fortissima elettricità statica; che cosa cercasse di fare la Umbridge con quella trovata era ancora un mistero ma non gli piaceva affatto. Tuttavia la donna in questione aveva ora stampato un sorriso compiaciuto sul volto quando riprese a parlare:

“Ottimo, Signor Potter, signor Malfoy. E ora tutti voi altri. Ogni Grifondoro scelga un compagno o una compagna Serpeverde per il compito di oggi. Coraggio, su…Cosa aspettate?!” disse con impazienza tornando verso la cattedra e sedendosi accanto ad un Piton con stampata in volto un’espressione imperscrutabile.

Un rumore di sedie ed un brusio pieno di fastidio ed impazienza si diffuse a macchia d’olio nell’aula; chiaramente nessuno aveva minimamente pensato ad uno sviluppo del genere della lezione. Ci vollero cinque minuti buoni prima che le coppie venissero formate e parecchi interventi di Madama Umbridge per richiamare gli studenti all’ordine e sbrogliare gli ultimi accoppiamenti.

Nel mezzo al brusio Harry sentì Malfoy dirgli a voce bassa con astio: “Non ti provare a rovinarmi la media in Pozioni, Sfregiato, o te la farò pagare!”

“Sai cosa me ne frega della tua media, Furetto!” rispose Harry guardandolo in cagnesco.

“Bene!” esclamò madama Umbridge ritornando a passo svelto verso la cattedra, guardando la classe con un evidente sguardo di soddisfazione. “Cominciate!” concluse sedendosi accanto a Piton e tirando fuori la sua copia della Gazzetta del Profeta.

Tra lo sconcerto generale Harry iniziò ad esaminare la lista degli ingredienti e a ricopiarli con calma sul proprio quaderno quando la voce di Malfoy lo costrinse a voltarsi in avanti; il giovane Serpeverde era già di ritorno dall’armadio con due piccoli piatti da bilancia in mano con sopra alcuni degli ingredienti necessari per la pozione:

“Se ti aspetti che prenda tutto io, ti sbagli di grosso Potter. A te la radice di elleboro la pietra di luna e le ali di scarabeo, muoviti” disse con uno sguardo acido.

Harry stava quasi per rispondergli ma con lo sguardo incrociò il viso di rospo dell’Umbridge che lo guardava con insolito interesse e decise di ricacciarsi gli insulti che gli salivano dallo stomaco giù in gola. Con uno sguardo furente si diresse all’armadio dove altri studenti stavano pesando e raccogliendo il necessario per preparare la pozione. Dopo qualche minuto Harry riuscì a raccogliere tutto il necessario su un piccolo vassoio e si diresse indietro alla sua postazione di lavoro; Malfoy stava già preparando la fiamma mentre ripassava con sguardo attento il procedimento che Harry aveva trascritto sul quaderno. Il suo sguardo si posò per un istante sul volto del giovane Serpeverde e prima che questi alzasse gli occhi, sentendo la vista di Harry su di sé, rimase colpito dall’osservare i lineamenti del ragazzo, era la prima volta in cui lo vedeva calmo, concentrato quasi….sereno.

In una frazione di un secondo tuttavia Malfoy, accorgendosi del ritorno di Harry verso il loro calderone, alzò lo sguardo e tutto ciò scomparve dal suo volto che riprese l’espressione di disgusto che il giovane Grifondoro conosceva fin troppo bene e che ricambiava sempre di buon grado.

“Bene, te la sei presa comoda Potter” disse guardandolo posare sul banco la seconda metà degli ingredienti.

“Perché non te li prendi da solo la prossima volta?!” rispose Harry con astio.

“Credimi Potter, non ci sarà una prossima volta. Fosse stato per me, non ci sarebbe nemmeno questa prima.” aggiunse Malfoy con uno sguardo di gelido distacco.

“Iniziamo!” tagliò corto Harry, riguardando gli appunti presi.

Proprio come Harry aveva immaginato, Piton non avrebbe potuto assegnare una pozione più complicata e insidiosa. Gli ingredienti dovevano essere aggiunti nel calderone nell'ordine e nella quantità esatti; l'intruglio doveva essere mescolato per un preciso numero di volte, prima in senso orario, poi antiorario; il calore della fiamma sul quale sobbolliva doveva essere abbassato esattamente al livello giusto per un determinato numero di minuti prima di aggiungere l'ingrediente finale.

Incredibilmente lui e Malfoy erano riusciti a non tagliarsi i polsi l’un l’altro nella prima mezz’ora di lavoro e questo poteva trattarsi già di un mezzo miracolo; seguendo le istruzioni Harry vide che era arrivato il momento di “aggiungere l’elleboro a filo, mescolando tre volte a destra e tre a sinistra, mantenendo il calore della fiamma stabile”.

“Bene Potter, ora mentre tu ti occupi della fiamma io aggiungo l’elleboro…” esordì Malfoy rileggendo le istruzioni.

Harry ne ebbe abbastanza del suo tono da “maestro di pozioni” e con uno sbuffo gli rispose: “Perché non ti occupi tu di regolare la fiamma e non lo fai aggiungere a me l’elleboro?!”

Malfoy lo guardò con sguardo duro e con un sibilo gli disse, cercando di tenere la voce bassa: “Perché se non te ne sei accorto io sono molto più bravo di te in Pozioni, Sfregiato. Se sbagli ad aggiungere lo sciroppo di elleboro rischiamo più danni della grandine…”

“E da quando tu saresti un asso delle pozioni, Malfoy? Forse solo perché Piton è l’insegnante?” gli rispose Harry furioso a voce un po’ troppo alta.

“Ci sono problemi signor Potter?” esordì l’Umbridge sollevando lo sguardo da dietro il giornale con un’espressione di sincero interesse.

“No, professoressa.” Rispose Harry con sguardo preoccupato.

Gli occhi della strega vagarono fino ad incrociare quelli di Malfoy che scosse il capo in segno di risposta. Soddisfatta riprese a leggere un articolo che a quanto pare trovava estremamente interessante.

“Basta Potter, o ci metterai nei guai tutti e due.” gli disse Malfoy con un sibilo scocciato.

Harry stava per rispondergli quando l’altro alzò gli occhi al cielo e con sguardo di ghiaccio gli disse prima che Harry potesse proferire parola:

“E va bene. Te la senti? D’accordo, lo controllo io il fuoco, bada a seguire alla lettera le istruzioni o ti mangio la testa e tutta l’aria vuota che ci si trova dentro.” concluse prendendo in mano l’attizzatoio e piegandosi verso la base del calderone.

Harry emise un sospiro profondo, cercando di scaricare tutta la tensione che stava accumulando “Dio quanto è difficile lavorare con Malfoy!” si disse mentalmente prima di prendere con una mano il lungo mestolo di legno e con l’altra il piccolo flacone dell’elleboro. Dopo qualche istante sentì il rumore regolare dell’attizzatoio e quindi, dopo aver riletto le istruzioni un’altra volta, Harry cominciò a versare molto lentamente lo sciroppo, mescolando lentamente in senso orario.

La pozione sembrò virare leggermente, assumendo un colore argenteo. Harry iniziò a girare lentamente in senso antiorario quando il suo sguardo venne attirato dalla sagoma di Malfoy inginocchiata alla base del calderone; aveva stampato sul volto la stessa espressione tranquilla di poco tempo prima. Harry notò anche che quel giorno non aveva messo gel sui suoi capelli che quindi avevano un volume quasi sconosciuto ai suoi occhi; così piegato poi poteva persino vedere dove la prima vertebra affiorava sulla sua pelle chiarissima poco sotto il colletto della camicia, ora leggermente allentato.

Fu un inaspettato gorgoglio a far uscire Harry da quella specie di trance; la pozione stava ribollendo all’interno del calderone e prima che il giovane Grifondoro potesse accorgersi del suo errore, iniziò ad attaccarsi si bordi del calderone fino a uscire in copiosi fiotti.

“Che diavolo stai combinando Potter?!” disse Malfoy tirandosi su di scatto e osservando la scena inorridito. “No!!! Non ha mischiato la pozione in senso antiorario, stupido pezzo di…”

Fu questione di un istante e tutta l’area della classe attorno a loro fu invasa da un liquido verdastro gorgogliante. Tutti si voltarono a guardarli mente i due cercarono di allontanarsi il più possibile dal loro calderone, non sapendo come rimediare al disastro.

Fu Piton che, vedendo la scena in lontananza, scattò su dalla sedia e si precipitò alla loro postazione, gelandoli entrambi con lo sguardo prima di tirare fuori la bacchetta:

“Venenum evanesco!”

Il liquido gorgogliante sparì di colpo come se non fosse mai esistito, lasciando i due ragazzi ai lati opposti del loro calderone con un’espressione di stupore stampata sui volti. Gli altri studenti dal canto loro stavano mormorando concitati; Harry vide chiaramente Pansy Parkinson confabulare con Theodore Nott mentre Hermione e Ron cercavano di incrociare invano lo sguardo di Harry.

“Cos’avete combinato?” disse Piton gelido con lo sguardo che vagava dall’uno all’altro.

“E’ stato Potter!” esordì subito Malfoy additando Harry con rabbia.

Harry non fece in tempo a ribattere che uno strano quanto insolito “Ehm, ehm…” risuonò nel sotterraneo facendo voltare tutti verso la sua proprietaria; madama Umbridge avanzava lentamente verso la scena con un’espressione di costernazione stampata sul volto.

“Mei cari ragazzi, così proprio non va.” Si fermo per un istante facendo un inchino verso Piton, basito che qualcuno avesse osato interromperlo.

“Non entrerò nel merito della valutazione di questo disastro ma posso suggerirle professore un adeguato compito per l’insufficiente prova che abbiamo visto?”

Senza spettare che Piton proferisse parola l’Umbridge continuò: “Che questi due ragazzi si ritrovino qui domani sera per ripetere la prova, fino ad ottenere un esito soddisfacente?” concluse con un sorriso mellifluo.

Piton sembrò valutare la questione per un istante. Harry tuttavia ne aveva avuto abbastanza: “Non è colpa mia madama Umbridge! E’…” ma fu bloccato dal severo sguardo del professore di pozioni che alzò di colpo la mano destra mentre la bocca gli si arricciò per un attimo.

“Sono d’accordo. Potter, Malfoy, presentatevi nel mio ufficio domani sera alle nove.” Poi voltandosi si accorse degli sguardi e dei mormorii degli altri studenti attorno a sé.

“Forse qualcuno vuole far loro compagnia?! Dovreste essere tutti quasi nel momento conclusivo, chiunque combinerà un pasticcio del genere, incorrerà molto di più che nel mio disappunto!” con queste parole si allontanò dal calderone vuoto di Harry e Draco per tornare dietro la cattedra. Il brusio cessò di colpo.

Harry non credeva alle proprie orecchie; lo sguardo assassino di Malfoy tuttavia lo riportò alla realtà: il giovane Serpeverde non proferì parola, dandogli la schiena e rimettendosi seduto al suo banco ma se gli occhi avessero potuto uccidere, Harry era sicuro che sarebbe stato già trafitto da mille lame.

Con l’animo pesante si avviò verso il suo banco, dove Ron cerò di incrociare il suo sguardo. Harry si fece sprofondare sulla sedia; non aveva voglia di parlare con nessuno in quel momento. Con gli occhi rivolti alle volte scure del sotterraneo pensò che se doveva giudicare quell’anno dalla prima lezione che aveva avuto, poteva senz’altro affermare che era iniziato veramente…ma veramente da schifo.

 

 

Note dell’autore. Ecco qua il secondo giorno di scuola visto da due prospettive diverse. Spero vi piaccia. Marietta Edgecombe, nella mia fiction sarà dello stesso anno di Luna. Il ruolo della Umbridge parte come semplice osservatore disciplinare, visto che nella mia continuity Silente è riuscito a trovare un valido candidato per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Il suo carattere sarà più subdolo del personaggio creato dalla Rowling anche se indubbiamente altrettanto negativo.

 

  
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