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Autore: CluClu    29/01/2018    0 recensioni
Rory viene rapito dagli Angeli Piangenti e portato in un'altra epoca, e poco dopo ad Amy accade lo stesso. Siamo nella New York del 1940. Lei si risveglia all'interno di un cimitero, ma Rory non è lì con lei. Dovrà cercarlo in una città e un tempo che non le appartengono.
[Post 7x05 di Doctor Who.]
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Amy Pond, River Song, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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7 cap rewind

[Scritto da Claudia Piazza, Valentina Onufrio e Sofia Zaccaria.]

13


Agosto 1941.
«E dai, Amy! Sbrigati o faremo tardi!» grida Rory.
«Arrivo, arrivo!» urla Amy dall’altra parte della casa.
«Non c’è bisogno di agghindarsi così. È solo un incontro con l’agente immobiliare.» dice e continua sottovoce, «L’ultimo spero.»
«Esatto dev’essere l’ultimo.» si impone Amy, che intanto ha raggiunto il marito d’avanti l’entrata di casa.
«Questo appartamento sta diventando troppo piccolo.» continua lei.
Arrivati in un quartiere poco fuori Manhattan, Rory ed Amy percorrono una strada piena di villette.
Vicino un grande albero li aspetta un signore alto e magro che indossa un completo grigio, degli occhiali e tiene nella mano destra una valigetta ventiquattr’ore di pelle.
I tre entrano in casa, restano lì per delle ore.
Escono dalla casa. Amy e Rory hanno un largo sorriso stampato sul volto.
«Arrivederci. E ancora congratulazioni per l’acquisto!» si congratula l’agente.
«Arrivederci.» saluta Amy.
Aspetta che l’uomo abbia percorso il vialetto e sia scomparso dalla vista per abbracciare euforicamente Rory.
Nei mesi successivi, Amy e Rory si dividono tra il lavoro, gli amici e l’arredare casa nuova.
Hanno portato con loro alcuni degli oggetti dell’appartamento di Rory come: stoviglie, arredi per la cucina, un tavolino in vetro per il salotto e qualche sedia.
La casa è molto accogliente, si estende in larghezza.
Salendo i tre gradini dell’ingresso, si entra da una porta in legno chiaro. Si arriva a un salotto dalle pareti rosse diviso in due parti dal piccolo atrio, da cui scendono delle scale che portano al piano superiore.
La prima parte, alla sinistra della casa, ha delle finestre grandi da cui è possibile vedere la strada, poi ci sono un divano rosa con dei cuscini verdi, una poltrona bianca e al centro un tavolino in legno. Leggermente più a destra, in un angolino c’è un tavolo da pranzo con quattro sedie.
Da qui si nota che una penisola bianca separa il salotto dalla cucina.
Questa ha le pareti gialle e gli arredamenti bianchi e grigi. A destra un muro, in cui ci sono tutti gli utensili, separa la cucina dal resto della casa.
Esattamente di fronte la penisola c’è una finestra sotto la quale un lavandino e gli elettrodomestici utili per la cucina.
Dalla finestra è possibile vedere il retro della casa, qui si estende un piccolo cortile raggiungibile da una piccola porta vicino il frigorifero. Rory ha deciso di trasformarlo in un giardino e Amy ha voluto aggiungere dei divanetti neri con cuscini bianchi.
La parte a destra dell’entrata, è la zona preferita di Amy: anche qui ci sono delle poltrone di color rosa salmone, ma la particolarità è la grande libreria nel muro di fronte, ancora un po’ vuota.
Una porta rossa separa questa stanza dallo studio di Amy. È un po’ piccolino, ma abbastanza capiente da contenere uno scrittoio con una sedia e diverse mensole con riviste, libri e una foto del loro matrimonio.
Al piano superiore poi vi sono un’ampia stanza da letto, un bagno in tinta azzurra e un’altra stanza che ancora i Williams non hanno arredato.

Novembre 1941.
Amy e Rory si sono trasferiti nella casa nuova da circa tre mesi.
È di nuovo inverno e alla radio passano le notizie della guerra del pacifico: l'America, che inizialmente si era dichiarata neutrale, adesso deve entrare in guerra per fronteggiare l'attacco giapponese nella base di Pearl Harbour.
Fuori il cielo è grigio e una pioggerellina sta iniziando a bagnare i vetri della cucina.
Quel pomeriggio, Amy è a casa insieme ad Alicia, stanno prendendo il thè, dopo che Amy ha fatto mostrato la casa nuova all’amica.
Rory, invece, è al lavoro. I suoi turni sono aumentati da quando ha deciso di continuare gli studi per poter diventare medico. A volte, è costretto a dormire in ospedale per poter seguire meglio alcune visite e i post operatorio dei pazienti.
Alicia sorseggia il suo thè caldo.
«Spero solo che questa guerra non arrivi anche qui da noi…» dice l’amica.
Amy, che proviene da un’altra epoca, sa già come si concluderà il conflitto, ma non può certo dire nulla alla sua amica. Così, annuisce e prende un sorso di the dalla tazzina in ceramica.
Alicia nota una cabina blu fatta di carta sul davanzale della finestra: è quella che ha costruito Rory il natale precedente.
«Com’è carina!» esclama.
«Sì, l’ha realizzata Rory.»
«Perché è blu?» domanda Alicia guardando l’oggetto, «Le cabine londinesi sono rosse, no?»
Amy non sa cosa rispondere, vorrebbe raccontare ad Alicia del Dottore, ma non può.
«Da piccola sognavo sempre un uomo con dei vestiti stropicciati che viaggiava in una cabina blu.» rivela una mezza verità, Amy.
Alicia la guarda stupita.
«Suvvia! Alicia non fare quella faccia! Anche tu avrai i tuoi sogni strani, no?» domanda Amy, cercando di sviare il discorso.
«Beh, in realtà i miei sogni non hanno nulla di strano: una casa, una famiglia, salute e felicità.»
«Io non parlo dei sogni che si fanno ad occhi aperti. Ma di quelli che facevi dormendo quando eri bambina.» aggiunge Amy.
Alicia fa una smorfia, per poi scoppiare a ridere.
«Non sei più ingannabile. Questo non va bene, Amelia.»
Amy solleva le spalle, sorridendo inconsapevolmente.
«Ho imparato a conoscerti.»
Prende un biscotto alle ciliegie dal tavolino e lo morde.
Le due ragazze finiscono il loro thè.
«Mi ha fatto piacere passare un pomeriggio insieme, lontane dalle scartoffie, ma devo proprio andare. Tobey sarà a casa a momenti!» dice Alicia davvero rammaricata.
«Quando vuoi possiamo rifarlo, se vuoi.» dice Amy accompagnandola alla porta.
«La prossima volta tu e Rory potreste venire a cena da noi. Che ne dici?»
«Certamente!» risponde Amy.
Le due amiche si salutano, poi Amy inizia a preparare la cena per il ritorno di Rory dal lavoro.

Maggio 1942.
Un altro anno si è concluso e nei mesi a seguire Rory passa più tempo in ospedale che a casa con Amy.
Amy è preoccupata per lui, ma sa che è desiderio di Rory diventare medico, quindi decide di non assillarlo con le sue preoccupazioni.
Una domenica pomeriggio Amy è a casa, non lavora. Quindi, ha portato con se del lavoro in più da sbrigare, non le piace restare con le mani in mano.
Si prepara una tazza di caffè, poi si reca nel suo studio, indossa gli occhiali regalatigli dal suo amico Thomas, e inizia a sfogliare delle carte.
D’un tratto sente un rumore nella serratura della porta, Amy guarda l’orologio che segna le 16:20.
“Non può essere Rory” pensa Amy.
«Amy, sono a casa!» urla Rory dall’ingresso.
Lei, immediatamente, si dirige da lui.
«Rory! È successo qualcosa? Come mai non sei in ospedale?» gli chiede sorpresa.
«Oggi mi hanno dato il permesso di andare via prima…»
Guarda Amy che indossa ancora gli occhiali da lettura.
«Stavi lavorando, vero?» aggiunge.
Amy si toglie gli occhiali e gli sorride.
«Non più, sono contenta che tu sia a casa.»
I due si recano in salotto, Rory si siede sul divano, Amy resta in piedi.
«Vuoi che ti prepari qualcosa?»
«No, Amy. Siediti qui accanto a me.»
Lei si siede accanto a suo marito. Lui le poggia il braccio attorno al collo, lei si rannicchia sul suo corpo. Mette la sua mano destra sul petto di Rory, sente il suo respiro, percepisce che qualcosa lo turba.
Si scosta da lui e lo guarda negli occhi.
«Rory, cos’è successo?»
Lui mette la mano in tasca ed estrae una lettera con sopra il timbro dell’ospedale, la porge ad Amy.
«Che cos’è?» mormora Amy in tono preoccupato.
Rory si alza dal divano e inizia a passeggiare su tutto il salone nervosamente.
«Vogliono che vada in Africa insieme ad alcuni colleghi medici e infermieri per aiutare i paesi disastrati dalla guerra.»
Amy resta a guardare la lettera, non l’ha ancora aperta, né l’aprirà. Non vuole leggere il contenuto, Rory ha già detto tutto ciò che serviva.
“Rory…In Africa? E per quanto tempo?” si domanda Amy.
Mille pensieri invadono la sua mente e tutti contemporaneamente.
“E se non dovesse più tornare?”.
Rory si risiede sul divano accanto a lei, Amy lo fissa, come se stesse guardando il vuoto.
«Amy?» la chiama, «Amy?»
«Io verrò con te.» annuncia impulsivamente lei.
«Amy, non puoi lasciare la redazione. I-io me la caverò, andrà tutto bene.» dice e aggiunge con il sorriso «Ti ho aspettata per duemila anni, ricordi? Supereremo anche questa.»
Gli occhi di Amy improvvisamente si riempiono di lacrime.
Amy abbraccia Rory, lo tiene stretto a sé. Le lacrime bagnano la camicia di lui all’altezza della spalla.
Le accarezza i capelli per consolarla, per confortarla, ma anche lui ha gli occhi lucidi.
«Andrà tutto bene.» mormora sottovoce, ma non si capisce se lo dice per consolare lei o se stesso.
  

Agosto 1942.
Rory è partito da due mesi e l’unico modo per restare in contatto con la sua Amy sono le lettere. Purtroppo il periodo non è dei migliori e per far recapitare le lettere passerà del tempo.
Amy, che è rimasta a Manhattan, si sommerge di lavoro, cerca ogni scusa per distrarsi e per non pensare ai pericoli che corre il marito.
Un pomeriggio sente degli schiamazzi in giardino, sono alcuni bambini che giocano serenamente.
“E se provassi a scrivere un nuovo libro?” pensa Amy. Si passa tra le mani il primo libro che ha pubblicato. Legge il suo nome stampato sopra e sorride. Prende i suoi occhiali da vista e inizia a battere le lettere sulla macchina da scrivere.
Era come se tutto fosse già nella sua testa da tempo, non impiega molto tempo a buttar giù le prime pagine.
Poi resasi conto dell’ora di cena, lascia il suo scrittoio, si toglie gli occhiali ed esce dalla stanza.
È sua abitudine aggiungere un posto a tavola anche per suo marito, sa che non tornerà in quei momenti serali, ma questo suo gesto la fa sentire più vicina a lui.
Giorno per giorno si domanda come potrebbe stare suo marito. Ogni giorno osserva la foto del loro matrimonio. Guarda la macchina da scrivere e le viene un’idea: scrivergli una lettera.
Senza pensare alle mille cose che potrebbe chiedergli, prende carta e penna dal suo studio, va in giardino e si siede in uno dei divani.
Lascia scorrere la mano sul foglio. L’inchiostro velocemente riempie la pagina bianca.
«Caro Rory, come stai? So che il periodo non è dei migliori, ma mi manchi. La casa è vuota senza di te. Sai, mi sto prendendo cura delle tue piante, alcuni fiori stanno germogliando. Io vorrei…»
Amy si blocca, prende un profondo respiro e ritorna a scrivere.
«Io vorrei solo averti qui, vorrei stringerti, vorrei parlarti, vorrei…»
Una lacrima scivola e bagna il foglio che tiene in mano, l’inchiostro inizia a colare e il foglio si rovina.
Amy, con violenza lo accartoccia e lo lancia lontano.
Seduta nel divano, Amy stringe le ginocchia a sé, si fa piccola. Ha la testa piegata in avanti e i suoi capelli lunghi e rossi le nascondono il volto in lacrime.
Amy non ha il tempo di asciugarsi il volto che qualcuno suona alla porta di casa.
“Chi sarà mai?” pensa.
Nel raggiungere la porta di casa, Amy attraversa la cucina, prende un tovagliolo e si asciuga gli occhi.
Suonano di nuovo il campanello, lei corre all’ingresso e guarda attraverso lo spioncino.
Non riconosce subito la persona che sta dietro la porta in legno, vede solo una chioma di capelli ricci e biondi.
Il cuore le inizia a battere fortissimo, sa che non può essere lei.
«Non può essere…» dice sottovoce.
Prende un respiro profondo e spalanca la porta.
River, sua figlia, sta adesso di fronte a lei che la osserva.
«Ciao madre» dice la donna bionda. E le sorride.
 

Amy guarda sua figlia, non crede ai suoi occhi.
«Ri...River, come può essere? Cos…» balbetta.
«Madre, calmati. Carina questa casetta.» dice con tono ironico.
Amy, ancora incredula, fa accomodare la figlia in salotto.
«Sì, è proprio bella questa casa.» dice River guardandosi intorno.
«Ah! Ho trovato questa per te, nella cassetta delle lettere.» dice ed estrae dalla tasca dei pantaloni una busta bianco sporco che riporta un timbro e un francobollo datato. La porge alla madre.
Amy fissa la busta, ma la voce di River la richiama alla realtà.
«Sei da sola?» domanda River. Nota che ha uno sguardo triste.
Troppe emozioni per Amy in un solo pomeriggio, la mancanza di Rory, l’arrivo di sua figlia, una lettera che potrebbe riportare qualunque cosa.
«La apriamo insieme.» afferma decisa River. Con gentilezza mette le mani sopra quelle della madre, che stringe la lettera.
Amy prende un respiro profondo.
«Rory è stato mandato in africa, non so quanto tempo resterà lì.» confessa alla figlia.
River stringe ancora le mani di Amy, la guarda, resta in silenzio.
«Siamo nel ’42. La guerra non finirà che tra tre anni.» aggiunge sconfitta Amy.
«Lui sa cavarsela.» dice River che cerca di rincuorarla, «E anche tu, sapevo che vi sareste ritrovati e così sarà anche dopo che la guerra sarà finita.»
Amy ricambia il suo sorriso, sposta il suo sguardo sulla busta e si convince ad aprirla.
Inizia a leggere:
«Cara Amy, sono qui da poche ore e non so quando potrai leggere questa lettera. Sai dal nostro camion, durante il tragitto per arrivare al campo, ho visto le piramidi in lontananza. Sembra affascinante l’Egitto visto da lì, penso che dovremmo venirci insieme, quando tutto questo sarà finito.
Ci hanno riferito che i bombardamenti non sono all’ordine del giorno, ma ho sentito dire dal comandante dei militari che se ne aspettano degli altri.
Adesso devo andare, hanno bisogno di me. Quest’esperienza sarà utile per il mio futuro da medico, quindi non preoccuparti, me la caverò.
E tu come stai? Ti raccomando, prenditi cura delle mie piante.
Con amore.
Il tuo Rory.»
«Sta bene.» pronunciano le labbra di Amy.
«Sì, hai visto?»
River le sorridendo e le stringe le spalle.
Amy, tranquillizzatasi, si ricorda le parole del Dottore poco prima che gli angeli la prendessero: “Stai creando un punto fisso del tempo. Non riuscirò mai più a rivederti”.
«Come hai fatto ad arrivare qui, River? Lui aveva detto…»
«Ho usato questo.»
River mostra il braccio ad Amy: indossa un bracciale di pelle marrone scuro, con un cofanetto piccolo. Lo apre.
«È un manipolatore del vortice del tempo. Permette dei viaggi temporali, ma può trasportare un solo corpo per volta.» spiega sua figlia, «Mi ci è voluto del tempo per trovarti, ma alla fine sono riuscita ad impostare le coordinate corrette.»
Amy la guarda, sta per aprire la bocca per dire qualcosa.
«So cosa stai pensando, lui non può venire.» la precede River. Si alza dal divano e inizia a camminare e gesticolare.
«Il manipolatore permette di venire qui solo per una volta...un’unica volta.»
«Dimmi che non lo hai lasciato da solo.»
Amy la ferma prendendola dal polso.
«Madre, sono trascorsi solo alcuni giorni da quando tu e Rory siete andati via.» dice sorpresa River.
Amy ha imparato a non stupirsi, i viaggi temporali sono sempre stati un argomento misterioso, inoltre sa che Rory è arrivato in quell’epoca due anni prima di lei, anche se gli Angeli l’hanno presa pochi attimi dopo di lui.
«Sì, il tempo scorre in maniera diversa qui.» mormora la rossa.
Amy racconta alla figlia di come hanno passato quegli anni e di come si è ricongiunta al marito.
«Madre, ti ricordi il libro che leggevate tu e il dottore quel giorno nel parco?» domanda River alla fine del racconto.
«Certo che me ne ricordo. Non lo dimenticherò mai.»
«Bene, perché devi pubblicarlo.»
Estrae dalla sua borsa dei fogli e li porge alla madre.
«Ma non prima dell’anno 1973. Dovrai conservarlo e solo allora potrai leggerne il contenuto.»
Amy prende i fogli senza domandare il motivo della richiesta della figlia.
Poi le due donne continuano a parlare.

  
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