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Autore: Enchalott    02/02/2018    4 recensioni
“Maledizione, donna! Io sono un Saiyan! Non aggiungere altro o…”.
Lui l’aveva fermata, ma la sua voce si era spezzata per la profonda commozione che quelle parole gli avevano cagionato ed era rimasto con gli occhi piantati su di lei: occhi neri come il fondo dell’inferno, vissuto suo malgrado in anima e corpo, ma risputato in faccia all’universo per rivalsa. Finché quel dannato nodo in gola non si era fatto seppellire dall’orgoglio. Aveva incrociato le braccia, aveva reso il suo sguardo il più freddo possibile e aveva affermato: “Quello che dici non ha senso per me”. Ma ne aveva, stradannazione, soprattutto da quando aveva incontrato lei.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’unguento medicamentoso aveva funzionato: Vegeta sentiva l’energia rifluire in lui, era riuscito a concentrare il ki, anche se le ferite non erano del tutto guarite e non era certo al pieno delle forze. Aveva ripreso gli allenamenti nella gravity room e, sebbene il dolore fisico fosse alle volte atroce, aveva deciso di non lasciarsi distrarre da quell’inezia. Ciò che, invece, lo distoglieva era il fatto che la ragazza terrestre tentasse di convincerlo a fermarsi, rimproverandolo continuamente per la sua incoscienza. Come osava parlargli a quel modo? Nessuno aveva mai avuto l’ardire di trattarlo come faceva lei!!
I suoi movimenti sferzavano l’aria senza tregua, incendiandola di energia, il sudore gli imperlava la fronte, le fasciature si scioglievano dal suo corpo, volteggiando a terra. Era al massimo della tensione e aveva ben chiaro il proprio obiettivo: diventare un super Saiyan ad ogni costo! Ma allora perché non ci riusciva? Scese a terra per riprendere fiato e si soffermò a riflettere. “Il super Saiyan è un guerriero che, anche al colmo della furia, possiede un cuore calmo e puro”. Così almeno raccontava la leggenda. Insomma, un controsenso. Sicuramente, Kakarott si era trasformato perché, per la prima volta in vita sua, era stato preda di un’ira accecante, dopo avere visto il suo migliore amico morire per mano di Freezer. Aveva mantenuto la quiete interiore, anzi era stato così stupido da pensare di poter risparmiare il suo nemico! Chi. Idiota! Ma allora che cosa significava realmente avere il cuore puro? A lui, che era il principe, che cosa mancava? La rabbia non era un problema. Probabilmente era troppo inquieto. Vegeta ripensò alle parole della ragazza terrestre: non siamo tuoi nemici… non sei solo… mi fido di te… La sua voce serena, che esprimeva una reale comprensione, non aveva ombra di commiserazione. Lei capiva e lui aveva sentito l’animo placarsi, era stato attraversato da… Maledizione! E poi le sue mani su di lui… Maledizione!! E lui si era perso e… Maledizione!!! Il cuore pulsava di nuovo come impazzito, mentre avrebbe dovuto concentrarsi, invece di farsi influenzare dalle sciocche preoccupazioni di quella donna insopportabile! Poco prima le aveva gridato contro che, se ci teneva alla pelle, avrebbe dovuto lasciarlo allenare in pace. Ma ce l’aveva con se stesso più che con lei, perché quella non era stata una minaccia, anche se ne aveva tutta l’aria. Vegeta espanse il ki e un bagliore argenteo si diffuse tutto intorno. “Devo liberarmi da qualsiasi pensiero che non sia quello di trasformarmi in super Saiyan o di sconfiggere in duello Kakarott! Non conta nient’altro” si ripromise.
Le luci rossastre della gravity room iniziarono a baluginare.
 
“Ehi, donna, dimmi! Ci tieni alla tua pellaccia? Allora chiudi quella bocca!!” Bulma uscì sul balcone con quella frase che le martellava in testa, alzando il viso verso la luna e le stelle infinite di quella notte. Continuava a pensare a Vegeta, che si allenava senza sosta dalla mattina e alla sua espressione carica di sfida: le aveva intimato di andarsene in un modo che l’aveva sconcertata. Nulla di strano nelle sue maniere, ma quella non le era sembrata un’intimidazione. Forse senso era un altro: se, invece avesse voluto dire che…
Una rumorosa deflagrazione la strappò di colpo alle riflessioni: il lampo di luce proveniente dalla direzione in cui era situata la gravity room le tolse il respiro. Tutte le luci si spensero contemporaneamente. “Oh, Kami, ti prego, no!”
Bulma schizzò fuori all’istante e attraversò il giardino a piedi scalzi, la corta maglietta che le sbatteva sulle gambe nude, senza vedere nulla; lacrime di angoscia le velavano gli occhi, il cuore impazzito per l’agitazione le palpitava nelle orecchie, facendole girare la testa. “Ti prego, no!”
La sagoma tondeggiante della gravity room comparve al suo posto, intatta, ma lei non si fermò, inciampando sulla scaletta, precipitandosi all’interno, nel buio rischiarato solo dal riflesso pallido della luna.
“Vegeta!!”
Lui le comparve difronte come un fantasma, facendola sobbalzare.
“Cos’è successo? Stai bene?” domandò con sollievo.
“È saltato qualcosa, ha fatto più rumore che altro” rispose lui indicando un punto in alto, da cui usciva un sottile filo di fumo.
“È uno dei quadri di controllo” affermò lei sollevata, arrestando il principio d’incendio e puntando una torcia verso il soffitto. Il pannello era aperto e i fili sfrigolavano ancora, emettendo piccole scintille. “Mio padre… accidenti alla sua distrazione! Non ha isolato bene quella zona e quando la tua energia l’ha raggiunta, è andato tutto in corto”.
Chi” ringhiò lui sdegnato “E vi definite i migliori scienziati del pianeta!”
Bulma sospirò, vincendo la tentazione di tirargli la torcia in testa: “Domani me ne occuperò personalmente, ora è troppo buio per un lavoro del genere”.
“Che cosa?! Domani?! Ho già perso fin troppo tempo con tutte queste sciocchezze!!”.
“Ehi, dico! È da questa mattina che sei chiuso qui dentro! Le tue ferite non sono ancora rimarginate! Non ti farebbe male prenderti qualche ora di pausa!”.
“Ti ho già avvertita, donna!” il suo tono si fece minaccioso “Non dirmi quello che devo fare, non lo accetto! Come e quanto mi alleno è affar mio! Non t’impicciare!”.
“Ah, un bel ringraziamento per chi si preoccupa…”
“L’unica cosa di cui ti devi preoccupare è di prendere in mano quello che ti serve per riparare immediatamente questa dannata capsula! Sono stato abbastanza chiaro?”.
L’inquietudine che aveva impregnato il cuore di Bulma si trasformò in stizza: “Credi forse che io sia qui a disposizione, Vostra Altezza?” esclamò “Se hai così tanta fretta, puoi arrangiarti da solo!”
“Che cosa?! Attenta a come parli, donna!!”
“Credi forse che io abbia paura di te?!” gridò Bulma, perdendo le staffe.
No che non ne aveva, accidenti a lei! La cosa risultava quasi un oltraggio. Vegeta la guardò con una calma glaciale più spaventosa dell’ira, fermandosi a un passo da lei: “Se non ce l’hai” sibilò appoggiandole indice e medio congiunti sulla fronte “È solo perché non hai provato sulla tua pelle cosa può fare il principe dei Saiyan”.
Lui non si mosse. Bulma trattenne il fiato, temendo di avere incoscientemente passato il limite, ma rifiutò di mostrarsi spaventata e continuò a guardarlo con altrettanto orgoglio.
“I Saiyan! Bella razza di ingrati presuntuosi, quella cui appartieni!”
“Non sei nella posizione di offendere i Saiyan, credimi donna!” sogghignò lui.
“Hai ragione, mi sono espressa male. Anche Goku è un Saiyan, ma non ha nulla a che spartire con la tua arroganza e la tua presunzione!”
“Non una parola in più!!” la pressione delle dita su di lei diminuì.
“Paura di non reggere il confronto?”
Vegeta si irrigidì e abbassò il braccio.
“Goku mostrerebbe certamente gratitudine per chi si prende cura di lui! Mi ha aiutata tante volte, è sempre stato gentile con me! Ho fatto male a non chiedere a lui di venirsi ad addestrare qui!”
Goku! Vegeta indietreggiò di un passo, fremendo in tutto il corpo: ma non era la collera dettata dalle parole che gli erano appena state sbattute in faccia. Pareva che un mostruoso artiglio lo tenesse alla gola. Qualcosa iniziò a ribollire nel profondo. Qualcosa che faceva male.
Bulma non fece caso alla sua espressione e continuò implacabile.
“Lo conosco da una vita, è un uomo eccezionale! Chichi è proprio una donna fortunata! Avrei dovuto pensarci prima che la incontrasse!”
Quel dolore era insopportabile, insopportabile...
“Non c’è nessuno come lui, anche quando combatte, non perde mai la generosità… difende gli altri per affetto, per amicizia…”
Fa male… fa male… fermati, ti prego…
“Sono certa che ci salverà anche questa volta. Il nostro futuro è nelle sue mani. Io ho fiducia in lui!”
Il vaso traboccò. Vegeta esplose in un urlo terribile: “Basta! Non dirlo mai più! Non dire più nulla!! Nullaaaa! Aaaaaaah!!!”
Il grido era quello del suo intero essere. Qualcosa dentro di lui si spezzò, lacerandogli l’anima come mai era accaduto. Una sofferenza sconosciuta gli si riversò nel cuore come un fiume in piena, rompendo gli argini, sommergendolo, sferzandolo senza pietà. Dolore, tristezza e rabbia si attorcigliarono nel profondo, fino a mozzargli il respiro, velandogli la vista, devastandolo senza pietà. Un’energia potentissima si sprigionò da quella ferita invisibile ed eruppe all’esterno, circondandolo di un’aura abbagliante. Le bende sul suo corpo si incenerirono, gli oblò di vetro della gravity room esplosero, polverizzandosi e l’onda d’urto sbalzò all’indietro Bulma, che si accasciò al fondo della capsula, frastornata dall’impatto.
Vegeta, stentando a credere a quanto stava accadendo, si girò ansando verso la parete metallica e vide nell’immagine riflessa i capelli divenire dorati, gli occhi farsi verdi come l’acqua; percepì una potenza straordinaria nel fisico snello e muscoloso, riguadagnando a fatica il controllo del suo ki, che si riverberava tutt’intorno in portentose onde color oro. Eccolo, l’essere più potente dell’universo! Il principe contemplò quella straordinaria metamorfosi solo per un attimo: non era semplicemente una sensazione di potere. Nell’istante stesso in cui si era trasformato, aveva compreso il significato della leggenda del super Saiyan: Kakarott, era stato al colmo di una collera devastante… ma solo perché aveva assistito alla morte dell’amico, che amava come un fratello, e il suo cuore, pur rimanendo saldo, era andato in pezzi. Ecco la chiave. Non si può diventare super Saiyan, se non si provano anche amore e dolore, oltre alla rabbia. Non lo avrebbe mai creduto. Non avrebbe mai creduto che potesse succedere a lui. Percepiva ciò che l’aveva portato al quel punto. Sapeva cos’era. Sapeva perché. “E va bene!” rimuginò tra sé e sé, ancora preda di quello sconvolgimento interiore. “Lo accetto”.
 
Bulma si riscosse con un gemito, la testa tra le mani che pesava come un macigno, abbacinata dalla luce accecante che pervadeva l’ambiente: “Oh, Kami! Sono viva o morta?”
Vegeta, allarmato, posò un ginocchio a terra, al suo fianco: “Non era mia intenzione… io non mi sono reso conto che stavo per trasformarmi…”.
“Lo sapevo, sono morta!” borbottò la ragazza ancora stordita “Se Vegeta si sta scusando, non posso certo essere viva!” aggiunse strizzando gli occhi.
Il principe fece rientrare il suo ki e lei contemplò trasognata il verde luminoso, irreale di quelli di lui e i suoi capelli biondi girati all’insù: “Ci sei riuscito!”
I suoi occhi continuarono a brillare anche quando tornarono neri e riassunse il suo aspetto naturale: “Io ti ringrazio, Bulma” aggiunse, prendendole la mano e tenendola posata tra le sue, in un gesto che, per i Saiyan, indicava il massimo della riconoscenza.
La ragazza trattenne il respiro, scrutando il suo viso in cerca di una risposta.
“Mi hai ringraziato e chiamato per nome… se non mi dai una prova che non siamo due fantasmi, divento matta!”.
“I fantasmi non sanguinano”.
“Oh, Kami!” esclamò lei, notando che ferita sul fianco di Vegeta si era riaperta e che lei stessa aveva dei graffi sulle braccia, causati dalle schegge di vetro. Si fece seria: “Mi… mi dispiace, non avrei mai dovuto trattarti così, mi sento così in colpa! Non avrei dovuto farti arrabbiare a quel modo… beh, ecco… almeno è servito a farti trasformare in super Saiyan!”.
“Mmh” fece Vegeta socchiudendo gli occhi con un indecifrabile sorriso “Non funziona proprio così”.
“Oh…”
Bulma era sempre più sorpresa da quell’atteggiamento inverosimilmente pacato: “Comunque, ti devo delle scuse. In realtà, sono felice che tu sia diventato super Saiyan come desideravi! Non avrei dovuto dire quelle cattiverie, non le penso affatto, ma vedi… ho i nervi a fior di pelle, il futuro che ci attende mi spaventa da morire. Credo che il coraggio non mi basti e allora mi affido al tuo, pur sapendo che non è giusto che tu vada incontro a un pericolo così terribile, mentre io non posso fare nulla. Alle volte vorrei possedere anch’io la forza di voi Saiyan!”.
Vegeta la ascoltava e ogni sua parola gli scendeva dentro come acqua pura. Il suo sangue scorreva veloce, ribollendo come lava, ma si sentiva parimenti pervaso da una profonda quiete. “Non devi avere paura, te lo ripeto…se ci tieni alla Terra e a tutto il resto, lasciami allenare. Io combatterò e per quei cyborg non ci sarà speranza alcuna!”
Era vero, allora! Vegeta, a suo modo, le aveva detto che non si sarebbe tirato indietro e che, pertanto, aveva bisogno di concentrarsi sul suo obiettivo.
“Dobbiamo rifasciare quel taglio o…”
“Non è corretto dire che non puoi fare nulla… io ti devo molto” continuò il principe, ignorando il filo di sangue che gli sgorgava dal fianco.
La ragazza gli sorrise: tutte le sue difese si dissolsero, avvertì la debolezza causata dalle ferite, dall’estenuante allenamento cui si era sottoposto, dalla trasformazione, dal fuoco che gli ardeva dentro. “Non così… non qui, non per terra in mezzo a questa desolazione di vetri e frantumi…” si impose Vegeta.
Si alzò in piedi, trascinandola su con sé, levandosi in volo con le ultime scintille residue di energia, portandola tra le braccia attraverso lo squarcio aperto nel soffitto della gravity room, mentre lei si aggrappava alla stoffa strappata dei suoi abiti da combattimento. Scese poco in là, perché di più non avrebbe potuto reggere, posandola a terra. La guardò intensamente e trovò nei suoi occhi quello che stava cercando.
Le mani scivolarono sulla sua vita sottile, poi sulla sua schiena, tra i suoi capelli, con lei che ricambiava quell’abbraccio, stringendolo forte, macchiandosi di sangue, chiamandolo per nome...
Posò le labbra sulle sue e la baciò. Bulma chiuse gli occhi. L’intero universo sparì. Il tempo allentò i suoi anelli in quel contatto, che era un inizio, che era una promessa, che era amore puro, che lui voleva, riceveva, restituiva.
La luce della luna pioveva su di loro, unica testimone di quel legame indissolubile, inconsapevole scommessa per il futuro.
 
“Vegeta…” il suo nome in un sospiro sul suo viso “Non mi lasciare…”
“Hai il mio giuramento” e poi poche parole in lingua saiyan, la fronte contro quella di lei, le dita intrecciate alle sue in quell’abbraccio, appoggiate sul cuore. Un cuore placato e purificato per amore.
 
   
 
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