I’m Not A Fan Of Anything/Anyone. It’s Everyone/Everything That Should
Be My Fan.
12.
«Merda.
Dove diavolo è andato a cacciarsi il mio accendino?» borbottò Amanda,
frugandosi in tutte le tasche del giubbetto, con una sigaretta ancora spenta
tra le labbra.
Martin,
che le sedeva di fianco sul bordo del terrapieno dove si erano fermati a
godersi un tramonto particolarmente bello, sporse il braccio di lato porgendole
tra le dita un accendino.
«Mhmm…
no, grazie.» rifiutò gentilmente Amanda, alzandosi in piedi con aria
imbronciata e determinata. «Voglio il mio.»
Ci
teneva particolarmente a quell’accendino. Lo aveva trovato un giorno Vogel in
una discarica, e non appena lei lo aveva visto innamorandosene gliel’aveva
regalato. Era uno di quegli accendini squadrati che si accendevano
automaticamente aprendo il coperchio, colorato di nero e viola con un disegno
arabescato in oro; e lei lo ricaricava sempre, cosa che non si era mai presa il
disturbo di fare prima con gli accendini.
Si
stava dirigendo verso il portellone aperto del furgone parcheggiato lì a pochi
metri da loro, con l’intento di proseguire la ricerca al suo interno, quando
udì Gripps dire «Fumare non fa bene.»
Si
fermò e si voltò su se stessa, rivolgendogli uno
sguardo perplesso.
«Sì.
Magari dovresti smettere. Forse.» aggiunse Cross, più innervosito ed esitante.
Amanda
inarcò un sopracciglio, guardandoli come se stesse loro chiedendo se dicevano
sul serio.
Cross
distolse lo sguardo con aria singolarmente colpevole.
Lei
aggrottò un poco la fronte, senza capire. Ma decise di rimandare un eventuale
tentativo di capire che cosa fosse loro preso tutto d’un tratto, e riprese a
marciare verso il furgone.
Trovare
qualcosa in particolare all’interno del furgone, a meno che non fosse qualcosa
di così grande che era impossibile non risaltasse in mezzo al caos di oggetti
di ogni specie, era sempre una notevole impresa.
Ma
diavolo, quell’accendino le piaceva sul serio!
Amanda
iniziò a frugare in mezzo al di tutto e di più senza problemi e con fare
abituato.
Fu
così che di colpo, spostando diversi oggetti che sembravano essere stati
particolarmente ammucchiati in un angolo, si ritrovò improvvisamente di fronte
qualcosa che non solo non aveva mai visto prima lì dentro, ma che era
particolarmente strano a vedersi.
Si
trattava di un sacco dalla robusta costituzione forse di iuta, strettamente
chiuso con una corda, grande pressappoco la metà di lei. Ma forse la cosa più
singolare d’esso era la scritta che recava tracciata su un lato con della
vernice spray nera, e che diceva: ‘non aprire. Segretissimo.’. A giudicare
dalla grafia stentata, e soprattutto dalla scelta delle parole, sembrava
qualcosa di scritto da Vogel.
Amanda
corrugò la fronte e lo fissò per un poco, mettendosi seduta a gambe incrociate
davanti ad esso, come per prendersi un momento per riflettere.
Dopo
un poco sentì gli sguardi addosso e girò la testa. Gripps,
Vogel e Cross se ne stavano affacciati al portellone aperto, spiando dentro
solo sporgendo la testa; e a giudicare dalle nuvolette di fumo, Martin doveva essere
fermo in piedi giusto dietro di loro.
«Che
cos’è questo?» domandò Amanda, incuriosita e vagamente sospettosa.
«Questo
cosa?» scattò subito Cross, nervosamente.
Amanda
inarcò un sopracciglio.
«Io
non ne ho idea…» disse Gripps, con fare serio,
scuotendo appena la testa «Ma a giudicare dalla scritta, credo che sarebbe
meglio non aprirlo.»
«Sì!
Sono d’accordo!» disse subito Vogel, annuendo fervidamente, con aria ancora più
colpevole degli altri.
Amanda
inarcò anche l’altro sopracciglio e li fissò per un poco in silenzio con aria
attentamente valutante, incrociando le braccia sul petto, la sigaretta ancora
spenta che le pendeva da un angolo delle labbra.
«Hey, ossigenato.» interpellò infine.
«Che
succede, batterista?» rispose quietamente Martin, ancora non visibile a parte
le nuvolette di fumo di sigaretta.
«Qualcuno
sa che cosa contiene questo sacco?» domandò Amanda, prima di pensarci meglio e
specificare «Chiunque di noi, intendo. E intendo giusto per sapere se non
abbiamo a bordo un sacco che nessuno ha idea che cosa contenga.»
Martin
si prese qualche istante prima di rispondere. Gli altri tre continuavano a
scambiarsi sguardi innervositi.
«Sono
sicuro di sì.» disse infine Martin, volutamente vago.
Amanda
rimase ancora per un poco a studiare le loro facce con un che di insospettito e
comunque divertito. Alla fine alzò le spalle e decise di essersi stancata.
«Okay, se lo dite voi…» risolse, alzandosi in piedi e spazzandosi
distrattamente i pantaloni all’altezza delle ginocchia.
Dopo
aver frugato per un’ora in tutto il furgone, Vogel scapicollò da lei stringendo
vittoriosamente in una mano il suo accendino ritrovato.
Nei
giorni successivi, Gripps le cucì nell’interno di una
delle tasche del giubbetto un porta-sky-pass con il filo elastico rientrante –
trovato in giro da Cross – a cui assicurare il suo accendino preferito per non
perderlo più.
Amanda
ebbe occasione di scoprire il segretissimo contenuto di quel sacco qualche
giorno più tardi, quando Martin fermò il furgone e lei si risvegliò dal
dormiveglia solo per scoprire che erano a Seattle.
Per
un momento se ne stupì. Era pur vero che era qualche settimana che non passava
a salutare gli altri, ma di solito Martin guidava fino a lì solo ed esattamente
quando lei era nello stato d’animo di farci un salto, anche se non c’era mai
bisogno di dirlo.
Amanda
non si preoccupò troppo di quella stranezza, tuttavia, e balzò spensieratamente
giù dal furgone scoprendo che Martin si era fermato davanti a casa di Farah.
Da
quando villa Spring era andata rasa al suolo dalla CIA, Farah
si era stabilita in un semplice appartamento in un condominio come un altro,
strategicamente scelto per la sua posizione non troppo lontana né dal Ridgley né dall’ufficio della loro agenzia investigativa,
in modo da potersi precipitare verso l’uno o l’altro a seconda di quale
semi-catastrofe voluta dall’universo stesse capitando loro durante uno dei loro
casi.
Amanda
ebbe cura di controllare, consultando l’illuminazione del giorno e la posizione
del sole ad occhio, che fosse un orario non troppo presto della mattina
(escludendo automaticamente che fosse piena notte), prima di suonare il
campanello. Non che ci si potesse sempre aspettare che Dirk,
Farah e Todd fossero sintonizzati con orari
umanamente standard, visto il ritmo a cui li costringevano i loro casi di
solito, ma almeno Amanda ci provava a fare in modo di non svegliarli alle ore
più improbabili dell’alba o della notte con le sue visite improvvisate.
Con
sua sorpresa, Farah le aprì la porta quasi subito –
persino eccessivamente prontamente per essere Farah,
che era sempre almeno un poco più della media sul chi va là di suo – e la
salutò con aria meno sorpresa del solito.
«Amanda!
Che piacere vederti.»
Amanda
inclinò appena la testa di lato, studiandola piuttosto divertita. «Ciao. Mi
stavi aspettando?» chiese sorridendo.
Farah
arrossì come se fosse stata scoperta, e abbassò lo sguardo. «No. Certo che no. Hem… non avevi detto che saresti passata oggi, giusto?»
Quello
era ancora più strano. A volte Amanda li avvertiva che sarebbe passata a trovarli
nei giorni a seguire, quando le capitava di saperlo e di trovare un telefono pubblico
e di avere qualche monetina in tasca. Ma di sicuro Farah
non dimenticava mai se glielo aveva preannunciato. Anche Dirk
e Todd lo dimenticavano raramente, ma considerati i rocamboleschi eventi dei
loro casi a volte erano un po’ troppo presi per non ricordarsene esattamente
quando se la ritrovavano davanti.
«Non
direi…» sorrise Amanda divertita, gustandosi il lecca-lecca che aveva in bocca.
Da qualche tempo gli altri del Trio Chiassoso le regalavano lecca-lecca per
cercare di farla smettere di fumare. Non che ci fossero ancora riusciti del
tutto, o che le facessero altre pressioni, o che gliel’avessero detto
esplicitamente (come se ce ne fosse bisogno).
Farah si
impegnò ad annuire. Sembrava ancora particolarmente imbarazzata e innervosita,
ma Amanda la conosceva abbastanza da sapere che potevano esserci decine di
motivi diversi per quello.
«Vuoi
entrare o…?» la invitò Farah, aprendo la porta.
Amanda
alzò un sopracciglio incuriosita «O…?»
«Ti…
andrebbe per caso una corsa?» propose Farah.
Amanda
sorrise raggiante. «Eccome!»
«Okay.»
annuì Farah. Sembrava ancora relativamente
imbarazzata, ma annuì e le sorrise spontaneamente. «E… nemmeno stavolta vuoi
provare a fare footing con una tuta o scarpe da ginnastica…?» offrì, studiando
la sua solita tenuta di jeans robusti, maglietta, giubbetto punk e anfibi
pesanti.
«Nah. Va bene come al solito.» rifiutò Amanda
tranquillamente.
«Okay…
allora credo che possiamo andare…» disse Farah, annuendo
di nuovo e uscendo dalla porta.
Solo
allora Amanda realizzò che Farah era già vestita per
fare footing. Ma decise di soprassedere. Dopotutto, Farah
andava a fare footing praticamente tutti i giorni – posto che qualche loro caso
olistico non le avesse completamente sconvolto se non occupato gran parte del
giorno e della notte, e lei doveva essere arrivata per caso proprio mentre
stava uscendo.
Il
vecchio furgone nero era già ripartito, senza sprecarsi in saluti come se fosse
un’inutile vezzo borghese. Amanda ci era abituata e non ci trovava nulla da
ridire. In ogni caso non appena si reincrociavano gli
altri la salutavano calorosamente – ognuno a suo modo – come se non si
vedessero da un mese, che fossero in realtà passate poche ore o un giorno o
due.
Amanda
si sfilò giusto il giubbotto e se lo legò attorno alla vita: quella era la sua
tenuta da corsa, anche se Farah continuava a trovarla
incredibile, a metà in un modo incredulo e a metà in modo ammirato che qualcuno
potesse riuscire a fare footing con abiti tanto inadatti.
E
iniziarono a correre.
Dopo
un poco, Farah buttò lì, con fare tanto volutamente
casuale da sembrare davvero sospetto «Che ne dici se andiamo fino al Ridgley?». E subito aggiunse «Così puoi salutare anche gli
altri.»
Amanda
la fissò, ma trattenne altri commenti e domande, limitandosi ad un «Okay.
Perché no?»
Amanda
e Farah stavano riprendendo fiato e facendo un po’ di
stretching finale fuori dal Ridgley.
Amanda
sorseggiò un po’ dell’acqua dalla borraccia di Farah
e studiò il modo in cui l’altra sembrava ancora relativamente nervosa e
imbarazzata per qualcosa.
Sì,
decise infine, c’era decisamente qualcosa nell’aria.
«Come
va il caso di cui vi state occupando?» si decise infine a domandare Amanda.
«Humm… abbastanza bene. Abbiamo appena iniziato a… farci
un’idea ma… penso che potremmo cavarcela.» riportò Farah,
con la sua ragionevole prudenza in proposito.
Amanda
sogghignò un poco tra sé e sé. «Questo significa che Dirk
e Todd sono già riusciti a imbattersi in una grossa serie di eventi improbabili,
vero?»
Farah
corrugò riflessivamente la fronte, e infine annuì. «Vero.» confermò, sorridendo
appena tra sé e sé.
Amanda
escluse che la particolare stranezza dell’altra fosse dovuta al caso che
stavano seguendo. Dopotutto, persino Farah e il suo bagaglio
di ansie e insicurezze si erano abituati ai loro casi. Per quanto ci si potesse
abituare ad essi, perlomeno.
«E
quei due sono diventati ancora più strani e ingestibili, da quando stanno
assieme?» domandò ancora Amanda.
Farah la
fissò piuttosto confusa. «Da quando… cosa?» domandò, perplessa.
«Uops…» fece Amanda, con una smorfia più divertita che
colpevole.
Farah
spalancò gli occhi come se avesse infine interpretato correttamente le sue
parole. «Con ‘stare insieme’ intendi… proprio stare insieme?» chiese comunque,
con il suo tono impegnato di quando cercava di capire esattamente se ci si
stava capendo davvero, e che probabilmente usava assai spesso soprattutto con i
due in oggetto.
«Mhm-mhm.» annuì Amanda pacificamente, attorno al
lecca-lecca che si era tratta dalla tasca del giubbetto e si era ricacciata in
bocca.
Farah
sbatté le palpebre, fissando nel vuoto come cercando di capacitarsi di
qualcosa. «Oh.» disse solo infine.
Amanda
sorrise divertita, guardandola. «Oh?» ripeté.
«Beh…
questo potrebbe spiegare alcune cose… a ripensarci ora…» ragionò lentamente e
circospettosamente Farah.
Amanda
ridacchiò. «Non sono sicura di volerle sapere… »
scherzò «Ho come l’impressione che quei due siano terribilmente… smielosi.»
Farah
inarcò un sopracciglio con una piccola smorfia incerta. «Più che altro direi…
ancora più strani del solito…»
«Il
che è tutto dire.» completò Amanda con sicurezza, annuendo saputamente.
Farah
rise. Amanda si rese conto che Farah non rideva
spesso, o almeno, lei non l’aveva mai sentita ridere molto, o così apertamente
e sinceramente, e si ritrovò a pensare che fosse una bella risata.
Tuttavia,
improvvisamente un altro suono attirò la sua attenzione. Un suono per lei
inconfondibile che si stava avvicinando.
Si
voltò subito a guardare il furgone nero del Trio Chiassoso che stava girando
l’angolo della strada, e lo seguì con lo sguardo sorpreso mentre si avvicinava
a loro e si accostava davanti al Ridgley.
«Che
cosa ci fanno già qui?» si chiese Amanda ad alta voce.
«Non
ne ho idea…» disse Farah. Ma qualcosa nel suo tono,
qualcosa di segretamente divertito e complice, indusse Amanda a guardarla
stupita.
«Batterista…»
disse Martin a mo’ di saluto, scendendo dal furgone. «Questo è per te.» e le
lanciò il segretissimo sacco di iuta che lei aveva trovato per caso settimane
prima dentro il furgone.
Amanda
lo afferrò al volo di riflesso, troppo sorpresa ancora per reagire in altro
modo.
Gli
altri tre si erano scaravoltati fuori dal portellone
laterale del furgone e la stavano fissando pieni di aspettativa.
Qualcuno
sbuffò sonoramente in protesta, facendola voltare su se
stessa.
«Questo
è veramente un modo inelegante di dare un regalo.» protestò Dirk,
fermo in piedi in cima agli scalini dell’ingresso del Ridgley,
con un Todd sorridente fermo di fianco a lui che reggeva in mano una busta.
Amanda
finì per voltarsi di nuovo a guardare Farah, solo per
scoprire che questa le stava sorridendo luminosamente e porgendo un piccolo
pacchettino avvolto in una carta da regalo e con in cima un fiocchetto.
«Hem… buon compleanno, Amanda.» le disse.
Amanda
spalancò gli occhi, ora del tutto incredula.
«Sorpresa!!»
esclamò celebrativamente Dirk,
gettando in aria le braccia.
Vogel
iniziò a saltellare intorno a loro canticchiando ‘tanti auguri a te’, inventandosi le parole nei punti dove non le ricordava
affatto, mentre Cross e Gripps tentavano di intonare
la canzoncina un po’ più correttamente, con aria così seriamente impegnata da
sembrare una singolare versione di un coro natalizio, e con Gripps
che rifilava piccole manate sulla nuca di Cross ogni volta che questo sbagliava
colossalmente le parole. Martin sogghignava largamente.
Amanda
abbassò lo sguardo per un momento sul grosso sacco di iuta che ancora teneva
tra le braccia e… sì, evidentemente doveva essere una serie di regali per lei
da parte del Trio Chiassoso.
Scoppiò
a ridere di gusto, estremamente divertita. La sua risata risuonò cristallina
per metà strada almeno.
«Ancora
non capisco…» biascicò Amanda, gesticolando piuttosto pericolosamente con la
mano che impugnava l’ennesima lattina di birra mezza vuota.
«Hum… che cosa?» domandò gentilmente Farah,
abbandonata a sedere di fianco a lei sul tetto del Ridgley
e con testa e schiena appoggiate pesantemente contro il muro della copertura
delle scale che portavano fino a lì, e che aveva bevuto probabilmente almeno
quanto lei, corrugando la fronte per cercare di concentrarsi comunque meglio.
Amanda
gesticolò distrattamente verso gli altri del Trio Chiassoso che stavano
complessivamente e disordinatamente sparsi per il tetto, tracannando altra
birra e/o improvvisando danze selvagge sulla musica dello stereo che si erano
portati fino a lì, o accendendo la miccia di qualsiasi cosa tra fuochi
artificiali e petardi e altro che si erano procurati facendo man bassa in un
magazzino pirotecnico qualche tempo prima, e che avevano tenuto da parte in
attesa della giusta occasione.
«Vi
siete tutti organizzati… cioè… voi! Con loro! Per… organizzare tutto
questo?» riuscì infine a esprimere nonostante la leggera sbronza.
«Hummm…» mugugnò Farah tra sé e
sé, immergendosi in un altro sforzo di concentrazione attraverso i fumi
dell’alcool. «Sì… qualcosa del genere.» annuì infine, cercando di mettersi un
po’ più dritta nella sua posizione seduta, cosa che stava continuando a fare di
tanto in tanto, visto che continuava a scivolare un po’ più giù.
Amanda
la guardò strabuzzando gli occhi. «Come??»
Farah
cercò nuovamente di concentrarsi. «Principalmente… Una delle ultime volte che
sei passata di qui… mentre stavi chiacchierando con Dirk
ho… proposto la cosa a Martin.» disse infine.
Amanda
continuò a fissarla incredula, spalancando anche un poco la bocca. «Davvero??»
«Hummm… sì.» confermò Farah,
semplicemente annuendo.
Amanda
le sorrise luminosamente. «Quindi è stato tutto un tuo piano…?» chiese
lentamente, come se stesse riflettendo su qualcosa in particolare, ponderando
attentamente.
Farah la
spiò di sbieco, stringendosi un poco nelle spalle, e occhieggiandola con un che
di incerto e imbarazzato. «Credo di… Hum… Sì… sì.»
ammise infine.
Amanda
ridacchiò.
Poi
si sporse e le piantò un bacio su una guancia.
Farah si
irrigidì e arrossì.
«Todd!»
gridò Dirk, volandogli praticamente addosso di peso nella
sua foga agitata.
«Off…!»
borbottò Todd, cercando di recuperare l’equilibrio e di evitare di cadere o di
rovesciare troppa birra, nonostante il fatto che Dirk
stesse cercando di aggrapparsi confusamente al suo braccio o alla sua giacca o
alla sua maglia glielo stesse rendendo particolarmente difficile.
«Che
cosa succede??» domandò subito Todd, relativamente allarmato. Dopotutto, con il
Trio Chiassoso al completo riunito sul tetto del suo palazzo, poteva essere
qualsiasi cosa. Senza cioè contare quello che normalmente succedeva loro di
assurdo su una base quotidiana a causa della connessione particolare di Dirk con l’universo.
Per
buona misura, si guardò intorno per tutto il tetto, in generale cercando
automaticamente la più vicina fonte di minaccia, e nello specifico cercando di
capire se si trattasse di quattro punk selvaggi assorbi-energia e pieni di
birra che avessero tranquillamente deciso di punto in bianco
di braccare Dirk per farsi uno spuntino a sua spese.
«Todd!!»
ripeté Dirk, quasi urlando «Ho appena visto una
cosa!»
Todd
non aveva ancora visto niente di allarmante. A parte quelli del Trio Chiassoso
che lanciavano allegramente in giro per il tetto petardi e fuochi d’artificio
cioè. Giusto per sicurezza abbassò rapidamente lo sguardo controllando Dirk da capo a piedi, alla ricerca di eventuali segni di
bruciacchiature o altre ferite da piccole esplosioni. A causa del suo stato
alcolico, si ritrovò in particolare a contargli le dita accuratamente con lo
sguardo, e a verificare l’assenza di ciocche di capelli o sopracciglia o ciglia
strinate.
«Okay…»
disse infine, lentamente «Che cosa, esattamente? Qualcosa di… potenzialmente
mortale o… e/o potenzialmente collegato a qualche caso?» indagò
meticolosamente, tornando a guardarlo dritto in faccia.
Dirk
scosse fervidamente la testa, poi corrugò la fronte con aria riflessivamente
impegnata. «Beh, tutto potrebbe essere collegato a un caso. Anche se, in questo
caso…» si fermò per ridacchiare per l’involontario gioco di parole.
Todd
sospirò divertito. «Dirk. Sei ubriaco.» sancì.
Dirk lo
fissò con aria attenta e relativamente seria di colpo. «Beh… ho una notizia per
te, Todd.» annunciò, prendendogli il viso tra le mani e stampandogli un bacio
sulle labbra. «Anche tu non sei esattamente sobrio.» gli confidò serio,
guardandolo negli occhi.
Todd
rise un poco, sorridendogli automaticamente e avvolgendolo mollemente tra le
sue braccia. «Ma davvero?» ironizzò, alzando un sopracciglio.
Dirk
annuì con convinzione. Poi sembrò colpito da un pensiero e tornò ad agitarsi,
aggrappandosi alla sua giacca. «Todd! Ho visto una cosa!»
«Sì…
questo l’avevo capito. Eravamo al punto in cui mi dici che cosa avresti visto esattamente.»
replicò Todd pazientemente, con un sorrisetto.
«Ah,
giusto.» fece Dirk, calmandosi come per riflettere
meglio. Infine esclamò «Si tratta di Amanda e Farah!»
Todd
alzò un sopracciglio, con aria incuriosita. «Humm…
vai avanti…»
«Sei
ancora viva?»
Amanda
iniziò a svegliarsi, o più o meno qualcosa del genere, e aprì uno spiraglio tra
le palpebre. Dopo un poco riuscì a indirizzare lo sguardo ai piedi del letto,
individuando Todd in piedi che la guardava con un sorrisetto divertito.
Emise
un verso lamentoso e si coprì gli occhi con un braccio. «Non lo so. Ripassa più
tardi. Magari per allora ne sapremo di più.»
Todd
sornacchiò un accenno di risata divertita, e si allontanò. Amanda lo sentì
armeggiare in cucina.
«Caffè!!»
gridò.
«Come
minimo…» commentò lui in risposta dalla cucina.
Amanda
sentì un lamento di fianco a sé e aprì gli occhi, girando la testa. Dirk era abbattuto sull’altra metà del letto, gli occhi
chiusi e una smorfia infastidita.
Lei
sorrise divertita. «E tu sei ancora vivo?» domandò allegramente.
«Perché
continuate tutti a chiedermelo…?» si lagnò Dirk,
senza muovere un singolo muscolo.
«Buona
domanda…» considerò Amanda, schioccando appena le labbra. Senza cercare
veramente di togliersi il terribile gusto che aveva in bocca, una combinazione
di sonno e postumi da alcool, o di sentire di meno il mal di testa che stava
pazientemente e spietatamente facendo capolino.
Qualcosa
di ancora più vivace della luce del sole attirò il suo sguardo, e abbassando
gli occhi si ritrovò a fissare l’intenso magenta fiammante della giacca di Dirk. Le sembrava di ricordare di averla già vista il
giorno precedente, ma non ci avrebbe giurato.
«Mi
piace questa nuova giacca.» disse.
Dirk
mosse giusto le labbra, sorridendo a occhi chiusi. Un sorriso particolarmente
dolce e felice. «Regalata Todd…» mugugnò, relativamente sconnesso.
«Davvero…»
replicò retoricamente Amanda, sorridendo.
Dopo
un poco aggiunse distrattamente «Chi l’avrebbe mai detto. Che avesse buon gusto
in fatto di vestiti.»
«Stai
parlando di me per caso?» le domandò la voce di Todd.
Amanda
tornò ad abbassare lo sguardo ai piedi del letto. «Come l’hai capito,
fratello?» replicò con una smorfia innocente e relativamente amichevole.
Dirk
aveva ripreso a russare piano di fianco a lei.
Amanda
sorrise un poco, mentre Todd sospirava.
«Così
hai finalmente tirato fuori la testa da sotto la sabbia.» osservò.
Todd
la fissò, inizialmente serio, ma poi con un sorrisetto divertito. «Anche tu, a
quanto pare…» replicò con calma.
Amanda
corrugò la fronte. «Io?»
«Dirk sosteneva che l’hai fatto ieri sera… tirare la testa
fuori dalla sabbia, in un certo senso.» riportò tranquillamente Todd, ancora
con quel sorrisetto divertito.
«Mhmm…»
mugugnò Amanda «Non credo di ricordarmi proprio tutto quello che potrei aver
fatto ieri sera. Non da un certo punto in poi, soprattutto.»
Todd
emise un piccolo verso sardonico. «Immagino…»
Dopo
qualche istante, Amanda riportò uno sguardo deciso su di lui. «D’accordo. Che
cosa?»
Todd
attese giusto qualche momento per lasciare la suspense del caso. Poi disse
«Pare che tu abbia baciato Farah.»
Amanda
continuò a fissarlo. Poi sbatté le palpebre, o almeno ci provò, visto che si
sentiva come se qualcosa l’avesse investita in pieno. Poi spalancò gradualmente
gli occhi. «No…»
Todd
alzò appena le spalle. «Beh, puoi sempre chiedere a Dirk…
quando si sveglia…» disse, con strategica tranquillità, tornando in cucina.
Amanda
si tirò a sedere praticamente di scatto e gridò «Hey,
torna indietro!»
Todd
sembrò ignorarla. Amanda mugugnò una serie di imprecazioni e di propositi di
tremenda vendetta al suo indirizzo, quindi si girò a guardare Dirk che russava beatamente.
Considerò
per un momento la possibilità di sentirsi in colpa per quello. Poi la scacciò e
lo prese per le spalle iniziando a scuoterlo. «Dirk?»
Lui
emise un verso lamentoso e non si mosse di un millimetro.
«Okay.
Dirk. Devi svegliarti. Ora!» sancì Amanda,
scuotendolo un po’ più forte e ignorando le sue proteste sconnesse e lamentose.
«Devo
andare in un posto.» annunciò Amanda.
Un
generale e assoluto stupore sembrò calare completamente all’interno del furgone
del Trio Chiassoso.
Per
lunghi istanti, nessuno fiatò.
Quindi
Martin emise un semplice grugnito d’assenso, e fermò il vecchio quattroruote.
Aprì lo sportello, scese lasciando il motore acceso e lo sportello aperto, fece
il giro del furgone e aprì lo sportello di Amanda.
Lei
era semplicemente rimasta per tutto il tempo a guardarlo, tranquillamente ma
attentamente.
Martin
mosse la testa indicandole il posto del guidatore.
E
Amanda sorrise raggiante, spostandosi dietro il volante.
Nessuno
le chiese dove volesse andare esattamente, per tutti i cinque giorni di viaggio
che occorsero per raggiungere Seattle.
E
quando lei fermò il furgone e balzò giù lasciando il motore acceso, davanti ad
una casa in particolare, ancora nessuno di loro commentò assolutamente niente.
Semplicemente ripartirono, e lei non si girò nemmeno a guardarli allontanarsi.
Sapeva perfettamente che sarebbero tornati esattamente al momento giusto,
quando lei fosse stata pronta per ripartire.
Ferma
in piedi davanti alla porta ancora chiusa, si prese un momento di
raccoglimento. Quindi prese un lungo respiro e pigiò il campanello.
Dopo
qualche momento, la porta si aprì.
«Amanda?
Oh, ciao.» disse Farah, tradendo un miscuglio di
gioia, emozione e imbarazzo per via della sorpresa inaspettata.
Amanda
sorrise.
Dopotutto,
arrivare e ripartire senza che mai nessuno – nemmeno lei – potesse sapere con
certezza il giorno o l’orario, aveva l’indiscusso vantaggio di poter vedere chiaramente
sul viso delle persone le loro reazioni più sincere al riguardo.
«Hey. Passavo da queste parti…» scherzò Amanda.
E Farah rise.
Sì,
decise Amanda tra sé e sé. Aveva proprio una risata bellissima.
Note
sciocchezze dello scribacchiatore: sì, lo so. Questa cosa è così senza
arte né parte che… no, non ho ancora idea esattamente del perché/percome l’ho
scritta, o forse anche perché sono passati mesi e mesi. It
sort of happened, ecco. Ma
breve e indolore com’è, e ormai che era lì già scritta, la mia filosofia è
diventata sostanzialmente: perché no? :p
Però ho decisamente un rammarico:
decisamente troppe poche scene di punk olistici che portano spensieratamente
caos in giro. Già. Verosimilmente è esattamente quello che succede in tutto il
tempo che intercorre tra ognuno di questi momenti di questi capitoli, ecco, sì,
indubbiamente!
Bye-bye