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Autore: Fanelia    11/02/2018    5 recensioni
La storia si svolge diversi anni dopo la fine della seconda GM e non tiene conto nè di TCC nè dell'epilogo originale.
È una Dramione, anche se non sarà subito presente la coppia.
Dal testo...
Hermione cancelló con rabbia le lacrime che le rigavano il volto, non appena si accorse che qualcuno stava sopraggiungendo. La paura che si trattasse di Ron, che si accorgesse dei suoi occhi lucidi, la spinse a dipingersi il suo miglior sorriso sulle labbra. Voltandosi, si trovò a faccia a faccia con George e non le servirono parole inutili per capire che aveva visto. D’istinto si passò di nuovo la mano sulle labbra e le sfregó, come a volerle pulire. Quel dannato furetto le aveva rubato il sapore di Ron, l’aveva sporcata.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo tre

 

Legilimens

 

«Io per oggi ho finito.» Voleva tornare a casa -o forse no- e il pensiero di portare la Granger al Manor lo tormentava. Avrebbe preferito che Potter gli offrisse un’altra soluzione, ma non era successo.

«Ok, usciamo dal Ministero e poi ci smaterializziamo.» Nascose il tremito che voleva percorrerle la voce. Non tornava sul luogo del misfatto da... sì, da quel giorno, e la sola idea di dovervisi recare le faceva accapponare la pelle.

Per fortuna almeno Malfoy non sembrava sul piede di guerra e la seguì senza dire nulla, ma quando si trovarono al di fuori delle mura del Ministero, fu costretta a rivolgergli la parola.

«Sei pronto?» Ebbe l’impressione che lui la stesse fissando in maniera strana e si domandò che gli passasse per la testa e per un solo istante le venne il dubbio che anche lui avesse… poi scosse il capo e si disse che non era possibile, figurarsi se lui si potesse fare alcuno scrupolo al riguardo.

Draco agì d'impulso, certo di beccarsi un ceffone. La prese per il gomito, pensò al Manor e, avvolti in un turbine confuso, rimise i piedi per terra solo per capire meglio le parole che lei gli stava sbraitando contro.

«Ma ti sei rincitrullito?» sbottò, irritata. Non solo si permetteva di prendere l’iniziativa ma l'aveva toccata.

D'improvviso si liberó dalla stretta di Malfoy, cercando di ricomporsi.

«Sono a casa, ora puoi andare.» Era stato bello toccarla di nuovo, anche troppo, e se lei non se ne fosse andata, era sicuro che avrebbe commesso una pazzia. Starle vicino e percepire il suo profumo rappresentavano una tentazione troppo forte per la sua anima spezzata, ma non poteva e non lo avrebbe fatto, non l’avrebbe oltraggiata a tal modo.

«Posso ritenere concluso il mio compito solo dopo averti lasciato a casa.» Hermione alludeva a doverlo scortare sin dentro la villa, anche se sospettava che Malfoy fosse restio, remora che non riusciva a capire.

«Potter ha detto che non ce n'è bisogno e io prometto solennemente di andare dritto a casa.» Non voleva confessarle il motivo per cui la stesse cacciando, preferiva fingere di non ricordare, ma se lo avesse costretto, l’avrebbe trattata male al sol fine di convincerla ad andarsene.

«A me non ha detto nulla.» In effetti Harry non era stato preciso al riguardo, ma si ripromise di verificare.

«E non posso pretendere che tu ti fidi della parola di un Malfoy, ovviamente.» Il tono fu più sarcastico e scocciato di quanto avrebbe voluto, se ne rese conto dallo sguardo perplesso che lei gli rivolse.

Hermione tentennó prima di rispondergli. Le stava offrendo un'occasione per andarsene e uno spiraglio per sfuggire da non sapeva nemmeno lei cosa, ma era da codardi filare via.

«Non è questione di fiducia, ma di mansioni e rispetto dei propri compiti.» In fondo era vero, per quanto non tenesse affatto a mettere piede in quella dannata casa.

Si girò verso la stessa e la fissò: era una dimora elegante, ma le dava i brividi. Si perse a guardarla e, per la prima volta dopo tanto tempo, avvertì le lacrime colmare gli occhi. Si sentì come se fosse tornata indietro negli anni, tra le spire di quell’incubo che l'aveva perseguitata a lungo.

«Non c'è più.» Malfoy le si avvicinò da dietro e osò quasi estinguere la distanza fra loro. Era così vicino da percepire il calore del corpo di Hermione, il suo profumo, ma non tanto da toccarla.

«A che ti riferisci?» chiese confusa.

«Sai che non puoi materializzarti nel Manor senza invito?» Era una cosa a cui Potter non doveva aver pensato e lui la volle sfruttare a proprio vantaggio.

«Allora mi inviterai, ma non  cambiare discorso.»

«La stanza. L’ho chiusa con un incantesimo così potente che nessuno potrà mai riaprirla. Non voglio che Scorpius ci entri. E quando il Manor sará mio, raderò al suolo quell’area.»

Prima che lei riuscisse a farfugliare qualcosa di sensato udì il suono di una materializzazione e seppe di essere rimasta sola. Immersa nel freddo della sera, rimase immobile per qualche istante, immersa nella confusione più totale.

Lui aveva chiuso quella stanza. Draco Malfoy avrebbe raso al suolo il luogo in cui lei era stata torturata. Per un breve frangente Hermione si chiese se crescendo fosse diventato umano o se fosse solo un rimorso postumo, una codardia sconfinata ad averlo indotto a prendere quella decisione.

Con il dubbio ad attanagliarle la mente torno in ufficio e si diresse da Harry.

***

«Non ti preoccupare, sono certo che sia andato a casa, non credo che rischierebbe per una sciocchezza.» Harry sapeva tante cose che non poteva condividere con Hermione, motivo per cui era abbastanza tranquillo.

«Quindi non aveva mentito, e io che pensavo mi volesse ingannare.» Era sorpresa e diede voce ai suoi dubbi. «Immagino che volesse comunque liberarsi di me il prima possibile.»

Harry ridacchiò appena e lei lo guardò in tralice. «Ti diverte?»

Scosse la testa. «Malfoy potrebbe anche essere cresciuto un po’, non ti pare? Ormai ha un figlio.»

Trasalì al ricordo di quella informazione che aveva ignorato per ben tre anni. «Ma tu sai che ha fatto in questi anni? Che lavoro svolgeva, se ha conseguito i Mago…» D’improvviso si rese conto di aver espresso delle curiosità, anche se poi di Malfoy non le importava molto.

«So che ha un business, ma non mi sono informato. Chiedilo a lui domani. E, se volessi cambiare idea e venire a lezione…»

Hermione si sentì quasi a disagio, le parole di Harry non fecero che aumentare la sua sensazione. «Mi ha detto che raderà al suolo la stanza dove…» non terminò la frase, certa che non ve ne fosse bisogno.

«Non mi sembra una cattiva idea.» Harry era stupito, ma non del tutto. In quella stanza si era consumata una barbarie ai danni della sua migliore amica ed era abbastanza certo che, nonostante la sua codardia potesse esserne il motivo principale, le urla di Hermione dovessero aver tormentato anche i sogni di Malfoy. Non poteva esserne certo, ma per quel poco che ci aveva avuto a che fare, ne aveva ricavato la netta sensazione che la vita lo avesse cambiato.

«Lo fa per suo figlio.» riportò a Harry  le motivazioni addotte da Malfoy e scrutò l’espressione del Bambino Sopravvissuto, ormai fattosi uomo.

«Non ho mai pensato che lo facesse per te.» Fu sincero e vide Hemrione ridere. Era ridicolo anche solo pensare che potesse fare qualcosa per lei.

«Già è tanto che non mi abbia chiamata sangue sporco.» Quell’appellativo non la toccava più, forse non l’aveva mai sfiorata davvero.

Harry sbuffò rumorosamente, riportandola alla realtà.

«Che succede?» chiese lei, curiosa.

«Non ho trovato i biglietti dei Red Heads per Ginny ,non è bastata tutta la mia influenza nel Mondo Magico, figurati in quello Babbano.»

«Immagino che ci rimarrà male, eh.» Ridacchiò cercando di nascondersi, certa che la sua amica, quell’uragano dai capelli rossi, avrebbe presentato le sue rimostranze al marito.

«Infatti, ora tento l’ultima carta. Ho sentito dire che la medimaga Daphne Greengrass potrebbe conoscere il manager dei Red Heads, anche se mi scoccia chiedere alla cognata di Malfoy.»

Hermione annuì: capiva bene quanto gli costasse domandare a qualcuno di intercedere per lui, specie per un così futile motivo, ma era certa che Harry avrebbe fatto di tutto per rendere felice sua moglie.

«In bocca al lupo, allora. Io andrei a casa, a domani, ma ricordati che devi obbligare Malfoy a darmi accesso alla sua reggia o non potrò mai scortarlo sin dentro casa.» Stava per andarsene, ma si fermò. «Ron quando rientra di preciso?»

«Venerdì e devo ancora dirgli di Malfoy.»

Lo vide passarsi la mano sul volto, sporcando gli occhiali.

«Non ti invidio, ma sono certa che capirà.» Gli fece un cenno con la mano e se ne andò, domandandosi con quanta poca convinzione avesse pronunciato la sua ultima frase. Se lei era andata in escandescenza quando aveva scoperto del furetto, non osava immaginare la reazione di Ron. E per un istante, si chiese se Gin lo sapesse e cosa avesse detto, perché i rotocalchi sembravano all’oscuro del rientro del rampollo, come se di proposito fosse stato nascosto loro. Si ripromise di chiedere a Harry, imboccando l’uscita dal Ministero.

 

***

«Papà!» Scorpius gli corse incontro e si avvinghiò alle sue gambe. Draco lo sollevò e lo strinse a sè, baciandogli la guancia.

«Hai fatto il bravo?» Guardò il figlio negli occhi, in quei due cerchi di nuvole cariche di pioggia, riflesso dei suoi.

«Bavissimo! Egalo?» domandò battendo le manine, entusiasta. Draco sorrise ed estrasse dalla tasca un lecca-lecca.

«Però non mangiarlo ora, va bene?» Allungò Scorpius verso sua madre.

«Lo riporto da Astoria.» disse lei, prima di lasciarlo solo.

Draco raggiunse la camera che condivideva con la moglie senza sentire la necessità di salutarla

Più stava distante da lei e meglio sia sentiva, inoltre era ancora scombussolato da quanto aveva ammesso davanti alla Granger. Che diavolo gli passava per la mente? Non poteva concederle di sbirciare nella sua realtà, non voleva che lei scoprisse, mai e poi mai e nemmeno per tutto l’oro del mondo, cosa nutrisse nei suoi confronti.

Mentre toglieva la giacca, avvertì bussare alla porta. Sbuffò, innervosito, prima di invitare chiunque lo stesse disturbando, a entrare.

«Come è andata la prima giornata?»

Draco si specchió negli occhi chiari di Blaise.

«Tu non dovresti essere con Theo ad assicurarti che tutto funzioni alla Wembley Arena?»

«Sì, ora vado. Volevo solo raccontarti che Potter ha chiamato mia moglie per avere i biglietti dei Red Heads, io le ho detto di rispondere di no…» Blaise gli sembrava nervoso e Draco non colse il motivo del suo atteggiamento agitato, ma sorrise appena di quella succulenta occasione che uno dei suoi migliori amici gli aveva porto su di un piatto d’argento.

«Glieli darò io, così non potrà dirmi di no quando gli chiesero di poter essere libero di seguire i miei affari. La MagicMusic del resto è soprattutto mia.»

Zabini annuì. «E grazie alla tua idea i nostri capitali si sono triplicati. La nostra casa discografica è una bomba e ora scappo.» Diede una pacca sulla spalla del cognato e con un pop si smaterializzò.

Draco finì di spogliarsi, si recò in bagno e aprì l’acqua della doccia. Stava giusto per uscirne quando sentì sua madre urlare e corse, col solo asciugano attorno alla vita e i piedi bagnati, a controllare cosa stesse accadendo. Scorpius piangeva e teneva la mano della sua mamma, riversa sul pavimento, col viso segnato dalle lacrime e dal dolore.

«Porta via Scorpius» ordinò a suo padre che obbedì, pur di scappare via.

«Astoria, che hai?» Le strinse la mano e lei sbattè appena le palpebre. «Che le succede?» domandò a Narcissa, confuso, ma lo sguardo interrogatorio della madre gli confermò che non lo sapeva.

«Portami in stanza, per favore.» Astoria lo pregó di portarla nella loro camera e Draco la sollevò, stringendola a sè. Era preoccupato e spaventato, smarrito di fronte a quella realtà che davanti ai suoi occhi aveva preso consistenza.

Adagiò Astoria sul materasso, la coprì e con la bacchetta accese il camino. «Dimmi cosa posso fare per te.»

«La borsa che mi ha mandato Daphne. L’ha portata Blaise prima.» La voce uscì come un sussurro strozzato e Draco si guardò attorno, evitando di posare gli occhi sul volto stravolto di Astoria. Poi individuó una borsa e quella che sembrava una pozione.

«Che Salzar è questo?»

«Un elisir per calmare il dolore.» spiegò, mordendosi appena il labbro. Allungò la mano, sperando che lui le desse la ampolla senza discutere. Dovette guardarlo ancora per qualche istante, reprimendo a stento una smorfia dl dolore, poi Draco sembrò convincersi, le porse la pozione e lei la bevve direttamente dall’ampolla. Il gusto dolce e al contempo piccante le bruciò la gola, ma avrebbe ingoiato persino del veleno per placare i dolori. Era da soli pochi giorni che erano diventati così forti e, per sua fortuna, Daphne era stata in grado di farle ottenere un preparato proibito. Risollevò le palpebre e lo fissò: la stava guardando, con un cipiglio arrabbiato e confuso.

«Non ricordi cosa ci avevano detto, Draco?»

Stava per scuotere la testa, come se ciò potesse allontanare i pensieri, la nebulosa che non gli permetteva di mettere a fuoco quell'informazione così importante ma che pareva aver scordato. Poi, come un fulmine a ciel sereno, rammentó e lo sgomento si impadronì di lui.

«Ma come è possibile, io…» Si sedette accanto a lei e le prese la mano, ma la moglie lo interruppe.

«Perché non eri e non sei mai in casa, come se la mia presenza ti fosse indigesta. O forse è perché stare con me non ti permette di accantonare il pensiero che rimarrete soli.» Gli strinse le dita, senza fermare le lacrime, e per un istante vide le iridi grigie di Draco riempirsi di pioggia.

«Vorrei poter fare qualcosa. Perché non mi hai detto dei dolori?»

«Siamo quasi al capolinea, Draco.» La pozione compiva miracoli con i dolori, ma non era in grado di arrestare il decorso irrefrenabile della malattia. Le restava forse un mese e poi sarebbe finita, per sempre, e se non avesse avuto l’aiuto della magia, forse sarebbe già ammattita, stordita dalla sofferenza, annebbiata dai danni al cervello.

«Come farò?» Draco fissò sua moglie e la vide così piccola e indifesa. La giovane ragazza che gli era stata accanto, dedicandogli tutta se stessa stava sbiadendo e presto di lei non sarebbe rimasto che Scorpius.

«Ti farai forza, per nostro figlio. Gli vorrai bene e sarai il miglior padre che si possa desiderare.» Era il solo desiderio che le fosse rimasto e lo espresse, sapendo di dover pungolare l’unico uomo che avesse mai amato.

Draco le accarezzò la mano, le asciugò le lacrime e trattenne il nodo che gli serrava la gola: la vita era stata ingiusta con lui, con Astoria ma, soprattutto, lui era stato il peggior incontro che sua moglie potesse fare. Era tardi per tornare indietro e fare ammenda, ma non avrebbe commesso gli stessi errori col suo piccolo.

«Te lo giuro.» Si portò la mano di Astoria alla bocca e la baciò.

«Voglio essere cremata e le mie ceneri sparse nel Tamigi. Promettimelo.» Lo vide indurire la mascella.

«E Scorpius?»

«Gli basterà guardare il cielo per trovarmi. Non voglio finire in una cassa, sotto terra.» Avvertì le lacrime solcarle di nuovo le guance e il marito annuì, concedendole una muta promessa.

«Vado a prenderti qualcosa da mangiare, torno subito.» Draco si alzò dal letto e, prima di andare a prendere la cena per la moglie, passò a tranquillizzare il figlio. Narcissa gli riferì di aver origliato una conversazione fra Daphne e la sorella, e Draco strinse al petto il suo prezioso bambino, chiedendosi che ne sarebbe stato di loro.

***

Andare in ufficio, il giorno seguente, non fu semplice e quando vide Potter, Draco avvertì l’istinto di chiedergli il permesso di assentarsi.

«Volevi parlarmi?»

«So che cercavi questi. Spero ti siano utili.»

Harry sgranò gli occhi davanti ai biglietti, introvabili, dei Red Heads. «Mi prendi in giro?»

«Astoria è peggiorata. Potrei aver bisogno di non presentarmi per qualche giorno.» Non voleva confidarsi con Potter, ma dirgli la verità era l’unico modo di non ficcarsi nei guai e, per Scorpius, avrebbe rischiato anche di sorbirsi la pietà del Santo protettore del Mondo Magico.

«Mi spiace. I dottori che dicono?» Guardò Malfoy incerto su cosa dire. Stava per perdere sua moglie e, sebbene non sapesse che tipo di rapporto intercorresse tra loro, poteva non essere dispiaciuto? Una giovane vita stava per spegnersi, poco importava che fosse la figlia di un Mangiamorte.

«Ieri mi ha confidato che è giunta la fine. Non so di preciso se si tratti di giorni o qualche settimana, non lo sa nemmeno lei, non lo sa nessuno.» Si interruppe poiché si rese conto del tono irritato, arrabbiato e al contempo affranto.

Non avrebbe permesso a Pottypoo di scorgere le sue debolezze, non intendeva esporsi.

«Mandami un gufo se non vieni e se ti servisse qualcosa, qualsiasi cosa...»

Draco gli stava ancora porgendo i biglietti e Harry si chiese se fosse giusto accettarli.

«Prendili, sono posti in prima fila.»

«Grazie. Ginny sarà felice.» Li accettò, ma non gli chiese come li aveva ottenuto. Poi lo osservò andarsene e gli parve che il suo nemico di sempre fosse schiacciato da un peso insostenibile. Avvertì la sua segretaria che doveva raggiungere il San Mungo e sobbalzò quando alle sue spalle udì la voce di Malfoy, della cui presenza non si era avveduto.

«Vengo con te.» Non era una richiesta, Harry ne era consapevole, ma non capiva cosa Malfoy volesse fare in ospedale, inoltre temeva che si arrabbiasse quando avrebbe scoperto per quale motivo lui vi si recava.

«Devo parlare con Daphne e non voglio che Astoria senta.»

«Volevo parlarle anche io, ma so che non sono affari miei.» Harry si sentì in dovere di giustificarsi.

«Non sono affari tuoi, infatti, ma immagino di non poterti proibite di porle delle domande.» Lo seguì mentre raggiungeva l’uscita. Non sapeva se essere irritato o se arrendersi. Draco Lucius Malfoy aveva sempre lottato, strisciando nel fango, ma le forze gli sarebbero servite ad altro.

«Smaterializziamoci.»

Viaggiarono insieme, per la prima volta, e in pochi istanti si trovarono nell’atrio del presidio medico.In silenzio, raggiunsero l’ufficio della Greengrass e, quando mezz'ora dopo ne uscirono, Harry concesse a Draco di tornare a casa. Era sconvolto da quanto udito e con quale coraggio avrebbe potuto allontanarlo dalla moglie?

«Non voglio la tua pietà né alcun trattamento di favore!» sbottò arrabbiato, accendendosi una sigaretta.

«E io vorrei che ti occupassi di tuo figlio. Non devo certo dirti io che la perdita della madre lo segnerà per sempre!» Chi meglio di lui poteva saperlo? Lo aveva sperimentato sulla propria pelle, capiva benissimo cosa significasse non avere al proprio fianco la persona più importante per un bambino.

«Oggi vengo al lavoro. Domani si vedrà.» Draco si smaterializzò veloce e poi entrò al Ministero, senza aspettare Potter. Lo avrebbe preso a schiaffi per la stupida comprensione che gli aveva mostrato. Non voleva sopportare la falsità delle persone, non poteva tollerarla.

Una volta messo piede nel corridoio centrale, il destino parve farsi beffe di lui.

«Stavo giusto per segnalare la tua assenza!» Hermione Granger, con le mani sui fianchi e il tono da maestrina, lo fissava nervosa.

«Buongiorno anche a te. Perché non trovi qualcuno che ti scopi, Granger, così ti rilassi un po’.» La punse sul vivo, se ne rese subito conto. In effetti doveva essere un boccone amaro da mandare giù di essere l’unica single. Perfino uno come lui si era sposato, anche se lei ignorava tante cose, ed era certo che la Saccentona lo trovasse ingiusto.

«Va’ in classe o ti schianto!» Hermione, furiosa, gli puntò contro la bacchetta. Non ce l’aveva con lui, non avrebbe voluto trattarlo male, ma l’aveva indisposta ed era esplosa.

«Agli ordini, sergente.» Draco si allontanò, raggiunse l’aula e ringraziò Merlino per le chiacchiere inutili dell’insegnante. Blaterava e quel suono gli permetteva di escludere il rumore dei propri pensieri, almeno fino a quando la Granger non fece il suo ingresso.

«McFarlane è ammalato, quindi oggi lo sostituisco io.» Draco si ritrovò a maledire tutti i fondatori di Hogwarts e pregò che giungesse presto l’ora di pranzo. Avere l’oggetto del suo desiderio costantemente sotto agli occhi era un supplizio cui non era in grado di sottostare, non in quel momento in cui il suo autocontrollo era già minato.

Era infuriato con Blaise -e non appena si fosse presentata l’occasione gliene avrebbe cantate quattro- e con Daphne per avergli mentito e per avergli nascosto che stavano somministrando ad Astoria una pozione proibita. Era infuriato con Astoria perché lo aveva escluso e tenuto all’oscuro di tutto e, nel profondo abisso del suo cuore, ce l’aveva con se stesso perché nemmeno lungo l’ultimo miglio che la moglie stava percorrendo, era stato in grado di starle davvero vicino.

Guardando Hermione Granger scarabocchiare qualcosa alla lavagna, si chiese se avesse mai amato Astoria. Se anche solo per errore, in un momento di distrazione o amarezza, avesse concesso al suo bizzarro affetto nei confronti della donna di assumere delle sfumature diverse, e si arrese, storcendo la bocca davanti alla risposta che conosceva bene. Non aveva mai smesso di amare Hermione Granger, nonostante la lontananza, nonostante non l’avesse vista per anni. Gli era entrata nel cuore e non c'era stato verso di cacciarla via. E Draco si sentì in colpa e sporco perché sua moglie stava morendo e lui pensava alla Granger.

 

***

 

Tenere la lezione pomeridiana si stava rivelando un supplizio insostenibile: si era presentato qualche alunno in più, forse costretto, magari minacciato da Potter o, chissà, forse sotto il ricatto di qualche ricompensa, ma a Draco non importava nulla. Lei non c'era, non avrebbe mai seguito le sue lezioni, non lo riteneva di certo degno o capace di insegnarle qualcosa e, da uomo adulto, ora poteva capirla ed evitare di biasimarla. Da ragazzo si era trovato a chiedersi perché non gli avesse mai porto una mano, perché lo avesse sempre disprezzato e, per quanto consapevole di averle destinato solo livore e cattiverie, in cuor suo alcune volte si era trovato a sperare che intelligente come era, potesse scorgere oltre quella maschera. Ora capiva di aver preteso troppo e di aver passato il limite del non ritorno tanto, troppo tempo fa. Il segno nero che gli deturpava la pelle nivea avrebbe rappresentato e ricordato sempre al suo possessore il motivo per cui agli occhi di lei non sarebbe mai stato degno. Non contava il suo casato, il cognome altisonante e il sangue purissimo che poteva vantare, perché a nulla di ciò mirava l’incorruttibile Hermione Granger e a nulla sarebbe valso tutto ciò per redimerlo ai suoi occhi.

«Potter, in Pozioni sei ancora scarsino. Il colore non è pieno come dovrebbe, l’odore troppo tenue.» Un ghigno gli si dipinse sul viso mentre pronunciava il suo parere. Non stava calcando la mano, era la semplice verità e non si era mai divertito tanto a essere sincero.

«Non sono mai stato un eccelso pozionista, ma mi accontento di sapere che non è male.» Harry non se la prese per quel commento, anche perché voleva dare il buon esempio, e in quel giorno in particolare, doveva essere grato a Malfoy o sua moglie gli avrebbe rifatto i connotati. Lo guardó procedere, soddisfatto che altri cadetti Auror alla fine si fossero degnati di presentarsi a lezione. Il cigolio della porta lo distrasse e si voltó verso l’ingresso, rimanendo stupito quando intravide la figura oltre la soglia.

 

***

 

«Granger, devi aver sbagliato aula.» Era quasi caduto nella trappola di quella illusione, ma non si fece accalappiare.

«Sono in ritardo, ma c'è ancora l'ora di Legilimanzia e Occlumanzia, no?» Aveva deciso di partecipare perché la frase pronunciata da Malfoy la sera prima l’aveva tormentata.

«Allora siediti e per il ritardo togliamo dieci punti a Grifondoro.» Draco vestì i panni del prefetto per un frangente e, quando udì Harry ridere, si lasciò trascinare per un istante dai ricordi.

«Se fossimo a Hogwarts e tu fossi il professor Piton…»

Vide sul viso del Bambino Sopravvissuto un sorriso carico di amara nostalgia e a fatica trattenne nascose le proprie emozioni.

«Granger, prendi posto o vuoi essere tu la prima a chiedere la mente?» La stuzzicò, perché solo il tormento che lei rappresentava lo faceva sentire vivo e lo assorbiva talmente tanto da far perdere i contorni al resto del mondo, problemi inclusi.

«Perché no! Vediamo cosa sai fare.» Si avvicinò a lui così tanto da percepire il profumo dell’uomo che aveva di fronte e si chiese di quando in qua lei notasse certe cose.

«Pronta a mettere i lucchetti?»

Hermione sorrise, sicura di sé, convinta che Malfoy non sarebbe mai riuscito a entrarle fra i pensieri. E, per la prima volta dopo tanto tempo, la Mente del trio commise un errore di valutazione.

Si ritrovò in ginocchio, con gli occhi spremuti così forte da vedere chiazze di colore dietro le palpebre, mentre Malfoy la osservava sul pavimento del Manor, nel momento in cui Bellatrix l’aveva torturata.

Poi avvertì la mente vuota, libera dalla presenza opprimente di Malfoy e, dopo averlo fissato negli occhi, uscì dalla stanza per non urlargli contro. Non si era aggregata agli studenti con cattive intenzioni, ma lui aveva esagerato e, prima di esplodere e rendersi ridicola, si allontanò di fretta.

Draco Malfoy vide la porta chiudersi, ne udì il tonfo e, poco dopo, la domanda di Potter risuonò nell’aria, in attesa di una risposta.

«Cosa è successo?»

Draco lo guardò, ma non disse nulla.

«Vado a vedere cosa…» Harry non riuscì a finire la frase perche l’altro lo interruppe.

«È compito mio, in questo momento l’insegnante sono io.» Lasciò i suoi pochi alunni confusi a scrutare la lavagna scarabocchiata; solo i suoi ex compagni di scuola lo fissarono sorpresi, basiti e a corto di parole.

Harry Potter si chiese se il mondo si fosse capovolto, ma non seppe rispondersi.


Note stonate d'autore: Ciao a tutte e buona domenica... pian piano cominciamo a svelare le carte e, nel prossimo, avremo un bel confronto fra Draco e Hermione, inoltre Harry lancerà un criptico messaggio alla sua migliore amica che la metterà un po' in crisi. Sapete che le mie dramioni sono lente, vi chiedo di aver pazienza e di fidarvi di me. Spero che la storia comunque vi stia piacendo. Buona lettura.
Un ringraziamento speciale a BarbaraK e Norway che capitolo per capitolo mi fanno sapere che ne pensano: lo apprezzo molto, davvero.

 
   
 
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