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Autore: summers001    22/02/2018    3 recensioni
Post-MJ, pre-epilogo | POV Peeta | "Io e Peeta ricominciamo a crescere insieme."
Dal secondo capitolo:
"Aspetta!" la chiamo e sento la mia voce venire fuori con una certa urgenza. "Vuoi restare? Puoi aiutarci a ricostruire la recinsione, tagliare via le erbacce o..." continuo elencando una serie di mansioni che potrebbe coprire senza stancarsi troppo dopo una mattinata di caccia.
Devo essere pazzo, mi ripeto per la milionesima volta in questi ultimi mesi. Hai continuato a provare a parlarle per anni prima della mietitura, per mesi dopo i primi giochi, per settimane dopo i secondi e dopo la guerra. Perché ti aspetti qualcosa di diverso? Perché dovrebbe voler rimanere qui con me questa volta? Tra i detriti, la polvere e i ricordi che tanto la tormentano per di più.
[...] D'altronde la follia non è ripetere gli stessi gesti aspettandosi ogni volta un risultato diverso?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4




Sembrava troppo bello per essere vero.

Un episodio, un altro, dopo poco più di un mese. Ricordo a malapena quello che è successo: era arrivato il treno con le scorte, avevo portato il liquore ad Haymitch, che mi aveva chiesto se stessi bene. Certo che sto bene, gli avevo detto. Certo, come no. Poi ho raggiunto Thom e gli altri, erano sulla piazza, vicino ai negozi, proprio vicino a tutti i negozi. La panetteria era là, a terra. E sotto quelle macerie non c'erano neanche più i loro corpi. Avrei voluto avere un posto su cui piangerli. Non mi importava che fossero carbonizzati e ridotti in polvere. Avrei voluto avere mio padre e mia madre ed i miei fratelli da qualche parte. Invece era stata creata una fossa comune e loro erano là ed io come avrei potuto riconoscerli? Sono corso sul prato e ho visto quella catasta di scheletri, ne erano un mucchio. Tutti neri, tutti uguali. Neanche brandelli di vestiti addosso che potessero aiutarmi. Credo di aver vomitato a quel punto e poi più nulla.

Apro gli occhi e cerco di capire dove mi trovo. Sono steso di lato, la parete di fronte a me è larga, il sole che sta tramontando si taglia in raggi attraverso le imposte ed illumina granelli di polvere danzanti. Ci sono delle tende davanti alla finestra, malamente tirate su. Sono blu e non ricordo se quelle tende le ho viste nella clinica o a casa mia. Strizzo gli occhi e me li sfrego. Mi dico che devo solo risvegliarmi e non agitarmi.
"Hai dormito per cinque ore." dice una voce ed anche questa so di conoscerla, ma proprio mi sfugge la persona a cui appartiene. L'altro Peeta se la ride come se avesse capito già tutto.

Mi giro di scatto tenendomi strette le coperte, preso alla sprovvista. E' Katniss ed io non sono né a casa né in una clinica. "Che...che..." comincio a balbettare, ma non so neanche io che dire. Forse sono solo imbarazzato per la mia condizione, i miei episodi.

"Sei nella mia camera." mi spiega Katniss, poi si alza e va verso il comò, prende un vassoio con del cibo e me lo piazza sul letto affianco a me. "Hai avuto un episodio." mi spiega nel frattempo "Ti ha portato Haymitch dopo che ti ha fatto questa." e apre una mano con una siringa. L'etichetta ha il bordo giallo e la riconosco benissimo per quante devono avermene fatte a Capitol. Mi sedavano e così l'episodio passava, come quella volta che provai a chiamare qui al distretto. "Gli ho detto di non farlo più. Quello l'ha cucinato Sae," si affretta a spiegarmi poi Katniss cambiando completamente argomento, quasi difficile da seguire in questo momento ed interrompendo i miei ricordi. Mi indica un risotto con pezzi di carne grandi quanto pietre "puoi mangiarlo, non è avvelenato." aggiunge ed io mi chiedo se volesse essere solo simpatica o se avesse notato la mia titubanza e l'avesse confusa con i pensieri di quel Peeta deviato, di quello che crede che persino una colazione sia un colpo letale da parte sua. Che idiozia.

"Lo so." le rispondo nell'indecisione con voce ancora frastornata. Mi stiracchio malamente con i pugni chiusi tra le lenzuola e mi tiro su. Katniss è di nuovo seduta di fronte a me, mi guarda immobile e con gli occhi segue ogni mio gesto, tanto da mettermi a disagio. Le iridi grigie sono attente. Aspettano solo che io mi muova, quasi fossi una preda e non appena muovo il cucchiaio e mastico lei sospira ed i suoi occhi si rilassano. Con l'espressione di sollievo dipinta sul suo viso, perde quella di mamma severa e preoccupata. Sorrido per le attenzioni che mi ha riservato e mi dispiace averle procurato così tanto scompiglio. "Prendi qualcosa." la invito allungando il vassoio verso di lei. E' troppo per una persona sola e sospetto che Sae stia aumentando sempre di più le nostre porzioni di cibo per farci ingrassare e tornare in forma. Io ce l'ho quasi fatta. Episodio a parte, mi sento più forte e quasi quello di prima. Katniss è ancora tanto magra, ma le sue guance sembrano più piene e la pelle sta riprendendo il suo naturale incarnato.

"Già fatto." risponde e mi indica dietro di lei un piatto vuoto.

Annuisco e vorrei mandare giù un altro boccone, ma ho un macigno che mi chiude lo stomaco. Devo sapere una cosa che mi preme prima di farmi divorare dall'ansia o al contrario di cullarmi nell'illusione che non sia successo niente. Non so mai come reagire, se preoccuparmi o tirare un sospiro di sollievo. Il dottor Aurelius sostiene che dovrei semplicemente chiedere e così chiedo. "Ho... Ho fatto male a qualcuno?"

"No." risponde subito Katniss, così velocemente che sembra quasi offesa. Poi si gira, guarda la finestra, batte una mano nervosa sul ginocchio e sospira. Quando mi guarda di nuovo pare più tranquilla. "Tu non sei uno che fa male alle persone." mi dice e capisco che questo è un suo tentativo di farmi un complimento. Sorrido perplesso ed appena sto per dirle qualcosa e ringraziarla, lei si alza in piedi. "Fatti una doccia e vieni di sotto quando sei pronto." dice e si volatilizza.

Sento il rumore frettoloso dei suoi piedi lungo le scale, fino a che arriva al piano di sotto e poi più niente.
Rimango da solo, piuttosto inebetito e con il solito sorriso stampato sulla faccia, quello che ho quando Katniss è nei paraggi. Fu Haymitch a farmelo notare a Capitol City due anni fa. Mi disse di rifarlo nell'arena ed io lo feci e probabilmente non me lo sono mai tolto. Non me l'ha tolto neanche Snow col depistaggio. Agito un pugno soddisfatto per la vittoria, per Katniss, per un altro pezzo di me che torna e finalmente con rinnovato appetito finisco la cena. Alla fine il mio stomaco si lamenta, forse perché è troppo o forse è stata la medicina. Quando mi alzo prendo la siringa vuota che Katniss aveva lasciato sul comodino, vado in bagno e la lascio cadere drammaticamente nel cestino. Non voglio vederne una mai più.

Non li lascerò vincere di nuovo. Possono portarmi via qualche istante, un paio di minuti, ma non più cinque ore. Non me ne starò a dormire mentre Katniss mi sorveglia e si preoccupa su una poltrona. Quando sentirò un altro episodio, lascerò che sia la sua forza ad ispirarmi ed a farmi vincere di nuovo. Lo so che succederà e lo so che posso farcela così.

Mi faccio quella doccia, lasciando che l'acqua calda mi sciolga i muscoli e mi rilassi le braccia e la schiena, dove c'era quasi un nodo che mi bloccava. E penso a lei. Penso così tanto a lei. Penso a lei nella sua stanza, nel suo letto, nel suo bagno, nella sua doccia, in questa doccia. Il cuore mi batte forte ed il sangue mi defluisce dal cervello verso il basso e devo cambiare il getto dell'acqua da caldo a freddo per tornare in me. Mi afferro e la penso ancora, ma man mano che l'acqua si raffredda lascio perdere e mi lavo.

 

**



Quando arrivo al piano di sotto, Katniss scatta in piedi. Questa volta mi ha sentito ed ha fatto cadere rumorosamente la penna sul tavolino. "C'è il tè." mi dice prima che possa raggiungerla e mi indica un paio di tazze fumanti vicino ai suoi fogli. Vuole che io mi sieda accanto a lei e così la raggiungo.
Il fuoco danza nel camino creando disegni di giallo, arancione e rosso. C'è odore di foglie secche bruciate e di bucce d'arancia e limone che coprono quelle del carbone, creando un'atmosfera tutta nuova. Mi sembra quasi di vedere rivoli di fumo profumato che riempiono la stanza.

Prendo la tazza e tiro su un sorso di tè. "L'hai fatto tu?" le chiedo per stuzzicarla, perché forse è la prima cosa che riscalda sul fuoco da una vita. Katniss scrolla le spalle ed io le cado affianco con la tazza fumante nelle mani. Un altro odore forte che si aggiunge a tutto il resto.
Prendo un altro sorso e penso che potrei far finta che sia troppo amaro, imbevibile o qualcosa del genere, per farla ridere. "E' buonissimo." le sussurro invece a voce bassa e non so neanch'io perché mi è uscita così. Deve essere quell'altro Peeta, quello più malizioso, che non si farebbe alcun problema a parlare con Katniss o provarci con lei (o ucciderla). Già, senza neppure rispettarla, senza neppure aspettarla, infilandosi nella sua vita e nel suo dolore come una serpe, mentre lei affanna per galleggiare. La tirerebbe giù di nuovo. Forse è stata quella doccia o forse sono io e non esiste nessun Peeta deviato e malizioso.

Katniss arrossisce ed abbassa gli occhi. "Non è niente." dice, usando sempre più parole del solito. Adesso siamo arrivati addirittura a tre.

Qualunque cosa abbia detto, non l'ha tirata a fondo, anzi. Con le guance arrossate sembra ancora più viva ed ancora più dolce ed ancora più diversa dall'immagine distorta che avevo lei. Hai visto? Dice lui, mentre mi ritrovo di nuovo a sorridere.
Katniss abbassa la testa, raccoglie la penna, se la rigira un po' tra il pollice e l'indice e poi ricomincia a scrivere. Per la prima volta mi trovo vicino abbastanza a questi fogli. Non me li allunga per farmi leggere ma neanche li nasconde. Mi sporgo un po' e su uno di quelli sparpagliati trovo una pergamena che tesse le lodi di Cinna. E' incompleta, così come lo sono tutte le altre.
"Che stai scrivendo?" le chiedo, mentre prende il foglio su cui sta scarabocchiando, lo appallottola e lo lancia via, raggiungendo un cumulo già disordinato di pagine e pagine.

Katniss prende un respiro profondo, lascia la penna e guarda il fuoco. "Prim." risponde solo. "Non voglio dimenticare niente." mi dice con una lacrima agli occhi e poi afferra la penna di nuovo e ricomincia a scrivere.

"Posso aiutarti?" mi esce spontaneo senza neanche pensarci, anche se avrei dovuto: del resto mi sono appena svegliato da un episodio.

Katniss sembra pensarci, poi alza lo sguardo ed annuisce. Si sposta e mi fa spazio affianco a lei. Siamo seduti così vicini che le nostre ginocchia si sfiorano, ma lei non si allontana. Si allunga sul tavolo, facendosi ancora più vicina tanto che riesco a sentire l'odore di sapone della sua pelle. Mi piazza davanti tre fogli, che impila e mette in ordine e poi aspetta che li legga.
Ha scritto una vera e propria commemoriazione a sua sorella: ci sono tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti, c'è tutto quello che le piaceva fare, ci sono il suo gatto e la sua capra, le sue abilità come curatrice ed una commovente descrizione su come le brillavano gli occhi quando nevicava. Rimango estasiato da tutto quello che ha scritto, dalla sensibilità e dall'attenzione che ha avuto per sua sorella. Katniss ha la capicità di amare con una forza tale da spingerla a sopravvivere a tutto purché il ricordo di sua sorella non muoia con lei.
"Mancano le immagini." mi suggerisce.

"Vuoi che disegni?" le chiedo titubante. Non mi sta chiedendo solo di riprodurre un'immagine o dei ricordi per lei, ma dei veri e propri sentimenti e mi chiedo se ne sarò capace. Non prendo una matita in mano da oltre un anno.

"Ce la fai?"

Penso che ci posso provare, ma poi alzo gli occhi e vedo i suoi. Mi perdo in quelle iridi grigie che hanno bisogno di qualcosa di tangibile da guardare per non credere di poter dimenticare. "Certo." le rispondo e lei mi allunga subito una matita.

Guardo la carta come se fosse una sfida, inizio a vorticare con la mano a mezz'aria prima di disegnare linee, indeciso su dove e come dovrei iniziare. Alla fine mi faccio coraggio e comincio.
Senza nemmeno rendermene conto, quelle che sembravano all'inizio solo curve disordinate prendono forma in qualcosa. Traccio la forma di un viso, una croce centrale per aiutarmi con la simmetria, gli ovali un po' allungati degli occhi e quelli più pieni delle labbra. Prim aveva sempre gli occhi dolci, non una ruga sulla fronte ma sempre il viso disteso e l'espressione confortante.

Quando dietro di me Katniss cambia posizione, esco dal mio mondo di linee e comincio a fare attenzione a lei. Fissa la carta, segue i segni della matita, piega la testa da un lato e poi dall'altro cercando di capire come si combinino tutti quei segni. E' attenta e mi passa la gomma quando crede che abbia sbagliato. Cambia di nuovo inclinazione del capo e dalle linee passa a fissare me. La lascio fare per un attimo, pensando che sia normale guardarsi attorno, ma lei non mi molla ed allora alzo io gli occhi per guardarla e non appena ci incrociamo, lei allontana i suoi.
"Così mi fai arrossire." le confido sinceramente. Le guance di Katniss hanno preso colore ed ha abbassato subito la testa. Quando ricomincio, con la coda dell'occhio la vedo che piano piano si rimette in posizione: guarda le linee, poi la mia mano e poi sale su. "Non strapperò il foglio e me ne andrò urlando, tranquilla." le faccio, sdrammatizzando anche sulla mia condizione così che possa sentirsi a suo agio anche lei.

"N-no, non era per quello." mi risponde un po' indecisa. Si è ritratta e si è portata le mani in grembo.

Forse posso capirla: quando ero bambino amavo restare con mio padre in panetteria. Mi faceva sedere sul bancone ed io lo guardavo mentre stendeva la pasta e tagliava le forme dei biscotti. C'è qualcosa di magico nel guardare una persona fare qualcosa che ama, nel proprio elemento, come Katniss nei boschi.
Alzo di nuovo gli occhi e questa volta lei non li allontana. Le sorrido appena e continuo a disegnare. Quando mi scappa una linea di troppo, Katniss è pronta di nuovo con la gomma in mano. Si sporge appena sul tavolino, la treccia le cade sui fogli e cancella. Ha il viso così vicino al mio che riesco a notare una piccola cicatrice rosa e tonda, quasi fosse una goccia vicino all'attaccatura dei capelli.
"Ecco." dice distraendomi e mostrando con soddisfazione quel punto che è tornato bianco.

E' davanti a questa scena che mi torna in mente un ricordo che fa quasi a cazzotti con l'immagine che ho davanti, eppure per quanto lo riguardi nella mia testa come un film non trovo niente che scintilli. "Ti ricordi le lezioni d'arte a scuola?" le chiedo mentre riprendo a disegnare. Katniss alza gli occhi ed aggrotta lo sguardo dove le si forma una piega di pelle confusa. "Sembravi così fuori posto."

"Ah!" si ricorda finalmente. Sorride appena mentre esplora anche lei il passato nei recessi della sua mente. "Non sono mai stata capace."

"Non hai mai provato." provo gentilmente e ci credo davvero in fin dei conti: come puoi sapere se sei capace o non sei capace a fare qualcosa se non ci provi mai? E' adesso che Katniss mi sorprende. Prende un foglio, lo rigira per vedere se è vuoto, mi strappa la matita da mano e prova a disegnare anche lei guardandomi attraverso le ciocche di capelli. Le vien fuori qualcosa che sembra un quadro impressionista: un omino con una penna... no, una matita in mano, seduto accanto a quello che sembra un tavolino. Quando completa aggiungendo i capelli ricci capisco che ha disegnato me.

Non riesco a trattenere una risata guardandolo, guardandomi e quando scoppio spero solo che lei non si offenda. Sembra il disegno di un bambino, disordinato e storto. Aspetto che cominci a ridere pure lei, ma non ce la faccio. Mi tengo la pancia e mi fanno male gli angoli della bocca. Indico il foglio ed indico lei, che mi lancia addosso la matita e poi incrocia le braccia.

"Non è divertente." dice solo.

Oh sì che lo è! La sua reazione non fa altro che renderla ancora più buffa, ma dagli occhi sembra quasi che voglia picchiarmi per davvero, così mi sforzo e provo a calmarmi. "Scusa, scusa!" alzo le mani e mi allontano, ma Katniss è veloce e mi afferra per la felpa e mi da un pizzicotto sul braccio, che mi massaggio per darle almeno questa soddisfazione. Poi recupera di nuovo la matita che nel frattempo era caduta a terra e me la allunga. Si riposiziona come prima ed aspetta.

Appena abbasso gli occhi mi sembra di scorgere l'accenno di un sorriso ed allora non riesco a trattenere il mio. Chiacchieriamo di nuovo della scuola, delle lezioni di arte e di quelle di storia. Mi dice che le piaceva la biologia, capire le piante e gli animali, che quando tornava a casa suo padre le parlava di quella o quell'altra radice, perché una facesse bene e l'altra facesse male. Mi rendo conto che mi sta raccontando storie che non ho mai sentito, di quest'uomo fantastico che aveva in comune tanto con sua sorella e tutto il resto con lei e capisco perché l'amasse tanto. Magari più tardi potrei proporle di scrivere anche di lui.

Man mano che il disegno prende forma qualcosa cambia. Chiacchieriamo ancora ma Katniss non sorride più. Si copre la bocca ogni tanto e poi chiude gli occhi cercando di sopprimere quello sprazzo di vita che le si forma sulle labbra. Non sembra più a suo agio: cambia posizione continuamente, prima si tiene una gamba, poi la mette sotto al cuscino su cui è seduta e poi ancora si nasconde dietro alle ginocchia.
Quando vede sulla carta sua sorella tendere una mano verso la sua capretta, Katniss si ammutolisce del tutto.
"Ti piace?" le chiedo per ottenere una reazione.

"E' perfetto." mi risponde a voce bassa e sbattendo le palpebre.
Vorrei allungare una mano ed abbracciarla, accarezzarle la schiena e tenerla stretta mentre piange, ma ho paura che qualunque contatto possa solo metterla più a disagio, così me ne sto al mio posto, nervoso, a guardarla. Katniss allunga una mano, tocca il disegno con la punta delle dita e come se quel gesto avesse potuto aprire le dighe, dai suoi occhi cadono un fiume di lacrime. Non bada minimamente a me, piange come se non ci fosse nessuno a guardarla. Mi fa conoscere quella parte distrutta di sé. Non quella algida, fredda e muta, ma quella ferita. Rotta.

"Non dovrei essere qui." irrompe tra le lacrime con voce singhiozzante, alta, come se stesse dando voce alla sua sofferenza. "Non io, non io..." continua e allora mi sciolgo, la raggiungo e lascio che pianga sulla mia spalla. La stringo forte, chiudo tra i pugni la sua maglietta e nascondo il viso nell'incavo del collo.

Ecco un'altra cosa che ho imparato del vecchio me: non sopporto vedere Katniss che soffre. Non ho sopportato nemmeno sapere che lei non mangiava quando ero a Capitol, cosa mi faceva pensare che sarei stato forte abbastanza da resistere qui? Ogni cosa che lei fa, che lei dice o che prova mi colpisce nel profondo su tutto il petto. Mi faccio coinvolgere in questa spirale di sofferenza e penso anch'io ai miei genitori ed ai miei fratelli, che non possono vedere questo nuovo mondo, non possono conoscere la pace e non possono avere una loro tomba. Non possono aiutare nella ricostruzione come sto facendo io, non possono più mangiare uno stufato come quelli che fa Sae, non possono preparare il pane per sua nipote, non possono sentirsi parte del distretto, camminare per le strade oltre il coprifuoco, progettare un futuro senza gli hunger games o prendere la vita un giorno per volta senza avere paura.

Quando le mie lacrime si mischiano alle sue, entrambi ci calmiamo. Me ne sto ad occhi chiusi ispirando l'odore di shampoo fruttato nei suoi capelli, rubandole calore dalla pelle e dal fuoco nel caminetto. Mi sento gli occhi gonfi e pesanti, complice anche il fumo profumato della frutta bruciata.
Katniss si poggia col mento sulla mia spalla. Strofina una tempia contro la mia guancia ed io la stringo più forte. "Mi sento in colpa." confessa Katniss di punto in bianco, con un filo di voce che è appena un sussurro. Stringe nei pugni l'orlo della mia maglietta alla base del collo. Le sue dita mi sfiorano sulla nuca e rabbrividisco nonostante faccia così caldo.

"Per cosa?" le domando, cercando di mantenere il contegno. Mi raddrizzo, la avvolgo meglio e nascondo di nuovo la testa tra il collo e la sua spalla.

Katniss prende un respiro profondo. Complice il fuoco, sembra sentirsi in vena di confessioni. "Mi piace andare a caccia, l'acqua calda della doccia, i tuoi panini" elenca "e lei non c'è." conclude. La sua voce è pesante e sembra quasi far fatica ad uscirle dalla bocca, lo scoppietto delle fiamme la copre quasi del tutto e devo far fatica per capire.

"Katniss," comincio a dirle e lei alza il capo sull'attenti, quasi sorpresa di sentirmi pronunciare il suo nome, per poi riaffondare il naso sulla mia spalla, redendomi sempre più difficile esprimere un discorso coerente. Adesso capisco perché per Capitol è stato così facile manipolarmi. "non c'è niente di male a voler vivere." riesco a dirle "Lo vorrebbe anche lei." le indico col mento e guardo quei fogli che ha scritto di suo stesso pugno.

Katniss rompe l'abbraccio e segue i miei occhi. Guarda anche lei quei fogli e li sfiora con le dita, cercando un contatto fisico con la sorella. Sorride triste mentre i suoi occhi si imperlano di lacrime. Quando torna su di me si pulisce gli occhi con la manica della felpa e cerca di parlare come niente fosse. "E questa dove l'hai sentita?" mi chiede con scetticismo, quasi le avessi detto una sciocchezza ed un po' ha ragione. E' quello che pensavo anch'io quando l'ho sentito per la prima volta.

"Il Dottor Aurelius." confesso alla fine e lei sorride nervosa tra le lacrime ed allora sorrido anch'io. Mi fissa ed anch'io la fisso. "Ti prometto che andrà meglio.". Una ciocca di capelli è sfuggita da quell'ordinata treccia che le cade su una spalla. Vorrei prenderla e rigirargliela delicatamente attorno all'orecchio, ma ho quasi paura di quello che possa farmi la sensazione della sua pelle sotto la punta delle mie dita. Katniss avrebbe i brividi, chiuderebbe gli occhi e schiuderebbe le labbra. Ed allora io come potrei rimanere seduto e non fare niente? Come potrei restare fermo e trattenermi col profumo di arancia bruciata ed il caldo del caminetto che sembrano spingermi verso di lei?

"Anche questa il dottor Aurelius?" mi chiede lei di nuovo perplessa, interrompendo quasi, ma non del tutto, le mie fantasie. Con un movimento impercettibile si fa più vicina, tanto che forse non deve essersene accorta neanche lei. Chiudo gli occhi e la rivedo con le labbra aperte che quasi mi chiama. "Ti ha riempito di stupidaggini." aggiunge lei e ridacchia nervosa con gli occhi ancora gonfi ed umidi.

"Meglio di quelle di Capitol." confermo io e ridacchio con lei. Mi fa ridere e questo non lo ricordavo. E' intelligente, determinata, forte, bella ed anche spiritosa. Sono affascinato da tutte le qualità che possiede. Poi si gira, guarda il fuoco che si sta per spegnere e sbadiglia. Il nostro momento di debolezza è finito ed è meglio tornare a casa, perché se resto le chiederò di dormire con me, parleremo di Prim, della mia famiglia, piangeremo e... Lei è pronta? Io sono pronto? Per parlare, intendo. Ovvio, certo che intendessi quello. "E' meglio che vada."

Katniss mi guarda come se fosse sul punto di dirmi qualcosa, si lecca le labbra imporporandole ancora di più alla luce del fuoco, ma torna sui suoi passi ed annuisce soltanto.
Mi sembra di essere rimasto qui un tempo infinito. Quando mi rialzo la gamba buona scricchiola mentre l'altra cigola. "Buona notte." Le sussurro e vorrei baciarla tra i capelli. Mi volto subito per non restare qui a fissarla ripetendomi che siamo amici e null'altro.

"Peeta!" mi chiama. Nella voce c'è un'urgenza che quasi mi ricorda l'arena. Mi giro aspettando che mi chieda di restare. Sembra pensarci e tentennare indecisa. "Buona notte." mi dice alla fine ed io le sorrido e basta. Nell'ultima immagine che ho di lei, è ferma a guardare il disegno di sua sorella. Me ne vado e spero solo che stanotte riesca a dormire.

Quando sono a casa da solo, mi butto sul letto, chiudo gli occhi e la rivedo. Katniss abbassa la testa, una ciocca di capelli le copre una guancia e mi guarda da sotto alle sopracciglia. La bocca è schiusa, la pelle calda, il cuore che le batte a mille. Avrei dovuto prenderle una mano. Avrei dovuto farle sapere che c'ero, rassicurarla, aiutarla. Perché non sembra mai abbastanza? Perché ogni volta che ottengo qualcosa da lei voglio sempre di più?
Mi rigiro e mi lascio cullare e per la prima volta da mesi riesco a sognare.


 




Angolo dell'autrice
Buon giorno, care mie! 
Chiedo scusa per il ritardo, ma sto avendo non pochi problemi a lavoro ed il tempo per scrivere si è vagamente ridotto. E' probabile che impieghi un paio di settimane anche per il prossimo capitolo, ma tornerò!
Beh in questo capitolo le cose cominciano a smuoversi. Che ve ne pare? Soprattutto di Katniss :P vi chiedo perché il mio terrore folle è di andare OOC.
Resto in attesa di pareri, spero che la storia finora vi stia piacendo e bacioni :* Alla prossima!

  
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