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Autore: Leila 95    11/03/2018    2 recensioni
Ho voluto raccontare ancora il viaggio di Han Solo e della Principessa Leia verso Bespin, stavolta però attraverso gli occhi del Capitano.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chewbacca, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal diario di bordo del Capitano Solo'
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Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:20

Ventisettesimo giorno di viaggio verso Bespin.
Il passaggio di una pioggia di meteore lungo la rotta impostata ha rallentato il nostro viaggio verso Bespin. Non si segnalano comunque danni o problemi alla nave.

 
Ce ne stiamo sfatti e abbracciati sul letto, dopo aver trascorso la serata a giocare a Sabbac e a spartirci una bottiglia di ottimo scotch andoriano. Sta diventando sempre più difficile trovare qualcosa da fare per ammazzare il tempo, e quindi ho pensato bene di avviare la principessa ai misteri del gioco d’azzardo: se in un primo momento Leia stava miseramente perdendo, alla fine è stata capace di battere sia me che Chewie – c’era da aspettarselo, visto quanto è brava nello studiare strategie con cui sconfiggere i nemici.
Il suo corpo premuto sul mio non mi dà fastidio, anzi è un piacere poterla tenere così vicino, e la sua mano stringe la mia in una stretta debole ma decisa, come a dire che non è per nessun motivo intenzionata a lasciarmi andare. So che non sta dormendo, perché la sento fare le fusa come un cucciolo di Wentoc ogni volta che con la mano libera la accarezzo o la stringo un po’ più forte. Guardo le nostre dita intrecciate e mi stupisco ancora una volta per come sono andate a finire le cose.
Siamo stati entrambi molto bravi a farci del male, a dare ciascuno il peggio di sé per il gusto perverso di farci odiare dall’altro, mentre in realtà stavamo odiando noi stessi per essere così insopportabili e meschini. Non ci siamo risparmiati a offenderci, a ferirci, a lacerarci l’anima, quando avremmo potuto alzare bandiera bianca già parecchio tempo fa. La resa non è mai stata una cosa facile, né per me né per lei, eppure stavolta ci siamo dovuti arrendere entrambi: non l’uno all’altra, ma all’amore – un sentimento che non avrei immaginato di poter più provare, dopo tutto quello che mi è capitato, tutto quello che ho vissuto. Non avrei mai creduto che fra le braccia di questa piccola principessa, di questa ragazzina così giovane e al tempo stesso così incredibilmente forte, potesse esserci l’unico porto sicuro in cui io sia mai atterrato, l’unico posto in cui possa dire di sentirmi a casa – io che una casa vera non l’ho mai avuta. Vorrei che questo viaggio non finisse mai, perché arrivare significherebbe assumerci le nostre responsabilità e mettere una pietra sopra a questo sentimento che ha la potenza devastante di una tempesta di asteroidi e che ci sta distruggendo, entrambi…ma quando mai ho fatto qualcosa di saggio, di responsabile?
 
Una cosa che Chewie ha ululato prima, mentre stavamo giocando, mi tiene in agitazione e mi impedisce di cedere al sonno. Ha fatto un commento in riferimento a quello che è successo su Ord Mantell – durante quella nefasta missione in cui mi sono beccato una bella scarica di fulminatore in piena pancia che mi ha costretto per tre settimane a ingurgitare solo le razioni schifose dell’infermeria su Hoth, senza poter toccare neanche un goccio di alcol per risollevare un po’ lo spirito: ha accennato a quanto, in quella occasione, la principessa sia stata in pena per me e a quanto lui abbia dovuto farle continui rapporti sul mio stato di salute per tranquillizzarla del fatto che stessi bene. Eppure io non ricordo di averla mai vista al mio capezzale: non è mai venuta a trovarmi, né siamo più riusciti davvero a chiarirci dopo il nostro litigio avvenuto sul pianeta. Se io mi ero esposto così, se mi ero fatto sparare da quell’imperiale, era stato per salvarle la vita – mi sembrava che fosse chiaro – e invece per tutta risposta lei ha mostrato il gelo più glaciale nei miei confronti dopo quell’episodio, come se fosse successo qualcosa fra di noi, qualcosa che tuttavia non riesco a ricostruire. Ricordo molto poco di quei giorni, specie dei primi, nei quali sono stato praticamente sempre incosciente, quindi non ho davvero idea di cosa possa averla allontanata così tanto.
 
“Leia” la chiamo dolcemente.
Il solo fatto di averla chiamata per nome la mette in allarme, lo vedo nei suoi occhi e nel modo in cui prontamente si solleva a guardarmi. “Che c’è?”
“Posso farti una domanda?”
Annuisce, vagamente inquieta.
Non posso più resistere con questo dubbio. “Che cosa è successo su Ord Mantell?” le chiedo.
“Cosa?”
“Che cosa è successo…dopo che quel farabutto mi ha sparato?”
“Sei svenuto quasi immediatamente, appena toccato il suolo, e ho dovuto chiamare Chewie per riportarti a bordo. Si è occupato lui di spogliarti e di medicarti, e sei rimasto incosciente finché non abbiamo raggiunto la base su Hoth” racconta. Ecco che emerge il suo spirito militare un rapporto asettico e conciso, non quello che volevo sentirmi dire. “Come mai ti è venuto in mente adesso?”
“Chewie ha detto che tu volevi essere informata costantemente sulle mie condizioni, che gli hai chiesto continui aggiornamenti…”
La diplomatica che è in lei risponde prontamente. “È vero. Volevo accertarmi che stessi bene, come faccio sempre per i miei uomini migliori.” Mi stupisco ogni volta di quanto sia brava a difendersi dagli affronti personali, di quanto sia sempre pronta a non mostrare il suo lato debole. Stavolta però non sono disposto a bermi la sua diplomazia.
“Stai mentendo. Tu eri preoccupata per me, non volevi che mi accadesse niente di male. Non è vero?”
Sbuffa frustrata. “Perché mi stai torturando con questo interrogatorio, Han? Cosa vuoi che confessi, che ero angosciata dal pensiero che tu morissi?”
“Allora ci tieni davvero a me?” la schernisco. “Sei stata in pena per tutto quel tempo e…”
I suoi occhi fiammeggiano a sentire la mia presa in giro: ho toccato un tasto che non avrei dovuto toccare. Si allontana repentinamente, svincolandosi dal mio abbraccio. “Brutto bastardo! Tu non hai idea di quello che ha significato per me vederti accasciato lì a terra, al posto mio…se tu fossi morto, non avrei potuto sopportarlo e non me lo sarei perdonata mai.” È arrabbiata, furiosa, perché l’ultima cosa che desiderava era mostrarsi così fragile davanti a me, farmi vedere quanto fossi importante per lei. Stringe i pugni mentre ricaccia a forza le lacrime che già accennano a rigarle il viso.
Nonostante la sua ritrosia allungo una mano per accarezzarle la guancia arrossata. “Ascoltami bene, Leia. Lo avrei fatto altre mille volte, pur sicuro che sarei morto, per salvarti la vita” le dico. “Tu hai persone che ti stimano che ti vogliono bene, a cui importa qualcosa di te. Meriti di vivere, molto più di quanto lo meriti io.”
Mi guarda per un attimo senza dire nulla, assorbendo il significato delle mie parole. “Non è vero” sussurra. “A me importi.” Inaspettatamente mi prende il volto fra le mani e mi bacia con trasporto, con inusitata passione. Posso sentire la disperazione e l’angoscia che ha provato al pensiero di perdermi nel modo in cui la sua bocca mi divora senza pietà, con foga tale da tagliarmi un labbro coi suoi denti fino a farmi sanguinare. Quando se ne accorge, si allontana da me mormorando una debole scusa. Passa il pollice sul mio labbro per togliere la goccia di sangue e si mette a sedere, a distanza di sicurezza.
Mi passo la lingua sulle labbra che sanno ancora di lei, ansimando, mentre cerco qualcosa da dirle. Sono quasi spaventato dalla impulsività e dalla fierezza che ha mostrato questa sera. Senza sapere neppure io come ho liberato la belva che è in lei e che non immaginavo potesse davvero esistere: non la frigida e innocente principessa né la prudente senatrice, ma la donna indomabile il cui fuoco si nasconde sotto la cenere del garbo e della diplomazia.
Leia è incapace di mezze misure: o tutto o niente, l’ho sempre saputo. Nelle battaglie, nella strenua difesa dei suoi principi e degli ideali in cui crede, e ora in questa relazione che ci lega e ci avvinghia in modo quasi patologico.
“Scusami” dico a mezza voce. “Non volevo prenderti in giro.”
Scuote la testa, sorridendo debolmente, come a dire che non ha importanza, ma vedo che i suoi occhi sono ancora lucidi. Perché le parole fanno sempre così male? Perché le mie parole non fanno altro che farla soffrire? Non si merita di essere trattata così, non dopo che si è esposta fino a questo punto, aprendomi il suo cuore e mostrando i suoi sentimenti più profondi.
“Tienimi stretta” mi supplica. “Non voglio passare a litigare il poco tempo che ci resta insieme.”
La accolgo fra le mie braccia e la stringo più forte che posso, cercando di comunicare con questo abbraccio quanto anche io tenga a lei. “Ero lì per proteggerti, Leia. E lo avrei fatto, a qualunque costo.”
“Io...l'Alleanza ti è grata per quello che hai fatto.”
Odio quando si nasconde dietro questo plurale di circostanza, per non esprimere direttamente quello che pensa. “Smettila di tirare in ballo l'Alleanza” la interrompo spazientito. "Loro non c'entrano niente in questa faccenda. L’ho fatto solo per te – di loro non me ne frega niente, lo sai?”
Sorride. "Lo so."
“Tu sei troppo preziosa perché io possa permettermi il lusso di perderti" confesso. "Farò di tutto per tenerti al sicuro." Finché staremo insieme, finché non uscirò per sempre dalla tua vita. La bacio avidamente sulla guancia e sul collo, intossicato dai sentimenti che si agitano dentro di me. "Mi hai capito bene?"
Annuisce afferrando i miei capelli e tirandoli fino quasi a farmi male.  “Han, io…” Le sue parole le muoiono in gola, perché la metto a tacere baciandola di nuovo. So che vuole dire e so di non essere pronto ad ascoltarlo.
Ti amo anch’io, Leia.

   
 
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