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Autore: Ghen    12/03/2018    9 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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5. Supergirl


La pallina planò per aria; sembrava destinata a cadere sull'erba in balia delle giocatrici che, sudate e col fiatone, si stavano addossando tutte là sotto in attesa di acchiapparla per prime, con le loro stecche da lacrosse pronte. Nessuno si aspettava di vedere una delle giocatrici dalla maglia rossa e blu saltare così in alto, sembrare volando illuminata dall'impianto di luci del campo, e prendere la palla per prima, custodendola nella rete della stecca.

«Lo ha detto con una strana espressione, Alex… Non credo di inventarmi le cose».
«Che cosa era?», barbugliò con la bocca piena di schiuma di dentifricio, «Cos'era che ha detto? Io neanche mi ricordo».

Tornata sull'erba, la numero dieci iniziò a correre per mantenere il possesso della palla. Una giocatrice della squadra avversaria le si gettò contro ma, spalla contro spalla, ebbe la peggio, finendo sull'erba. Due giocatrici, in attesa del suo arrivo, piantarono i piedi a terra; ma niente sembrò poterla fermare: le andò incontro e si aprì con forza un varco per correre indisturbata verso la porta.

«La cosa sulla vaniglia… Che ne mangerebbe sempre, o qualcosa del genere».
«E allora? Non ho capito», si abbassò per sputare la schiuma sul lavandino.

La numero dieci piantò il piede destro per frenarsi, ruotando il corpo alzò le braccia con la stecca in tensione e lanciò la palla in direzione della porta con tutta la forza che aveva. Il portiere sembrò intercettarla ma era troppo tardi: la palla, veloce, era già dietro di lei, contro la rete della porta. La squadra rossa e blu conquistò un altro punto e, nel festeggiare, si tolsero i caschi, prendendo aria. La numero dieci sganciò il casco e i suoi capelli biondi le scesero sulle spalle; lo mantenne sotto il braccio destro intanto che, respirando con affanno, si portò le mani contro i fianchi.
«Questa è… Supergirl!», gridò un ragazzo mentre la telecamera si spostava sul suo faccione, lasciando il campo. «Capite? È pazzesca».
Lena sospirò, mettendo in pausa il video. «È proprio una super ragazza», sussurrò. Chiuse la pagina e la sua espressione cambiò, focalizzando il suo sguardo su vecchi articoli di giornale.

«Quando tu e Maggie ancora non eravate arrivat-».
«Non siamo arrivate insieme, te l'ho detto».
«Non intendevo-», sbuffò, «Quando voi ancora non c'eravate lei aveva detto qualcos'altro sulla vaniglia, del tipo che era il gusto per me, che mi rappresentava». Guardò Alex che a sua volta la guardava nel tentativo di capire. «Prima dice una cosa come che io sono la vaniglia, e poi che ne mangerebbe sempre con un tono di voce strano e mordendo il cono in modo ancora più strano», aggrottò le sopracciglia, in special modo dopo che Alex si lasciò andare a una grande risata, «E mi guardava…».
«Va bene, datti una calmata, Kara», continuò a ridere, cercando di non gridare poiché era notte e dovevano già essere a letto a quell'ora. «Stai cercando di dirmi che Lena Luthor stava flirtando con te?».
Lei arrossì, facendosi indietro. «Beh, no… ma-».
«No, Kara. Lena Luthor ha solo trovato un altro modo per stuzzicarti! E tu come al solito ci caschi con tutte le scarpe», diede una pacca sulle spalle della sorella, sorridendo ancora. «E adesso andiamo a dormire, ti prego. Domani torniamo a casa, ricordi? Hai pensato a questa cosa della vaniglia per giorni e non ti sei ancora sistemata il trolley».
«L'ho fatto. Quasi. Sistemo prima di andare, ho tempo».
Aprirono la porta del bagno e Alex le diede la buonanotte, andando a chiudersi in camera sua. Kara aprì la porta della sua stanza e, notando che Lena non c'era, tornò indietro verso il soggiorno. Vide la luce del suo laptop che illuminava la stanza nel buio, davanti al divano, e decise di raggiungerla. Appena Lena si accorse di lei chiuse la pagina delle email.
«Non hai sonno, vaniglia?».
«Sai, preferirei che tu non mi chiamassi in quel modo…», arrossì involontariamente.
«Allora so per certo che voglio chiamarti in quel modo», rise, ma non sentendo risposta da parte sua alzò lo sguardo dallo schermo, verso di lei. «Va bene: Kara. Stavo scherzando».
Sullo schermo comparivano scannerizzazioni di vecchi articoli giallognoli di giornale, scorse Kara. In grosso lesse il nome di Lionel Luthor. «Che tipo era tuo padre?».
«Molto riservato, a volte distante. Ma era un brav'uomo e quando ero bambina», Lena sorrise, adocchiando una vecchia foto del suo viso più giovane su quelle pagine di giornale, «mi prendeva sempre in braccio e giocava con me o mi raccontava delle storie». Poi scosse la testa, di colpo. «Forse lo faceva anche con Lex quando aveva la mia stessa età, non c'ero per saperlo».
Kara la fissò con attenzione, illuminata dalla luce dello schermo: era seria, ma le guance arrossate e gli occhi lacrimosi la tradivano. «Mi dispiace davvero per tuo padre».
Lena annuì. «Avrei voluto avere più tempo con lui. Quando cercavo informazioni sulla mia vera famiglia trovai solo mia madre», la guardò, «Avevo quattro anni quando morì e io fui adottata dai Luthor. Non sapevo nulla sul mio vero padre, non potevo avere idea che…», scosse la testa guardando di nuovo quei vecchi articoli. «Ero così arrabbiata con loro perché non volevano che cercassi la mia vera famiglia per poi sapere che ero frutto di un tradimento di Lionel Luthor con una donna che poi morì di cancro». Kara aspettò a dire qualcosa. «Immagino che Lillian non volesse che conoscessi la verità perché lui l'aveva tradita».
«Forse…», si azzardò a prendere parola, piano, «Forse non voleva che la guardassi in modo diverso. Come se fosse meno genitore».
«Come se fosse mai stata madre dell'anno, con me. Mi ha accettata solo perché non voleva che saltassi fuori dopo anni come una figlia illegittima di suo marito», rise, ma senza ilarità nello sguardo, chiudendo la pagina che conteneva gli articoli, «Avrebbe creato qualche scandalo. Adottarmi e nascondermi la verità avrebbe reso le cose più semplici per tutti. Non sa che io lo so».
A quel punto si zittirono entrambe, soprappensiero.
«Cosa pensi di fare, adesso, con Lillian?», le chiese Kara, «Non ti ha mentito sulla sua morte…».
Lena restò immobile, sembrò pensarci ancora a lungo e sul suo viso apparve una piccola smorfia, che tentò di arginare sul nascere. «Non farò niente. Sembra che stia con tua madre per vero interesse e io non posso che fare loro gli auguri», cercò di sorriderle, ma non sembrava sincera. «Non ho nulla contro Eliza; lei sembra davvero, davvero in gamba».
La vide spegnere il laptop e Kara si alzò, stirandosi braccia e schiena, lasciandosi andare a un grosso sbadiglio.
«Sembra che qualcuno stia cascando dal sonno».
«Non ne hai idea».
Si ritirarono sotto le coperte e, nonostante il sonno, pareva che nessuna delle due fosse pronta a dormire.
Kara si girò dalla sua parte e tentò di inquadrarla nel buio, dove le sembrava di vedere i suoi capelli. Sbadigliò di nuovo, cercando di contenerlo contro il cuscino. «Lena…?», chiamò subito dopo a bassa voce, nel caso stesse dormendo.
«Dimmi».
«Perché sei venuta qui se non ti piaceva la situazione di Lillian? Alex ed io saremmo tornate comunque, è casa nostra, ma tu potevi fare come tuo fratello, trovare la scusa di un impegno… una cosa del genere».
«Sì, beh… Come ho detto, Lillian non è mai stata madre dell'anno, ma è pur sempre mia madre. È la mia famiglia».
Kara sorrise e poi le diede la buonanotte.

La mattina successiva, casa Danvers-Luthor si trasformò in un pandemonio.
Kara Danvers correva da una parte all'altra della casa per recuperare tutto ciò che le serviva da mettere nel trolley, in ritardo. Eliza era dietro ai fornelli da tre ore e la cucina era piena di teglie e piatti e pentole con cibo che le sue figlie avrebbero portato con loro a National City. Alex cercava di spiegare a quest'ultima che non stavano partendo in missione per l'Africa ma che erano a un'ora da lì, e che tutto quel cibo non ci sarebbe stato nei loro bagagli. Dopo aver finito di svuotare la metà dell'armadio che aveva occupato in camera di Kara, Lena Luthor si era seduta sul tavolo davanti alle prelibatezze cucinate da Eliza assaggiando qualcosa mentre leggeva un giornale. Lillian, invece, passeggiava per tutta casa fotografando la famiglia nell'ultimo giorno di vacanza tutte insieme, prima del loro ritorno ad agosto.
Si era fermata in cucina, alzando il selfie stick davanti a lei e fotografandosi dietro Eliza e Alex che discutevano.
«Quelle non le metterai su Instagram, vero?», le domandò Alex, mentre Lillian si allontanava, dopo aver scattato un'altra foto di lei accanto a sua figlia Lena che leggeva.
«Lo scoprirai domani», rispose lei per sua madre, senza staccare gli occhi dal giornale, sfogliando una pagina.
«Elizaaa!», Kara si affacciò dalla porta dopo una corsa per casa, decisamente allarmata. «Hai visto il numero 432 del CatCo Magazine? Non lo trovo da nessuna parte».
«Sicura di non averlo già messo nel trolley, tesoro?», rispose, per poi soffiare sull'arrosto di patate e carne che stava tirando fuori dal forno.
«L'ho svuotato quattro volte, non c'è».
«Hai provato nel tuo letto?». Tutte si voltarono verso Lena e lei ricambiò gli sguardi, alzando le sopracciglia. «Cosa…? Ci ha dormito addosso, l'ho visto quando mi sono alzata questa mattina! Magari è ancora lì», aggiunse, guardandola.
Kara corse subito, aveva già fatto il letto ed era certa che non c'era, ma guardare di nuovo non sarebbe stato un problema. «Trovato», gridò poco dopo e Lena riprese a leggere, fotografata da Lillian.
Eliza e Lillian accompagnarono le ragazze verso la stazione in macchina, poiché non avevano più un solo bagaglio a testa ma due, dovendo portarsi dietro buste piene di recipienti con il cibo preparato dalla prima. Era tutto con loro poiché non aveva permesso a nessuno di toccare qualcosa per pranzo, preferendo dei panini veloci con poco entusiasmo da parte di Lillian, che Eliza convinse per provare qualcosa di nuovo. Aveva preparato i recipienti anche per Lena, che arrossì con non poco imbarazzo quando se li ritrovò da portar via. Tuttavia, era senza dubbi Kara quella più felice di avere tutte quelle bontà con sé.
Salirono sul treno e salutarono le loro madri dal finestrino prima di andare a cercare posti a sedere, mentre Lillian Luthor scattava loro l'ultima foto.
Kara sospirò, sedendosi dalla parte del finestrino. «È andata bene».
Al suo fianco, Alex svuotava la sua busta con i recipienti di cibo, controllandoli uno a uno e, ogni tanto, passandone qualcuno a Kara, che metteva nella sua.
Lena guardava il lavoro che facevano con estremo interesse: sembravano piuttosto abituate.
«Io scendo prima, ragazze. Mi aspetta Maggie», sussurrò Alex. «Passerò da lei prima di tornare a casa. Magari le lascio qualcosa», aggiunse, continuando a guardare i recipienti. Kara le sorrise maliziosa e la sorella le picchiettò il recipiente che aveva in mano contro un ginocchio.
«Ahio», sbuffò, «Non sono indistruttibile, sai?».
«Mh, credevo di sì, Supergirl».
Alex salutò affettuosamente Lena e poi Kara, dicendole che si sarebbero risentite presto, così scese, portando con sé la sua borsa e una busta con i recipienti decisamente più leggera. Le due si affacciarono al finestrino e la videro ritrovarsi con Maggie con un abbraccio e poi un bacio. Il treno ripartì.
«Non vivono insieme?», domandò Lena con curiosità.
«No. Non volevano affrettare le cose…».
«Allora non stanno insieme da tanto».
«Quasi un anno».
Lena annuì. Non si dissero più niente, ascoltando i chiacchiericci delle altre persone sul treno, da chi metteva musica e chi rideva in compagnia, forse a voce un po' troppo alta. Lena la scrutò quando era impegnata a guardare fuori, ricordando il video in cui giocava a lacrosse: sembrava così veloce, così forte, così capace. Capiva perché la chiamassero in quel modo. Kara Danvers sembrava la perfetta copertura per una super ragazza, con quei suoi modi goffi e il dolce sorriso. Si domandò perché avesse aspettato tanto prima di provare a cercare su internet video su di lei; avrebbe voluto vederla prima, per tentare di capirla di più.
«E tu?», Kara richiamò la sua attenzione e arrossì appena, «Stai con qualcuno, Lena?».
«No. Jack ed io ci siamo lasciati l'anno scorso, dopo cinque anni insieme».
«Cinque anni?», spalancò gli occhi. Tenne aperte le orecchie nel sentire che il treno si avvicinava a una stazione, ma la sua sarebbe stata la successiva. «Wow, è… tanto tempo».
Lei guardò oltre il finestrino quando il treno si fermò e alcuni passeggeri cominciarono a scendere, ma il suo sguardo sembrò distante. «Pensavamo che un giorno ci saremmo sposati».
«E cos'è successo?». Cominciava a credere che la morte del padre di Lena avesse influenzato la sua relazione con quel ragazzo, ma ma preferì tenere quel pensiero per sé.
«Niente di troppo scenico, semplicemente ci siamo accorti che eravamo due persone completamente diverse che avrebbero dovuto prendere due strade diverse. Eravamo due ragazzini quando ci mettemmo insieme… Avevamo in comune tante cose, e altre ne abbiamo ancora ora, ma siamo cresciuti individualmente». Il treno ripartì e Kara cominciò a sistemare meglio i suoi bagagli per scendere alla prossima. «Più che altro, lui piaceva più ai miei genitori che a me».
Kara rise. «Anche a Lillian Luthor?».
«Soprattutto a Lillian Luthor: ricco, di buona famiglia, un ragazzo di scienza. Ci stava già preparando gli inviti per il matrimonio». Risero di nuovo e quando Kara udì il treno che annunciava la fermata guardò Lena con un misto di tristezza.
«Devo scendere adesso».
L'altra annuì, guardando di nuovo fuori dal finestrino. Poi, come vide che la stazione si avvicinava, aprì la sua valigetta e fece qualcosa che Kara non capì, finché non la vide tenderle un biglietto. «Il mio numero privato», esclamò, passandoglielo, «Segnalo sul cellulare e poi fammi uno squillo».
«Oh, okay», sorrise e le sembrò di essere di nuovo stranamente in imbarazzo, infilandoselo nel taschino posteriore dei pantaloncini in jeans che indossava. «Non hai trovato il mio numero nei file che hai su di me?».
«No, è un peccato. Le informazioni più utili non sono segnate, accidenti».
Il treno si fermò e Kara si alzò lentamente, prendendo il trolley e la sua busta strapiena di contenitori.
«Sei sicura di farcela fino al campus?».
«Io? Pff», rise, «Sono Supergirl, non dimenticarlo», prese la busta contro il petto, sorretta solo dal braccio destro. «Tu, piuttosto? Non è che vuoi che scenda con te, così ti aiuto?».
«No, non preoccuparti. Non sarò Supergirl, ma ho i miei assi nella manica», sorrise a sua volta.
«Ti viene a prendere la macchina, vero?».
«Sei perspicace, Kara Danvers».
Kara si mise in fila con altre persone per scendere e stava per girarsi a salutarla, quando si sentì prendere per un braccio e tirare appena.
«Ehi, Supergirl: potrò venire a trovarti?».
Kara sorrise, camminando avanti e scendendo dal treno, spintonata dalle altre persone in fila. «Quando vuoi», le gridò prima che le porte si richiudessero.

Per com'erano iniziate quelle vacanze in casa Danvers-Luthor, Kara non poteva certo immaginare che alla fine non solo sarebbe riuscita ad andare d'accordo con Lena Luthor, ma che con tutta probabilità il loro rapporto si sarebbe evoluto in amicizia. Si sopportavano, riuscivano a discutere, tra loro c'era una certa sintonia, amava pensare. Ogni tanto Lena si lasciava andare con qualche scherzo, ricordando il gelato alla vaniglia, ma tutto sommato era affrontabile. Sorrideva felice al pensiero del foglietto con il suo numero di telefono, sapendo che l'avrebbe chiamata non appena sarebbe tornata nella sua camera.
Dopo l'identificazione oltrepassò il cancello del campus, insieme a due automobili. La seconda le suonò il clacson e un ragazzo tirò fuori la testa dal lato del passeggero. «Supergirl!!», esultò e lei sorrise, continuando a camminare.
Il campus era enorme, composto da quattro edifici che si guardavano l'un l'altro componendo un quadrato, distanti un grandissimo parco con alberi, stagni e stradine sterrate ideale per fare passeggiate, jogging o anche solo per respirare aria fresca o studiare in tranquillità. Si accedeva all'università passando per una strada dietro il dormitorio C oppure dal cancello dall'altra parte.
Come al solito, sotto i dormitori era pieno di studenti seduti sulle panchine, sui marciapiedi o negli scalini degli ingressi; ragazze e ragazzi che facevano gruppo, fumavano, altri cantavano, altri stavano al cellulare, alcuni si salutavano, probabilmente anche loro appena tornati da qualche giorno di vacanza. Avvicinandosi al dormitorio B, il suo, cominciò a intravedere facce conosciute. Un gruppo di ragazze la salutò con gesti della mano, altri fecero lo stesso, una ragazza le diede il bentornato con un abbraccio e un altro gruppetto la fischiò accompagnando ovazioni, chiamandola Supergirl. Una ragazza le fece la mano con un saluto e Kara poggiò la busta piena di cibo in terra, abbandonata con il suo trolley, per correre ad abbracciarla.
«Finalmente sei tornata, ragazza», disse l'altra, «Com'è stato a casa con mamma e aspirante mamma? Racconta».
«Mi sei mancata, Megan», sorrise, tornando indietro per recuperare la sua roba. L'altra non si trattenne a un commento di approvazione, scorgendo la mole di contenitori nella busta, e Kara rise: sapeva che di tutto quel cibo ne avrebbe approfittato anche lei. «All'inizio era un disastro, ma alla fine non è stato male. Poi ti racconto meglio». Le diede il suo trolley, mentre lei reggeva la busta con entrambe le mani; tre ragazze, sedute sugli scalini dell'ingresso, si alzarono subito per farla passare appena la videro venire verso di loro.
«Bentornata, Supergirl».
«Grazie», arrossì.
«Sì, raccontami bene dopo, anche perché prima dovresti andare a cercare qualcuno», le rispose Megan, entrando nell'edificio. Anche lei giocava nella sua stessa squadra, ma sapeva che la star di tutti lì era Supergirl ed era abituata all'accoglienza che le riservavano, senza darci troppo peso.
«È già qui?».
«È tornato ieri e pensava ci fossi: è venuto a cercarti cinque volte anche se gli avevo detto che non ti avrebbe trovata. Un tipo insistente…», rimarcò. Salirono tre scalini dopo l'ingresso, attraversando una sala piena di studentesse e alcuni studenti che passavano dai bagni al primo piano alle scale, dalle scale all'uscita. Altri la salutarono con gesti e sorrisi.
«Sì, è tipico da parte sua», rispose Kara, avvicinandosi alle scale. La guardò, parlando a bassa voce: «Secondo te perché gli ho espressamente chiesto di non cercarmi al cellulare questi giorni, se voleva rivedermi?! Non è un cattivo ragazzo, ma come hai detto tu è, appunto, insistente», aggrottò le sopracciglia, sbuffando.
«Kara!».
Le due si scambiarono uno sguardo mentre il ragazzo si avvicinava rapidamente. Le arrivò addosso e premette le labbra sulle sue, colta di sorpresa.
«Mike?! Che stai facendo?».
«Oh, troppo presto?», sorrise, guardando l'una e poi l'altra. «Pensavo che, visto che siamo stati lontani così tanto, volessi fare la pace». Non aspettò che lei rispondesse e le prese subito la busta dalle braccia, chiedendo poi a Megan se il trolley era di Kara, prendendo anche quello. Lei glielo lasciò scrollando le spalle e lui cominciò a salire le scale. «Lascia che ti aiuti! Accidenti, ma quanta roba c'è qui dentro? Tutta da Eliza?». Le due lo seguirono.
Megan aprì la camera con la sua chiave e Mike entrò per primo, lasciando la busta sopra l'unico tavolo e vicino il trolley, a terra, così si portò le braccia contro i fianchi, prendendo un grosso respiro, come soddisfatto. «Com'è andata la vacanza?», le chiese, intanto che Megan richiudeva e così si sdraiò su uno dei due letti nella piccola camera per poi mettersi nelle orecchie le cuffiette collegate al cellulare, sentendosi di troppo con il ragazzo lì, come al solito.
«Bene», lo abbracciò e lui la chiuse tra le sue braccia.
«Sono contento. E la dolce metà di Eliza? I tuoi nuovi fratello e sorella?».
«Sì… A proposito», si sedette sul letto dall'altra parte del muro, tirando fuori il foglietto dalla tasca dei jeans. Prese il cellulare e cominciò a digitare, intanto che Mike la guardava con curiosità.
«Chi chiami?».
«Lena», si portò il telefono all'orecchio, sentendolo squillare, «Tra poco ti spiego». Squillò per un po' fino a che la telefonata non si chiuse e Kara corrucciò lo sguardo. «Mi ha chiuso…». Perché lo aveva fatto? Pensava avrebbe risposto anche solo un attimo per dirle che si sarebbe salvata il suo numero in rubrica.
«Meglio, così possiamo cominciare a recuperare il tempo perso insieme, che ne pensi?», rise lui, dandole una mano per aiutarla ad alzarsi. «Così mi dici come hai passato questi giorni».
Salutarono Megan e uscirono insieme dalla stanza e poi dal dormitorio, andando a farsi un giro nel parco.

Parlare con Mike dopo giorni che non lo rivedeva e sentiva era soddisfacente, pensava Kara. Lui ascoltava e poi faceva qualche battuta delle sue come al solito. Era bello passare del tempo spensierato insieme a lui.
Mike era il suo ragazzo. Prima, certo. Prima che diventasse un po' troppo opprimente e che si sentisse di non respirare con lui al suo fianco. Gli aveva chiesto una pausa qualche giorno prima che partisse per tornare da Eliza e non che l'avesse presa bene, al contrario aveva tentato in tutti i modi di farla sentire in colpa per quella situazione, ma per fortuna la lontananza sembrava avergli fatto bene. E probabilmente anche a lei che, lo sapeva perché era successo altre altre volte, lo avrebbe perdonato prima che lui potesse avere il tempo di rifletterci.
Fecero una corsa seguendo le stradine del parco circondate da alberi. Mike tentò con tutti i modi di oltrepassare Kara e presto la corsa si trasformò in una vera e propria gara. Kara vinse, arrivando per prima al traguardo sul piccolo ponte che affacciava su uno stagno. Esultò e diede un rapido sguardo al cellulare nei jeans, scoprendo che Lena non l'aveva ancora richiamata. Mike si fermò col fiatone pochi istanti dopo, piegandosi e prendendo respiro a pieni polmoni.
«Ti prego, dimmi che hai… hai preso una scorciatoia quando ti ho perso, perché non ci credo che mi hai battuto di nuovo». Quando alzò il capo la vide con il cellulare contro un'orecchia, con sguardo seccato. «Ehi… Kara!».
Lei scese il telefono, rimettendoselo in tasca. «Eh, no! Sei tu che non sarai mai veloce quanto me», lo picchiettò contro una spalla.
«Non ci penso proprio ad arrendermi! Prima o poi sarò il più forte».
«Contaci», rise, dando un'altra veloce occhiata verso lo schermo. Si rattristì vedendo che non solo non rispondeva alle sue chiamate né chiamava a sua volta, ma nemmeno le aveva scritto un messaggio. Possibile si fosse dimenticata di averle dato il suo numero?
«Diventerò Superman».
«Man?», si voltò verso di lui, che si sedeva sul muretto del ponte per riposare. «Se io sono Supergirl, perché tu dovresti essere Superman? Non ti sta bene. Potresti essere Superboy, se ti comporti bene».
«Non ci provare! Io sono un uomo, Kara».
Lei si avvicinò, ridendo contro di lui. «Un uomo?».
«Un uomo di classe. Un grande uomo. Fossi in te, ci proverei subito con me, prima che io diventi un uomo non più disponibile». Si sorrisero, guardandosi negli occhi a poco l'uno dall'altra.
«Potresti non essere più disponibile?».
«Scherzi? Ho la fila davanti alla mia camera ogni mattina, quando apro la porta».
«Non lo dubito».
«Fai bene», lui si avvicinò un po' di più, guardando con bramosia le sue labbra, «Ma io sono qui per te». Le sfiorò le labbra con le sue e Kara improvvisamente si tirò via, guardando l'acqua dello stagno che si increspava al vento. «Cosa c'è?», chiese indispettito, alzando le braccia. «Cos'ho fatto adesso?».
«Siamo in pausa», disse, senza guardarlo.
«E allora? Se abbiamo voglia di baciarci non possiamo?».
«Non stiamo insieme, tecnicamente».
«Vale la mia domanda di prima».
«No», alzò la voce di scatto, guardando il ragazzo in faccia. «Non possiamo. Sto ancora cercando di capire se tra noi può funzionare, Mike, e questo non mi aiuta».
«Ma-Ma avevi voglia di baciarmi, no? E questo non ti aiuta?», tentò un sorriso. Scese dal muretto e la fissò aggrottando le sopracciglia, cercando di capire. «Non basta? Perché io ho già capito che voglio stare con te».
Lei scosse la testa, sospirando. «Io no. Non ho ancora capito se voglio stare o no con te».
Mike deglutì, girando anche lui lo sguardo verso un punto distante, palesemente ferito da quella dichiarazione. «Quindi vuoi davvero lasciarmi? Vuoi buttare all'aria tutto ciò che c'è stato tra noi perché non sai se vuoi baciarmi o no?».
«Non ho detto questo».
«Hai detto proprio questo… E io che perdo pure tempo con te».
Kara sospirò, guardandosi intorno con nervosismo. «No, non ho detto questo, non stai ascoltando! Come sempre, sei il solito testardo».
«Sei tu la testarda», sbuffò, «Cavolo…».
«E non ho detto che non volevo baciarti! È solo che… ho bisogno di tempo perché non sono sicura-».
Lui la interruppe: «Di noi. Intendi questo: di noi. Forse dovrei proprio dare una chance alle ragazze che fanno la fila per me».
«Oh, davvero?».
«Sì», annuì lui, mettendo le braccia sui fianchi, dando sicurezza alle sue parole, «Sì, penso che dovrei».
«Allora lo penso anch'io».
«Bene».
«Bene», chiosò lei, gonfiando le guance, prima di riprendere a correre, lasciandolo indietro.
A quanto sembrava, il tempo trascorso lontano non aveva poi cambiato così tanto la sua situazione con Mike. Era pronta a capire cosa realmente voleva ma lui non faceva che ostacolarla…
«Lo so che lui vuole stare con me, non fa che farmelo capire in tutti i modi, ma io-», si bloccò, guardando il cellulare che aveva lasciato su una mensola accanto al suo letto: ancora niente. «Ma io devo pensarci, pensarci bene».
«Secondo me», le disse Megan, interrompendosi solo per ingoiare una forchettata. «Dovresti pensare, sì, ma di lasciarlo». Kara la guardò contrariata e lei per tutta risposta scrollò le spalle. «Non ho capito: ne sei innamorata o no?».
Kara sbuffò. «Non lo so… Forse». Il cellulare squillò e Kara si sbilanciò per prenderlo tanto in fretta che sbatté uno stinco contro la sedia su cui era seduta, facendola scivolare a terra. La sua compagna di stanza la guardò appena, era abituata a scene di quel tipo, e continuò a mangiare la fettina cucinata da Eliza quella mattina. Prese il cellulare ma il sorriso nel suo volto svanì. «Oh… è solo Mike», si voltò verso di lei, allontanandosi dal tavolo verso la porta per uscire. «Devo rispondere», chiuse dietro di lei.
Megan inspirò, annuendo e continuando a tagliare la sua fettina. «Innamoratissima…», bisbigliò per sé.

Sapeva che a volte era più difficile di quanto sembrasse stare con Mike Gand. Anche con lui, un po' come con Lena, le cose non erano andate subito bene: si erano conosciuti al liceo, erano all'ultimo anno e Mike era arrivato un lunedì, ad anno già in corso. Sembrava appena caduto dal cielo, spaurito, non si fidava di nessuno, era un autentico pesce fuori d'acqua e a Kara ricordò subito lei quando, da bambina, era stata adottata dai Danvers. Se non l'avessero incaricata gli insegnanti di aiutare Mike Gand ad ambientarsi, con molte probabilità si sarebbe in ogni caso fatta avanti. E aiutare il prossimo, comunque, non le era mai pesato. Ma lui era scontroso, non voleva il suo aiuto né stare in quella scuola, così che il suo primo giorno lo trascorse fuori, marinando le lezioni con Kara Danvers alle calcagna, che si lamentava di perdersi le lezioni anche lei per colpa sua. Con il tempo le cose cambiarono, lui imparò a fidarsi e lei a volergli bene per ciò che era: un donnaiolo con il senso dell'umorismo. Si misero insieme due mesi prima di diplomarsi, pensando di scegliere la stessa università e un futuro insieme ma, la sera del diploma, Kara scoprì la verità che lui le aveva tenuto nascosta: aveva sempre detto di essere stato trasferito ad anno in corso in quel liceo per problemi avuti con degli insegnanti della vecchia scuola, ma quando conobbe i suoi genitori, il senatore Gand e consorte dissero parlando con altri genitori che lo avevano spedito in un liceo pubblico per punirlo, dopo che aveva combinato un pasticcio con alcune ragazze nella scuola privata che frequentava. Mike Gand era un disastro di ragazzo, pensava allora Kara. Eppure riuscì a perdonarlo.
Come esattamente fece anche quella notte, dopo aver parlato con lui al telefono per almeno venti minuti.
«Sai cosa facciamo? Dovremo uscire, questa notte. Solo io e te, fuori, sotto il cielo stellato», propose Mike al telefono.
Kara sorrise. «Lo faremo, ma non oggi. Sono stanca dal viaggio in treno, vorrei andare a letto presto». E il guardiano non avrebbe pensato come loro che fosse una buona idea, ma in fondo lui era l'ultimo dei loro problemi e lo avevano già imbrogliato altre volte, in passato.
«Sei sicura? Potresti addormentarti a fianco a me, io non ho problemi, anzi, sarebbe bello».
«No, veramente. Facciamo domani». Kara sentì un bip provenire dal suo cellulare, pensando subito a Lena.
«Va bene… e domani sia. Non mancare, eh, me lo segno».
Le diede la buonanotte e riattaccò la chiamata, così Kara guardò subito tra le notifiche, sbuffando di nuovo quando vide che si trattava solo di sua sorella Alex. Rientrò in camera, trattenendo a stento delle risate: Lillian Luthor aveva pubblicato le foto fatte quella mattina su Instagram e Alex le aveva inviato una faccina disgustata. In una foto Kara Danvers correva per il corridoio e non si vedeva altro che la sua scia, intuibile che era lei per il colore dei capelli e per le sue ciabatte a unicorno: Si va veloci perché siamo in ritardo, recitava la didascalia, seguito da #bagagli, #corsa, #figlie, #testafralenuvole. Kara sorrise titubante, mentre dietro di lei Megan era scoppiata in una fragorosa risata.
«Sei tu! Chi l'ha messa? Devo seguirla assolutamente».
«La mia… emh, non so, matrigna? La fidanzata di Eliza. Ma non la puoi seguire, è un account privato alla famiglia». Per fortuna, pensava, ascoltando appena le lamentele di Megan intanto che ritirava da tavola il suo piatto, portandolo nel lavandino davanti. La stessa Lillian doveva sapere che certi scatti dovevano restare tra le mura di casa.
In un'altra foto Eliza e Alex discutevano davanti ai fornelli, con il faccione pensieroso di Lillian in primo piano; #discussionialmattino, #famiglia, #chebontà, #buonprofumino, #cibononperme, #madrevsfiglia. In quella successiva, il faccione di Lillian copriva tre quarti di Lena Luthor seduta composta a tavola che leggeva un giornale. Si notava appena, di sfondo, una mano della ragazza che rubava un pezzo di pane bagnato in chissà quale dei tanti piatti che c'erano sulla tavola quella mattina. Kara ripensò a com'era sorpresa quando Eliza preparò una busta di cibo nei contenitori anche per lei, perché sicuramente non se lo aspettava. Anche la foto successiva era Lena che leggeva, e stavolta figurava solo lei. Era così presa dalla lettura, così seria. Uff, le mancava e non era arrivata una sola notifica da parte sua; non voleva scriverle lei un messaggio e rischiare di sembrare maleducata. Decise che le avrebbe fatto uno squillo anche l'indomani, riprendendo a mangiare una fettina ormai fredda che non aveva voglia di scaldare di nuovo. Mise il like alla foto, leggendo gli hashtag: #figliasoprappensiero, #lettura, #asociale. Per non rischiare che sembrasse strano, mise il like anche alle altre foto scattate quella mattina: ora non si odiavano, ma non erano nemmeno amiche, pensò con sconforto, constatando che ancora non aveva ricevuto nulla da parte sua.


***


Sia lei che Megan si coricarono presto quella notte. Kara ricevette due buonanotte a orari diversi da Mike e lei ricambiò solo al primo, anche se non riusciva a dormire. Ogni tanto le sembrava di sentir squillare il telefono e lo prendeva, ma era solo una sensazione. Quando squillò davvero, tuttavia, stava per prendere finalmente sonno. Raccattò subito il cellulare che era appoggiato sulla mensola dietro di lei e per poco non le cadeva sulla testa, schivandolo, e, quando vide il nome, si svegliò di colpo, col batticuore per via del sonno mancato, accettando la chiamata.
«Kara? Accidenti, è già l'una… devo averti svegliata, mi dispiace davvero».
«No, sono sveglia! Non riuscivo a dormire, mi sono coricata da poco».
«Ho visto le tue chiamate, ma sono stata impegnata tutto il giorno, ho avuto da fare anche alla Luthor Corp e questa sera sono stata a Metropolis da Lex, sono distrutta, non ho avuto un attimo. So che dovevo chiamarti prima…», si rigirò nel letto, mettendosi da un lato, stirando i piedi e la schiena cercando di rilassarsi. «Non ho fatto che pensare a te tutto il tempo», aggiunse con un sorriso.
Kara ci mise un po' a rispondere. «A-Ah, sì, certo, ne sono sicura, voglio dire, con tutto quello che avrai avuto da fare, di certo pensavi a me che stavo col cellulare in mano ad aspettare una tua chiamata».
«Stavi davvero aspettando una mia chiamata?», esclamò, pensierosa.
«Io? M-Macché», la sentì ridere, trattenendo una voce bassa: non doveva essere sola, pensò Lena. «Credo di aver passato gran parte del giorno a sistemare tutti i contenitori di Eliza in frigo perché qui nei dormitori abbiamo dei frigo piccolissimi, ma non durerà a lungo così pieno; e poi sono andata a correre! Qui abbiamo un parco dove si possono fare delle lunghe passeggiate», la sentì prendere fiato, «ed era una bellissima giornata, ho fatto una gara e ho anche vinto, e ho visto degli uccellini su un albero, ce ne sono a bizzeffe qui».
Lena sorrise. «Hai avuto decisamente una giornata piena».
«Sì, era quello che cercavo di dirti», si fermò sentendo la voce di Megan, ma per fortuna lei dormiva e stava solo balbettando nel sonno: probabilmente sognava dei bianchi che un giorno verranno a prenderla, pensò Kara, perché ne parlava spesso durante le sue dormite e, dal momento che Megan era nera, l'aveva sempre trovata una cosa piuttosto seria.
«Allora ti lascio, sarai stanca anche tu», sentì Lena risponderle. «Domani mi prendo qualche ora libera: cosa ne pensi se ti vengo a trovare?».
«Mi piacerebbe», sorrise, «Ti farò vedere il campus, il campo dove mi alleno e quello dove giochiamo… oh, e sì, ti farò conoscere la mia amica Megan, lei gioca in squadra con me! E sì… insomma, va bene, ti aspetto».
«Perfetto», fece lei, per poi aggiungere, con soddisfazione nello sguardo: «Non posso pensare di non poterti più vedere almeno una volta al giorno, vaniglia».
«Com-Ancora quel nome… Uff, dormo. A domani».
Lena riattaccò: oh sì, le piaceva proprio metterla in imbarazzo. Spense il cellulare, poggiandolo sul comodino, poi abbracciò il cuscino con un sorriso.





























***

Ebbene, questo momento doveva arrivare! Quello delle ragazze che tornavano a casa, ovvio.
Ho seguito Kara e abbiamo avuto modo di conoscere due nuovi personaggi: Megan e Mike. Sapete già chi rappresentano nella loro controparte telefilmica, quindi sarò breve. Ho preferito usare il cognome Gand per lui, di Lar Gand. All'inizio non ne ero convinta, ma Mike Gand suona bene. Mentre Megan… Volevo per lei come compagna di stanza un personaggio della serie e dato che per un'altra fan fiction (che ho iniziato ma che non so se finirò mai) avevo usato Lucy Lane, avevo deciso, per questa, di optare per M'gann! È un personaggio che non sono sicura di saper usare, ma mi sta regalando degli spunti carini per la trama. Ovviamente la cosa dei “bianchi che verranno a prenderla”è un riferimento ai Marziani Bianchi XD
Lo so, poco Supercorp e mi spiace, ma la trama così ha scelto… Magari ci rifaremo col prossimo capitolo :P
Intanto abbiamo avuto una Kara in ansia perché Lena non si faceva sentire, anche se non è certo disposta ad ammetterlo, e Lena che ha scoperto che le piace stuzzicarla… le piace eccome!
Cosa ne pensate? E dei nuovi personaggi introdotti?
Sì, di Megan abbiamo visto poco, ma di Mike abbiamo già pronto un bel quadretto, con tanto di litigata sul piccolo ponte all'interno del campus.

Sì, il campus. Ho voluto eliminare le solite confraternite e mi sono immaginata un campus diviso in quattro blocchi, dormitori, molto più semplice. Non conoscendo molto sull'argomento confraternite, prima di crearne qualcuna e rischiare di parlarne (male) nello specifico, mi sono decisa a eliminarle.
Un'altra nota che volevo fare riguarda il lacrosse. In verità, il lacrosse maschile e quello femminile sono diversi: in quello maschile c'è molto contatto fra i giocatori, è simile al rugby in questo senso, mentre in quello femminile il contatto, mi pare di aver letto, sia vietato. Non mi andava giù XD All'inizio, infatti, la squadra di Kara non giocava a lacrosse, avevo idee per altri sport, ma il lacrosse è poco sfruttato e mi piace molto, parlo di quello maschile, il gioco originale, quindi ho eliminato le differenze, ho lasciato che ci fosse un'unica versione del gioco e ho deciso che avrebbe giocato a questo sport. Se conoscete quello femminile e vi piace, non voletemene XD Per Kara volevo uno sport dove poteva sfruttare le sue abilità in contrasto al suo essere semplicemente Kara Danvers, cioè mi serviva un buon sostituto alla sua attività di Supergirl nel telefilm, anche se qui non salva nessuno giocando a recuperare la palla e tirarla in porta!

Riguardo il sondaggio sullo scorso capitolo, sono lieta di annunciare che ha stravinto il “lasciamo i capitoli lunghi così come sono” :D Ne sono contenta perché a me viene senza dubbi meglio, ahah! Provando a leggere da cellulare, i miei capitoli mi sono sembrati La Storia Infinita rispetto ad altre fan fiction del sito, quindi dovevo chiederlo, ma se vanno bene così, meglio per tutti :) Grazie per aver risposto!

Allora. Le ragazze torneranno a casa Danvers-Luthor ad agosto, intanto hanno un mesetto di tempo per conoscersi meglio ~
Fatemi sapere se questo capitoletto vi è piaciuto e ci rileggiamo lunedì prossimo con il sesto capitolo che si intitola: Il party


   
 
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