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Autore: summers001    12/03/2018    2 recensioni
Post-MJ, pre-epilogo | POV Peeta | "Io e Peeta ricominciamo a crescere insieme."
Dal secondo capitolo:
"Aspetta!" la chiamo e sento la mia voce venire fuori con una certa urgenza. "Vuoi restare? Puoi aiutarci a ricostruire la recinsione, tagliare via le erbacce o..." continuo elencando una serie di mansioni che potrebbe coprire senza stancarsi troppo dopo una mattinata di caccia.
Devo essere pazzo, mi ripeto per la milionesima volta in questi ultimi mesi. Hai continuato a provare a parlarle per anni prima della mietitura, per mesi dopo i primi giochi, per settimane dopo i secondi e dopo la guerra. Perché ti aspetti qualcosa di diverso? Perché dovrebbe voler rimanere qui con me questa volta? Tra i detriti, la polvere e i ricordi che tanto la tormentano per di più.
[...] D'altronde la follia non è ripetere gli stessi gesti aspettandosi ogni volta un risultato diverso?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5




La ricostruzione del distretto procede lentamente: troppa polvere, troppe macerie, troppi morti, troppi edifici da dover tirare di nuovo su e troppi pochi vivi.

Abbiamo deciso tutti che il nuovo distretto non sarà una copia del vecchio, dovrà essere tutto diverso, ma noi non siamo così bravi ed i soldi che abbiamo non sono molti. Procediamo dall'essenziale e per prima pensiamo ad un tetto e quattro mura per tutti in vista del prossimo inverno. Le nuove abitazioni, per chi pian piano torna, circondano il villaggio dei vincitori, dove ci sembrava più logico che fossero, dove ormai abitano tutti. Abbiamo tirato giù le inferriate, i cancelli ed i muretti. Il nuovo quartiere parte da lì e si estende fino a dove c'era il centro città e la zona commerciale da un lato e la stazione dall'altra. Sarà qualcosa di enorme e magnifico, sicuro soprattutto. Abbiamo delimitato i nuovi edifici con dello spago tirato tra dei paletti di ferro ed alcuni di noi si sono già assegnati uno spazio.

Thom ha già deciso quale di quelle sagome sarà la sua: vuole costruire con le sue mani una casa grande per sé e sua moglie Sarah per metter su famiglia. Micah invece ha già occupato una delle ville già esistenti e lì adesso abita con suo padre. Sae e sua nipote abitano proprio tra me e Katniss e di tanto in tanto ci dirige anche nei lavori. Oliver, che è da solo, non ha bisogno di molto spazio ed ha proposto la costruzione di una palazzina per quelli che sono nella sua stessa situazione e che torneranno presto.

E' proprio da lì che abbiamo deciso di partire. Sono giorni che ci stiamo lavorando: avrà solo tre piani divisi per famiglie. Sarà alta abbastanza da far sentire un senso di compagnia a chi la abita, ma bassa a sufficienza da non tagliare la luce al resto del quartiere. Sorgerà proprio sul vecchio palazzo di giustizia, vicino alla stazione, così che non dobbiamo fare troppa strada nel trasportare tutti i materiali che arrivano man mano col treno.

Le fondamenta sono state la parte più difficile, dopodichè per i muri portanti non dobbiamo fare altro che impilare mattoni e coprire tutti i buchi. Sarà solida e calda. Riesco già a vederla alta, in piedi, perfetta e tutta da dipingere. Alzo gli occhi per vederne i fumosi contorni nella mia fantasia. Il sole è già alto ed accecante, tanto da costringermi a guardare di nuovo giù, sul realissimo mattone che sto impilando sulla calce dura e pesante.

"Mi prendo una pausa." ci avvisa Thom, vuotando la carriola a pochi passi da me. Gli facciamo tutti un cenno di assenso, poi ci guardiamo tutti noi altri, indecisi se continuare senza la nostra guida. A volte sembriamo persi senza di lui, un branco senza l'alfa, così allungo una mano ad Oliver, che chiude gli occhi, agita il capo e mi passa il secchio con la calce ed altri due mattoni che sistemo meccanicamente alzando il muro di altri dieci centimetri. Non vedo l'ora che sia finita! Il grigio dell'uno e l'arancione dell'altro si alternano in maniera disordinata davanti ai miei occhi. Li guardo soddisfatto asciugandomi il sudore dalla fronte.

"Peeta." mi richiama Oliver, passandomi affianco e dandomi un buffetto sul braccio. Mi giro e lo vedo raggiungere Thom, che a sua volta è affianco a Katniss da cui prende due sacchetti e se li porta via per raggiungere Micah che ha già allestito un focolare per il pranzo.

Meccanicamente avanzo verso Katniss, mentre gli altri ragazzi la ringraziano con una mano e poi ringraziano anche me, come se io c'entrassi qualcosa con lei e con quello che fa. Agli occhi dei miei concittadini è come se avessi preso il posto di Gale: siamo legati da qualcosa che non abbiamo chiarito, facciamo squadra e ci aiutiamo ad andare avanti. Sono certo che gli altri sappiano la verità, ma è come se vedessero qualcosa di più. Parlano a me di lei lusingandola e facendomi i complimenti, mi consegnano messaggi da recapitarle.

Quando le arrivo vicino, Katniss mi spia da sotto la fronte sudata, gli angoli della bocca le si curvano in alto e per nasconderli guarda dentro il suo borsone da cui caccia un sacchetto ed una ciotola di metallo piena di fragole fino all'orlo, coperta da una pellicola trasparente da cui gocciola succo rosso. Mi allunga il sacchetto e mi dice cauta: "l'ha preparato Sae". E' una cosa che dice ogni volta che mi offre del cibo.

Prendo il sacchetto, lo apro e trovo un panino con la carne di tacchino, che deve aver cacciato e cucinato lei stessa. Katniss non è brava mentire, adesso lo so. Non mi guarda quando lo fa: pretende di essere distratta o impegnata, cerca qualcosa nelle foglie d'erba attorno ai suoi piedi o nella polvere che calcia via. E' come se lei non volesse che io pensassi che ha avuto un pensiero gentile nei miei riguardi. E' tosta e tenera. E' dolce.

"Ricordami di ringraziarla." ammicco, stuzzicandola e fingendo di crederle insieme.

"Lo sa già." mi risponde subito lei, poi si gira e fa per andarsene, abbracciando ancora quel ciotolone pieno di fragole.

"Aspetta," la chiamo, ma mi rendo conto di sembrare supplichevole e cambio tono "resta."

"No, io..." comincia mentre cerca di pensare ad una scusa, ma la fermo sul tempo e, imitando Haymitch, con una spintarella sulla schiena ed un "andiamo" riesco a convincerla a seguirmi. Camminiamo lungo il viale principale, ci allontaniamo dalla piazza e dagli altri per raggiungere un viottolo che ricordo bene. E' a due isolati dalla panetteria, qui giocavano tutti i bambini del quartiere poco dopo pranzo. Io mi nascondevo da mia madre ed aspettavo Delly ed insieme facevamo il gioco alla campana saltellando sui numeri disegnati con un gessetto.

Adesso il posto è un po' diverso: i palazzi sono stati buttati a terra, ma le macerie allontanate nei giorni; è così pieno di polvere da aver cancellato quel disegno e quei numeri bianchi. Salto su e mi siedo su quel che rimane di un muro di cinta. Picchietto sulla pietra affianco a me ed anche Katniss si siede. Sistema tra noi due la ciotola con le fragole, mi fa segno con la mano di mangiare il mio panino ed appena finisco passiamo alla frutta.

"Devi provarle con lo zucchero." le suggerisco mordendone una e lanciando via le foglioline che mi restano in mano.

"O la cioccolata." rilancia lei. Prende un morso ed una goccia di succo le cola dall'angolo della bocca. Si pulisce allora col dorso della mano e sorride imbarazzata o nervosa e quasi non la riconosco.

Katniss nota la mia espressione perplessa e si stringe nelle spalle, nascondendo le mani tra le cosce e facendosi piccola piccola. I suoi occhi vagano da una parte all'altra cercando di tenersi lontano dai miei, ma non ci riesce e quando ci guardiamo di nuovo lei sorride. "Hai bisogno di un taglio." mi dice pensierosa ed allunga una mano. Mi sposta i capelli dalla fronte, costringendomi a chiudere gli occhi e liberandomi intanto la vista.

"Difficile trovare uno stilista che sappia valorizzarmi di questi tempi." le dico scherzando. Quando apro gli occhi lei mi guarda col viso piegato di lato, quasi mi stesse studiando. Sembra seria e continua a pettinarmi la fragia da un lato con quattro dita. Mi perdo nei suoi occhi e sento che mi manca un battito. Mi sento un adolescente con la cottarella.

Gli angoli della sua bocca sembrano combattere per non sorridere. Abbassa la testa e recupera la sua ordinaria postura. "Posso farlo io." mi suggerisce poi ed io non posso non pensare alla sua mano tra i miei capelli, a lei dietro di me alla distanza di uno sbadiglio.

Poi Katniss tira fuori le forbici e mi sale un brivido involontario di paura dietro alla schiena. Le lame riflettono i raggi del sole, illuminando con una lingua di luce cristallina prima il suo mento e poi l'erba e le pietre non appena lei rigira il polso.

"Adesso?" le chiedo scettico, tirandomi indietro, mentre mi chiedo che diamine ci fa con un paio di forbici nella borsa.

"Perché no?" fa però lei scrollando le spalle.

Non riesco a trovare neanche una ragione per cui non possa farlo ora: fa caldo, sto sudando, i capelli mi danno veramente fastidio da quando me l'ha fatto notare e non sento nessun attacco in arrivo. Katniss prende il mio silenzio come un assenso, salta giù e mi invita a sedermi più in basso su una pietra. Mi metto a ridere per questo suo salone di bellezza improvvisato, alché anche lei sorride e poi nasconde le labbra dentro alla bocca, decisa a rimanere seria.

Si avvicina cautamente, mi tocca i capelli prima con le dita e poi appena prende coraggio ci affonda una mano e li scompiglia. Passa da un lato all'altro, mi studia e poi comincia a tagliare. Il rumore delle sforbiciate veloci e sicure mi rilassa. Chiudo gli occhi e la lascio fare. Sento la sua mano prima a destra e poi a sinistra. Potrei reclinare la testa e trovarmi addosso a lei. Inebriarmi del suo odore, lasciarmi avvolgere e tanti cari saluti ai confini tra amici!

"Ok." borbotta tra sé e sé concentrata. Si alza sulle punte da dietro di me. Studia la mia testa dall'alto ed è così vicina che la sua treccia mi cade sulle spalle.

Le sue mani sanno di frutta. Mi si mette davanti e taglia gli ultimi riccioli sulla fronte. Mi resta di fronte ed ammira poi il suo lavoro dall'alto di nuovo ed io vedo le sue labbra tinte di rosso fragola con una macchiolina che le è caduta ed ha imbrattato la pelle più scura della guancia, la stessa di prima che non è riuscita a pulir via. Allungo la mano e col pollice la tolgo.

Katniss si blocca. Con le braccia ancora a mezza altezza, seduta sui talloni davanti a me, mi guarda. Sembra congelata ed è lei stavolta ad essere stata paralizzata dal mio sguardo. Ho le dita ancora sulla sua guancia e sembrano bruciare.

Dovrei andarmene. Dovrei mollare la presa e tornare a lavorare, ma ormai il danno è fatto e col pollice mi sposto e le accarezzo le labbra. Katniss chiude gli occhi e schiude le labbra. Sono screpolate e morbide. Una piccola pellicina mi punge il polpastrello. Se ne accorge anche lei ed in automatico si lecca le labbra, così velocemente che non sono sicuro che sia successo. Con la punta del dito però le sfioro involontariamente la lingua e mi ritraggo, fino a trovarmi con l'indice sotto il suo mento.

Non voglio andarmene, non voglio lasciarla correre via. Eppure una piccola parte di me si chiede come questa storia andrà a finire. I confini della nostra relazione devono essre ben definiti, come tra Haymitch e me, cercando però di dimenticare di averlo visto nudo una volta.

Con un po' di buona fortuna forse... Comincio a pensare, ma cancello immediatamente.

No, non posso.

Katniss non mi ha mai voluto, non così. E seppur fosse, appena qualche settimana fa ha pianto disperata abbracciandomi per la morte della sorella, perché non credeva fosse giusto continuare a vivere, figurarsi se... E poi non posso approfittare di lei così, adesso che è fragile, adesso che...

Katniss apre gli occhi e si allontana all'istante. Cade a sedere sull'erba e sulla polvere e questo le dà la scusa giusta per alzarsi, allontanarsi e scrollarsi tutto di dosso e dà a me l'occasione invece per riprendermi e chiedermi che diamine stavo per fare.

Si pulisce muovendo una mano veloce sulle gambe e poi sfregando le mani tra di loro. Da dietro di me la sento saltare a sedersi di nuovo sul muretto di prima. Penso che stia guardando le fragole, galeotte, indecisa se cedere alla gola e prenderne un'altra.
Quando mi alzo sta invece agitando i piedi che non toccano terra, come una bambina. E' nervosa, ma finge quella compostezza algida e sobria.

"Non hai avuto un altro episodio oggi." mi dice dopo che l'ho raggiunta.

"Hm?" chiedo cercando di ritrovar contegno, cercando di trattenere il pulsare dell'inguine dentro i pantaloni e quella voce che mi dice che avrei dovuto baciarla. Mi sono dimenticato anche di ringraziarla per i capelli.

"L'altra volta eri sul prato, pensavo che la panetteria e tutto il resto..." dice lasciando appesa la frase, cambiando completamente discorso, seppellendo il nostro momento di prima.

"Oh." riesco a dire soltanto, mentre un ricordo mi solletica i pensieri: il giorno prima avevamo cenato insieme, Haymitch si era ubriacato, aveva detto quelle cose e... Scaccio l'idea come un parassita.

 

**

 

Di notte non riesco a dormire.

A volte penso ai miei fratelli, a mio padre, a mia madre, a tutte le cose buone che hanno fatto per me, alle volte che ci sentivamo una famiglia e che stavamo in casa davanti al camino. Altre volte ancora penso a Johanna, poi a Finnick ed Annie. Quindi a tutti i tributi, a Rue, che mi ricorda Prim e da qui arrivo di nuovo a Katniss. Ultimamente però anche il modo in cui penso a lei è cambiato.

Me la ricordo quando urlava dal dolore, durante i giochi. Il viso stropicciato e la voce soffocata. Quella parte deviata di me se la ricorda bene, almeno. Quando ci ripenso cerco di cambiare quei ricordi. Me la immagino con la stessa espressione contratta, la stessa voce, ma in un altro contesto, vicina a me, che mi stringe le mani e mugola e geme.

Tutte le notti. La penso così tutte le notti. Mi faccio trascinare e penso che sia con me, che la mia mano sia la sua, che mi incateni coi suoi occhi come fa sempre, che posi la bocca sul mio collo, che cerchi un attimo per respirare e riprendersi, ma io so che davvero non lo vuole e non glielo lascio e allora lei mi stringe e mi stringe, fino a quando non ce la fa più e mi crolla addosso e allora la lascio andare anch'io. Aspetto fino a che i suoi occhi mi cercano, sorride con gli occhi lucidi, quasi ridesse e piangesse insieme e restiamo a guardarci.

Ed è allora che lo sento. L'altro Peeta, io, un attacco, una scarica di rabbia che mi prende e che dovrei contenere e voglio contenere. Mi alzo e mi piego sulla pancia, con le mani nei capelli. Li sento più corti, non riesco a tirarli per farmi male e questa sensazione mi ricorda dello scorso pomeriggio, di Katniss e del pensiero sopito che possa essere lei a scatenarmi quelle crisi; mi ricorda delle volte in cui non è successo, della macchia di fragole e del rumore ammaliante delle forbici.

Quando riapro gli occhi quella rabbia non c'è più. Dovrei essere fiero di me, ma non ci riesco. E se lei ci fosse stata? E se lei non fosse stata solo una fantasia? E se un giorno...

Senza pensarci afferro il cappotto ed esco di casa. L'aria fredda della notte si infrange sulle mie guance all'improvviso e mi calma. Resto immobile, fino a che non riesco a pensare di nuovo lucidamente e mi chiedo che ci faccio qui fuori da solo e vado da Haymitch.

Sta dormendo sul divano come sempre. Casa sua puzza un po' di meno da quando io e Sae abbiamo cominciato ad occuparcene e le fineste finalmente libere da ogni tendaggio lasciano entrare quel poco di luce bianca che c'è di notte. Accendo il lume che tiene proprio sopra alla testa, sperando che la lampadina lo svegli, ma così non succede ed allora lo agito prendendolo per la spalla.

Haymitch si sveglia, le sue pupille si riadattano alla luce. Le vedo subito stringersi per riflesso e poi allargarsi di nuovo per mettermi a fuoco ed appena ci riescono lui urla. "Porca puttana, ragazzo!"

"Haymitch" comincio a dirgli, ma lui si alza e mi sposta, buttandomi a terra senza tante cerimonie.

"Non farlo mai più." mi minaccia con un dito, come al solito. "Ma che ora è?" mi chiede poi guardandosi attorno.

"Haymitch," gli ripeto tirandomi su, ignorando ogni sua parola e mettendomi a sedere al suo posto. "posso dormire qui?" gli chiedo ed appena vedo che inizia a sbuffare e protestare confesso: "ho paura." dico solo e lui si ferma.

"Ragazzo, non posso aiutarti." dice serio. Si siede affianco a me e si giustifica "Non sono il tuo terapista, di quello che ti hanno fatto non ci capisco niente."

"E' Katniss." continuo io. Sono parole sconclusionate, lo so, ma al momento non riesco ad ammetterlo nemmeno ad alta voce. Quando la penso, quando perdo di vista la nostra amicizia e mi faccio illusioni, qualcosa dentro di me scatta e cambio. Mi si insinuano un milione di dubbi e non posso usare sempre quello stupido giochino ed assillarla. Mi arrabbio con lei, con me, con Haymitch, Sae e chiunque mi sia attorno. E quando mi arrabbio qualunque cosa stessi facendo è indissolubilmente rovinata, macchiata. Vedo tutto con un filtro di rabbia rosso e persino il più piccolo dei fastidi, come la maglia di lana che pizzica o il nervoso tamburellare dei piedi del mio mentore, diventano amplificati e mi vien voglia di urlare.

Haymitch sospira e capisce subito cosa intendo. Mi mette una mano sulla spalla nell'unico gesto di affetto che gli ho mai visto fare in vita sua ed indeciso la muove energicamente. Dalla sua espressione si direbbe che è tutto tranne che a suo agio. "Ragazzo," comincia a dire, sospira di nuovo e poi prosegue "è notte." dice solo, sperando che con solo questo riesca a spiegare un intero concetto. "Dormici su." mi incita poi. "Domattina andrà meglio."

Dubito che domani andrà meglio, che mi sembrerà tutto diverso alla luce del giorno o man mano che il tempo passa dall'ultimo episodio. Apprezzo il tentativo ed abbozzo un sorriso, ma dentro lo so a cosa penso e cosa vorrei fare. I miei raptus sono cambiati. Non vorrei più ucciderla come una volta, ma farle del male in un altro modo. Prenderla, usarla. E questo forse mi spaventa ancora di più perché c'è una parte di me dentro a questa fantasia. E se fossi un pervertito a cui piace strangolare le ragazze? A volte mi prende il panico e non ricordo più neanche chi sono.

Haymitch deve aver capito che il suo discorsetto è stato vano. Sospira di nuovo e poi dà voce ai suoi pensieri. "Puoi sempre tornare dal tuo dottore." propone "Se ti serve." aggiunge, come se volesse scusarsi di averlo detto. Più di tutti lui sa quanto abbiamo bisogno, sia io che Katniss, di restare qui, di avere gente che conosciamo attorno, di non sentirci abbandonati ancora. Sa quanto ci sentiamo reietti, quanto abbiamo bisogno tutti e tre l'uno dell'altro. Siamo tre pezzi rovinati di puzzle diversi che stranamente combaciano.

Ecco. Era proprio di questo che avevo paura. Non riesco a rispondergli, ma neanche a smettere di guardarlo come se avessi intenzione di rispondergli. Tra le sopracciglia ha qualche capello bianco, che poco si nota su quella capigliatura chiara. Attorno agli occhi la pelle si piega in rughe. Sulle guance è cresciuta incolta la barba, che gli copre il mento ed i lineamenti. Forse è il suo aspetto saggio a farmi pensare che ha ragione.
Quando mi arrendo e distolgo lo sguardo, Haymitch torna quello di sempre. Con un dito mi martella la spalla facendomi girare verso di lui. "C'è un uccellino origlione lì fuori."

Uccellino? Mi giro e attraverso la finestra riconosco una figura. Ah, certo: uccellino, ghiandaia, Katniss! Prendo un respiro profondo e penso che mi sono già umiliato una volta, che non mi è rimasto più nemmeno un briciolo di dignità e che può entrare se ci tiene, piuttosto che nascondersi al buio dietro una porta. Ma questo è così da Katniss.

Mi alzo e vado ad aprire. Lei entra. E' bianca in viso, sembra ancora più pallida di notte con la luce della luna che entra dalle imposte. Sulle braccia la pelle le si è accapponata per il freddo e sembra davvero un uccellino come ha detto Haymitch.

Katniss con poche falcate copre la distanza tra lei ed il mentore, gli lancia uno sguardo torvo e cattivo. Avrà sentito tutto o quasi e voleva probabilmente che Haymitch mi dicesse qualcos'altro e che andasse a chiamarla. Riesco a leggerla così bene. Poi si gira verso di me e noto che sta facendo di tutto per evitare che il labbro le tremi, costringendosi anche a tenere gli occhi aperti perché le palpebre non spazzino via quelle lacrime che sta mascherando così bene. Vorrei rassicurarla che va tutto bene, che vincerò di nuovo, che presto potrò stare vicino a lei, con lei, sempre, anche se non lo so davvero. Ma le parole mi muoiono in bocca, impastate di lacrime e saliva.

"E' Katniss?" ripete le mie parole, dandole un'intonazione incredula e sarcastica. "Sono io? Io ti faccio venire gli episodi?" continua con rabbia.

Haymitch sospira. Da questo momento in poi sa che non tornerà più a dormire stanotte e così si mette seduto per bene, a braccia incrociate con un tallone sull'altro ginocchio e guarda lo show come se lo stesse seguendo in televisione.

"N-no." mento "Non lo so."

Ma Katniss non mi crede, avanza sicura fregandosene della distanza che provo a mettere tra noi a passi indietro, di Haymitch che ci guarda, della puzza di alcol di questa stanza e parla risoluta. "L'altra sera, quando abbiamo cominciato il libro, hai avuto un episodio?"

"No." Sospiro perché ho capito dove vuole arrivare e non è così che funziona. Non è così, non mi succede ogni volta e poi ero strafatto degli ansiolitici che Haymitch mi aveva iniettato. Mi torna in mente l'immagine della siringa con l'etichetta dal bordo giallo nella mia mano e cerco di allontanarla scuotendo il capo.

Katniss intanto pare soddisfatta della mia risposta e va avanti, incarando la dose. "Te l'ha detto il dottor Aurelius?" domanda e sembra di nuovo che stia cercando di contenere le lacrime.

"No." Era quello di cui il dottore aveva paura all'inizio, ma non me l'ha mai espressamente detto. Poi da quella telefonata, abbiamo cominciato a parlare di lei, una terapia di riadattamento l'aveva chiamata lui fino a quando gli episodi si sono fatti più rari ed allora mi ha fatto tornare. Non abbiamo mai potuto effettivamente appurare se fosse Katniss a scatenare i miei episodi.

"E allora non è così!" mi fa lei quasi arrabbiata. "Resto con te." dice alla fine "E non ti verrà niente."

"Oh Gesù." sospira Haymitch e si lascia cadere le braccia sulle gambe. "Vuoi invitare anche Sae ed il resto del distretto?" chiede ironicamente.

Katniss mi tira via e saliamo, quasi corriamo, al piano di sopra, a casa di Haymitch, in una delle tante camere chiuse, spolverate di recente, immobili, immutabili. Ci sistemiamo tra lenzuola che non sono mai state abitate e c'è una specie di frenesia nell'aria. Non ci importa di niente: che non è casa nostra, dei brontolii del nostro mentore, dei miei episodi, del suo pigiama sottile, del mio pigiama a quadri, dell'aria che sembra elettrica.

Mi sembra di essere qui per la prima volta. Sono qui per la prima volta, ne sono sicuro. Ma insieme a me c'è lei e quella sensazione di famigliare conforto che porta con sé. Si raccoglie sul mio petto, respira sulla mia maglietta e lì si aggrappa con le dita. Combatto per quelle che sembrano delle ore la tentazione di stringerle quella mano. Quando mi decido lei comincia a parlare.

"Peeta, tu stai bene." dice Katniss come se fosse un'affermazione, come se lo sapesse lei meglio di me. "Non tornerai a Capitol, non ne hai bisogno, vero o falso?" mi domanda, tirando di nuovo in ballo quel giochino che ormai serve più a lei per parlare con me che a me per capire lei.

"Vero."

"Tu non te ne andrai, perché mi vuoi bene, non è così?" chiede insicura con un filo di voce, le labbra socchiuse e gli occhi timidi e lucidi, che riesco appena ad ammirare da questa posizione. "Vero o falso?" ripete con voce più acuta quasi disperata, quasi ne avesse bisogno ed io non so come risponderle. Falso, perché la amo? Vero, perché le vorrò comunque sempre bene? "Vero o..." ripete ancora e viene interrotta da un singhiozzo e sta piangendo. Perché piangi, amore mio?

Allora mi alzo, mi metto a sedere, la afferro subito, la abbraccio forte, la stringo con entrambe le braccia e lascio che pianga sulla mia spalla mentre io ondeggio e le riempio i capelli di baci. "Vero, vero, vero." le ripeto fino a quando siamo stanchi e crolliamo a dormire.


 




Angolo dell'autrice
Eccomi, eccomi! Come vi avevo anticipato, un po' di ritardo, ma torno. Torno sempre mhahuahua
Scherzi a parte, che ve ne pare? Mi sono emozionata nello scrivere questo capitolo, ma vi esprimo le mie perplessità: innanzitutto Katniss che piange e cerca sicurezze. Allora, mi è tornata in mente la Kat che si nascondeva e giocava con la perla nel distretto 13. Sia lì che qui sta facendo un po' l'adolescente innamorata. In più (cosa che chiarirò anche nel prossimo capitolo) soffre, oltre che per la morte della sorella, dell'abbandono della madre. Però ci ho tenuto comunque a renderla combattiva ed impulsiva. Poi Peeta: pensieri troppo spinti? Io credo di no, ma vorrei sondare un po' il terreno non conoscendo il pubblico. Oltre questo la sua infinita dolcezza so che non è OOC <3 
Beh, that's all! Fatemi sapere, aspetto con ansia. Vi ringrazio tutti comunque per i commenti, letture, preferiti... tutto, tutto, tutto! Sono felicissima che la storia vi stia piacendo. Vi lancio un bacio ed un abbraccio virtuale ed alla prossima xoxo

  
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