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Autore: Daleko    13/03/2018    1 recensioni
"Lui camminava guardando lei, lei gli trotterellava al fianco fissando la strada. «Ma Nico che ha detto, viene per Olandese?» gli chiese all'improvviso. Alessandro notò lo smartphone crepato che stringeva nella mano destra. «Gli stai scrivendo?» domandò in rimando, occhieggiando lo schermo. «Sì, ma su Whatsapp non risponde» gli mostrò lei: gli ultimi sei messaggi erano stati inviati da Chiara. Alessandro apprezzò mentalmente il non aver trovato emoticon affettuose sullo schermo."
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"«Giuro che questa volta t'ammazzo, questa volta ti... Devi smetterla di tirarmi in mezzo a questa roba, hai capito?» ringhiò il ragazzo al telefono. Ci fu qualche secondo di silenzio riempito solo dalla pioggia. Nicola si era riparato sotto uno dei balconi del primo piano, l'acqua gli schizzava sulle scarpe ma la rabbia gli impediva di sentire freddo. «Senti Nico... Tu non devi rompere i coglioni a me perché tu c'hai i cazzi tuoi per la testa e all'improvviso te ne vuoi tirare fuori, t'è chiaro?». La voce al cellulare era stranamente glaciale, sgarbata, poco familiare. Il ragazzo non fu reattivo come avrebbe voluto."

Storia romantica ambientata all'Università "L'Orientale".

Feb2019: Storia modificata e revisionata.
Genere: Malinconico, Slice of life, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori sanguigni'
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9.

 
Chiara era solita affrontare il suo viaggio in metropolitana armata di auricolari e giochi sul cellulare. Undici fermate erano tantissime per potersi limitare a fissare il pavimento, così si armava già da casa con file mp3, applicazioni per smartphone e la pazienza necessaria. Quel giovedì pomeriggio in particolare, mentre attendeva la metro, si premunì di controllare il livello di batteria segnalato con un popup di "Batteria scarica". Sospirò, temendo la noia del ritorno a casa, e cominciò a fischiettare sommessamente. Impegnata com'era nel suo far nulla non notò, almeno in un primo momento, una figura al suo fianco; trasalì solo quando l'altra persona si schiarì la voce, palesando la propria presenza. Chiara si girò con stupore. «Gio!» esclamò nella sua direzione. L'altro le sorrise. Non era molto più alto di lei, né era particolarmente in forma, avvenente o affascinante. I capelli neri e sottili, lunghi fino alle spalle, erano legati in una coda bassa; la barba morbida e adolescenziale, ancora irregolare, gli arrivava alle guance arrossate come macchie allergiche; il naso dalle narici larghe si stagliava al centro della faccia pallida e rotonda. Si osservarono per qualche momento, entrambi alquanto timidi. «Uh, ti trovo bene» prese la parola il ragazzo, imporporando le gote dell'altra. «Che... Che ci fai qui?» chiese l'interessata. Lui si strinse nelle spalle. «Non mi hai più richiamato dopo settimana scorsa, così... Ero nei paraggi, in realtà ti ho vista per caso e mi sono avvicinato» si giustificò. «Sì, a proposito...» iniziò a rispondere lei titubante, ma l'espressione speranzosa di Giovanni la fece sentire a disagio. «Ecco, Gio, io...» tentò di nuovo, distogliendo gli occhi da quelli marroni di lui. «Io non credo che noi...» «Porta anche i tuoi amici!» «Uh?». I loro sguardi tornarono a incrociarsi. «Sì, porta anche i tuoi amici. Mi va solo di vederti per una sera, senza impegno, e se ti senti a disagio puoi sempre andar via, non è un appuntamento. Allora, che te ne pare?» propose nuovamente il ragazzo. «Appendo i ragazzi e ci vado con voi» aggiunse con un sorriso d'incoraggiamento. Chiara, messa all'angolo, riuscì solo a sospirare. «...va bene, ne parlo con gli altri, okay?» acconsentì titubante, distogliendo di nuovo lo sguardo. L'altro si esaltò. «Grande!» fu il suo unico commento, poi una voce metallica annunciò l'arrivo della metro e la loro attenzione fu deviata sul treno in arrivo.
 
*
 
Le sue labbra erano estremamente morbide, senza rossetto e con burrocacao fruttato, adolescenziale. Alessandro sentiva la pelle calda della ragazza sotto le mani, carezzandola al di sotto della maglia larga, e il sapore della sua bocca nella propria. Lei respirava tremante, con le guance in fiamme e le mani sudate, lasciandosi toccare il corpo. Le mani maschili arrivarono senza fretta ai gancetti del reggiseno, un indice s'intrufolò sotto l'elastico e provò a scorrere sul petto, pronto a fermarsi al primo ripensamento dell'altra. Lei gli si strinse contro, incoraggiandolo ad andare avanti, e il materasso del suo letto cigolò appena. Ridacchiò, imbarazzata a quel tocco lieve, e Alessandro sorrise senza allontanare il volto. «Ho perso Letteratura Inglese per colpa tua» finse di rimproverarla; lei rispose sfiorandogli le labbra con le proprie. «Sei ancora in tempo per andar via, se vuoi...» «Neanche per idea!». Risero di nuovo, poi Cinzia lo tirò gentilmente verso di sé, ritrovandosi distesa sul letto. Il ragazzo si bloccò, un ginocchio puntellato sul materasso e un piede ancora a terra, e la fissò con sguardo serio. «Sei assolutamente sicura?» chiese conferma. Lei annuì con un sorriso lieve e lui tornò a baciarla con trasporto. I vestiti si accumularono rapidamente sul pavimento.
 
*
 
«Sono stanco morto» sbottò accomodandosi sul letto. L'altro ragazzo chiuse la porta a chiave, poi sfilò la polo e la gettò su una sedia, rivelando un petto chiaro e glabro. «Il turno mi inizia tra mezz'ora, ho giusto il tempo di farti rilassare un po'» ammiccò lascivo, poi spense la luce. La stanza rimase illuminata solo dai giallognoli lampioni stradali, e il silenzio tra i due presenti fu riempito dalla frenetica vita dei passanti. Due polsi si mossero sulla zip di un paio di jeans, liberando le gambe e poi il busto da un maglione scuro, irriconoscibile nella penombra; gli stessi polsi corsero al materasso, puntellandosi per reggere il busto curvato all'indietro, e altri due polsi scivolarono sulle gambe allenate, villose, seguiti da mani snelle e labbra sottili. Un lieve sospiro si trasformò in un appena accennato, non trattenuto movimento del bacino. Accarezzò i capelli mossi che trovò a portata di mano, li strinse sentendoli morbidi tra le dita, li tirò lontani dal proprio corpo e invitò l'altro corpo, bollente come il suo, a stendersi sul letto. Comunicava in silenzio, a gesti, ottenendo quanto desiderato; scivolò con una mano sulle curve familiari sotto di sé, poi si chinò a baciarne la schiena.
 
*
 
Fu uno strano viaggio in metropolitana, e quando arrivarono a destinazione l'aria tra loro si era di molto distesa: scherzavano, ridevano, rievocavano vecchi ricordi. S'incamminarono insieme nella brezza serale, vicini e lentamente, nessuno dei due troppo desideroso di andar via. Chiara gorgheggiava e Giovanni l'adulava, complimentava, occhieggiava con desiderio, forse con affetto; nonostante la paura del dolore, la ragazza non riusciva a non compiacersene. Dalla fermata della metro era una strada in comune per entrambi, e rimandarono il momento del congedo al più tardi possibile. La casa di Giovanni fu quella incontrata per prima, e i due si constrinsero a fermarsi; l'imbarazzo tornò a formarsi tra loro. «Beh... Ci sentiamo» salutò rapidamente Chiara, ma l'altro l'afferrò per un avambraccio prima che potesse allontanarsi. «Aspetta Chia'... Non ti va di salire? I miei non ci sono, potremmo guardare un film o qualcosa del genere» propose di getto, come secondo progetto inopportuno della serata. Chiara scosse rapidamente la testa. «No, Gio... Non mi pare il caso, scusami» mormorò a disagio. Lui provò ad abbracciarla e lei lo lasciò fare, ma quando le labbra maschili cercarono le sue dal rossetto mangiucchiato, lei evitò la traiettoria sfiorandogli un bacio sulla guancia. «Ci sentiamo» ripeté a sguardo basso. Lui strinse le labbra, deluso. «Sì, ci sentiamo... Buonanotte» la salutò. Lei alzò una mano, sovrappensiero, e si allontanò alla volta di casa propria.
 
*
 
Il sole era tramontato, ma nessuno dei due aveva intenzione di alzarsi. Cinzia aveva gli occhi chiusi, con una guancia poggiata contro il petto di Alessandro e il corpo seminudo nascosto alla vista da una coperta. Si erano rivestiti del solo intimo prima di rilassarsi, Alessandro alzandosi per necessità e Cinzia per pudore, tornato a farsi sentire con forza dopo il rapporto. Mentre lei si limitava a godersi quell'abbraccio, lui fissava il soffitto con un sorriso ebete dipinto in volto; le accarezzava distrattamente la schiena, ancora troppo appagato per godersi la tranquillità. Fu lo squillo del cellulare di Cinzia, una sonora schitarrata heavy metal, a sconvolgere la perfetta beatitudine di Alessandro e a spingere la ragazza verso lo smartphone sul comodino. Diede un'occhiata allo schermo, si accigliò e accettò la chiamata. «Chiara?» si preoccupò, seduta con le coperte sulle ginocchia. Alessandro seguì la sua figura magra con lo sguardo, godendone mentalmente, quando quel nome gli impose un'improvvisa lucidità mentale. Si alzò a sedere a sua volta, il petto magro e irsuto a freddarsi nell'aria. Seguì la conversazione tra le due ragazze con un vago senso di disagio. «...e tu che gli hai detto? Chia'... No, Chia', dai. Ma ti ha... Ti ha preso in giro!» rispondeva rapidamente Cinzia; si voltò quindi verso Alessandro, alzando la mano libera per chiedergli di aspettare, poi si alzò dal letto e scalza, coperta dai soli slip e reggiseno, si diresse verso l'uscita della camera. «Ma che stronzata è?» la sentì sbottare al telefono. Dopo un momento di solitudine, ancora intento a fissare lo spazio vuoto lasciato dalla ragazza, Alessandro tornò a stendersi con uno sbuffo. Il buonumore era scomparso.
 
*
 
Non aveva molta voglia di giostrare il tutto; così, dopo un paio di minuti in cui la sua concentrazione rischiò di svanire, si staccò dall'altro corpo per gettarsi pesantemente sul materasso. «Sali tu sopra» mormorò con voce roca, toccandosi distrattamente per garantirsi una buona prestazione. L'altro non se lo fece ripetere due volte, portando una gamba all'altro lato del corpo sotto di sé, e muovendosi senza fretta. Il ragazzo disteso fissava il soffitto buio, con la mano sinistra poggiata sull'altro, voluttuoso bacino, e il braccio destro ripiegato sotto la nuca. Il piacere fisico non riusciva a connettersi a quello mentale e così i pensieri vagavano incontrollati, noncuranti degli ansimi di piacere di cui era artefice. Un suono estraneo s'intromise in quel rapporto, la vibrazione di un iPhone poggiato sul comodino.
Senza pensarci troppo, la mancina si staccò dalla pelle sudata dell'altro e andò al dispositivo, alzandolo per permettere agli occhi chiari di leggere la notifica. "O giù, 2F su, -15% ev., DDoS x3. Problema, richiama ASAP" recitava il messaggio. Gli occhi si spostarono sul nome del contatto, poi sulla persona realmente presente nella stanza, evidentemente non disturbata da quella distrazione. Lo sguardo ritornò sul contatto, ancora online. "E che cazzo, chiamami!" arrivò ancora. L'altro componente del rapporto rallentò gradualmente, sino a fermare del tutto il proprio movimento. «Ci sono problemi?» chiese titubante; non sembrava irritato, solo dispiaciuto. «Scusa, devo fare una telefonata urgente» rispose l'altro. L'amante capì il sottinteso, staccando il proprio corpo senza ribattere e tornando con i piedi nudi sul pavimento. Raccolse i propri vestiti, si diresse alla porta e l'aprì su di un corridoio illuminato. «Vado a prepararmi per il lavoro. Non preoccuparti di chiudere a chiave, tanto fra un'ora tornano i miei» mormorò con tono appena deluso. «Mh» fu l'unico commento che ebbe. Gli occhi ancora immersi nell'oscurità si spostarono, solo per un attimo, sulla silhouette alta e magra ferma sull'uscio, non fremendo né nel cuore né più in basso, dov'era ritornato in stato di riposo. La porta si richiuse, e rimasto solo finalmente portò il cellulare all'orecchio; il destinatario rispose dopo un solo squillo.
«E che cazzo Ale, si può sapere dov'eri finito?» iniziò la conversazione una voce irritata. L'altro sorrise. «Che ti frega, ti ho chiamato, no?» rispose in sua difesa. «Sì, beh, qui ci sono problemi. A casa c'è mia madre, quindi dobbiamo vederci altrove. Da te c'è qualcuno?». Alla domanda seguì un breve silenzio. «Sì, beh non sono a casa mia» rispose con calma Alessandro. Il silenzio che ne seguì fu più lungo del precedente. «...quanto tempo ci metti per tornare?» venne chiesto con voce forzatamente atona. Alessandro si alzò a sedere, si grattò un fianco con la mano libera e andò all'interruttore della luce, ancora nudo. «Sono con la moto, dammi mezz... Venti minuti». Cominciò a raccogliere i vestiti dal pavimento, dove li aveva lasciati non troppo tempo prima, e non si stupì del silenzio glaciale di cui lo donava l'altro. Sospirò. «Senti Nico, se possiamo vederci a metà strada...» «No, non possiamo vederci a metà strada» ringhiò lui. Altro silenzio; l'iPhone era incastrato fra spalla e orecchio. «Non rompermi i coglioni però, eh. È giovedì sera, dovrei essere in chiesa?» ironizzò infilando i boxer. Gli arrivò uno sbuffo, per niente divertito. «Pensa a muoverti, non ho tutta la sera. Salutami Mirko» concluse Nicola con disprezzo, interrompendo improvvisamente la chiamata. Alessandro recuperò il cellulare con la mano destra, fissando sorpreso lo schermo. «Ma tu guarda che stronzo!» esclamò divertito.

 

 



Note dell'Autore

Per essere un racconto romantico mancavano un po' troppo i risvolti amorosi, e oltre le ore buca all'Università è importante anche sapere cosa succede dopo​, l'Università...
NB: Tutti i personaggi sono solo frutto della mia immaginazione.
   
 
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