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Autore: Claire66    14/03/2018    3 recensioni
*Storia Continuerà entro le prossime settimane*
Cosa sarebbe successo se Draco si fosse ribellato al suo destino e avesse deciso di unirsi al magico trio, il giorno in cui furono portati a Villa Malfoy?
E se Harry avesse una sorella gemella, la quale farà breccia nel cuore del Serpeverde, facendogli compiere un cambiamento repentino ?
Preparatevi ad abbandonare il mangiamorte vile e codardo a cui siete abituati, e cominciate a dire "Coloro che sono sopravvissuti", non "Il bambino che é sopravvissuto"
(3)
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione a Silente.
(10)
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.”
(11)
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso.
(12)
Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie.
“Niké.
(16)
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da Draco, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
"Tu sei il mio angelo.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Conseguenze



Da diversi minuti ormai Draco si trovava sul bagnasciuga debolmente illuminato dal rossore dell’alba incipiente, ed osservava il moto continuo delle onde, sperando che il ritmo lento e costante del loro sciabordio riuscisse a sommergere il groviglio di preoccupazioni che si accavallavano disordinatamente nella sua mente.

Non pose più alcun freno alle sue ansie, ed effettivamente dopo il confuso turbinio iniziale, in cui lui stesso non riusciva a seguire i suoi pensieri, la risacca sembrò riuscire a trascinare con sé ogni cosa, lasciando solamente il suo cullare perpetuo.
Proprio prima che quella fragile tranquillità andasse in frantumi, credette che avrebbe potuto andare avanti all’infinito, come sembrava fare l’orizzonte da cui proveniva.
All’improvviso un’invisibile ghigliottina calò dal cielo, mozzandogli al posto del collo la mano e una considerevole parte dell’avambraccio sinistro, alcuni centimetri al di sotto del polso.
Il dolore fu così acuto e lancinante che gli strappò un grido traboccante di sgomento e sorpresa, secco e breve, che tuttavia non incontrò difficoltà nel propagarsi tra la spiaggia silenziosa.
Dopo un primo istante in cui, nonostante avesse gli occhi spalancati, non vide altro che oscurità, poté portare la mano destra a stringere il moncone che credeva di trovare.
La sorpresa di vedere la mano intatta, con tutte le sue articolazioni funzionanti, fu quasi quanto quella suscitata dall’improvvisa sofferenza.
Non aveva nessuna ferita visibile ad occhio nudo. Il dolore, come accadeva spesso con il Marchio, svaniva con tanta rapidità quanto era comparso, lasciando il posto all’ormai solito pulsare sordo.
Quando guardò con più attenzione il Marchio che ormai odiava, un dettaglio gli ghiacciò il sangue nelle vene, e per un momento fu come se tutto il sangue che aveva in corpo si fosse fermato, in preda all’orrore.
Il viscido serpente che sbucava dalla bocca del macabro teschio si era mosso: strisciando aveva raggiunto la sua coda, in cui aveva conficcato le sue lunghe sciabole velenose.

*

Entrambi rilassarono la presa sulle mani del gemello, fattasi ormai convulsa, lasciando che il sollievo dato dall’aver preso una delle decisioni più importanti e insolvibili della loro missione li invadesse.
Volsero lo sguardo verso il mare, ascoltando come per la prima volta quella dolce musica che sorgeva spontanea da esso; come un dono mai chiesto ma oltremisura apprezzato, proveniente da una generosità sconosciuta.
Marie sentiva di nuovo il vento scompigliarle i capelli, mentre prima tutto era offuscato da quel terribile dubbio, che inghiottiva ogni cosa come un drago affamato.
Sapeva che il mostruoso carico che gravava sulle loro spalle avrebbe ben presto fatto ritorno, ma cercò di godersi quell’attimo con tutte le sue forze, assieme ad Harry, forte della sua vicinanza.
Si portò una mano tra i capelli, i quali ora che erano più corti erano ribelli quanto quelli di Harry, e perciò il vizio che entrambi avevano ereditato, in lei prima lieve, ora era evidente. Tuttavia oltre alle onde ribelli avvertì anche il freddo del metallo, e strinse la mano attorno alla catenella che aveva al collo, per poi afferrare il ciondolo che non aveva mai tolto dalla lettura del testamento di Silente.
Era il dono che Silente aveva deciso di darle in eredità, con sorpresa sua e di tutti quanti.
Ancora non riusciva a capire a cosa dovesse servire, ed a volte anche quel gioiello era fonte di disperazione.
Quali erano state le intenzioni di Silente, nel donarglielo? Quale astuto scopo avrebbe dovuto scoprire? Nonostante ci avesse riflettuto fino alla nausea durante notti insonni, brancolava ancora nel buio.
Harry, assaporando a sua volta la brezza salmastra, le rivolse un sorrisetto sghembo al di sotto dell’ormai consueto velo di preoccupazione, scompigliandole scherzosamente i capelli. Lei rispose scompigliandoglieli a sua volta, ed a guardarli senza conoscere il peso di Atlante che portavano sulle spalle, ricordavano proprio due cuccioli di Wampus.
“Non si può negare che Silente avesse il senso dell’umorismo fino alla fine” esordì Harry spezzando quell’etereo sussurrare del vento.
“Ben oltre la sua fine…vecchio furbone!” Marie lesse con tono dolcemente canzonatorio la scritta incisa sul retro del ciondolo, incorniciata da un motivo celtico circolare tracciato con quella che sembrava polvere d’orata.
“To see a world in a grain of sand, And a heaven in a wild flower, Hold Infinity in the palm of your hand And Eternity in an hour.
del poeta babbano William Blake … Sai Harry, il messaggio di Silente mi fa sempre sorridere, ma ora comincia ad assillarmi sul serio, apprezzo il suo umorismo, ma non poteva essere più chiaro, Morgana!”
Aprì malamente la pergamena stropicciata su cui aveva trascritto le poche parole lasciatele da Silente nel suo testamento: “A Marie Lily Potter, nella speranza che non passi mai di moda, in qualsiasi tempo." Niente, assolutamente nulla sulla sua utilità! Per Merlino, almeno quando V…Tu-Sai-Chi ci ammazzerà indosserò un gioiello ben al di sopra dei miei gusti, questa si che è una bella notizia!”
“Continuo ad essere convinto che contenga qualcosa. Come il medaglione Horcrux…e il boccino. Anche quello ci è stato dato con un rompicapo, Mi apro alla chiusura.” Suggerì Harry, ripercorrendo le tappe ormai usuali di quella conversazione, tracciando con le dita l’orlo ovoidale del ciondolo color ossidiana “Lo spessore è sufficiente per nascondervi qualcosa di piatto o sottile. Qualsiasi cosa contenga, è minuscola. Se il boccino contiene la pietra della resurrezione, come pensiamo, allora…” Marie lo interruppe.
“Qualsiasi cosa contenga, non lo sapremo mai!” Harry la guardò con uno sguardo stanco ma determinato. “Non disperare Marie, siamo tutti provati, e lambiccarci il cervello sui medesimi interrogativi ci logora. Se non altro ora abbiamo un nuovo rompicapo, Malfoy. Devo ammettere che si è rivelato straordinariamente utile nelle ultime ore, il Serpeverde.
“Sei in vena di eufemismi, Potter” gli ripose lei, con sguardo giocoso.
“Sia chiaro, non mi fido di lui. Ma ti ha salvato la vita, e l’ha salvata a tutti noi. Questo è sufficiente a capovolgere le cose, per ora. Ed oltretutto non può fuggire da nessuna parte, se lo facesse, sarebbe un rinnegato. Ricercato dai Mangiamorte e scacciato dalle forze dell’Ordine, non avrebbe uno straccio di possibilità.”
Marie non aveva bisogno di assentire, a loro due non occorreva il Pathos Cogitatio né qualsiasi altra forma di Legilimanzia per leggersi nel pensiero.
“Nessun rischio a farlo partecipare alle nostre missioni, anche se con misura.”
“Poi sarei io quello in vena di eufemismi” le rimbalzò la battuta Harry.
“Non possiamo mica mollarlo a Bill e Fleur, o ad altri dell’Ordine no? Potrebbero tenerlo al sicuro come gli altri Membri, ma lui è pur sempre un Mangiamorte, non lo vorrebbero, e poi riesci ad immaginarti Malfoy da Muriel?” Un dubbio li punzecchiò puntuale: avevano rifiutato l’aiuto di Lupin, per accettare senza esitazioni il cambio di bandiera di un Malfoy? Ma in fondo, era giovane quanto loro, e altrettanto determinato, ora.
“Hai pensato ai vantaggi che ci potrebbe portare il fatto che sia un Mangiamorte? In teoria, intendo.” Continuò Marie, certa di seguire il filo dei pensieri del gemello “Chissà quanti luoghi sono protetti contro intrusi ma non contro Mangiamorte! Hogwarts, di sicuro! Sento che il castello ci potrebbe aiutare molto Harry, tu che ne pensi?”
“Sono d’accordo, ma prima dobbiamo infiltrarci nella Gringott…” Un urlo improvviso e roco gli fece trasalire, chi era in pericolo?
Corsero nella direzione del grido, inciampando nella tenue luce dell’alba con la sabbia che entrava nelle scarpe, fino a che giunsero sul bagnasciuga e videro Ron, Hermione e Luna che correvano loro incontro dalla direzione opposta. Tra di loro si frapponeva Malfoy, in ginocchio nella sabbia umida. Già da lontano videro che si stringeva convulsamente l’avambraccio.
“Malfoy, che succede?” Proruppe Harry, dando voce all’allarme dei suoi compagni.
“Il marchio…” Ansimò Draco a denti stretti “Il marchio nero si è rivoltato contro di me, e…”  Si interruppe per non lasciarsi sfuggire un lamento “si sta facendo strada nella mia carne.”
Il verso di un gabbiano sembrò prendersi gioco di lui, con una risata acuta ed animalesca.
“Ha spaventato tutte le ostriche zannute, nemmeno una spunta più dalla sabbia” Affermò Luna con la sua voce cristallina. “Non sono le zanne delle ostriche a preoccuparmi, lunatica!” Pensò irritato Malfoy.
“Fa vedere il braccio, Draco” Disse Marie con voce ferma ma morbida, come se avesse a che fare con un bambino spaventato. Malfoy non lo avrebbe mai ammesso, ma quella morbidezza, seppur accennata, gli diede la forza di scoprire l’orrenda cicatrice.
“Per la miseria!” sbottò Ron, ed Hermione si portò le mani alla bocca. Luna invece si era messa a cercare le ostriche zannute, canticchiando tra sé. Ma Harry e Marie fissavano con sguardo indecifrabile l’avambraccio tumefatto di Draco, dove il serpente si dibatteva stringendosi la coda fra la morsa ferrea delle zanne velenose, da cui si spandeva, tanto piano quanto inesorabilmente, una macchia nera come la pece.
“Torniamo a Villa Conchiglia, ci siamo rinfrescati abbastanza” Fu l’unica cosa che disse Harry, e tutti tranne Luna si avviarono silenziosamente verso la dimora. Hermione si rassicurò che li raggiungesse a breve, e fu sorpresa nel vedere che portava diverse manciate di ostriche zannute nella maglietta.
“Luna, a cosa…” stava per chiedere, ma lei l’anticipò, angelica. “Dalle loro zanne si può trarre un succo lenitivo, non lo sapevi?” No, Hermione non lo sapeva, e si domandò quale libro avesse tralasciato un’informazione tanto importante. Certo non immaginava che dovesse studiare anche Il Cavillo!

*

Severus Piton camminava su e giù nell’ufficio del Preside. Il fatto che ora fosse lui il Preside di Hogwarts non gli impediva di considerare come veramente suo unicamente l’ufficio sotterraneo in cui custodiva i rari e ricercati ingredienti per le sue pozioni. Quel bonaccione assuefatto dai contatti sociali che considerava essere Lumacorno lo aveva confinato in quello che per i suoi alti standard era sicuramente un gabinetto. Là in quell’umida stanza era racchiusa la sua passione, mentre quello studio dagli spazi ricercati non faceva che ricordargli quanto avesse dovuto sacrificare, e quanto vicina fosse la sua fine. Malgrado Fannì la Fenice fosse assente e l’atmosfera meno luminosa, l’ufficio di Silente era ancora ben riconoscibile. Certo la presenza del nuovo e più odiato Preside di Hogwarts l’adombrava come il pipistrello del malaugurio. D’un tratto, il silenzio fu rotto dal tintinnio di una bacchetta che bussava alla porta. Una figura decisamente più elegante portò improvvisamente vita nel silenzioso studio, dopo essere stata fatta entrare con un perentorio ma insofferente “Avanti”. Il ritratto di Silente, in cui il preside dagli occhiali a mezzaluna passava la maggior parte del tempo sonnecchiando, sbirciò la nuova arrivata con interesse.
La chioma di un biondo chiarissimo e l’aria di sufficienza, seppur di molto deperita, che trapelavano da sotto il pesante cappuccio di seta nera non lasciarono dubbi a Piton: si trattava di Narcissa Malfoy.
“Signora Malfoy, a cosa devo l’onore della sua visita?” Chiese Piton, senza preoccuparsi minimamente di celare il fastidio e l’insofferenza nella sua voce, strascicata con calcolata indifferenza.
“Chiamami Narcissa, Severus. Non è una visita ufficiale la mia” esordì la madre di Draco, con una voce inusuale per il suo portamento: debole, carica di preoccupazione.
“L’avevo intuito, dato che tuo figlio non frequenta più la mia scuola e non necessita di favori per entrare nella squadra di Quidditch” Piton si divertì crudelmente a girare il coltello nella piaga ed estrarre dal cappello quelle che ormai risultavano futili preoccupazioni in confronto a quelle presenti. Sapeva benissimo che Narcissa era venuta per chiedergli di intervenire per suo figlio una seconda volta nell’arco di due anni. Questa volta però non avrebbe ottenuto un voto infrangibile come a Spinner’s End, quello era certo.
“Severus, … le tue doti nell’arte del fabbricar pozioni sono inarrivabili. Sai benissimo, in quanto sono certa che questa…notizia ti sia stata riportata, che Draco ha commesso una sciocchezza imperdonabile, lo so bene, e so anche che probabilmente gli costerà la vita. Ma come madre non posso rassegnarmi a vederlo morire o deperire senza fare nulla per lui. L’Oscuro Signore certo lo saprà e mi tiene sotto stretta sorveglianza, non posso fare nulla per aiutarlo. Se cercassi di farlo, mi farei uccidere e so che Draco non vuole perdere sua madre, anche se le ha causato un dolore tale da portarla vicino a quello stato…
“Non sono qui per ascoltare la tua inettitudine come genitore, Narcissa.” Piton sapeva che per la Signora Malfoy un trattamento del genere era un colpo duro e insopportabile all’orgoglio, ma era necessario per metter alla prova la devozione di Narcissa e mascherare la sua parzialità. Lei si interruppe, mortificata quanto seccata, ed andò dritta al punto.
“Sai benissimo quanto me qual è la sorte che spetta ad un Mangiamorte traditore, se l’Oscuro Signore desidera eliminarlo senza averlo in ginocchio davanti a sé. Ha avvelenato il marchio di Draco, il mio unico figlio, in modo che ogni suo arto deperisca lentamente, condannandolo ad una morte lenta e ad un’agonia intollerabile.” Narcissa sperò che quelle parole potessero scalfire la coscienza del Preside, e rievocare un briciolo di…umanità, per quello che era stato uno studente della sua casa. “Morirà comunque, Severus, quando la guerra sarà vinta dal Signore Oscuro, per mano sua o di qualcun altro, ma non se io potrò impedirlo. Dato che non posso, non morirà in quel modo. Era un tuo studente e faceva parte della tua casa. Sei il Preside di Hogwarts, fallo per uno dei tuoi studenti.”
La rassegnazione che Narcissa manifestava nelle sue parole sorprese Piton, anche se ebbe cura di nasconderlo. Intuiva che dietro alla maschera rassegnata Narcissa stava adoperando la logica più spietata per difendere suo figlio dalla realtà altrettanto spietata che aveva tradito. Il suo ingegno brillante, costretto ad essere offuscato dall’inettitudine del marito, stava applicando la ragione a quella situazione apparentemente senza via d’uscita.
Narcissa non era mai stata sentimentale. Ma era carica di passione, Severus lo sapeva, l’aveva conosciuta da giovane. Era una passione silenziosa la sua, che ora si manifestava in modo positivo nel suo amore incondizionato per il figlio, e se repressa, nelle atrocità che accettava per quello che aveva sempre creduto essere il bene di Draco. Ma ora suo figlio aveva scelto da solo la sua sorte, e l’assurdo era che Piton sapeva che aveva scelto meglio di lei. Nel suo ruolo di doppiogiochista, sapeva che la causa dei Potter non era senza speranza, che Draco e Narcissa avrebbero potuto uscirne in una luce nuova. Questo se i Potter avessero sconfitto il Signore Oscuro. Aveva dedicato tutto sé stesso, dannato la sua reputazione e lacerato la sua anima per portarli più vicini alla vittoria, ma era ancora tutto incerto. Le cose potevano andare storte, e morire tutti. Camminavano sul filo del rasoio, e per evitare di essere falciati in due occorreva muoversi il meno possibile.

I due stavano giocando una partita di scacchi al buio, senza nemmeno sapere quali e quanti pezzi avesse l’avversario. Le mosse erano tali da essere inesistenti, basate sulle caselle vuote invece che sulle pedine. Quelle erano compromesse, mentre gli spazi liberi potevano essere la loro salvezza. Ma nel buio, nessuno dei due aveva la certezza di quali caselle fossero effettivamente libere.

“Non avrei nemmeno dovuto farti entrare Narcissa, lo sai bene.” Riprese secco Piton, mentre il suo sguardo indagatore registrava il fatto che Narcissa stringesse tra le mani una bacchetta diversa dal solito.
“Draco si era rivelato essere più che discreto nell’arte delle pozioni negli ultimi anni, anche se faceva del suo meglio per nasconderlo. Non posso assolutamente preparare direttamente l’antidoto di persona, sarebbe alto tradimento. Nulla mi obbliga di impedirgli di prepararlo da solo, tuttavia” Fece una pausa, e gli occhi freddi e calcolatori di Piton si incrociarono con quelli di Narcissa, altrettanto calcolatori, ma traboccanti di passione, sofferenza e, appena visibile nascosto da qualche parte, un briciolo di speranza.
“Sappiamo entrambi che l’Oscuro Signore vincerà questa guerra, Narcissa. Questo ti deve bastare”
Il barlume di speranza negli occhi di Narcissa divampò, ma fu subito spento da un gelido autocontrollo.
Il labbro inferiore della donna tremò leggermente, quando sussurrò le parole
“Grazie, Preside”.
Si rialzò l’anonimo e pesante cappuccio di seta e voltò le spalle a Piton.
Legami di sangue e alleanze vecchie di secoli stavano per eclissarsi come oro leprecauno, mentre nuove alleanze si forgiavano, saldandosi con la sinuosità dell’argento goblin. Il prezzo però era alto, e più di una lama aveva sete di sangue.

*

“Dove sei stata, Cissy? Lo sai che il Signore Oscuro ti ha intimato di non lasciare la casa!” Sbottò Bellatrix in faccia alla sorella, contenendo a stento la furia.
“Hogwarts è stata casa mia, in passato.” Rispose atona Narcissa, sfilandosi i guanti da viaggio.
“Cissy, stai solleticando la chimera. Tu e Lucius avete già molto per cui farvi perdonare, non vorrai peggiorare la situazione.” E Bellatrix la inchiodò con lo sguardo.
“Certo che no.” Fu la fredda risposta.
“Allora faresti meglio a non dimenticare che è il Signore Oscuro che merita la nostra assoluta fedeltà, sopra ogni altro mago o strega! E questo, sorellina, include anche Draco! Già più di un discendente dei Black ha disonorato la nostra famiglia, e non tollererò che un altro mago insudici il nostro onore!” sbraitò Bellatrix, questa volta senza minimamente nascondere l’ira. Narcissa invece riuscì a imbrigliare la risposta, e la fattura, che avrebbe voluto scagliarle contro, e trattenne la rabbia e l’indignazione che parole simili infuocavano. “Come osi rivolgerti a me in questo modo quando sei ospite sotto il mio tetto!” Le tremò la voce, nonostante i suoi sforzi.
“Il Signore Oscuro è l’unico mio padrone, Cissy, e così dovrebbe essere anche per te! Tuo marito Lucius è determinato a riportare Draco fra queste mura, ma sappi che io lo sono ancor di più!” E con questo si avvicinò alla sorella, e malgrado fosse più bassa di lei di una spanna, la fronteggiò con arroganza e continuò. “Anzi, in nome dell’amore che provo per te, Cissy, mi assicurerò personalmente che Draco non torni a mani vuote, sai cosa lo aspetterebbe altrimenti…non che possa ancora salvarsi la pelle, se chiedi a me. Ma gli farò svuotare il sacco, e forse io e Lucius riusciremo ad attirare uno dei Potter e della loro sudicia combriccola nella nostra trappola… magari a quel punto il tuo Draco avrà un’insignificante possibilità – “
La voce di Bellatrix le morì in gola, ma Narcissa rilasciò subito la fattura asfissiante che le aveva scagliato contro, ed innalzò uno scudo, pronta a difendersi dalla sua ritorsione.
Ma questa non venne. Al suo posto, Bellatrix sfoggiò uno dei suoi sorrisi più perversi e disse, con un tono improvvisamente infantile: “È ora di giocare, Cissy!”
Nella rabbia e nel dolore che la avevano sconvolto alle parole di quella che fino a quel momento aveva sempre, seppur con numerose ostilità a dividerle, considerato sua sorella,
Narcissa non si era accorta che Bellatrix, avvicinandosi, le aveva strappato una ciocca di capelli.
Dopo aver subito la rabbia del Signore Oscuro, bruciava dalla voglia di far pagare a Draco la sua scappatella e l’umiliazione che aveva loro imposto, a cominciare dall’imposizione di rimanere a Villa Malfoy.
Ora doveva solo convincere Lucius e fare due parole con il direttore del profeta dal camino del suo ufficio, pensò Bellatrix, gongolando.

*

Il mattino successivo alla prima alba vista dai dintorni di Villa Conchiglia, Draco si risvegliò completamente intontito. Una vaga sensazione di smarrimento lo colse, e gli occorsero alcuni istanti per realizzare che l’ultima cosa che si ricordava era il profilo del cottage illuminato dalla luce ormai dorata del mattino, e poi solo il buio più assoluto. Evidentemente, doveva essere svenuto per il dolore e lo sfinimento. Fu felice di essere disteso su di uno scomodo materasso in uno sgabuzzino improvvisato alla bell’e meglio come camera da letto, dove nessuno poteva vederlo. L’avambraccio gli doleva da morire. Gli sembrava che gli artigli di decine di ippogriffi gli stessero lacerando la carne ripetutamente e senza sosta.
Si chiese se fosse per quello che aveva fatto un sogno così sconvolgente. Di sicuro il materasso duro come la testa di un troll non aveva aiutato, ma Draco si augurò che ciò che aveva sognato non fosse mai scoperto da nessuno, Legilimanzia compresa. Di problemi per la testa ne aveva già a sufficienza, ed ora si era aggiunto anche il sognare cose che, bè, etichettava come da omosessuali punto. Gente con i calzini di Merlino a rovescio. “Ecco vedi, ora sei impazzito, te l’avevo detto fin dall’inizio!” Proruppe trionfante la vocina, messa a tacere come sempre.
“No che non lo sono, lo sarei se fossi stato me stesso, nel sogno, ma la cosa più bizzarra e inquietante di tutte è che il mio corpo – ammettiamo che fosse il mio – era quello di una ragazza!” “Ah Ecco, ora si che sei tornato sano di mente. Lo sai come si etichettano quelli che si mettono sia i calzini che le mutande di Merlino a rovescio…” “Taci, ironia traditrice!” “Anche se fosse, meglio tradire il proprio sesso che i Mangiamorte…”
Draco decise di porre fine a quel dialogo delirante, e fece per alzarsi. In un attimo vide le stelle, senza sapere di avere condiviso in quel risveglio doloroso l’infanzia dei gemelli Potter. Si sdraiò di nuovo, massaggiandosi il bernoccolo, e ripensò al sogno. Certo era bizzarro e si vergognava di sé stesso, cosa poteva aver scatenato una cosa simile? E dire che ad una parte di lui era persino piaciuto. Le immagini e la sensazione, soprattutto, di essere accoccolata fra due braccia forti dalla pelle liscia e calda, che le accarezzavano i fianchi sinuosi e percorrevano il suo corpo con delicatezza e foga al tempo stesso, come se non potessero mai stancarsene, lo inondavano come una tempesta imprevista. Ed esattamente come l’incauto passeggero che non ha saltato il pasto, una parte di Draco sentiva di dare di stomaco. Lui non era una ragazza, quello non era il suo corpo, e in ogni caso, giù le mani! E la lingua aggiunse melliflua la vocina.
Poi una seconda botta lo colpì, più forte di prima, ma stavolta non aveva sbattuto la testa, almeno non materialmente. Quella scena lui l’aveva intravista, e con altrettanto disgusto e... per Merlino, una qualche sensazione bruciante sconosciuta, qualche anno prima. Tre anni prima. Una settimana dopo quello stupido Ballo del Ceppo, ora ricordava bene. Era l’imbrunire e stava tornando fradicio e infangato da un deludente allenamento di Quidditch, quando una risata calda e morbida, come attutita lo aveva attratto inesorabilmente verso la porta socchiusa di un’aula di incantesimi. Di cose strambe quell’aula ne aveva viste molte, compreso Neville Paciock appeso al lampadario, ma sicuramente Marie Potter e Cedric Diggory stretti in un abbraccio così intimo, stavano facendo arrossire non solo Draco, ma anche l’aula. Non appena Draco era riuscito a scollare gli occhi, aveva continuato per la sua strada spedito come se il pavimento scottasse, indeciso se collezionare il ricordo per esperienze future, o tentare di cancellare quella sensazione umiliante per sempre. Che la Potter potesse batterlo in quel campo, per giunta così clamorosamente, gli faceva salire il sangue alla testa.
Per finire, aveva attuato entrambe le intenzioni, al punto che se n’era completamente dimenticato, fino a questa mattina. “Certo che il tuo inconscio ha davvero un modo strano e a scoppio ritardato di processare le cose, Draco.” “Non posso darti torto!”
Mentre rimuginava, diede un’occhiata ai pianeti che rivolvevano al suo polso, e si rese conto con orrore che era passato un giorno intero! I Potter lo avevano sbattuto in uno sgabuzzino, lontano dalla vista, e lo avevano lasciato lì a ronfare per tutto quel tempo! Hanno approfittato di potermi levare dai piedi con la solita galanteria ipocrita dei Grifondoro e tanto per cambiare si sono presi la rivincita, pensò Draco, ricordando quando si era preso gioco di loro al terzo anno dopo che erano svenuti sull’espresso per Hogwarts. Improvvisamente desiderò di potersi sciacquare via la sensazione che gli faceva ritorcere le viscere e lo faceva arrossire al tempo stesso. “Ci vorrebbe ben altro che sapone magico, prova a sbattere la testa una seconda volta…” Avrebbe finito per renderlo ridicolo! Giurò a sé stesso di comportarsi come il mago adulto e navigato che si riteneva essere, e non come uno sbarbatello. Risalendo la breve rampa di scale che portava allo sgabuzzino, un odore penetrante gli punse le narici. Sperò che non fosse la colazione; non che avesse fame, il dolore pulsante e dilaniante del marchio gli toglieva l’appetito.
Trovò il gruppo di giovani maghi riuniti al tavolo, intenti a confabulare a coppie. Chissà quante cose avevano potuto dirsi nel giorno appena passato, non era ancora abbastanza?  Hermione parlottava fitto fitto con Ron, che probabilmente non capiva la metà, a giudicare dallo sguardo assonnato, mentre i gemelli erano chini su quella che sembrava una piantina scarabocchiata a mano. Avvicinandosi, Draco comprese che l’odore pungente di qualcosa che ricordava lontanamente il concime di drago delle serre di Hogwarts proveniva da un calderone sopra il quale Luna stava sbacchettando allegramente. La splendida signora del cottage la teneva sotto stretta sorveglianza, con il grazioso viso buffamente incorniciato da quella che sembrava una bolla di sapone attorno al naso. Fu proprio Luna a voltarsi ed esordire “Buongiorno!” nella sua direzione, con il suo consueto tono leggero e sognante. Probabilmente aveva avvertito che il numero di gorgosprizzi ronzanti nel salotto era aumentato considerevolmente. Il parlottio smise subito, dando voce al sobbollire del calderone. “Giorno” Risposero tutti gli altri presenti all’unisono, eccetto Fleur. La bizzarra sincronia non sgelò l’aria, ma ancora una volta, ci pensò Luna. “Il decotto di ostriche zannute è pronto” Possibile che fosse il solo con un’espressione da gufo con la sbornia, in tutta la stanza? Sembrava avesse annunciato il tè. “Dovrebbe alleviare gli effetti da avvelenamento, dice Luna” Spiegò Hermione, con una punta di scetticismo.
Come facesse la Granger a sapere anche quello, Draco si domandò, era un mistero. Come se un rimedio tanto semplice potesse funzionare.
“Certo, Tu-Sai-Chi ha pensato a tutto tranne che ai rimedi della nonna!” Intervenne Ron, sopprimendo a stento una risata. Ammutolì quando Marie ed Hermione gli lanciarono due occhiate assassine, e cercò lo sguardo di Harry, che gli sorrise mascherandosi con uno sbadiglio. “Non sono di mia nonna, ma di mia mamma.” Ribatté serena Luna. “Era un’abile pozionista, Ron, e prima che morisse mi ha insegnato molti trucchi del mestiere.” Ron sembrò vergognarsi un pochino, ma era sempre scettico. Così era Draco, ma tanto valeva provare, pensò, soprattutto perché il Marchio gli causava un dolore pazzesco.
In quel momento entrò Bill, carico di garze e boccette, e senza preavviso lanciò un rotolo di tessuto a Malfoy. Con gran delusione di Ron, che sperava gli arrivasse sul naso, Draco reagì con prontezza.
“’Giorno – per l’impacco.” Disse Bill, come se niente fosse, ma poi aggiunse “Luna, se potessi imbottigliare la pozione quanto prima te ne sarei enormemente grato, e Fleur con me”
“oh certo, subito” Annuì Luna, raggiante. Harry, Marie, Ron ed Hermione non l’avevano mai vista così felice. Forse preparare quella pozione l’aveva riportata indietro nel tempo, a quando sua madre era ancora viva, rifletterono alcuni di loro. Draco si sedette, senza sapere cosa fare e se aveva il permesso di fare qualunque cosa, ma cercò di evitare di incrociare lo sguardo di Marie. Fleur lo sorprese quanto il marito facendo scivolare verso di lui una ciotola di porridge con un gesto noncurante della bacchetta, mentre diceva a Bill “Quel materassò dev’essere tremondo Bill, dobiamò agiungere un po’ di piumage
Felice di essere occupato, Draco si concentrò sul porridge, malgrado fosse nauseato, e fece appena in tempo a trangugiare qualche cucchiaio che fu costretto ad accettare le cure dell’infermiera più improbabile a cui avesse mai potuto pensare. Malgrado il suo imbarazzo, Luna era disinvolta ma soprattutto abile, e con gran sorpresa di Draco e molti dei presenti, le garze divenute blu per il decotto di cui erano state intrise formarono presto una fasciatura curiosamente a forma di stella. “Mamma diceva sempre che è la forma a fare il sortilegio – Grazie per il calderone Fleur. L’ottone francese è davvero profumato!”
“Mai quanto quell’intruglio” pensarono Ron ed Harry all’unisono.
Ora gli sguardi erano tutti puntati su Malfoy, e Draco si rivolse a Luna con un tono di voce a cui nessuno intorno al tavolo si era ancora abituato: grato.
“Il sollievo è immediato, grazie… Luna.” Disse Draco, alla ricerca infruttuosa di parole.
“Di niente. Non penso lo fermerà, ma almeno ti risparmia un po’ di dolore.”
“Hermione manderà Leotordo -un gufo- a Viktor Krum, pensiamo che possa sapere quale effetto abbia avuto su Karkaroff la maledizione…visto che anche lui ha tradito Tu-Sai-chi.” Esordì Marie, e poi formulò ad alta voce la domanda dei suoi compagni. “Perché tu non sai cosa sta succedendo al Marchio vero, o sì?”
“No, non lo so.” Dovette ammettere Draco, cercando una posizione in cui il braccio gli dolesse il meno possibile. “Il fatto è che sono…stato…un Mangiamorte per relativamente poco tempo, ed alcune domande sono tabù, come potete immaginare, quindi si sanno le risposte per esperienza, o si evitano e basta.”
“Ce lo eravamo immaginati” Disse Potter, con una punta di soddisfazione nella voce che punzecchiò Draco all’inverosimile.
“Ringrazia di non avere un’immaginazione troppo fervida, Potter.” L’imprecazione gli sfuggì dalle labbra prima che potesse trattenerla, il tono sprezzante del vecchio Malfoy era riaffiorato. Ormai il danno era fatto.
Hermione si fermò con la penna a metà strada fra il calamaio e la pergamena appena srotolata, Ron posò la tazza di tè e Marie ed Harry gli puntarono addosso degli sguardi inquietantemente simili nel loro moto di sfida ed ira appena velata.
“Come scusa?” Proruppe Harry, la voce carica di elettricità come uno stetoscopio impazzito.
“Per tua informazione, non ci siamo dovuti immaginare Tu-Sai-Chi che ti costringeva a torturare Rowle, e nemmeno la tua faccia bianca come un lenzuolo. Se non vuoi sentire di nuovo la sua voce soave a pochi centimetri da te, ti consiglio di tenere a bada la lingua.”
Silenzio. Draco non disse nulla, si sentiva come se gli avessero appena tirato un ceffone.
Come facevano a sapere?
“Non è importante come” Gli lesse nel pensiero Marie, fredda.
“Credo, credo che nessuno voglia litigare, no?” Pigolò Hermione, sventolando nervosa la piuma sotto il naso di Ron.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio, anche se con il serpente proprio non so come metterla…” Intervenne Ron, nel a lui piuttosto nuovo ruolo di mediatore, se non altro fra questi due attori.
“A Proposito…” Esordì Marie, l’ira svanita dal suo sguardo senza lasciare traccia. “ecco la tua bacchetta, Malfoy. Vedi di farne un uso più benefico, ora che sei libero. Non siamo noi a doverti ricordare che se provi a fuggire da qui sei spacciato come un furetto con un ippogriffo inferocito alle calcagna, e se ben ricordo hai familiarità con entrambi gli animali…”
Per la prima volta da tempo, Draco la insultò silenziosamente, ed ebbe voglia di sbatterle in faccia che il suo ultimo sogno non era stato così intimo come credeva. Quello se lo sarebbe tenuto per un'altra volta, decise, e si rimangiò l’epiteto, tentando di sopportare senza reagire le risatine generali che la battuta aveva scatenato. Con la bacchetta nuovamente fra le mani, gli occorreva uno sforzo ancor maggiore per controllarsi. Era sicuro che la Potter lo avesse fatto apposta.


Angolo dell’autrice

Ecco, finalmente un nuovo capitolo! L’ottavo arriverà a breve, è già pronto :-)
Una nota sulla risposta pungente di Harry e Marie all’insolenza di Draco: Voldemort costrinse realmente Draco ad usare la maledizione cruciatus su Rowle, Harry ebbe una visione nel bagno di Grimmauld place, in “Harry Potter e i Doni della Morte” della geniale J.K Rowling.
Il Wampus è un felino riportato nel compendio di creature magiche di Newt Scamander (aka J.K. Rowling): “Creature Fantastiche e dove trovarle.”
Purtroppo per voi non mi stancherò mai di ringraziarvi per seguire la mia storia, ma immaginate cosa succederebbe se mi scriveste una recensione…fuochi d’artificio! Ho in serbo anche un’illustrazione, quindi, fatevi sentire vi prego! Non sto nella pelle dal desiderio di sapere cosa ne pensate di questo capitolo: forse qualcosa non vi è piaciuto? O non vi convince? Siete entusiasti, curiosi?
Allora mandatemi un gufo o una Strillettera, o se preferite, fate alla babbana… Avrete la mia più sincera riconoscenza. Ma ora, non vi tedio più…

A presto, carissimi lettori

Claire


  
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