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Autore: _Lady Cassiopeia_    20/03/2018    2 recensioni
La vita di Rin era quanto di più simile ci fosse ai fiori di ciliegio: bellissima e fragile, destinata a sfiorire in pochissimo tempo.
Da quando Sesshomaru aveva rischiato di perderla per sempre, quel pensiero non l'abbandonava mai.
Rin sarebbe morta.
Così come, probabilmente più di un secolo prima, era morta Vibeke.
Chissà come stava Daiki, il Grande Sovrano delle Terre dell'Est e quanto di più simile Sesshomaru avesse avuto ad un fratello.
Si può superare la morte della propria compagna umana?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ningen, così limitati dalla loro mortalità da non riuscire a vedere oltre il proprio egoismo.

Qualunque fato sia destinato alla razza umana non mi riguarda e non deve riguardare neanche te, Rin.

Tu, infondo, sei l'anima perfetta in una dimensione sbagliata.

Donarti la vita senza tempo che meriti affinché tutti possano inchinarsi alla tua magnificenza, sarà il mio unico scopo nella vita.

-Sesshomaru-




Comparvero un numero indefinito di liane, spuntarono da terra come fosse la cosa più naturale del mondo e cominciarono a colpire a destra e manca liberando tutti dalla propria prigionia. Rin venne dolcemente accompagnata a terra da una di queste e Sesshomaru tirò un sospiro di sollievo sgranando poi gli occhi alla visione che gli si presentò dinnanzi.

C'era una donna che avanzava in mezzo al campo di battaglia: indossava vesti leggere, di terre lontane, di un tessuto quasi impalpabile e il suo volto era riparato dall'enorme cappuccio del mantello grigio, di traverso sulla schiena portava una spada demoniaca accuratamente fonderata.

Avrebbe potuto essere chiunque, davvero, eppure non l'avrebbe mai confusa con nessun'altra.

Questo profumo. Possibile che..

La donna alzò una mano in sua direzione, le liane pronte a liberarlo si fecero sempre più vicine ma a quel punto tutti i frammenti di Magatsuhi lo avvolsero.

Daiki e Inuyasha con un balzo furono sull'agglomerato di carne cercando in un qualche modo di liberare il demone bianco, ma i loro sforzi sembravano essere vani: più Inuyasha tagliava e più la carne ricresceva e il Principe Daiki non sembrava cavarsela meglio giacchè, ogni volta che tagliava un tentacolo, nonostante il potere della sua spada fosse quello di evitarne la ricrescita, questo si espandeva in laterale creando nuovi tentacoli.

-Dannato, non ti lascerò morire solo perchè mi hai ceduto il Meido. Maledetto!-Urlava senza sosta Inuyasha nella speranza che quella foga gli permettesse di salvare il fratello che avrebbe dovuto morire solo per sua personalissima mano.


Sesshomaru invece, non sentiva dolore alcuno. Non più.

C'era un lieve calore dentro di sé, lo sentiva partire dal petto e irradiarsi per tutto il corpo.

Era forza allo stato puro, primordiale e demoniaca.

La sua vera essenza.

Sesshomaru la sentiva pulsare violentemente in ogni angolo del suo corpo e si sentiva rinascere: non c'era più l'odio per un padre che non aveva mai appieno compreso e con esso erano spariti anche il desiderio di uccidere Inuyasha e la smania per Tessaiga.

Sono soddisfatto.

Di me, della mia grandezza. Di chi sono.

Sono il migliore, non devo più mostrare nulla a nessuno.

Non sarà una spada a rendermi il Principe che sono, ora lo so.

Sgranò gli occhi lui stesso, stupito di poter percepire nuovamente l'arto che aveva perso tempo addietro.

C'era un nome nella sua mente, la sua stessa essenza glielo stava urlando.

Bakusaiga.


Inuyasha sgranò gli occhi sorpreso mentre una luce comparve all'improvviso avvolgendo il cumulo di carni, estendendosi calda e letale fino a disintegrare parte di quell'ammasso informe.

-Signor Sesshomaru, meno male.-

Rin.

Sesshomaru comparve nuovamente, maestoso come solo lui poteva essere, mentre la luce verde che l'aveva cullato quando era stato imprigionato in quelle carni continuava a non abbandonare la parte sinistra del suo corpo.

Rimasero tutti stupiti e il sorriso vittorioso di Magatsuhi si spense irrimediabilmente. -E' ancora..-

Non riuscì a finire quella frase che Sesshomaru ghignò appena, poi con un leggero slancio spinse tutto quell'ammasso di energia verso il proprio nemico mentre questo cercava di attaccarlo nuovamente.

Totosai comparve all'improvviso, sempre identico all'ultima volta in cui l'aveva visto.

Ora capisco, questa è..

-Fai quello che vuoi, Sesshomaru, tanto questo corpo è in prestito. - La risata di Magatsuhi si spense con la stessa velocità con cui questi s'accorse di non potersi più rigenerare.

-Cosa? Come è possibile?-

I pezzi colpiti implosero portanto con sé, nella distruzione, anche quel poco che si era salvato.

Un ultimo colpo e di quel maledetto non rimase nulla.

Il suo spirito se l'è data a gambe già da un pezzo. Pagherà.

Sesshomaru tornò a terra, Rin e Jaken subito si fecero avanti ma se dalla ragazzina si aspettava un pianto senza sosta, rimase deliziosamente stupito quando invece ricevette semplicemente un sorriso orgoglioso.

Gli occhi lucidi dal pianto precedente la rendevano ancor più angelica. -Ora il tuo braccio sta bene?-

Annuì appena, inginocchiandosi poi dinnanzi a lei.

Sembrava stare bene nonostante i primi lividi stessero già cominciando a formarsi, scuri e dolorosi, sulla pelle della bambina. Ossa rotte non ve n'erano, il suo colorito era sano, il suo odore delizioso.

Non c'era alcuna ferita irrecuperabile. Nulla di grave.

Non fosse stato per..

A quel pensiero si voltò verso Daiki intento a baciare il dorso di una delle mani della donna.

Un colpo di vento più forte fece cadere il cappuccio dal volto della misteriosa creatura che aveva salvato tutti loro e Sesshomaru sgranò gli occhi.

-Vibeke.-

Lo sussurrò appena, Jaken al suo fianco fece un balzo.

-Ma come è possibile?-

Esiste un modo?

Questo cambiava tutto.

Inuyasha si voltò verso di lui, poi puntò lo sguardo verso la donna che era di una bellezza incomparabile.

Lunghi capelli ondulati di un biondo molto simile al bianco, pelle di porcellana, labbra carnose e due occhi di un verde brillante assolutamente impossibile per qualunque altro essere umano.

Il lungo abito a più strati bianco la faceva sembrava una vestale di quelle terre lontane che un tempo Sesshomaru aveva visitato con Daiki, il volto era lo stesso giovane e fresco di due secoli prima. L'unica nota di colore erano gli occhi: verdi come il suo potere.

Non si è reincarnata.

È lei.

Esiste un modo.

Lei sorrise appena.

-Sorpreso, Principe Sesshomaru, di vedermi ancora viva? Sono almeno duecento anni che non ho il piacere di incontrarvi.-

Il demone bianco non disse nulla tornando ad osservare il sorriso divertito del suo migliore amico.

Inuyasha sgranò gli occhi. -Sei un'umana, com'è possibile?-

Jaken guardò il mezzodemone con sdegno. -Porta rispetto, stai parlando alla Regina di queste terre.-

La donna sorrise appena. -Vi prego, seguiteci al nostro castello. Saremo lieti di potervi ospitare almeno per una notte. L'invito è valido anche per voi, fabbro.-

Tutti accettarono, Kagome cominciava a dare segni di essere prossima al risveglio e sicuramente un po' di cure non le avrebbero fatto male; Sesshomaru invece accettò solo per Rin.

La vedeva dolorante, gli effetti della stretta mortale avrebbero cominciato presto a farsi strada.

Meglio tenerla al caldo per una notte.

La bambina con una breve corsetta si avvicinò alla Regina e questa la guardò incuriosita. Si sorrisero.

-Vi ringrazio, Regina, per avermi salvata.-

La bionda sorrise e le carezzò una guancia. -Vieni piccola, un bel bagno caldo ti rigenererà. Mi chiamo Vibeke, tu invece?-

-Il mio nome è Rin, signora.-

-Cosa ne dici di darmi del tu, Rin? Infondo, c'è qualcosa che ci accomuna.-

Non disse altro, la moretta sembrò incuriosita da quelle parole ma non osò chiedere.

Sesshomaru invece capì fin troppo bene.

Donne: umane o demoni che siano, andrebbero uccise solo per la loro maledetta linguaccia.


-


Rin aveva sfruttato le piscine naturali presenti nel retro del palazzo per farsi un bel bagno caldo, la Regina in persona aveva aggiunto degli appositi sali all'acqua in modo che potesse trovare un maggiore beneficio dai suoi dolori.

Aveva avuto seriamente paura quel giorno, doveva ammetterlo: vedere Sesshomaru trafitto le aveva bloccato il battito del cuore, vederlo trafitto alle spalle solo perchè lui aveva cercato di liberarla l'aveva terrorizzata a morte ma l'aveva anche fatta sentire speciale.

Da quando sono tornata in vita, è cambiato tutto.

Si, il suo rapporto con il demone cane era decisamente cambiato: erano spariti molti dei formalismi che un tempo avevano bloccato la loro comunicazione e soprattutto Rin aveva cominciato a dargli del tu.

Era stato così naturale far sparire il “voi” dopo essersi svegliata nuovamente dalla morte e averlo trovato li, dinnanzi a lei, intendo ad accarezzarle una guancia , e il bel demone non ne pareva affatto dispiaciuto.

Gli parlava di più, rispetto ad un tempo, forse a volte lo infastidiva e non sempre otteneva risposta, ma Rin non si offendeva mai: Sesshomaru aveva viaggiato per secoli da solo, accompagnato dal petulante e fastidioso Jaken senza scordare, un po' gli dispiaceva, che Sesshomaru era stato cresciuto dalla Signora Madre.

Quella non è una mamma, non le importa nulla di Sesshomaru.

Forse erano fatte tutte così le mamme demone, si disse la piccola, forse era nella natura di quelle creature immortali non dare troppe attenzioni a chi o cosa le circondava.

Forse a furia di vivere per sempre si perdono i sentimenti. Ci si annoia.

Sospirò, si lavò con cura i capelli abbondando nell'uso dei prodotti che la Regina le aveva prestato.

I miei capelli non hanno mai avuto un profumo così buono.

Sorrise felice: Sesshomaru era diventato più forte, più potente addirittura di suo padre e Jaken le aveva raccontato che il Grande Generale Cane era uno dei demoni più temuti al mondo.

La sua spada è potentissima. Più bella di quella di Inuyasha.

Sono felice.

Abbandonò quasi con dispiacere la piscinetta, si asciugò in fretta e furia e indossò nuovamente il suo kimono.

Fece per uscire dalla stanzetta in cui aveva lasciato i suoi abiti quando la Regina in persona entrò.

A Rin venne naturale fare un leggero inchino e ringraziarla per la gentilezza, la ragazza in risposta le sorrise e le porse la mano.

-Tra poco sarà pronta la cena, ti piacciono le ciliegie Rin?-

Sorrise entusiasta. -Sono i miei frutti preferiti!-

-Allora andiamo, queste ti piaceranno di sicuro.-

La bimba prese la mano della donna e puntò i suoi occhioni sulla figura che le stava accanto.

Com'è bella!

-Il Signor Sesshomaru dov'è?-

Non era riuscita a trattenersi. La bionda le sorrise. -Lo stiamo raggiungendo. È in compagnia di mio marito. Quando iniziano a chiacchierare non smettono più, o almeno questo vale per Daiki. Infondo sono quasi due secoli che non si vedono, è naturale.-

Rin lo vide parlare con il Re di quelle terre, Sesshomaru non aveva grandi emozioni disegnate sul volto ma i suoi occhi, la bimba aveva imparato a leggerli, dicevano tutto.

Era felice. Era tranquillo.

Stava bene e soprattutto aveva un nuovo braccio.

Lei sorrise maggiormente.

Fecero un paio di gradini, poi gli occhi dei due demoni maggiori si posarono su di loro.

Erano strani a vederli insieme, sembravano due facce della stessa medaglia: uno scuro, nonostante fosse del clan dei cani della luce, l'altro bianco anche se apparteneva ai cani della notte.

Il Signor Sesshomaru e la Regina Vibeke si assomigliano molto.

Entrambi bianchi, entrambi composti e perfetti.

Non che il Re Daiki fosse meno bello di loro, anzi, ma a Rin quel demone blu sembrava quasi più umano della sua compagna.

Vibeke sembrava una statua, una di quelle creature troppo belle per essere vere, una delle creature mitologiche di cui aveva sentito raccontare quando ancora viveva in un villaggio umano.

La donna comunque non aveva lasciato la sua mano ma l'aveva portata con sé dinnanzi ad un albero enorme di ciliegio in fiore.

-E le ciliegie?-

Si morse immediatamente il labbro, pentendosi dell'impertinenza della domanda ma la Regina le sorrise.

Fu qualcosa di magico, di incredibile: Rin la osservò allungare una mano verso un ramo e posizionarla sotto un gruppo di fiori, il palmo verso l'alto quasi dovesse raccogliere qualcosa.

I fiori persero i petali e pian piano rosse ciliegie cominciarono a gonfiarsi fino a diventare enormi. Caddero da sole nella mano della loro signora.

-Come ci riuscite?-

Se davvero è la Regina umana di cui parlava Jaken, come può avere questi poteri? È impossibile!

Un pallido sorriso piegò appena le labbra della donna mentre distoglieva lo sguardo da quello della bambina.

Sembrava guardare qualcosa di lontano, qualcosa che solo lei poteva vedere.

-E' un dono innato, il mio. Sono nata e tuttii fiori del giardino del castello da cui provvengo sono sbocciati.-

Rin accettò volentieri i frutti che la donna le mise tra le mani e cominciò a mangiarne qualcuno.

Sono così succose!

-Il vostro papà era un re?-

Vibeke si avvicinò al marito, poggiando una mano sull'avambraccio del bel demone dai capelli color della notte.

-E' passato così tanto tempo, ormai, da quando ero una principessa di sangue. Nevvero?-

L'uomo le sorrise appena, una luce malinconica a riempirgli lo sguardo. -Non abbastanza, a quanto pare.-

Il sorriso della donna diventò nostalgico, quasi Rin avesse toccato un tasto dolente.

-Mi dispiace, Regina, non volevo addolorarvi. Scusatemi.-

Sesshomaru guardò Rin mentre gli occhi di quest'ultima cominciavano a riempirsi di lacrime, poi si voltò verso Daiki.

Fu il demone, signore di quelle terre, a prendere parola. -Ferma, ferma tesoro. Non c'è motivo per scusarsi, non succede nulla.-

Vikebe le carezzò il volto. -Nel modo più assoluto, Rin. Scusami. Ti va di ascoltare la mia storia?-

Aveva sempre odiato le lunghe storie, sapere i dettagli della vita degli altri le sembrava lavoro per gli impiccioni ma quella donna con il suo sguardo, la incuriosiva troppo.

Annuì appena e, assieme alla Regina, si accomodò sotto il porticato, sul pavimento, i piedi di entrambe a penzoloni.

Gli occhi dei due demoni e di Jaken fissi su di lei.

-Sono nata poco più di due secoli fa, in terre lontanissime da qui. Primogenita dei signori di un lontanissimo nord, terra inospitale quanto bella e sempre gelida. Una primogenita femmina, nelle mie terre, era considerato segno di disgrazia quindi, quando venni al mondo, mentre i fiori del castello sbocciavano nonostante ancora ci fosse la neve, mio padre sgozzò personalmente mia madre e indisse lutto per tre giorni. Non ho mai saputo come si chiamasse la donna che mi mise al mondo, ho scoperto troppo tardi come fossero andate le cose. Mi chiamo Vibeke, cioè battaglia, in onore della guerra che mio padre aveva vinto qualche giorno prima della mia nascita, il mio secondo nome invece è un monito: Ulykke, per ricordarmi sempre cosa rappresento per il casato. Disgrazia. Il nome del mio casato ormai non conta nulla, considerando che non ne è sopravvissuto neppure uno.-

Ha ucciso la sua famiglia?

Rin rabbrividì appena. La donna se ne accorse. -Forse sei ancora troppo piccina, perdonami.-

Fece per alzarsi, Rin si allungò fino a toccarle una mano. -La prego, continui.-

Gli occhi verdi si sgranarono appena. -Sei stata molto amata fin dalla nascita, vero piccina?-

La bimba annuì.

Pensavo che morire di fame fosse terribile, non ho mai capito il tesoro che avevo quando vedevo la mia famiglia sorridere.

Vibeke continuò. -Mio padre si risposò l'anno successivo, io ovviamente venni affidata ad una nutrice affinché quell'uomo non dovesse più preoccuparsi della mia esistenza. Avevo due anni quando nacque il mio fratellastro: ricordo ancora come quell'uomo che avrebbe dovuto amarmi, visto che ero sangue del suo sangue, avesse occhi solo per il suo giovane erede maschio. L'unico che avrebbe portato avanti la discendenza, l'unico che avrebbe preservato il potere nei confini della nostra famiglia: io sarei dovuta andare in sposa a qualcuno, la mia dote avrebbe dovuto essere consistente e venni sempre considerata un peso. Inutile.-

A Rin si strinse il cuore. -Ma il vostro potere..-

La bionda alzò gli occhi verso il cielo, sorridendo amaramente. -Da bambina sapevo solo far crescere e sbocciare fiori, Rin. E non ero neppure capace di controllare questo mio dono. Quale utilità avrei potuto avere?-

-Nessuno è rimasto stupito dal vostro potere? Nessuno?-

-La famiglia di mio padre, da sempre, è composta da domatori di fuoco.-

Rin sgranò gli occhi. -Oh.-

Tutto le sembrò più chiaro in quel momento e l'atteggiamento freddo di Vibeke le sembrò naturale proprio come quello di Sesshomaru.

-Capisci, ora? Cosa poteva farsene mio padre di una ragazzina come me quando il suo amato figlioletto avrebbe imparato a governare il fuoco?-

La bimba abbassò il capo. -Ma non è giusto.-

Non è giusto.

La regina sospirò e prese una mano della bambina tra le sue. -Nella vita sono pochissime le cose giuste, piccina. Il fato sembrò girare a mio favore quando, ormai in età quasi da marito, il mio potere cominciò ad aumentare sempre più, diventando più aggressivo ma soprattutto diventando mio davvero. A quattordici anni finalmente avevo imparato a gestire il mio dono e lo amai ancor di più; mentre l'amato erede si dimostrò incapace di far comparire anche solo una scintilla. Pensai fosse giunto anche il mio momento per essere amata da mio padre, pensavo che in un qualche modo la donna che si era sposato avrebbe potuto finalmente accettarmi come parte della famiglia; ma ciò non avvenne mai e mio fratello, Cuor di Leone come mio padre l'aveva soprannominato in previsione del grande re che sicuramente sarebbe diventato, cominciò a domare il fuoco. Non riusciva a fare grandi cose, sia chiaro, e le sue fiamme erano piuttosto tenui e di breve durata. Mio padre però non perse mai la speranza, mai. Ha veramente amato il suo erede e la sua seconda moglie, l'unico errore, a sua detta, ero io. Ulykke, non smise mai di chiamarmi così. Arrivò poi il mio quindicesimo compleanno e mio fratello, fragile e debole, cominciò a nutrire rancore per la naturalezza con cui io riuscivo ad usare il mio dono mentre lui per accendere semplicemente un fuoco quasi si prosciugava le energie. Entrò in camera mia una notte, la luna era rossa quasi a presagire la tragedia e cercò di soffocarmi urlando che infondo la colpa era solo mia, io ero Ulykke. Ero io a bloccare i suoi poteri, era la mia invidia. Fu la prima volta in cui riuscii ad usare i miei poteri per difendermi, la prima volta in cui comparvero delle liane e, sotto il mio assoluto controllo, quasi lo soffocai. Non mi cambiai neppure, pensai immediatamente a scappare lontano da tutto e da tutti, nel giro di pochi minuti mio padre avrebbe scoperto tutto e mi avrebbe condannata a morte. Fui sfortunata, mio padre era ancora nella sala del trono quando io vi arrivai terrorizzata e fradicia di sudore. Mio fratello in un qualche modo riuscì a liberarsi e ci trovò così, fermi uno dinnanzi l'altra. Disse che avevo cercato di ucciderlo, i segni delle mie liane sul collo parvero una conferma inconfutabile. Non so neppure io come sono riuscita a salvarmi dalle fiamme di mio padre, probabilmente il mio istinto di sopravvivenza era troppo forte per farmi perire carbonizzata. Sfondai il portone d'ingresso e corsi fuori. La regina in persona, maledetta per l'eternità, riuscì a colpirmi con due pugnali alle spalle. Non mi fermai, continuai a correre nonostante la vista stesse venendo meno e il sangue avesse ormai inzuppato completamente la mia camicia da notte.-

La Regina aveva il capo basso, gli occhi brillavano colmi di lacrime di rabbia. Rin sospirò cercando di ingoiare il magone che le stringeva la gola quasi da non farla più respirare.

Daiki continuò per lei. -Fu così che la trovai, ferita e zuppa di sangue. Stava ancora correndo e quando mi vide si bloccò, cercò di colpirmi facendo allungare il ramo di un albero ma crollò svenuta ancor prima che il legno avesse potuto sfiorarmi.- Il Re sorrise. -Eri già bella allora, mia cara. Lasciarti li, uccidere una creatura degna di essere definita dea, mi sembrava il peggiore dei reati. Quei due pugnali sulla schiena rafforzarono la mia tesi. Non meritavi nulla di tutto quell'odio. Vedessero quanto bella sei diventata, quanto sei magnifica ora, si maledirebbero per la loro stupidità.-

La Regina sorrise, Rin fece lo stesso.

Voglio anche io qualcuno che mi guardi come il Re guarda la Regina.

Volse lo sguardo verso il suo protettore trovando quelle due magnifiche iridi d'oro intente a fissarla con attenzione, come non ci fosse altro che lei.

Come lei fosse stata la più importante, come fosse una regina.

Gli sorrise appena.

Rimane sono una domanda: come è possibile che lei sia ancora viva?

-Com'è possibile Voi siate ancora in vita, Regina?-

I due sposi si sorrisero. -Giuro che un giorno te lo dirò, Rin. E comunque il mio nome è Vibeke.-

Voglio restare anche io accanto a Sesshomaru per sempre, se c'è un qualunque modo.

Due donne anziane si avvicinarono loro, inchinandosi rispettosamente dinnanzi i Reali. -Miei signori, la cena è pronta. Abbiamo già fatto accomodare gli altri ospiti nella sala da pranzo.-

Daiki annuì porgendo una mano a Vibeke e aiutandola ad alzarsi.

Rin attese Sesshomaru e si avviò a seguire i sovrani solo una volta che il demone bianco le si affiancò. Lui la guardò per un istante, sembrava volerla costantemente controllare quasi temesse che l'attacco di Magatsuhi avesse fatto più danni di quelli che si vedevano.

Gli sorrise.

-Ho una grandissima fame, Signor Sesshomaru.-

Il suo pancino brontolò in risposta, chissà perchè ma a Rin parve quasi che Sesshomaru fosse divertito.


-


Vibeke si era allontanata subito dopo la cena, scusandosi con tutti i presenti e dicendo che necessitava di prendere aria.

Daiki la conosceva fin troppo bene, conosceva il dolore negli occhi della sua donna e nonostante fossero passati fin troppi decenni, quella luce ancora non se n'era andata.

Sapeva quanto quel suo dolore ferisse il compagno, lo sapeva, ma non riusciva a cambiare le cose.

La lasciò uscire senza dire una sola parola, Vibeke si sentì ancor peggio.

So quanto ti faccio soffrire, mio Re.

Si chiuse la porta alle spalle, prese un bel respiro e senza dire nulla cominciò a correre.

Aveva bisogno di allontanarsi, di respirare.

Di stare sola.

Avere il castello pieno di risa, con due bambini e un mezzodemone ha fatto sanguinare nuovamente il mio cuore.

Corse a perdifiato attraverso i giardini curati del castello e si allontanò ancor di più fino a giungere vicino alle mura di cinta.

A quel punto i soldati si voltarono verso di lei, inchinandosi. -Mia Signora, non è conveniente che usciate dalle mura a questa ora della notte.-

Lei sorrise appena. -Non preoccupatevi.-

Alle sue spalle comparve improvvisamente Sesshomaru, lasciandola a bocca aperta.

Non era stato presente alla cena, aveva accompagnato Rin e si era dileguato. Daiki ridendo aveva insinuato che il Grande Demone Cane dell'Ovest dovesse riprogrammare il suo futuro.

Vibeke non sapeva mai fino a che punto suo marito fosse sincero quando sghignazzava in quel modo.

I soldati si chinarono nuovamente dinnanzi il Principe ereditario delle terre dell'Ovest.

Il demone non li degnò di particolare attenzione ma le fece un lieve cenno col capo, fu lei la prima ad avviarsi oltre il grande portone e il glaciale demone la seguì.

Lo attese, lasciò che la affiancasse e si voltò a guardarlo notando che lui la stava fissando già da qualche secondo, gli sorrise appena mentre quell'oro liquido che erano le iridi del demone la studiavano.

-Non dovresti essere qui.-

Chiunque, al suo posto, avrebbe interpretato quella frase in mille modi, ma non lei.

Infondo, parliamo la stessa lingua.

-Lo so perfettamente. Sono umana, ma non morirò. Non finché Daiki camminerà su questa terra.-

Se vuoi risposte dovrai abbassarti a chiedere e lo sai.

Sesshomaru assottigliò lo sguardo. -Come è possibile?-

Lei sorrise appena, si avvicinò ad un cumulo di legno e cenere. -Quella creatura ha decimato i miei ciliegi.-

Posò una mano delicatamente sopra il cumulo di detriti e una giovane piantina cominciò a farsi strada crescendo a vista d'occhio.

-Non ti sei reincarnata. Sei sempre tu.-

-Te l'ho detto, la morte non è contemplata finchè c'è lui. Avrei di gran lunga preferito la reincarnazione, almeno avrei potuto dimenticare.-

Avrei potuto essere la compagna che Daiki meritava, se mi fossi reincarnata. Avrei potuto non conoscere il dolore.

Il demone non disse altro, lei intanto fece spuntare qualche altra piantina sgranando all'improvviso gli occhi.

Possibile?

-E' per Rin, vero?-

Le iridi dorate del demone non si spostarono dai suoi occhi, rispondendo tacitamente che si, era tutto per Rin.

E Vibeke, con la sua presenza contro natura, alimentava quella speranza.

-L'ho vista subito, quella bambina. Ha un'anima nobile, pura. Come sei riuscito a trovarla?-

-É orfana.-

Essere orfana è un conto, seguirti è tutt'altro.

-L'ho riportata in vita con Tenseiga. Era stata azzannata a morte dai lupi.-

Non è che ha pure imparato a leggere nella mente, in questi secoli?

Lei sorrise e lo guardò. -E da allora non ti ha più lasciato, vero? Quella bambina è come il sole, splende di luce propria ed è calda. Prova per te qualcosa di immenso, è bello sentirsi amati per quello che si è.-

Sesshomaru al solito non mostrò alcuna emozione, lo sguardo era diventato meno freddo, più morbido quasi.

Rin ti ha preso, Sesshomaru.

Vibeke decise di sfidare la sorte. -Credevo gli umani ti facessero schifo.-

-Rin è Rin.-

-L'unica eccezione possibile.Diventerà una donna stupenda.-

Sesshomaru ringhiò appena, le diede le spalle e prese tra le mani un fiore da uno dei pochi alberi sopravvissuti. Lo stritolò tra le mani artigliate. -Sfiorirà presto, di lei non resterà che questo.-

Lei lo aveva affiancato e aveva puntato gli occhi verdi sul fiore sbriciolato che Sesshomaru ancora teneva sul palmo della sua nuova mano.

Sei il più caro amico di mio marito, ti aiuteremo io e Daiki affinchè tu possa essere felice. Te lo meriti, forse anche più di me.

Posò la mano su quella del demone bianco, il fiore tornò alla sua originaria bellezza.

-Io e Daiki possiamo aiutarti a tenerla con te per sempre, potrebbe restare un fiore per l'eternità.-

Lo stupore diventò visibile sul volto del Principe e Vibeke sorrise, dolcemente.

-Yuzuki, come ben saprai, era la signora del tempo: controllava che tutto andasse come era previsto, che non ci fossero interferenze. Ricordi la guerra contro i demoni gatto? Fu colpita al cuore e poco prima di spirare ci rivelò il segreto che mi ha permesso di non morire. Disse che aveva vissuto abbastanza, che era giunto il tempo per lei di riunirsi al suo amato e poi disse che mi amava come avrebbe amato la figlia femmina che mai aveva avuto. Rendevo felice Daiki, non potevo morire.-

Sesshomaru pendeva, letteralmente, dalle sue labbra.

-Vorrei poter seguire io Rin, quando sarà il momento. Il Rito iniziale non è semplice, i primi mesi saranno durissimi.-

Lui la guardò sprezzante. -Credi non sia capace di seguirla a dovere, ningen?-

Vibeke lo guardò torva, poi sospirò e si arrese. Davanti a sé non vi era Daiki, ma un testardissimo cane dell'Est che aveva deciso di non calpestare le terre vicine al palazzo dell'Ovest finché la loro regina umana fosse stata viva.

Non poteva sperare in un cambiamento troppo drastico.

-Tu sarai fondamentale, ma non è il momento di parlarne. Ora Rin deve crescere. Deve maturare ed essere sicura della sua scelta, dovrai farle vedere cosa esiste a questo mondo oltre a te. Quando finalmente sarà donna, tornate qui e vi aiuteremo ma, fino ad allora, non posso rivelarti nulla. C'è solo una condizione: resterete qui, a palazzo, con me e Daiki per i primi mesi. Non vorrai mica donarle l'eternità e poi perderla per scelte dettate dalla fretta, vero?-

Sesshomaru puntò gli occhi al cielo, Vibeke sapeva che quel silenzio in realtà era un assenso.

-Dovrà essere maturata, essere donna. Il suo odore cambierà, lo sentirai.-

Il vento soffiò all'improvviso, con dolcezza, muovendo appena i loro capelli che alla luce argentea della luna parevano identici.

-Ti sei presa quello che ti spettava, perchè continui?-

Di che sta parlando? Continuare con cosa?

Quando realizzò l'argomento, i suoi occhi verdi si sgranarono dallo stupore.

-Non cercare di capire, Sesshomaru. Infondo, sono solo una ningen.-

Kai.

Sorrise appena, poi gli diede le spalle tornando verso palazzo.

-Daiki.-

Bastò quel nome per fermare la sua fuga dal demone bianco: quanto dolore stava procurando a Daiki? Quanto poteva sopportare quel benedetto demone?

La creatura più bella io abbia mai incontrato.

-Daiki merita di meglio, io riesco solo a farlo soffrire, lo so.-

Aveva abbassato il capo, gli occhi colmi di lacrime. Non si era voltata verso di lui, non si sarebbe mai mostrata debole davanti a Sesshomaru. Mai.

-A reincarnarsi si perde sé stessi.-

Sesshomaru le aveva appena dato il colpo di grazia.

Daiki avrebbe pianto la mia morte, avrebbe amato una donna che avrebbe avuto la mia anima, ma non sarei mai più stata io. Io non avrei potuto amarlo, stargli accanto. Non sarei più stata consapevole di essere Vibeke. Non avrei ricordato neppure Kai.

Fu come ricevere uno schiaffo in faccia, l'effetto di quella rivelazione cambiò all'improvviso tutti i suoi punti di vista. Le sue certezze caddero all'improvviso.

Cadde in ginocchio.

Forse non mi avrebbe mai più amata come mi ama ora. Forse Daiki mi avrebbe lasciata andare non ritrovandomi più nella nuova persona che sarei stata.

Scoppiò a piangere a dirotto. Il demone bianco le si affiancò. -Infondo, sei solo una ningen.-

Lo sentì andarsene con calma, senza alcuna fretta. Divinità tra i mortali.

Non osò guardarlo, quell'ultima affermazione l'aveva ferita fin nel profondo, l'aveva fatta sentire uguale a quel padre che tanto odiava.

Che cosa sto facendo?


-


Daiki era felice.

Incredibilmente tale.

Se non considero i problemi con Vibeke.

Adorava poter avere nuovamente tra i piedi il suo migliore amico e soprattutto adorava come il fato fosse stato un gran bastardo con lui.

Non che lui ne sembri poi così dispiaciuto.

Rin era una creatura particolare, buona d'animo e soprattutto solare ed espansiva.

Era ancora una bambina, probabilmente non riusciva ancora a rendersi completamente conto del grande dono che le era stato fatto.

Non tanto perchè un giorno avrà per le mani il cuore di un demone invincibile, quanto per la bellezza di quel cuore apparentemente di ghiaccio.

Stavano seduti l'uno accanto all'altra, lui e Rin.

E così anche Sesshomaru ha trovato qualcosa da proteggere, una creatura assolutamente deliziosa.

-Forse sarebbe meglio per te riposare, non credi? Magatsuhi ci è andato pensante con te, dormire ti farà bene.-

La bimba gli sorrise apertamente, dondolando maggiormente le gambe sottili. -Se non Vi spiace, vorrei aspettare il Signor Sesshomaru. -

Ah, questa ragazzina ti ha fregato Sesshomaru.

-Per me non ci sono problemi. Speriamo torni presto.-

-L'importante è che torni. Credete sia con la Regina?-

Bella domanda.

-Non saprei risponderti, piccola. Vibeke sa comunque difendersi da sola, non corre alcun pericolo. Sesshomaru ancora meno.-

Rin sorrise rincuorata delle sue parole.

Era legatissima al demone bianco, chiunque l'avrebbe capito.

Chissà se anche Vibeke da piccola era così energica, così viva.

Chiuse gli occhi per un solo istante, non ce la vedeva Vibeke a sorridere così apertamente, a mostrare stupore per ogni cosa, anche la più insignificante.

Vibeke assomiglia più a..

Checchè ne dicesse, Vibeke somigliava fin troppo al suo migliore amico.

Gelida all'apparenza quanto nel cuore, aveva in realtà qualcosa dentro di magnifico e inimitabile, qualcosa che Daiki non avrebbe mai potuto smettere di ammirare, amare e proteggere.

-La Regina e il Signor Sesshomaru si assomigliano molto, vero?-

Lui sgranò gli occhi sorpreso voltandosi verso la bambina che gli stava accanto. La osservò arrossire appena, poi abbassare il capo imbarazzata ma sempre sorridente.

-Si, Sesshomaru e Vibeke si assomigliano fin troppo.-

Nessuno dei due ha lasciato andare il ricordo del padre. Nessuno dei due ha ancora scongelato completamente il proprio cuore. Entrambi valgono molto più di quello che mostrano.

Ricordava Sesshomaru da bambino, ricordava il gelo che l'aveva sempre caratterizzato e con un po' di impegno riuscì a sostituire la figura del suo amico con l'immagine della donna che amava.

-Dovremo portare pazienza, sai piccola Rin?-

Lei tornò a fissarlo dritto negli occhi. -Però ne varrà la pena.-

Annuì appena puntando gli occhi al cielo. La luna e le stelle erano di una bellezza mozzafiato.

Si, ne varrà la pena. Nel modo più assoluto.

-Ah! Signor Sesshomaru sei tornato!-

Guardò la bambina alzarsi in piedi di scatto, la stanchezza a cui aveva fatto resistenza fino ad allora era completamente sparita.

Lui annuì.

-Buona notte, Signor Daiki.-

-Buona notte a te, piccola Rin.-

Sesshomaru lo guardò negli occhi, Daiki ebbe come l'impressione che in un qualche modo lui stesse cercando di tranquillizzarlo.

Possibile abbia parlato davvero con Vibeke? Possibile?

Aveva accompagnato Vibeke a cena e poi, certo che Sesshomaru non si sarebbe mai mescolato ai mortali e soprattutto a quel mezzodemone del suo fratellastro, gli aveva fatto cenno di seguirlo.

Avevano parlato a lungo dei suoi problemi di coppia, anzi, lui aveva parlato.

Sesshomaru non aveva detto nulla, ma non aveva mai distolto l'attenzione da lui.

Sapere che le cose non sono cambiate tra di noi, che ancora mi reputi tuo fratello, mi tranquillizza.

Non riusciva a vedere l'amico come un consulente per coppie in crisi, ma era l'unico a cui avrebbe raccontato tutto.

Gli ho parlato anche di Kai. Era giusto sapesse, nonostante siano passati almeno una decina d'anni.

Il dolore di sua moglie, infondo, era tornato da quando Kai era morto.

Potessi riportare in vita la famiglia di Vibeke per poi sterminarla nuovamente, lo farei anche mille e più volte.

Sesshomaru posò dolcemente una carezza tra i capelli di Rin e l'accompagnò personalmente verso la sua camera dove Jaken già dormiva da un pezzo.

Sapeva che l'amico non si sarebbe mosso di lì, Daiki sapeva che avrebbe vegliato su Rin per tutta la notte senza mai distrarsi.

Come io ho fatto con Vibeke.

Non si stupì neppure quando, prima di sparire dalla sua visuale, Sesshomaru posò la parte finale della sua mokomoko sulle spalle della bambina che aveva appena tremato di freddo.

-A quanto pare per ogni Vibeke c'è un Daiki.-

Per ogni cuore di ghiaccio c'era un raggio di vita caldo, pronto a scioglierlo.

Daiki si voltò all'improvviso verso sua moglie.

Aveva i capelli in disordine, il kimono sporco di terra, gli occhi rossi dal pianto e le guance fradicie di lacrime.

Per la prima volta, in due secoli di vita assieme, gli parve l'umana che avrebbe dovuto essere.

-Cos..-

Non riuscì a terminare la domanda che si ritrovò stretto dalle braccia di sua moglie, il volto della donna nascosto nel suo petto e le spalle, così magre, intente a tremare nervosamente a causa del pianto che lei ancora non aveva smesso.

Sembri la ragazzina che non ti sei mai permessa di essere, Vibeke.

-Perdonami se puoi, amore mio. Sono stata un mostro, il peggiore dei demoni. Io, sono solo una ningen. Sono egoista. Sono una creatura orribile.-

Daiki sospirò appena e strinse la sua donna a sé. -Non dire sciocchezze.-

-E' la verità, ho rovinato tutto. Ti ho reso infelice.-

-Mai, questo mai.-

La donna s'irrigidì. -Non dire sciocchezze. Da quando Kai è morto, io ho pensato solo a me stessa. Mi sono fatta rovinare la vita da persone che sono morte da decenni, da persone che ho ucciso con le mie

stesse mani.-

Daiki sorrise appena poi prese il volto della sua Regina tra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime.

-Guardami.-

Mai, mai Vibeke aveva abbassato lo sguardo dinnanzi a qualcuno.

Non l'aveva mai abbassato neppure dinnanzi a mia madre.

Eppure, in quel momento, la bionda sfuggiva al suo sguardo guardandosi i piedi.

-Sei umana e ti amo per questo. Kai ha riportato a galla vecchi dolori che avevamo seppellito assieme, ed è giusto così. Non sei egoista, sei umana e hai un cuore carico di emozioni che non puoi rifiutare, ti amo anche per questo. Amo il tuo aspetto di ghiaccio e il tuo cuore di fuoco, amo ogni singola parte di te, altrimenti non saresti Vibeke Ulykke Wedel-Saacht e la mia vita non avrebbe senso.-

Le baciò delicatamente le labbra, poi le prese le mani e la condusse verso il piccolo bosco al limitare dei giardinetti del palazzo. Aprì il cancello incantato con il semplice tocco della mano e la condusse per i vialetti superando le tombe dei suoi avi, anche quelle dei suoi genitori.

Ora siamo qui solo per Kai, renderemo omaggio ai miei genitori in un altro momento.

Vibeke aveva fatto nascere dei gigli bianchissimi ad adornare e circondare la pietra in cui vi era inciso il nome di quel bimbo di cui non erano neppure riusciti a vedere il colore dei capelli.

Era nostro figlio, anche se non abbiamo neppure potuto vederlo.

Già, loro figlio.

Sembravano passati secoli da quando la maledizione inflitta a Vibeke da quel bastardo di suo fratello si era adempiuta e da allora tutto era cambiato.

Tutto è diventato grigio.


-Ti maledisco Vibeke Ulykke del casato dei Wedel-Saacht. Non vedrai il volto di tuo figlio, non sentirai neppure il suo primo vagito. Ricorderai i dolori del parto e fino alla fine dei tuoi giorni vivrai con la consapevolezza che quel fagotto di vita morirà tra le fiamme a causa del tuo sangue. A causa di questo sangue che condividiamo, sorellina.-


Aveva temuto di perderla, di entrare nelle loro stanze e di trovarla agonizzante. Aveva temuto si sarebbe suicidata.

Ricordava l'angoscia, la paura.

Non ho potuto fare nulla né per te piccolo, né tantomeno per tua madre. Perdonami se puoi.

-Mi vedesse ora, si vergognerebbe di avere sangue umano nelle vene.-

Lui la guardò carezzandole il volto, poi le sorrise e la strinse a sé.

-Questo mai, mia amata. Capisco il tuo dolore, è lo stesso che provo io.-

Lei abbassò il capo, sconfitta. -Non ti sono stata accanto come avrei dovuto.-

-Neppure io sono riuscito ad aiutarti. Ma è giunto il momento di lasciarlo andare, Vibeke. Sono sicuro che ovunque sia, mia madre e mio padre siano con lui. Sono sicuro che sia felice, probabilmente vorrebbe solo che sua madre tornasse a sorridere.-

La regina del suo cuore puntò le sue iridi verdi su di lui e sorrise appena stringendoglisi maggiormente contro.

Si lasciò baciare teneramente ma rimase stupito quando lei gli prese la mano e quasi correndo lo portò lontano da quel luogo di eterna pace.

-Andiamo, mio Re. Voglio amarti come avrei dovuto sempre fare.-

Daiki sorrise e baciò Vibeke con passione, fregandosene di cosa avrebbe potuto dire chi li avesse visti.

Lei ridacchiò mentre lui, dopo averla presa tra le sue braccia, raggiunse le loro stanze in un paio di balzi.

Grazie, amico mio.




Note!

Buonasera a tutti (o forse buonanotte?).

Sono tornata, spero la storia possa essere più chiara.

Qualche piccola precisazione: la scena del primo capitolo (continuata nella prima parte di questo capitolo) è quella in cui Sesshomaru ottiene una spada che sia finalmente sua.

Ho scritto il capitolo guardando l'episodio, quindi se nella descrizione trovate punti confusionari o poco chiari avvisatemi e cercerò di rimediare!

È un capitolo bello lungo e i punti di vista sono diversi, spero siano chiari.

La frase di introduzione è un pensiero, qualcosa che probabilmente il “mio” Sesshomaru pensa ma non ammetterebbe mai in modo così spudorato.

Nel capitolo precedente era stato apprezzato il modo in cui avevo descritto Sesshomaru, spero possa esserlo anche questa volta nonostante si sia trovato a svolgere un compito non proprio “compatibile” con la sua personalità.

Vibeke è occidentale, Ulykke significa incidente ma da qualche parte avevo letto che poteva avere significato di disgrazia. Sono passati anni da quando avevo iniziato questa storia, se la traduzione è errata perdonatemi ma ormai nella mia testa Vibeke ha come secondo nome Ulykke e cambiarglielo sarebbe come perdere una parte di lei.

Quando racconta la sua storia, Vibeke dice che l'età da marito è quattordici anni: ebbene si, questa era la realtà medievale. Non prendetevela.


Le frasi in corsivo (questa volta ho pure usato un carattere diverso) sono i pensieri del personaggio principale dello spezzone.

Le parti che trovate leggermente spostate verso il centro, invece, sono sempre ricordi del passato.

Infine grazie.

Grazie a chi ha letto (e mi ha fatto venire il batticuore nel veder crescere il numero di visite) ma soprattutto grazie a Aiden94 e Royai17 che oltre al batticuore mi hanno fatta sorridere come una scema per giorni.

Grazie.

_Lady Cassiopeia_


  
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