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Autore: Claire66    30/03/2018    4 recensioni
*Storia Continuerà entro le prossime settimane*
Cosa sarebbe successo se Draco si fosse ribellato al suo destino e avesse deciso di unirsi al magico trio, il giorno in cui furono portati a Villa Malfoy?
E se Harry avesse una sorella gemella, la quale farà breccia nel cuore del Serpeverde, facendogli compiere un cambiamento repentino ?
Preparatevi ad abbandonare il mangiamorte vile e codardo a cui siete abituati, e cominciate a dire "Coloro che sono sopravvissuti", non "Il bambino che é sopravvissuto"
(3)
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione a Silente.
(10)
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.”
(11)
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso.
(12)
Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie.
“Niké.
(16)
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da Draco, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
"Tu sei il mio angelo.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VII libro alternativo
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Sulle Orme di Felpato – Parte 2



Harry riaprì il minuscolo sacchetto di Mokessino che portava lui al collo, da quando erano a Villa Conchiglia. Per trovare ciò che stava cercando dovette estrarre il boccino, che sembrava deriderlo con la sua superficie perennemente insondabile, e stava per afferrare una delle pergamene che gli interessava, quando imprecò sonoramente.
“Harry, che succede?” Domandò subito Marie, che aveva già i nervi tesi sapendo cosa li aspettava fra poche ore.
“Nulla, mi sono di nuovo tagliato con la scheggia dello specchio di Sirius.” Le rispose lui, succhiandosi il dito per evitare di macchiare la Mappa del Malandrino di sangue.
“Hai per caso rivisto quell’occhio? Continuo a pensare che assomigli a Silente!” Riprese Marie, sviluppando un filo dei loro pensieri. Harry, tuttavia, non voleva sprecare il poco tempo che rimaneva loro nelle ennesime speculazioni infruttuose, e le prese la mano. Marie fu sorpresa di avvertire, oltre al tocco fresco e rassicurante del fratello, il dolce frusciare della pergamena.
“Harry, ma questa è la lettera di mamma…” Disse lei esitante, riconoscendo la grafia ritrovata a Grimmauld Place.
“No, tienila tu! Vi porterà fortuna.” E fece per restituirgliela, ma Harry non accennò ad allentare la stretta, anzi. La pergamena scricchiolò, sofferente.
“Voglio che tu la prenda, insieme a questa.” Le mise la mappa del Malandrino in tasca con la mano libera.
“Così potrete ritrovarci ad Hogwarts. Con Draco e Narcissa, sarai più esposta tu, nel castello.” I loro sguardi s’incrociarono nella penombra del salotto, ed Harry avvertiva distintamente che la sorella non era d’accordo.
“Ti prego, prendile. Io devo proteggerti, non sopporto di lasciarti andare da sola, ad Azkaban e tra le grinfie di Bellatrix!”
Il suo scoramento per la separazione imminente investì Marie come una secchiata di acqua gelida, ma si impose di rassicurare il fratello. Odiava vederlo soffrire più di ogni altra cosa, più ancora che separarsi da lui.
“Harry, d’accordo. Le prendo.” Poi, sforzò un sorriso sghembo e gli mise una mano sulla spalla come era solito fare Sirius.
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso. Avrebbe tanto voluto lasciarsi convincere dalle parole della sorella, ma l’umorismo non era sufficiente per coprire il leggero tremore che avvertì nella voce della sorella.
“Ma che è successo, sembra un mortorio! Credevo ci rimanesse ancora fino a domani!”
La voce sorpresa e speranzosa di Ron che faceva scattare il deluminatore li alleggerì.
Harry accennò una risata nervosa. In quel momento entrò Bill, seguito da Fleur e Luna.
“Dovremo cavarcela con le candele. Il temporale deve aver colpito la centralina babbana che ci rifornisce elettricità.”
“Non credevo che i maghi utilizzassero l’elettricità.” Proruppe Hermione incuriosita ed assonnata, che si era appisolata sul divano nell’attesa che tornassero.
Bill accese una manciata di candele e le fece lievitare a mezz’aria, per poi ammiccarle con fare complice.
“Bè sai com’è Hermione, papà aveva bisogno di un complice nel suo laboratorio alla Tana e mi ha trasmesso la passione, anche se non l’ho mai detto a mamma per non farla preoccupare.”  Fleur lo prese sottobraccio con delicatezza per un istante, poi si rivolse ai quattro, stringendo Harry e Marie per primi in un abbraccio tanto profumato quanto sorprendentemente asfissiante.
“Bonne chance!”
Bill rimase al fianco di Fleur, senza dire nulla, ma il suo sguardo caldo e fermo, e l’aria calma e imperturbabile che emanava diedero un’ultima boccata di sollievo a tutti loro.
Mezz’ora dopo, Harry e Ron erano ancora intontiti, con grande disappunto delle ragazze, tranne Luna che lo trovava divertente. Draco era stato risparmiato a causa del suo braccio, e forse anche per lo sguardo minaccioso di Bill, che l’aveva portato a protendere il braccio sano per stringere la mano a Fleur.
Luna fece loro segno di affacciarsi alla finestra che dava sul giardino, oltre cui infuriava il vento fischiante.
“Domani sarà un’alba serena e asciutta. Conosco il tempo sulla costa.” Disse loro con serenità. “Io me ne vado a letto, ma se aveste bisogno di me, ricordatevi che la luna è sempre lì, anche dietro le nuvole. Ci vediamo presto!”
E con quelle semplici parole di commiato si avviò verso la stanza che era stata di Olivander.
Prima di cedere ad un sonno agitato, nella mente dei quattro Grifondoro e del Serpeverde si stagliò l’immagine serena della luna, imperturbabile e calma, che vegliava su di loro dietro la ferrea cortina di nubi.
 
*

I due gruppi che si avviarono alle prime luci dell’alba sarebbero apparsi assai male assortiti ad un estraneo, anche senza il folletto che li seguiva arcigno ed impaziente. La figura, stranamente impacciata, di quella che appariva come Bellatrix stonava enormemente con il paesaggio sereno e la villetta sullo sfondo.
Giunti al di là del muretto di cinta, gettarono un’ultima occhiata al cottage che li aveva ospitati e cementato la loro nuova alleanza, prima di inspirare a pieni polmoni l’aria umida e pungente delle prime ore dell’alba.
“Ce la faremo.” Disse Marie, riavvicinandosi per l’ultima volta al fratello e cercando lo sguardo di Ron ed Hermione.
“Ce l’abbiamo fatta le altre volte.” Disse Ron, cercando di suonare convinto. Si guardarono tutti, ansiosi e irrequieti.
“Andiamo, non c’è motivo di aspettare.” Proruppe Hermione.
Fu lei a spronarli, nessuno dei gemelli accennava a muoversi.
“Ci vediamo ad Hogwarts” Disse Harry, quando Marie lasciò il suo fianco, guardando Draco dritto negli occhi.
“Ad Hogwarts” Rispose lui, cercando di ignorare l’aspetto di Hermione, che con le sembianze di Bellatrix lo stava tormentando come la sua nemesi.
 “Buona fortuna.” Concluse per loro Hermione, gettando il mantello su Harry e il folletto, togliendolo alla vista di Marie.
Draco e Marie si distanziarono dagli altri tre, che cominciarono a vorticare sul posto, senza voltarsi indietro.
“Pronta?” Domandò Malfoy, in tono secco. Era meglio che si calasse subito nella parte, ma si chiese se dovesse avvisarla.
“Ora o mai più” Soffiò lei in risposta.
Draco fece apparire le solite funi d’argento, che si attorcigliarono sinuose attorno ai suoi polsi e le portarono le mani dietro alla schiena. La loro presa era stranamente leggera notò Marie, che tuttavia non riuscì a trattenere un brivido.
“Allora, non fai apparire il Patronus?” Domandò lui brusco.
“Se aspettavi a legarmi le mani sarebbe già qui!” Fu la stizzita risposta.
“Sono elastiche, si adattano ai tuoi movimenti.” Marie, scettica, se ne accertò subito.
La sua mano destra fu libera di compiere l’arco che per abitudine associava all’incantesimo, e il cardellino si rifugiò subito sotto il suo mantello, dove si accoccolò con la testa sotto l’ala.
Le nocche di Draco sbiancarono attorno alla bacchetta di suo padre al momento in cui prese Marie per il gomito e cominciarono a vorticare su sé stessi.
“Speriamo solo che le prugne Molotov non esplodano.” Pensò Marie, e la stessa frase risuonò nella mente di Draco, che raggelò, come se gli spruzzi d’acqua gelida e il vento che frustava le coste delle Isole Ebridi su cui furono scaraventati pochi secondi dopo l’avessero già raggiunto.
 
***

Narcissa camminava su e giù per il salone come un leone in gabbia. I pallidi raggi del mattino non le trasmettevano alcun calore, e lo stesso valeva per la vista del marito, che con sua sorpresa le si avvicinò. Comprese subito che doveva essere successo qualcosa. Un’ondata di panico minacciò di travolgerla; dopo tutto il tempo passato a tramare un modo per uscire di lì, la paura per il figlio minacciava di offuscarle la mente.
“Maledizone, Draco è là, lo sento! Bella finirà per ammazzarlo, non posso rimanere qui ad aspettare che mi porti indietro il suo cadavere!”
“Dobbiamo andare.” Narcissa rimase immobile.
Aveva capito giorni prima che il marito le stava tenendo nascosto una parte del loro piano. Allora si era premunita ed aveva ordinato all’elfa domestica, Gonril, di origliare al posto suo ogni conversazione fra Bellatrix e Lucius e gli altri tre Mangiamorte coinvolti.
L’avevano assunta dopo che Dobby era stato liberato dai Potter. Se fosse stata scoperta, non avrebbe esitato a scaricare la colpa sull’elfa.
Una sera Gonril, intenta a ravvivare il camino, udì Rowle lamentarsi a gran voce del suo compito di custode, dicendo che sarebbe stato inutile sorvegliare Narcissa, dato che ad Azkaban solo coloro che avevano il Marchio potevano penetrare le difese attorno alla fortezza ed accedere direttamente dagli scogli. Chiunque altro avrebbe prima dovuto ottenere il lasciapassare dalla vedetta su terra, o sarebbe stato costretto a scaraventarsi nelle acque tumultuose e ghiacciate oltre cui la fattura asfissiante s’interrompeva, scegliendo così la morte per mano degli scogli affilati. Gonril, che per far la spia disobbediva quotidianamente agli ordini di Lucius, aveva riferito tutto alla padrona. Narcissa dal canto suo, per essere certa che l’elfa non la tradisse, le aveva promesso la libertà alla fine del suo compito.
Ora il momento era vicino, Gonril lo avvertiva, e si aggirava per il salone lucidando il pavimento di marmo con le orecchie più dritte del solito. Ma nessuno lo notò, nessuno prestava mai un briciolo di attenzione agli elfi, men che meno un’occhiata.
Lucius si avvicinò ulteriormente a Narcissa, che per un folle momento pensò la volesse riabbracciare, come avrebbe fatto anni prima. Invece, si limitò a proferire freddo:
“Non voglio che tu ti intrometta. Mi occuperò io di Draco. Lo porterò a casa vivo, è una promessa.” Narcissa continuò a fissarlo e gli restituì lo sguardo gelido, e Lucius comprese che la moglie non aveva alcuna fiducia in lui. Irritato e di fretta, prese una decisione.
“Dammi la tua bacchetta. Te la restituirò quando torneremo.” Narcissa dovette faticare per imbrigliare la sorpresa. Evidentemente Lucius non sapeva che aveva già finto di prestare la sua bacchetta a Bellatrix. Non tentennò. Estrasse una delle quattro bacchette dei Tiri Vispi rimastele e la consegnò al marito, non senza fulminarlo con lo sguardo più gelido che gli avesse mai rivolto.
“Così mi manchi di rispetto Lucius. Non posso sopportarlo.”
“Invece devi. Per Draco.”
Narcissa strinse le nocche attorno alla sua vera bacchetta, e si impose di non ribattere.
“Non hai idea di cosa sia disposta a fare io per Draco Lucius, ma te ne accorgerai presto.”
“Lucius, hai finito con i convenevoli? Non vorrai arrivare in ritardo al nostro…appuntamento!” Il sosia di Narcissa, con il volto contorto in un’espressione teatralmente impaziente, pronunciò l’ultima parola caricando la voce di lussuria.
Lucius gettò un’ultima occhiata alla moglie, e si diresse a passo affrettato verso la donna che ne aveva solo le sembianze.
Appena i due sparirono, Rowle spuntò dal salone adiacente, con un ghigno malevolo sul volto segnato da numerose cicatrici. Il risentimento che covava per Draco da quando l’Oscuro Signore l’aveva costretto a torturarlo si riversò su Narcissa.
“Quel tuo moccioso ora la pagherà cara. Ben gli sta. Non vi rimane nulla per essere così altezzosi, a voi Malfoy.” Gongolò compiaciuto.
Le si avvicinò con passo strascicato, ma Narcissa non gli permise mai di esserle alle spalle, e i due cominciarono a studiarsi in cagnesco.
“Fanno bene a non fidarsi di te, e io non ti perderò d’occhio neanche un minuto.”
Continuò ad avanzare verso di lei, ma Narcissa, al contrario di lui, si muoveva in modo studiato. Quando Rowle diede le spalle a Gonril, si fermò. Lui colmò la distanza che rimaneva con due rapidi passi.
“Se chiedessero a me, tu non la dovresti passare liscia.” Ghignò, estraendo la bacchetta.
Ma prima che potesse anche solo tentare di aggredirla, Narcissa lo guardò dall’alto in basso con sfida e sbatté il tacco sul lucido pavimento di marmo.
A quel segnale, Gonril tese la manina dalle lunghe dita e scagliò una fattura fulminante contro il Mangiamorte, che fu scaraventato contro il soffitto del salone e si schiantò a terra con un fracasso assordante. Narcissa estrasse la sua bacchetta e indirizzò rapida quella di Rowle tra le fiamme del camino, per mettergli in tasca una di quelle finte.
Udì il rimbombare di stivali pesanti affrettarsi verso il salone e si appiattì a destra dell’ingresso, la bacchetta puntata. Gonril trotterellò silenziosa dall’altro lato. La seconda guardia si avventò nel salone con la bacchetta spianata, gli occhi pieni di orrore verso il compagno riverso a terra.
“Imperio!” Gridò Narcissa, e quello subito si diresse docile verso Rowle e lo trascinò per i piedi verso la sala da cui era spuntato in precedenza.
La terza guardia tentò di colpire Narcissa con una fattura lanciata dalle scale che portavano all’ingresso, ma ci pensò Gonril a farla precipitare, muta, faccia un giù per quel che rimaneva degli scalini.
A quel punto la casa era silenziosa. Mulciber attendeva, con un’espressione ebete, gli ordini di Narcissa, che tuttavia aveva un essere molto più prezioso a cui dedicare la sua attenzione.
“Ti ringrazio Gonril.” Disse in tono asciutto ma riconoscente. “Sei stata la mia mano destra.” E così dicendo, le porse uno dei suoi guanti da viaggio.
L’elfa la guardò, gli enormi occhi ambrati ancor più grandi per lo stupore. Negli anni, aveva imparato a diffidare delle promesse dei padroni, ma questa strega l’aveva mantenuta.
“Grazie Padrona. Ora Gonril è libera!” Squittì l’elfa, in lacrime dalla felicità.
Narcissa, tuttavia, non badò ai gridolini di esultanza dell’elfa, bensì stava pensando come oltrepassare le difese di Azkaban. Con Mulciber sotto l’influenza della maledizione Imperius sarebbe entrata, ma come avrebbero fatto lei e Draco a scappare? Improvvisamente prestò di nuovo attenzione all’elfa.
“Gonril, non sono più la tua padrona ora. Tuttavia, ti chiederei un favore.”
Gonril sgranò gli occhi grandi come palline da tennis e rizzò la punta delle orecchie, sorpresa e indecisa.
“La Signora Malfoy ha mantenuto la promessa…Gonril può aiutare.” Si risolse infine l’elfa, dopo essersi rigirata il guanto fra le mani.
“Ma solo per questa volta, dopo Gonril sarà libera di andarsene.” Squittì ancora, sulla difensiva.
Narcissa ordinò a Mulciber di avvicinarsi a loro, e nel frattempo si rivolse a Gonril.
“Dobbiamo smaterializzarci sulle scogliere di Azkaban, non so di preciso quale sia il punto migliore, dovremo scegliere a caso. Il Mangiamorte qui ci proteggerà dalla fattura asfissiante, quindi non lasciarlo mai andare fino a che siamo all’esterno. Una volta recuperato mio figlio, ti chiederei di farci smaterializzare ad Hogwarts. So che gli elfi sono in grado di rompere quel tipo di barriere. Pensi di poterlo fare? Ti avverto, è pericoloso.”
“Gonril è riconoscente.” Si limitò a dire l’elfa.
“D’accordo allora.” Sospirò risoluta Narcissa.
 
***

Draco e Marie fecero appena in tempo a mettere piede sull’isola che scivolarono sulle rocce scivolose e coperte di alghe violacee, procurandosi diversi tagli sulle mani e sbucciandosi le ginocchia. Draco dovette lasciar andare la presa su Marie per rimettersi in piedi, prima di accorgersi che qualcosa non andava.
Lei rimase a terra e cominciò a tossire, cercando invano di portarsi le mani alla gola; Malfoy aveva temporaneamente stretto le funi per essere più credibile. Istintivamente, Draco si chinò su di lei, la bacchetta sfoderata, ma memore del ruolo che doveva interpretare e temendo di essere osservato, la strattonò in piedi in malo modo, tenendola ad una certa distanza e sotto tiro.
“Non – riesco a – respirare!” Rantolò una voce nella sua mente, ed il viso di Marie, che stava diventando paonazzo, lo mandò nel panico. Senza pensare, la strinse forte a sé, pensando disperatamente ad un contro-incantesimo mentre le teneva la bacchetta puntata alla gola, con le braccia incrociate sul suo petto. Inaspettatamente, avvertì i suoi polmoni riempirsi dolorosamente di aria, sotto le sue braccia, ed allentò la presa per lasciarla respirare.
Per un momento sostenne tutto il suo peso, poi lei riuscì a rimettersi malferma sulle gambe, ma continuò a rantolare e tossire sangue. Era una fattura asfissiante di una ferocia inaudita, realizzò Malfoy. Nonostante i suoi rantoli lo impietosissero, si impose, con la stessa risolutezza di sua madre, di approfittare del momento di debolezza di Marie per essere più convincente, e non le diede tempo di riprendersi.
Nello stesso istante, Ron ed Hermione erano chini su Harry, che riusciva appena a rimettersi in piedi. Se non fosse stato per la protezione del vicolo in cui si erano smaterializzati, sarebbero stati scoperti ancora prima di entrare nel vivo della missione.
Draco tuttavia non stava soffrendo meno di Marie. La fattura lo costringeva a spingere e sorreggere la Potter con entrambe le braccia, e il sinistro gli stava annebbiando la vista dal dolore. La fortezza che si ergeva di fronte a loro, tuttavia, non poteva essere più imponente, e si stagliava tetra e minacciosa contro il cielo come la scheggia di un’antica dannazione infernale conficcatasi sull’isola.
Quest’ultima era più grande di quanto si ricordava l’unica volta che aveva visitato quella parte dell’arcipelago delle Ebridi. Occorsero loro diversi minuti di sofferenza, prima che riuscissero a districarsi dagli scogli e giungessero su un rozzo sentiero tracciato fra la terra brulla e bruciata dal freddo e dal vento.
L’aria si appesantì dell’odore di marcio e divenne talmente densa di disperazione che Draco fu costretto a fermarsi. Una nebbiolina insidiosa strisciò verso di loro, e alle loro orecchie giunse il rantolo e il mortifero risucchio di centinaia e centinaia di dissennatori. Il Patronus di Marie era svanito a causa della mancanza di ossigeno, ma all’udire di quel terribile sottofondo, buttarono entrambi le precauzioni alle ortiche, sperando che la nebbia offrisse loro copertura.
“Expecto Patronum!” Sussurrò Marie, e seppur a singhiozzo, il cardellino si ripresentò e si nascose subito in un turbinio di ali vicino alla tasca con le Prugne Molotov, scaldandole il cuore. A Draco occorse un istate in più per rievocare il campo fiorito di molti anni prima, il dolce sorriso della madre e la carezza orgogliosa del padre.
“Expecto Patronum!” Una nebbiolina di un bianco intenso, luminosissima, bucò quella grigia e appiccicosa dei dissennatori. A Marie sembrò di intravvedervi la figura di un cavallo, e per un folle istante credette fosse un unicorno, ma era difficile a dirsi, il Patronus non era completamente formato. Qualunque cosa fosse, trottò di fronte a loro, aprendo la via.
Draco riprese i suoi modi bruschi e le imprecò più vote addosso, intimandole di affrettarsi, più erano vicini, più gli occhi che li osservavano si moltiplicavano. Tuttavia, Marie oppose realmente resistenza alle spinte di Draco, rimanendo agghiacciata da ciò che si intravedeva alla sua destra, verso Ovest.
Grottesche pietre tombali orrendamente appuntite, storte e spezzate si stendevano in quello che era ovviamente un cimitero improvvisato, e proprio di fianco al sentiero la terra era più scura, smossa e fresca. Ad entrambi venne la nausea. Ad un tratto Marie si bloccò, pietrificata dalla paura. Era certa di aver intravisto delle figure muoversi fra le tombe, lontano da loro.
 
*

Narcissa, la vera Narcissa, e Gonril si smaterializzarono sull’isola, trascinandosi stretto a loro il Mangiamorte. Con orrore, realizzarono di essere finite proprio nel cimitero. Si fecero largo fra le lapidi aguzze e sgangherate, tentando di non affondare i piedi nella terra terribilmente fresca, annaspando.
Marie, qualche decina di metri più in là, si raggelò, credendo di aver visto un morto camminare, metà fuori dalla sua tomba. In realtà, aveva intravisto Narcissa annaspare e finire con una gamba in una fossa. Perse la presa sul Mangiamorte e cominciò immediatamente a soffocare.
Gonril si sporse tempestivamente sulla fossa e le tese il suo braccino ossuto. Narcissa, che cominciava a veder macchie bianche davanti agli occhi, ebbe appena la forza di aggrapparvisi, ma l’elfa la tirò su con una forza insospettata. Con disgusto si allacciò il braccio del Mangiamorte intontito alla spalla, riprendendo fiato.
“Forse è meglio prestare più attenzione.” Disse scossa da violenti attacchi di tosse, e da quel momento avanzarono più lentamente.
 
*

Draco, realmente infastidito dalla sua esitazione, le spinse la punta della bacchetta sotto la giugulare, togliendole l’aria e strappandole un gemito di dolore.
“Ti vuoi dare una mossa, Potter!”  La apostrofò.
Marie lo detestò per quell’istante, le aveva fatto male sul serio e non le piaceva sentirselo così vicino costantemente. Ci vollero un’altra decina di metri prima che potesse ribattere.
“Va all’inferno, traditore di un Malfoy!” Sbottò irata e rancorosa con il fiato che riuscì a racimolare. Malfoy realizzò che erano giunti all’ingresso Nord e distinse la figura incappucciata di un Mangiamorte avvicinarsi. Reagì senza pensarci troppo, e fece quello che avrebbe fatto anni prima. La costrinse a girarsi verso di lui e prima che potesse incrociare il suo sguardo le appioppò un sonoro schiaffo con il dorso della mano.
“Taci, Potter!”
La figura incappucciata si fermò, ma altrettanto non fece la lacrima sulla guancia di Marie. Non credeva che sarebbe stato così, avvertiva il sapore ferroso del sangue riempirle la bocca.
“Prendici gusto, bastardo!”
Draco si detestava per quello che stava facendo, ma sapeva di non poter fallire. Quella farsa si stava rivelando più insidiosa di quanto avesse pensato. Una nuova paura stava cercando di prendere il sopravvento, ed il terreno infestato da secoli di sevizie e sofferenza era l’ambiente ideale perché proliferasse. Stava davvero fingendo, o semplicemente aveva lasciato libera la parte più violenta di lui? Avrebbe dovuto sapere che si stava spingendo troppo in là, o il suo limite era mostruosamente più lontano da quello che si aspettava Marie?
“Faccio solo ciò che è necessario.” 
“Bene bene, chi abbiamo qui…” Fece una voce suadente e strascicata che gelò il sangue ad entrambi. “Vedo che non sei da solo, figlio mio. Buon per te.”
Un'altra figura emerse dalle ombre, e fece scorrere il pesante cancello incrostato. Il puzzo di sudore e sangue che Draco aveva creduto provenire dalle celle si rivelò essere quello di Grayback. Cosa diavolo ci faceva lì, e dov’erano le altre guardie?
“Prego entrate, entrate” Fece malevolo il lupo mannaro.
“Se e come uscirete è un'altra questione, vero bellezza?”  Un ringhiò gutturale gli sfuggì dalle fauci e fece scorrere una delle sue lunghe unghie ingiallite sul labbro spaccato di Marie, che tremò come una foglia fra le braccia ostili ma protettive di Draco.
“Lei non ti riguarda Greyback. È dell’Oscuro Signore.” Fece Draco freddo e autoritario.
Greyback lo guardò canzonatorio. “Non mi limito ad uccidere, pulcino di un Malfoy.”
“Non esporre ulteriormente la tua ignoranza, Draco.” Fece Lucius, tagliente.
Greyback richiuse il cancello dietro di loro ululando una risata malvagia, che risuonò per il dedalo di scale e mura diroccate che si presentò di fronte ai due adolescenti, terrorizzati.
Draco era ansioso di assicurarsi che Marie non potesse finire fra le grinfie di Greyback, ma non voleva che suo padre intuisse quanto gli importava.
“Smettila di star così appiccicato a quella sgualdrina Draco. Qui la fattura asfissiante non attacca più.” Proruppe Lucius con disprezzo, facendo loro segno di salire una scalinata particolarmente vertiginosa. Non aveva nemmeno estratto la bacchetta, tanto era sicuro che Draco volesse salvare quella che credeva essere sua madre.
L’interno della prigione assomigliava ad un alveare pullulante di morte e disperazione. Corridoi su corridoi si susseguivano seguendo la scala a chiocciola su cui si stavano inerpicando e conducevano tutti a strapiombo verso il centro della torre, dove una gabbia circolare fluttuava su e giù, fungendo da ascensore. Il fatto che si dirigessero dall’esterno verso l’interno creava una strana sensazione di claustrofobia frammista a vertigini. Sfidava le leggi della gravità, e a Draco sembrò che i corridoi fossero addirittura sospesi a mezz’aria e si spostassero, come avvitati attorno all’ascensore in un folle carosello.
I dissennatori entravano ed uscivano dalla tromba dell’ascensore, che culminava a cielo aperto, e dalle strette finestre che apparivano irregolari nelle mura, tra cui strisciavano passando come polipi putrefatti, ficcando prima dentro la testa e poi comprimendo il resto del corpo. Il Patronus di Marie palpitava debole, schiacciato contro il suo petto, sempre più sottile, fino a che scomparve. Draco cercava di tenerla ad una distanza accettabile senza lasciarla andare, temendo che precipitasse nello strapiombo.
Una serpe argentea li seguiva strisciando sul muro ammuffito e umido, doveva essere il Patronus del padre, rifletté Draco, che non l’aveva mai visto. Il suo era sparito quando aveva colpito Marie. Draco ebbe la distinta sensazione che li stesse facendo camminare per sfinirli. Dopo un tempo che sembrava infinito, Lucius gli intimò di voltare, e prima che potesse contrattare, un’improvvisa spinta lo scaraventò contro il muro, tramortendolo.
Dal grido soffocato di Marie, fece appena in tempo a intuire che la porta della prima cella sulla destra si chiudeva dietro di lei. Draco pregò con tutte le forze che finisse nella cella accanto, altrimenti sarebbe crollato tutto. La testa gli doleva da morire, e il difficile doveva ancora cominciare.
Il padre lo afferrò per la spalla dolorante, strappandogli un gemito suo malgrado, e lo scaraventò nella cella successiva. Draco finì a faccia in giù sul sudicio pavimento della cella, ma prima di guardarsi intorno diresse tutte le forze verso un unico pensiero, sapeva che dopo non ne sarebbe stato in grado.
“Sono nella cella accanto. Funzionerà.”
Marie, a pochi metri da lui ma separata da diverse tonnellate di roccia, frugò freneticamente nel mantello per far partire il timer, e Draco avvertì un leggero tack nella tasca della sua giacca.
La porta della cella si richiuse dietro di lui con un tonfo, e sollevò lo sguardo temendo quello che avrebbe visto.
 
*

Quando giunsero all’ingresso, lo trovarono libero da sentinelle. Strano, molto strano, rifletté Narcissa, allarmata. Greyback, che avrebbe dovuto essere di guardia, aveva abbandonato la sua postazione, incapace di resistere alla tentazione di sapere dove avrebbero rinchiuso Marie. Gonril fece aprire il cancello, e Narcissa si fiondò dentro, scaraventando il Mangiamorte in un angolo.
“Revelio vestigia” Disse subito, cercando di mantenere la calma. Le impronte del lupo mannaro, più fresche, apparvero un’istante sul sudicio lastricato, e si lanciarono all’inseguimento come poterono sugli scalini scivolosi. Dovette fermarsi due volte e far riapparire il suo Patronus, uno stallone bianco, per difendersi dall’orda di dissennatori che attiravano da ogni misero buco. Infine arrivò al piano dove portavano le orme, e dovette appiattirsi di scatto lungo la parete.
 
*

Sul momento, un’ondata di sollievo lo travolse. Gli occhi che avevano incontrato i suoi erano quelli che lo avevano tormentato, sofferenti, nei suoi incubi.
Ma quello sguardo malevolo e freddo non era mai stato riservato a lui. Sua madre lo guardava altezzosa, letteralmente dall’alto in basso. Draco cercò di tirarsi in piedi, ricordando che i quattro minuti erano partiti.
Una domanda gli rimbombava nella testa, dov’era Bellatrix? Era sicuro che aveva architettato lei il piano. Non fece in tempo a porsi la domanda fino in fondo che uno schiaffo lo colpì in pieno viso, buttandolo nuovamente per terra. L’anello che portava alla mano gli spaccò il labbro, e la mente di Draco cominciò a muoversi a tentoni. L’impostora gli puntò addosso la bacchetta, e contorse le labbra in una smorfia. “Draco, devi dirci tutto quello che sai. Dillo a noi, e forse con la Potter che ti sei portato dietro avrai una chance.”
“Ora!” Sbraitò, e il viso le si accartocciò in una smorfia di rabbia.
“Crucio!” Sibilò, e Draco si rannicchiò. Non successe nulla. Cercò di ragionare e non farsi prendere dal panico. Quella era la prova che gli serviva.
Era lei Bellatrix. Sua madre doveva averle rifilato la bacchetta finta. Per questo motivo la fede era sulla mano sbagliata. Narcissa gli aveva tirato uno schiaffo una sola volta, e per sua fortuna portava la fede sulla sinistra.
D’un tratto un dolore atroce gli trafisse il torace e si diffuse come una scossa lungo tutto il suo corpo, e non poté far altro che udire sé stesso urlare, impotente.
“Draco, è nel tuo interesse.” Lo stivale del padre entrò nel suo campo visivo.
“Hai qualcosa da dirmi? Ti aiuto io. Dov’è l’altro Potter?”
Draco avrebbe voluto chiedergli dov’era sua madre. Lei ora si era scoperta con la storia delle bacchette, e Voldemort l’avrebbe uccisa, pensò in preda allo scoramento. Doveva assolutamente trovare un modo per comunicarle dove fuggire. Non sapeva che era molto vicina. I quattro minuti erano quasi finiti.
Sputò il sangue che gli impastava la bocca e si rivolse al padre, che lo guardava freddo e inespressivo.
“Draco dormiens nunquam titillandus”
 
*

Appena udì il tonfo della porta della cella dietro di lei, Marie si rimise in piedi a fatica e si frugò nelle tasche del mantello per far partire il timer. Svolse con mani tremanti il telo che proteggeva le Prugne Molotov, e con un fluido movimento della bacchetta le fece allineare in corrispondenza dei quattro angoli della parete alla sinistra della porta. Proprio mentre ne stava piazzando due al centro, avvertì un raschiare ed un ringhio gutturale al di fuori della porta. Il cuore cominciò a batterle all’impazzata e finì in un bagno di sudore. Non poteva essere. Come poteva Greyback averli seguiti fin lassù?
Deglutì e puntò la bacchetta contro la porta, pronta ad attaccarlo. Lo spazio era molto angusto, e una buona parte della sua concentrazione stava facendo lievitare le bombe Molotov.
Pregò che i minuti scorressero in fretta, ma se Greyback fosse riuscito ad entrare proprio quando doveva far esplodere le dirigibili molotov, non avrebbe potuto difendersi. Evocò uno scudo protettivo attorno a sé, e pregò di avere la forza necessaria per giostrare il terzo e ultimo incantesimo senza che gli altri due si spezzassero.
 
*

Un'altra fitta di dolore gli tolse il fiato, ma mentre si contorceva in agonia, Draco infilò una mano nella tasca interna del giaccone e la strinse attorno alla bacchetta. Il timer emise un secondo tack. Gli restavano trenta secondi per decidere cosa fare.
Bellatrix era fuori di sé per la bacchetta finta. Si avventò su Lucius e gli strappò la sua, minacciandolo con lo stesso lungo pugnale d’argento che aveva usato contro Marie a Villa Malfoy.
“Svuota il sacco Draco. Non hai un minimo di rispetto per tua madre?” Tuonò con disprezzo.
Ora che era armata, a Bellatrix era tornata la voglia di giocare.
Draco le rivolse uno sguardo di sfida e non disse nulla. Udì il terzo tack.
“Cru…“
“Protego!” Uno scudo si allargò attorno a lui appena prima che un boato assordante gli spaccasse i timpani. Non distinse altro che pezzi di roccia volare da tutte le parti e intravide suo padre crollare sotto i detriti, protetto solo a metà dal suo scudo. Bellatrix era scomparsa, e l’aria era densa di calcinacci. Un fischio penetrante e continuo gli impediva di percepire la realtà così com’era.
Con un tuffo al cuore distinse una figura farsi strada più in fretta che poteva fra la polvere, ed intuì che stringeva una spazzola fra le mani tremanti. Si trascinò barcollante verso di lei.
All’improvviso Marie si chinò per estrarre una persona dalle macerie.
“No! Quella è Bellatrix!” Urlò Draco disperato, ma il fischio alle orecchie gli impediva di capire se avesse urlato sul serio o se la sua voce roca per le grida di dolore avesse appena gracchiato.
Marie parve non udirlo, ma Draco intravide la mano di Bellatrix stringersi attorno al pugnale.
Si fiondò su Marie per proteggerla.
“Via! La Passaporta!” Quest’ultima era sincronizzata a sua volta con il timer, e scattava esattamente un minuto dopo. Un minuto che si rivelò essere di troppo.
Nel momento in cui Draco strinse la mano attorno a quella di Marie, aggrappandosi alla spazzola, un dolore simile alla maledizione Cruciatus gli trafisse la spalla, e non fece che aumentare, mordendolo sempre più in profondità. Il turbinio di colori li inghiottì e trascinò via da quell’inferno, ma non erano soli.
Il pugnale di Bellatrix era conficcato nella spalla di Draco, e quest’ultima vi era fermamente aggrappata.
 
*

Greyback stava cercando di capire come scattasse la serratura della cella di Marie, e a giudicare dallo scatto che seguì ci era appena riuscito. Un grido terrorizzato seguì immediatamente, a Marie sfuggì d’istinto, il timer era appena scattato per la seconda volta e la vista del lupo mannaro con le fauci spalancate, bloccata nella cella al di là del sottile scudo protettivo, la fece sentire come un pezzo di carne da macello, vulnerabile preda per altri trenta secondi.
Narcissa girò l’angolo più veloce che poteva, ma Gonril fu più rapida di lei e schiantò il lupo mannaro con un lampo di luce blu. Marie non poteva farsi distrarre, sapeva che per Draco contavano i secondi. Fece appena in tempo ad intravedere la chioma bionda e serica di Narcissa, prima di udire il terzo tack e far esplodere le Prugne Molotov come da piano.
Seguì il caos più assoluto, e Narcissa si salvò tuffandosi d’isitinto nella cella a sinistra, vuota, per sua fortuna. Non appena i detriti smisero di rovinare si avvicinò al punto dell’esplosione, ma dovette arrampicarsi oltre la parete crollata.
Temeva per Draco più di ogni altra cosa, ma era anche preoccupata per il marito. Quando vide Lucius mezzo sepolto dalle macerie, e nessuna traccia di Draco o Marie, la disperazione l’avvolse, e i dissennatori cominciarono ad avvicinarsi.
“Gonril, aiutami!” Con la bacchetta e l’aiuto dell’elfa liberarono Lucius, ma quando Narcissa vide che tutto sommato stava bene, gli puntò contro la bacchetta e disse, perentoria.
“Dov’è Draco? Rispondimi, se è vero che sei il padre di tuo figlio!”
“È sparito” Tossì Lucius, rauco e coperto di polvere.
“Cosa ti ha detto?” Fu la fulminea domanda. Lucius esitò un momento, poi, in cerca della bacchetta, sibilò a bassa voce e senza guardare la moglie:
“Draco dormiens numquam titillandus”
A Narcissa questo bastava.
“Gonril, cambiamo programma.” Le sussurrò qualcosa, e le due figure si smaterializzarono con un sonoro crack.
Lucius rimase solo tra le macerie, terrorizzato dal suo fallimento e allarmato dall’assenza di Bellatrix.
 
*

Marie credeva sinceramente che la donna semisepolta sotto le macerie fosse Narcissa. Avendo intravisto la sua chioma prima dell’esplosione, non voleva abbandonare chi credeva l’avesse salvata dall’ennesima aggressione di Greyback. Quando intravide il pugnale, era troppo tardi.
Draco si era già fiondato tra lei e Bellatrix e aveva stretto la Passaporta appena in tempo per riapparire nella foresta di Inverness. Sbatterono duramente sul suolo che odorava di resina, ma l’odore si sangue sembrava averli seguiti fin lì.
L’urlo straziante di Draco fece scattare una scarica di adrenalina che la fece balzare in piedi come una molla. Puntò la bacchetta contro quella che pensava fosse Narcissa e senza credere alla scena raccapricciante che le si presentava davanti, riuscì a pensare ad un solo incantesimo.
“Stupeficium!”
Purtroppo l’incantesimo mancò la figura impolverata di  Bellatrix per un soffio. Il senso dell’equilibrio e dell’orientamento di Marie era ancora seriamente danneggiato dall’esplosione e dalla smaterializzazione.
Bellatrix rise follemente ed estrasse il pugnale dalla spalla di Draco, a cui era rimasta voce solo per un gemito strozzato. Si rigirò la lama sanguinante fra le mani, pronta a lanciarla contro di lei.
Marie, traballante sulle gambe, prese disperatamente la mira, pronta a gettarsi di lato.
Poi, una sagoma nera e slanciata piombò dal cielo e s’impennò di fronte a Bellatrix, scalciandole gli zoccoli in viso. La Mangiamorte emise un ultimo acuto grido di spavento prima di tentare di proteggersi con le braccia. La morte alata, così la vedeva Marie, la tramortì con un sol colpo di zoccoli.
Ora ammazza anche noi, pensò Marie, tutta questa sofferenza per finire aggrediti da una bestia.
Invece, quello che le ricordava un Thestral, eppure non lo era, non diede segno di volerli attaccare. Si avvicinò piano a Draco, e Marie trattenne il fiato. Non tese la bacchetta, temendo di far innervosire l’animale, che avrebbe potuto calpestare Malfoy nell’agitazione. Tentò di metterla a fuoco nonostante avesse le vertigini, ed approfittò dei suoi movimenti lenti e aggraziati per osservarla.
Notò che una luce calda e immacolata sembrava scorrere sotto la pelle nera e senza pelo dell’animale.
Era una luce rassicurante, che prometteva vita. Si disse che quello non era l’aspetto di una creatura malvagia. Una creatura oscura non avrebbe mai potuto assomigliare tanto ad un unicorno, con quello splendore che irradiava.
Il corpo scheletrico e slanciato, così come l’ossatura sporgente, le davano un che di sinistro, accentuato dall’attaccatura nera come la pece delle ali membranose. Il corno affusolato che spuntava dalla testa della misteriosa creatura punzecchiò Draco, a cui sfuggì un lamento, ormai febbricitante e semisvenuto. La creatura si chinò ancora verso di lui, con il suo respiro che si appannava nella fredda aria scozzese. Sbatté le ali e le richiuse lungo i fianchi strettissimi. Un reticolo argenteo e luminoso s’intravide nell’istante in cui le ali raggiunsero la loro massima apertura. Solamente in quel momento Marie realizzò che l’estremità delle ali, da membranosa e scura passava a lunghe e sottili piume argentee, che nella loro morbidezza sembravano nascondere un orlo affilato.
Poteva anche non essere malvagia, ma se non la avesse lasciata avvicinare a Draco entro i prossimi secondi, rischiava di morire dissanguato, pensò Marie, azzardandosi a fare un passo avanti. Il cavallo solleticò il viso di Draco con il liscio muso, che continuò a gemere e gridare, incosciente. Poi, fece una cosa che Marie stentò a credere. Leccò la ferita che gli squarciava la spalla destra, che smise subito di sanguinare, e si ricoprì di quello che sembrava un siero argenteo e luccicante. I gemiti di Draco si placarono, e la creatura si inginocchiò di fianco a lui, posando la sua scheletrica testa sul suo petto.
Marie, incantata da quella scena, ma pur sempre esausta, abbandonò ogni diffidenza e si stese di fianco a Draco, avvertendo che le vertigini non le avrebbero dato tregua. “Ha perso molto sangue, dovresti curarlo”, le disse una voce impastata di stanchezza ed esaurimento, nella sua testa. “Non ho gli ingredienti…non conosco un incantesimo adatto…lei ha saputo chi attaccare, ci proteggerà da Bellatrix.” “No! Potrebbe chiamare Voldemort con il Marchio!” Disse un'altra voce, più autoritaria.
Con le ultime forze che le rimanevano, puntò la bacchetta contro la figura riversa di Bellatrix e la legò saldamente ad un ontano, di modo che non potesse vederli.
“Solo un attimo, lasciami solo un attimo per riprendermi”
Con quest’ultimo pensiero si abbandonò all’oscurità che voleva inghiottirla, e per una sola preziosa ora la creatura vegliò su di loro, lasciandoli riposare.
 
***

Harry, Ron ed Hermione erano aggrappati alle ferree squame del drago acciecato dall’oscurità dei sotterranei da cui erano appena riusciti a sfuggire per un soffio. Mentre si libravano sopra l’ameba grigiastra di quartieri e palazzi londinesi, rabbrividendo dal freddo e coperti di vesciche, Harry non pensò alla libertà conquistata o all’Horcrux che avevano recuperato, ma si augurò solamente con tutto sé stesso che Marie e Draco fossero riusciti a fuggire così come loro. Bé, forse non a cavallo di un drago.
Sapeva per certo che era viva, e la cicatrice non aveva dato segnali allarmanti, quindi le speranze erano che ce l’avessero fatta, che non fossero prigionieri. Tuttavia, l’ansia e la preoccupazione lo corrodevano come un’ulcera. Fu grato di trovarsi per lo meno nel suo ambiente naturale: l’aria.
Tuttavia, esserlo sul dorso di un drago comportava un’incognita enorme, e si girò per urlare attraverso il vento ai due compagni.
“Dobbiamo trovare un modo per scendere e raggiungere Hogsmeade!”
Hermione annuì, pallida come un cencio e con le labbra violacee, Ron, subito dietro di lei, fece altrettanto, urlandogli in risposta
“Aspettiamo che perda quota!”
 
***

Marie era piombata in un sonno scuro e privo di ogni sensazione. All’improvviso qualcosa di morbido e caldo le sfiorò il viso, e come un fulmine a ciel sereno l’immagine cruda e vivida della maschera pelosa e ringhiante del lupo mannaro, a pochi centimetri dal suo, attraversò la sua coscienza, e spalancò gli occhi con il panico più assoluto nelle vene. Il terrore di poco più di un’ora prima la assalì immediatamente, e le occorsero alcuni secondi per mettere a fuoco gli occhi color cobalto della creatura che la fissavano, in attesa.
Trasalì, ma si impose di non fare movimenti bruschi. Le venne spontaneo mettersi a parlare con la creatura, dato che non c’era nessun altro con cui relazionare.
“Grazie.” Si mise seduta e dopo aver gettato un’occhiata nervosa alla figura legata di Bellatrix, controllò come stava Draco.
La vista del compagno zuppo di sangue e cinereo le fermò il cuore.
Si chinò su di lui per udire se respirasse, e con sollievo constatò che il respiro era regolare e profondo. Spostò la sua attenzione alla ferita. Lo squarcio era largo e profondo, e le si rivoltò lo stomaco quando credette di intuire il bianco della clavicola. Il pericolo più grande tuttavia era lontano, per ora.
L’emorragia era cessata, e una sottile membrana argentea ricopriva la ferita.
Evidentemente la saliva della creatura doveva avere delle proprietà simili alla mistura di polvere d’argento e dittamo usata per rimarginare le ferite causate dal morso di lupi mannari, senza la quale le vittime erano solito morire dissanguate.
Va fino in fondo, si disse.
Con cautela gli sfilò il giaccone e la camicia stracciata e ormai in gran parte purpurea. L’aria fredda gli azzannò la carnagione pallida, e così si premuro di evocare una bolla termoregolatrice attorno a loro. Strappò un lembo di tessuto dal suo mantello e lo pulì e disinfetto con un rapido colpo di bacchetta, ma quando fede per porre una minima protezione alla ferita, il cavallo-non aveva idea di come chiamarla- le spostò la mano con il muso, e di nuovo leccò la ferita di Draco. A Marie venne un’idea. Le porse con lentezza il tessuto, e la lingua inaspettatamente rosea della creatura raschiò contro il tessuto, che divenne fresco e leggero fra le sue mani.
Improvvisò una fasciatura alla bell’e meglio, rimpiangendo l’abilità di Luna.
Dovevo chiederle di insegnarmi come fa, che sciocca sono stata! Si rimproverò sconsolata.
Avrebbe tanto voluto aver Harry vicino a rincuorarla con la sua presenza. Il solo pensiero che potesse essere intrappolato alla Gringott la straziava. Tuttavia, non c’erano stati segni sinistri, da quel punto.
Ma per esserne certa dovevano raggiungere Londra, e da lì Hogwarts. Prima di infilargli una maglietta di Harry che si era ritrovata nelle tasche del mantello che le aveva regalato Sirius anni prima, che si espandevano magicamente, non poté evitare di notare con un brivido quanto il Marchio fosse avanzato.
L’intero braccio sinistro era avvolto dai tentacoli neri come la pece del marchio, che si espandeva a chiazze sempre più grandi e informi fino ad allargarsi minacciosamente sul petto e verso le costole. Il serpente spiccava gonfio sulla pelle irritata, foriero di morte.
Rimaneva loro poco tempo, rifletté Marie triste. Non c’era traccia dell’ombra violenta che l’aveva ferita ad Azkaban sul suo volto pallido.
Pensò che il dubbio che l’aveva assalita doveva essere dovuto all’atmosfera malsana e asfissiante del luogo, e senza esitare oltre salì sul dorso della creatura, sollevando Draco davanti a sé. Le costò una gran fatica e si aiutò come poté con un leggero Levicorpus qua e là. Aveva deciso che era più prudente fare un pezzo del viaggio in volo e vedere se Draco si sarebbe ripreso, piuttosto che tentare di smaterializzarsi con lui svenuto e rischiare di spaccarsi.
Strappò un altro lembo del mantello per farne una fascia con cui assicurarsi che Malfoy non cadesse. Si immaginò con amarezza l’espressione indignata di Sirius se avesse visto come stava facendo a pezzi il suo regalo di compleanno. Non potrebbe dire che non è per una buona causa, ridacchiò, sapendo che Sirius avrebbe molto probabilmente sostenuto il contrario.
L’ombra di un sorriso le svanì dalle labbra quando vide Bellatrix ancora accasciata contro l’ontano. Che marcisca lì, si disse. Se era tanto coriacea da uscire intatta dall’esplosione delle prugne dirigibili Molotov, sospettava che se la sarebbe cavata anche di lì.
Volse lo sguardo verso la loro nuova alleata, una vista decisamente più piacevole.
“Portaci a Sud, bella, verso Edinburgh.” Le disse dolcemente, e lei si librò nell’aria spalancando le ali eteree, senza salire troppo di quota. Marie si lasciò cullare dal battito regolare delle ali e assaporò il vento freddo e pungente per un po’.
Avvolse entrambi in una bolla termoregolatrice e ne approfittò per recuperare le forze.



Angolo dell'autrice
Allora, capitolo tenebroso, d’altronde non poteva essere altrimenti: ma guardate un po’ qua sotto!

Grazie alla favolosa e dotatissima Thundelara, che trovate su Deviantart (https://thundelara.deviantart.com) e ringrazio di cuore, ecco un’illustrazione della misteriosa creatura ancora senza nome che ha soccorso Draco e Marie.
Non esitate a lasciare un commento, sarebbe di grande aiuto sapere cosa ne pensate!
E sono sicura che anche la splendida Thundelara vi ringrazierebbe!

 

Nei prossimi capitoli si scoprirà di più su perché abbia soccorso proprio loro, e dove si sia smaterializzata Narcissa con la focosa Gonril. Con questo capitolo ho spezzato una lancia in favore degli elfi domestici, cosa a cui tenevo da tempo.
Finalmente Narcissa ha fatto vedere a quei fuchi di Mangiamorte con chi hanno a che fare.
Un grande grazie va a tutti i recensori, un bacione a voi! Siete la mia più grande motivazione! Naturalmente l’illustrazione è anche per voi lettori silenziosi e per coloro che hanno inserito la storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.



Un caro saluto a tutti voi e a presto
Claire

P.S Se vi interessasse, le informazioni sulla mistura di dittamo e polvere d’argento sono prese da J.K. Rowling, “Heroism, Hardship and Dangerous Hobbies”

 
  
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