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Autore: __roje    30/03/2018    1 recensioni
YUGEN. Seconda parte di Ikigai
Questa è la seconda parte e continuo di Ikigai dove appunto ritroviamo Aki e Hayato alle prese con i loro problemi. Due ragazzi che si sono scoperti innamorati, ma sono dei semplici adolescenti e intorno a loro c'è chi vuole dividerli.
Riusciranno i due ragazzi a stare insieme andando oltre il loro passato?
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo [5]

Sentivo un gran vociare nelle orecchie. Possibile che non si potesse mai stare in pace? La cosa mi irritò non poco e senza accorgermene tutto quel frastuono mi riportò alla realtà.
Mi resi conto di aver dormito e ancora intontito cercai di distinguere un po’ ciò che mi circondava.
“Ti rendi conto che potremmo andare tutti in galera? Hai offerto alcolici a dei minorenni e uno di questi ha cercato di spaccargli la testa!”
Chi è che stava gridando così, mi domandai nel sentire quella voce così familiare. Mi resi conto dopo un po’ che era la voce di Yoshida, che furioso stava inveendo contro Saori.
“Non credevo che potesse succedere una cosa del genere! Chiamiamo l’ambulanza adesso.”
Le fermò la mano Oija “Non è ferito gravemente ma solo stordito per le botte.”
C’era però nel frattempo qualcun altro che mi stava accanto e cercava di passarmi qualcosa sulla guancia. Faceva male, bruciava ma dopo un po’ provavo sollievo: era il ghiaccio. Ero seriamente stordito da non capire cosa era successo e dove ero finito.
Quel tipo non mi aveva ammazzato allora.
“Come va Aki?” era Mina che premurosamente mi stava passando del ghiaccio sugli zigomi.
“Mayu...” borbottai.
“Sta bene, è solo scossa.”
Mi sentii più rilassato improvvisamente. Almeno fare quella bravata era servita qualcosa e potevo sentirmi in pace nel dire che avevo impedito a quel ragazzo di importunarla.
“Dov’è Hayato? Dove ha portato quel figlio di puttana?!” gridò ancora Yoshida furioso.
“Se ne stanno occupando lui e Kuro. Quel ragazzo è un mio amico e non è una cattiva persona. Era solo ubriaco e ha perso il lume della ragione.”
“Stronzate Saori! Quel bastardo poteva ucciderlo, aveva una bottiglia rotta in mano! Se non fosse stato per Mayu saremmo arrivati tardi e ora non parleresti così.”
Continuavo ad ascoltare cose che non sapevo.
“Ora basta!” intervenne la voce di Oija, “Se dovete discutere andate fuori! Non importa di chi è la colpa. Non possiamo denunciarlo perché altrimenti la colpa sarebbe nostra, noi abbiamo offerto quelle bibite e se non lo avessimo fatto tutto questo non sarebbe accaduto. Quindi adesso è inutile gridare e darci addosso, Aki sta bene ha solo dei tagli sullo zigomo e sul labbro mentre l’altro ha bisogno di andare a casa.”
Tutti parvero calmarsi dopo le sue parole ma Yoshida ancora furioso, uscì dallo spogliatoio sbattendo la porta dietro di se.
“E’ ancora furioso” osservò Saori.
“Gli passerà. Vuole molto bene ad Aki, come un fratello quasi e non accetta il fatto di non essere stato li per aiutarlo” aggiunse Mina.
Tenevo gli occhi chiusi ascoltando ogni singola parola. Yoshida era un buon amico e capivo la sua rabbia, anch’io avrei reagito allo stesso modo se qualcuno gli avesse fatto del male. Potevo capire come si sentiva.
“Ma quindi chi li ha fermati? Mayu non è venuta a chiamare voi?” domandò Oija con tono confuso.
“Non lo so sinceramente, ma Yoshida era con me e lo abbiamo saputo dopo mentre Aki veniva portato qui.”
Una mezz’ora dopo ero di nuovo vigile e mi tenevo del ghiaccio sulla guancia. Sentivo la faccia gonfia e il labbro inferiore mi faceva molto male. Non credevo di essere conciato così male. Nel frattempo Yoshida era tornato per farmi una bella ramanzina.
“Sei un idiota! Quando mai hai saputo fare a pugni eh? Volevi morire in qualche modo?!”
“Calmati non è successo nulla.”
“Cazzate! Se non fosse arrivato qualcuno quel bastardo ti avrebbe conficcato quella bottiglia nello stomaco.”
Capivo la sua preoccupazione ma ormai era tutto passato, sia io che Mayu stavamo bene e non aveva più senso parlarne. C’era però una sola cosa che mi chiedevo.
“Yoshida, chi è stato ad aiutarmi?”
Il mio amico inarcò un sopracciglio a tale domanda, “Io l’ho saputo tardi, non saprei dirti, dovresti chiederlo a Mayu. E’ stata lei ad avvertire qualcuno.”
Parlando di lei mi domandai se fosse il caso di chiederle come stesse ma forse non voleva neppure più sentire parlare di quella storia. Una cosa era certa, se ero ancora tutto intero era grazie al suo aiuto e al fatto che fosse corsa via per chiamare qualcuno, chiunque egli fosse.
La festa terminò subito dopo, ormai l’accaduto si era saputo e nessuno aveva più voglia di bere e di ballare. Erano tutti sull’attenti, terrorizzati che qualcun altro preso dall’alcool facesse qualcosa di stupido. Quindi una volta spente le candeline, aperti i regali Saori cominciò a salutare tutti gli amici e la serata si concluse così. Solo alcuni di noi restarono per aiutarla a mettere a posto e nel farlo mi avvicinai a Mayu, che con assoluta normalità stava sparecchiando il buffet.
“Stai bene?” le chiesi affiancandola per aiutarla.
Lei mi guardò sorpresa di vedermi li “S-sì tutto bene, ti fa ancora male la faccia?”
Scossi la testa “Non così tanto, è passato. Gli altri mi hanno detto che sei stata tu a chiedere aiuto, suppongo di doverti ringraziare altrimenti starei molto peggio di così.”
“Non ho fatto nulla io in verità...”
Un frastuono di piatti cadde nella pattumiera accanto a noi, e girandomi, attirato da quel baccano trovai Hayato che stava gettando delle cose e con nochalance ci gettò un occhiata veloce per poi andarsene. Mi domandai cos’è che avesse da guardare, non si era nemmeno curato di chiedere come stessi così semplicemente lo ignorai.
“Dicevi?”
“Nulla davvero... è meglio che vada ad aiutare Mina con questi vassoi” mi sorrise quasi a fatica scappò via.
Quel suo comportamento mi parve molto strano, tutto dopo l’accaduto aveva uno strano sapore. Mayu era evasiva, nessuno sapeva niente e non ne volevano parlare. Erano rimasti così scioccati da una cosa del genere?
Finii col non curarmene più di tanto e una volta sistemato ciò che dovevo feci per andarmene. Yoshida e Mina si offrirono di accompagnarmi ma dissi di no e li ringraziai, preferivo fare due passi da solo e mi stupì molto che Mayu a stento mi avesse salutato. Era ancora spaventata?
Avevo proprio bisogno di camminare da solo, di schiarirmi le idee e di dimenticare quella pessima serata. Non solo Hayato era venuto in compagnia di Kuro, ma mi ero anche fatto coinvolgere in una rissa e un po’ era stata colpa mia se ero conciato così male.
Mi toccai la guancia e mi faceva male, quel dolore era la prova della mia stupidità, del fatto che fossi un incapace e che sarei potuto finire anche peggio di così. Promisi a me stesso di non fare mai più una cosa del genere, quell’esperienza mi sarebbe servita per il futuro.
Arrivato al cancello di casa sospirai stanco, cercai le chiavi nelle tasche del giubbino e senza accorgermene un ombra mi mosse non lontano da me e vidi chiaramente che era proprio Hayato. Mi paralizzai nel vederlo li, eppure non dovevo, infondo abitavamo vicini, era normale. A quel punto anche lui si accorse della mia presenza e mi guardò fisso nella penombra delle nostre abitazioni.
Feci per salutarlo con un cenno di mano e quando fui sul punto di entrare nel mio cortile fui interrotto dalla sua voce che mi fermò di colpo.
“Sei conciato davvero male” disse di colpo.
Tornai indietro per guardarlo in faccia, e vi trovai une espressione davvero buia che mi scrutava nell’oscurità della nostra stradina. I suoi occhi erano freddi e distanti, diversi da prima e quel commento non fu carino.
“Un po’...” risposi non sapendo che altro dire.
Hayato fissò la maniglia del cancello davanti a se, pensai che la nostra conversazione era morta li. Piombò un silenzio imbarazzante, eppure un tempo avevamo avuto così tante cose di cui parlare. Come mi aspettavo Hayato fece per andarsene senza dire più una parola e di scatto, quasi con la paura di non potergli più rivolgere la parola mi gettai verso di lui.
“Stai rivedendo Kuro?!” esclamai preso dall’istinto, e mi ritrovai affacciato nel suo cortile con Hayato che mi dava le spalle e nel frattempo si era fermato sentendo quella domanda. “So che non ho il diritto di chiederti questo ma sono rimasto sorpreso di vedervi insieme.”
Hayato a quel punto si voltò e mi guardò con la stessa freddezza di prima. Non fece trasparire alcuno stupore per quella domanda.
Incassai la testa nelle spalle preso dalla paura di essere insultato, attendevo chissà cosa, aveva un dolore allo stomaco che non mi spiegavo.
“Kuro è un mio amico” disse semplicemente. Aveva chiaramente detto amico e ciò mi stupì, non era la risposta che mi aspettavo e lui se ne accorse tanto che gli partì una risatina che non capii “Credevi di sentire altro? Tipo che è il mio ragazzo o qualcosa del genere?”
Riusciva ancora a leggermi dentro così facilmente. “No, non intendevo questo.”
“No? Beh è così che stanno le cose comunque.”
Avevo chiesto la prima cosa che mi veniva in mente e la nostra discussione era già finita. Presto sarebbe rientrato in casa e non avremmo più avuto altre occasioni di parlare da soli, tale pensiero fu soffocante. Chiusi gli occhi sperando che il tempo si fermasse o qualcosa del genere, ma ciò non sarebbe accaduto e Hayato sarebbe sparito dalla mia vista di nuovo.
“Senti un po’...” cominciò di punto in bianco a dire e spalancai gli occhi, “domani ho intenzioni di andare in centro per fare shopping, perché non mi accompagni? Sempre se non hai nulla da fare” sorrise.
Ero confuso ma non ebbi alcuna esitazione sulla risposta. “Sì! Certo..”
“Perfetto allora ci vediamo domani pomeriggio vicino alla stazione di Shibuya per le cinque, non mi dire nulla ma prima ho qualcosa fare quindi ci vediamo direttamente lì.”
“Va bene.”
Hayato vedendomi chiaramente confuso tornò indietro di qualche passo e mi diede una rapida carezza sulla testa, quasi fossi un cane e mi sorrise ancora una volta in maniera carina. Fatto ciò mi salutò e rientrò in casa.
Che diavolo stava succedendo. Non solo Hayato era diverso, e mi sorrideva come se nulla fosse. Mi aveva anche invitato ad andare a fare compere con lui. Che diavolo aveva nella testa!
Me ne tornai anch’io a casa, mezzo intontito per quella improvvisa svolta e dentro di me oltre ai dubbi sentivo anche una strana felicità che avevo ormai dimenticato negli ultimi mesi.
Mi lanciai sul letto e stringendo a me il cuscino sorrisi al pensiero che il giorno dopo sarei stato ancora con lui.
Un momento però! Preso dalla lucidità mi misi a sedere, e sempre stringendo il cuscino tra le braccia mi domandai se fosse giusto andare in giro con lui.
Avevo rinunciato a lui per un motivo e ora improvvisamente ci stavo ricadendo solo perché era passato del tempo, non aveva senso tutto ciò. Tuttavia nonostante quelle mie perplessità non riuscivo a fare a meno di pensare alle ore che mi separavano dal nostro appuntamento, chissà se quell’ansia mi avrebbe fatto chiudere occhio. Sentivo le guance farmi male talmente che stavo sorridendo.



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