Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    31/03/2018    8 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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The Song of Ice and Fire



Cersei

 

La odiavano. Cersei lo sentiva, lo vedeva chiaramente nei loro occhi saturi di rancore, nei loro sguardi cospiratori. Si prostravano al suo passaggio, ma le sussurravano alle spalle.

“Tramano nell’ombra per strapparmi quello che ho conquistato” aveva detto a Jaime, “aspettano solo un mio accenno di debolezza e colpiranno.” Ma Jaime aveva riso, tentando di abbracciarla. “Ti preoccupi troppo di questa città” le aveva fatto notare, “il vero pericolo arriverà da fuori.” Cersei si era liberata bruscamente dalle braccia del fratello. “A volte mi chiedo da che parte stai” aveva osservato freddamente lasciandolo solo. Non aveva bisogno di lui in fondo, sapeva benissimo ciò che doveva fare.

Intimidire, minacciare, distruggere.

Non era poi così complicato e Cersei si scoprì stranamente appagata dalle esecuzioni che avevano raggiunto cadenza giornaliera. Si sedeva sul Trono di Spade, le dita contratte intorno ai braccioli, godendo delle balbuzie insignificanti dei condannati. Amava vederli soffrire, disperarsi, supplicare. Amava vederli morire.

“Le erbe marce vanno estirpate da questa città” aveva spiegato a Qyburn, “la gente dovrà ricordare a chi rimanere fedele quando quella Targaryen ci attaccherà. Semmai, ci attaccherà.”

Cersei non era mai stata libera di decidere per la sua vita. Adesso il terrore era la sua spada, la forza il suo scudo e l’orrore suo marito. Ho dovuto sputare sangue per prendermi questo Trono, era solita pensare. E se quella ragazzina crede di potermi fare paura con tre lucertole troppo cresciute si sbaglia di grosso.

Il giorno in cui il tempio di Baelor era saltato in aria, Cersei aveva sorriso. Per un momento il mondo era stato il paradiso. Margaery era morta insieme a quell’idiota di suo padre e l’Alto Passero non avrebbe più potuto sfoggiare il suo ghigno beffardo. Poi avevano scoperto il corpo di Tommen. “Il Re si è suicidato” avevano mormorato. Cersei non si era sentita in colpa, neanche per un momento. Il cuore non le aveva concesso lacrime, solo sospiri.

La profezia si era avverata, Cersei non aveva nemmeno tentato di evitarla. Il re avrà sedici figli, tu solo tre. D’oro saranno le loro corone, d’oro i loro sudari. Dopo la morte di Joffrey aveva sperato di poter proteggere i figli che le restavano. Aveva mandato Jaime a Dorne, l’aveva fatto entrare clandestinamente in quelle terre sconosciute per riportare indietro Myrcella. Ma lei era stata uccisa comunque. E ora Tommen l’aveva seguita nella tomba.

La potente famiglia che sognavi è morta, padre, pensava Cersei ridendo isterica. Cosa diresti ora vedendoci oltraggiare il nome dei Lannister? Ma Tywin Lannister era cenere ormai, per la gioia dei suoi nemici, così come Kevan, Lancel, Joffrey, Myrcella e Tommen. Siamo rimasti solo io e Jaime, si era resa conto Cersei. 

E Tyrion.

Il pensiero di quel nano deforme le faceva ribollire il sangue. “E’ ancora vivo” era stata costretta ad ammettere Cersei, “sta tornando per me.” Il processo era vinto, la Montagna aveva ucciso Oberyn Martell e Tyrion era stato condannato a morte. Cersei aveva creduto che tutto avrebbe seguito il giusto sentiero. Non aveva mai perdonato Jaime per aver fatto fuggire quel mostriciattolo.

E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca e stringerà finché non sopraggiungerà la morte.

Le parole della profezia continuavano ad ossessionarla. Valonqar, valonqar, non riusciva a smettere di pensare.

Fratellino.

Stavolta no, non lascerò che la profezia vinca di nuovo. Cersei era una leonessa e chi osava mettersi contro di lei avrebbe assaggiato i suoi artigli.

Un servo bussò alla porta. “Che cosa vuoi?” lo aggredì irritata la regina. “V-vostra g-grazia” balbettò lui, “lord Euron Greyjoy è arrivato.”

Cersei annuì gelida. “Ottimo, sparisci.” Il ragazzo si dileguò. Cersei passò una mano tra i corti capelli biondi che le arrivavano a stento alla nuca. Si chiese se avesse dovuto avvertire Jaime. Concluse che l’incontro sarebbe proseguito meglio senza di lui: non le era sfuggito il sospiro di sollievo emanato da suo fratello quando era giunta la notizia della fuga di Edmure Tully.

Delta delle Acque è di nuovo in mano ai nostri nemici, pensò allacciandosi il corpetto. Complimenti, Jaime, se tu avessi ucciso Edmure quando ne avevi l’opportunità tutto questo non sarebbe successo. Aprì la porta e scorse la rassicurante figura di Gregor Clegane.

“Andiamo a parlare con Euron Greyjoy” gli spiegò Cersei, “non minacciare finché non ti darò segnale.” Camminarono a passo spedito fino alla sala del Concilio Ristretto. 

Qyburn era già dentro. “Vostra grazia” sussurrò abbassando il capo, “ho l’onore di presentarti Euron Occhio di Corvo Greyjoy, lord di Pyke.”

“E Re delle Isole di Ferro” specificò con voce divertita l’uomo che dava le spalle alla regina per ammirare il paesaggio dalla finestra. Poi si voltò.

La prima impressione di Cersei fu di sorpresa. Si era aspettata un uomo vecchio e acido come Balon, e invece se ne trovava davanti uno molto più giovane e per certi versi perfino attraente. Aveva penetranti occhi azzurri e decise arcate sopraccigliari che conferivano al suo sguardo un’espressione severa. Il sorriso ironico che gli tirava perennemente le labbra restituiva l’equilibrio. I capelli erano folti e castani e sembravano spettinati dal vento. Sul capo portava la più brutta corona che Cersei avesse mai visto, fatta di legno rozzamente intrecciato. Notando dove lo sguardo della regina si fosse soffermato, Euron scoppiò a ridere. Aveva i denti leggermente storti. “Lo so, lo so” disse portando avanti le mani, “è davvero orrenda. Ma Aeron era così solenne nel porgermela che non potevo mica dirglielo.” 

Cersei rimase inespressiva. “Portare una corona al cospetto dell’unica regina dei Sette Regni è un atto di tradimento” disse inarcando un sopracciglio, “potrei condannarti a morte per questo.”

Euron allargò le braccia. “E per cosa?” chiese divertito “Per portare questo pezzo di legno in testa? Assomiglia forse ad una corona?”

“No” dovette ammettere Cersei. “Possiamo dunque affrontare il problema che ti ha portato qui?” Fece cenno ad Euron di sedersi e prese posto davanti a lui. A dividerli, solo un basso tavolino da tè. Qyburn rimase in piedi alle spalle della regina.

“Come avrai certamente sentito” iniziò Cersei, “Daenerys Targaryen ha lasciato Meeren e sta navigando verso Approdo del Re. Non sappiamo dove sia ora, ma senza ombra di dubbio sarà qui presto.” 

“Aye” replicò Euron accarezzandosi la barba, “le avrei offerto la mia flotta, ma i miei stupidi nipoti si sono messi in mezzo e l’hanno raggiunta per primi. Da quello che so, la Regina dei Draghi adesso appoggia la pretesa al trono di Yara.”

Cersei decise di sorvolare sul fatto che Euron avesse tentato di allearsi con Daenerys per strapparle il Trono di Spade.

“Ovviamente” disse sorridendo, “e adesso ti serve il mio aiuto per affrontarla.” 

Euron sogghignò. “O piuttosto a te serve il mio” osservò ironico. “So che non hai più alleati, Cersei. Il Nord si è ribellato, la Valle e le Terre dei Fiumi si sono schierate con il suo re, Dorne e l’Altopiano sono con Daenerys: ti rimane solo l’esercito di tuo fratello.” 

Cersei non batté ciglio. “Tuttavia avrei abbastanza uomini per annientarti” disse tranquillamente, “mi sembra che abbiamo bisogno l’uno dell’altra.” Euron annuì stringendo le labbra. “Si può fare” decretò infine, “anche perché non ti conviene avermi come nemico, vostra grazia.”

“Nella lettera dicevi di volere terre nel Sud” ricordò Cersei, “come mai? Voi Uomini di Ferro non siete devoti alle vostre isole?”

Euron rise. “Forse altri” rispose, “ma io le vedo per quello che sono, un ammasso di pietre e sale. Io ho viaggiato, ho visitato i più bei posti del Continente Orientale, non posso più accontentarmi delle Isole di Ferro. Voglio l’Altopiano. Anche Dorne non sarebbe male, dicono che le loro siano le donne più belle del mondo.”

“Avrei un’offerta migliore” propose la regina, “il Nord.”

Euron si appoggiò allo schienale. “Il Nord è freddo e duro” fece notare, “non come le terre del Sud.” Cersei sorrise. “Tu credi che esisteranno ancora queste terre del Sud dopo che avrò sconfitto Daenerys Targaryen?” chiese sarcastica “Brucerò ogni città, ogni villaggio, ogni uomo di Dorne e dell’Altopiano per quello che i Martell e i Tyrell hanno fatto alla mia famiglia. Il Nord invece, ha solo bisogno di un’altra lezione, pare che l’ultima non l’abbiano recepita. Avevo inviato loro un ordine di supporto, sai cosa mi hanno risposto? Il Nord non conosce altro re che il Re del Nord il cui nome è Stark.”

Euron represse una risata. “E quindi cosa farai?” chiese alzando le sopracciglia. “Costringerò questo Re del Nord in ginocchio” rispose Cersei alzandosi, “ed ho bisogno di qualcuno che lo faccia per me.”

“Credevo che il problema fosse Daenerys Targaryen” osservò Euron, “non possiamo combattere due nemici contemporaneamente.”

“Ed è proprio per questo che dovrai spingere Jon Snow ad allearsi con questa Regina dei Draghi” ribatté Cersei versandosi il vino in una coppa dorata. “Qualche scorreria lungo le coste, a Porto Bianco e nelle Terre dei Fiumi e quel ragazzino correrà dalla Targaryen per ottenere protezione. Noi dobbiamo solo impedire che la raggiunga.”

“Da quanto ci dicono” intervenne Qyburn in direzione di Euron, “la sua presa sul Nord è ancora troppo debole per permettergli di portare l’intero esercito a Sud. Non potrà quindi tentare di supportare la Madre dei Draghi con molti uomini ed il tuo esercito li annienterà facilmente.”

“State forse suggerendo” chiese Euron incrociando le gambe, “un’imboscata?” 

Cersei sorrise. “Hai capito perfettamente” disse picchiettando con un dito sul tavolo, “appena Jon Snow si recherà a Sud con il suo drappello di uomini lo dovrai attaccare con tutte le tue forze. Scegli tu il luogo: sul mare, sulle montagne, con un assedio, non mi interessa. L’importante è che sia tu a vincere.”

“Cosa devo farci con il bastardo?” chiese Euron portandosi il calice alle labbra.

“Prendilo prigioniero” spiegò Cersei, “e uccidi gli altri: che veda cosa ha provocato con la sua stupidità. Poi portalo ad Approdo del Re. Sarà nostro ostaggio per assicurarci la fedeltà del Nord e dei suoi uomini contro Daenerys Targaryen. Allora avremo dalla nostra anche la Valle e le Terre dei Fiumi e riusciremo facilmente a debellare questa minaccia. Quando la guerra sarà finita lo uccideremo insieme ad eventuali eredi ed il Nord passerà a te. Sarai lord di Grande Inverno e Protettore del Nord e riporterai ordine in quelle terre selvagge. Forse potrei addirittura nominarti lord del Tridente. Che ne dici? Ti stanno bene queste condizioni?”

“Certamente” affermò Euron, “ho sempre amato piegare i popoli fieri. Ma avrei alcune domande. Come fai ad essere certa che Snow deciderà di allearsi con Daenerys? I Targaryen e gli Stark si odiano da vent’anni…”

“Lo farà” disse convinta Cersei, “se crederà di poter salvare il suo popolo. Gli Stark sono tutti uguali, non pensano ad altro. Se necessario Jaime con il suo esercito minaccerà l’Incollatura. Questo unito alle tue razzie basterà.”

“Ma Daenerys potrebbe attaccare Approdo del Re prima che abbiamo costretto il Nord a fornirci gli uomini che ci servono” osservò Euron, “e allora manderemmo tutto a puttane.”

“Conosco mio fratello Tyrion” sibilò Cersei stringendo i pugni, “le consiglierà di attendere, di avere il supporto del popolo e delle altre casate. Quella Targaryen si è mossa da Meeren solo con le Serpi delle Sabbie e i Tyrell a pararle il culo, non attaccherà senza aver provato a stipulare un’alleanza con il Nord. Avremo tutto il tempo per programmare le nostre prossime mosse.” 

Euron sembrava soddisfatto, mentre tracannava il vino bagnandosi i baffi corti e ispidi. “E sia” decretò alzandosi a sua volta, “mi sembra proprio un ottimo piano. Porterò la Flotta di Ferro ad Est verso Porto Bianco e seguirò le mosse di Snow e di Daenerys. Forse scoprirò anche dove si trova e come ha intenzione di attaccare. Per il resto, ho molti assi nella manica.” 

Cersei poteva ritenersi compiaciuta. “Hai già reclutato dei mercenari?” chiese passandosi la coppa da una mano all’altra.

“Aye” rispose lui annoiato. “Alcuni dei Corvi della Tempesta e della Compagnia del Gatto sono già dalla tua parte e sto contrattando con altri mercenari per l’appoggio dei loro gruppi. In tutto per ora sono cinquantamila uomini.” 

Cersei annuì rincuorata. “Ottimo lavoro, lord Euron” disse con un cenno di congedo del capo, “tienimi aggiornata di tutte le novità.” 

“Certamente, vostra grazia” assicurò Euron con una smorfia, come se quelle parole di cortesia gli causassero fastidio.

“Io avrei una domanda, se è possibile” intervenne pacatamente Qyburn. Euron e Cersei si voltarono verso di lui.

“Che ne è stato di Balon Greyjoy? E perché il titolo di re non è passato a suo figlio?”

Euron sogghignò. “Queste sono due domande, vecchio” osservò, “comunque ti risponderò francamente. Mio fratello era un inetto e un incapace. Ha portato le Isole di Ferro attraverso guerre devastanti e non era più in grado di guidarci.” Fece una pausa.

“Quindi?” lo incalzò Qyburn.

“L’ho ammazzato” rispose con naturalezza Euron. Cersei non ne era affatto stupita, né tantomeno impressionata. “Mi chiedevi perché il trono non sia passato a mio nipote” continuò Euron iniziando a camminare per la stanza. “Beh, non so se sono arrivate notizie qui a Sud, ma diciamo che dopo quello che Ramsay gli ha fatto Theon non riuscirebbe ad ispirare lealtà nemmeno ad un mucchio di letame.”

“E sua sorella?” chiese a sorpresa Cersei.

“Yara è solo una donna e…”

“Quindi credi che le donne non siano adatte a governare?” lo interruppe Cersei freddamente “Io sono una donna. Daenerys Targaryen è una donna. Margaery Tyrell era una donna. Come ci chiamano? Seduttrici… Io preferisco regine. Abbiamo condizionato, condizioniamo e condizioneremo la storia. Margaery è il passato, Daenerys è il presente, ma io sono il futuro. Dimmi, Euron, tu dove sei in tutto questo?” Euron stava per rispondere, ma Cersei fece un cenno e la Montagna avanzò minacciosa.

“Grazie per la tua disponibilità, lord Euron” disse la regina voltandogli le spalle. “Ser Gregor, accompagna per favore il nostro ospite all’uscita: l’udienza è terminata.”

Euron, rosso di vergogna, fu costretto ad uscire dalla sala sotto il muto sguardo assassino di Gregor Clegane. 

Qyburn si inchinò reverenzialmente. “Come è andato l’incontro, vostra grazia?”

Cersei sospirò buttando giù un altro sorso di vino. “Molto bene” rispose infine, “adesso abbiamo chi sconfiggerà per noi il Nord, e, se anche Euron dovesse fallire, non avremmo perso nemmeno un uomo del nostro esercito.”

Qyburn non appariva convinto. “Ma abbiamo bisogno di quegli uomini per abbattere Daenerys Targaryen.” osservò incerto. 

Cersei scoppiò a ridere. “Certo” spiegò posando la coppa, “ma i mercenari sono fedeli all’oro e l’oro l’abbiamo noi, non Euron Greyjoy. Perderemmo solo le navi di quel buffone, ma, se vinciamo, avremo l’intero Nord come ricompensa.”

 

Tyrion

 

“Non se ne parla nemmeno!” stava urlando fuori di sé Obara Sand.

Tyrion sospirò, trattenendosi a stento dall’alzare gli occhi al cielo. “Per favore, Obara…” disse tentando la via diplomatica, ma lei non lo lasciò neppure iniziare.

“Non lascerò la mia lancia per nulla al mondo: è un dono di mio padre” sbraitò irata puntando minacciosa l’arma contro il petto di Tyrion. “Tu lo conoscevi mio padre, vero, Lannister?” Il ricordo della Montagna che schiacciava la testa di Oberyn Martell come fosse stata un melone gli fece salire un conato di vomito.

“Sì” dovette ammettere Tyrion, “e lo ammiravo molto, ma…”

“Oh, risparmiaci le tue false cortesie per piacere” lo interruppe nuovamente Obara disgustata, “mio padre non avrebbe mai voluto che le sue figlie andassero in giro disarmate. Il pericolo è dietro ogni roccia, diceva sempre.” 

Tyrion capì di dover cambiare tattica. Si voltò verso le altre due Serpi delle Sabbie, sperando che fossero meno ostinate. “La regina ha chiesto di deporre le armi finché saremo alla Roccia del Drago” spiegò pazientemente, maledicendosi per aver accettato il compito di convincere quelle ragazzine ad abbandonare i loro giocattoli. “Non vuole incidenti o litigi violenti.”

Nymeria lo fissò con sufficienza, ma Tyene annuì. “Se lo dice la regina” disse in tono conciliante posando il suo coltello, “dobbiamo ubbidire. Spero solo che a nessuno salti in mente di attaccare delle fanciulle indifese.”

Tyrion le sorrise compiaciuto ed attese le mosse delle altre due. Nymeria consegnò sbuffando la frusta, mentre Obara ancora non si muoveva. Tyrion le fece un cenno col capo. La ragazza strinse le labbra e scagliò con furia la lancia a terra. “Questa me la pagherete!” esclamò prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta.

“Obara è sempre stata un po’ suscettibile” spiegò con voce annoiata Nymeria, “ci tiene molto a quella lancia.” 

“Io farei attenzione se fossi in te, nano" lo avvertì Tyene abbassando teatralmente la voce. “Uno di questi giorni potresti svegliarti senza un occhio.”

Tyrion fece una smorfia. “Aver perso quasi tutto il naso mi basta e avanza, grazie” disse in tono sarcastico. Nymeria e Tyene sogghignarono ed uscirono senza dire una parola.

Tyrion si lasciò cadere su una sedia e si versò da bere. E una è fatta, pensò battendo una mano sul tavolo. Cosa mi inventerò quando dovrò convincere i Dothraki a lasciare le armi? Non parlo nemmeno la loro lingua! Decise che si sarebbe occupato di quel problema in seguito: voleva vedere il mare. Si sgranchì le gambette storte, bevve l’ultimo sorso di vino e lasciò la stanza.

I corridoi erano attraversati dall’incessante viavai di gente disorganizzata. Tyrion dovette stare attento per non finire calpestato. Un guerriero Dothraki quasi lo buttò a terra. Gli urlò qualcosa nella sua lingua aspra e Tyrion intuì che gli stava dicendo di levarsi dalle scatole. Si affrettò ad eseguire il consiglio: in fondo i Dothraki non erano ancora stati disarmati. Più avanti incontrò Verme Grigio che correva tutto sudato.

“Che cosa sta succedendo?” chiese Tyrion guardandosi intorno “Perché corrono tutti?”

“La regina deve fare un annuncio” spiegò l’Immacolato.

Tyrion era esterrefatto. “Ma il Concilio Ristretto non era in programma per stasera?” si informò confuso. 

Verme Grigio alzò le spalle. “La regina ha deciso di annullarlo. Vuole che tutti possano sentire il suo discorso, non solo i consiglieri.” Tyrion annuì.

Tipico stile di Daenerys, la nostra regina se la cava molto bene coi discorsi.

Sembrava proprio che la visita alla Spiaggia di Fuoco dovesse attendere. Tyrion tornò controvoglia sui suoi passi: il pomeriggio si preannunciava noioso. Seguì Verme Grigio attraverso quel labirinto di stanze che era il castello della Roccia del Drago ed insieme giunsero nella grande sala dei banchetti. Le lunghe panche di legno erano cariche di uomini e donne urlanti e il vociare era insostenibile.

Tyrion vide Olenna Tyrell rimproverare aspramente quello che, dalla lunga treccia di capelli, si capiva essere un Dothraki. “Giovanotto?” stava berciando l’anziana lady dandogli colpetti sulla spalla “Ti sembra buona educazione lasciare un’anziana signora in piedi?” Il giovane la fissava ebete. “Non parla la tua lingua, mia signora” le spiegò con delicatezza Missandei. Poi tradusse la frase in dothraki e finalmente il ragazzo cedette il seggio a lady Olenna, che immediatamente iniziò a lamentarsi per il freddo.

Tyrion si avviò verso il tavolo riservato alla regina sorridendo leggermente. Ridivenne serio solo quando il suo sguardo incontrò quello di Obara Sand, che con naturalezza gli mostrò il pugnale alla cintura. Questa mi vuole ammazzare, si disse Tyrion deglutendo a fatica. E non le ho nemmeno fatto nulla!

Prese posto alla destra del trono improvvisato e nell’attesa si guardò intorno. Daenerys ancora non era arrivata, ma tutti gli altri personaggi di spicco erano già presenti. Tyrion vide Yara e Theon Greyjoy seduti nella terza fila insieme ad alcuni uomini della loro flotta. Yara, cotta di maglia e capelli legati a crocchia, scherzava con i vicini ridendo alle loro battute oscene, mentre Theon teneva gli occhi bassi sobbalzando al minimo rumore.

Tyrion inizialmente aveva riso del terrore che il ragazzo sembrava provare per qualsiasi cosa, ma con il tempo aveva iniziato a provare pena per lui. Come ha fatto a ridursi così? si chiedeva con un filo di angoscia Cosa gli è successo dopo che i Bolton hanno preso Grande Inverno? Nessuno dell’esercito Greyjoy aveva mai raccontato quella storia e neppure Varys era riuscito a sciogliere il segreto.

Il Ragno Tessitore fece il suo ingresso proprio in quel momento, con il solito sorriso derisorio che gli tirava le labbra. Tyrion digrignò i denti. Varys aveva da sempre rappresentato un alleato di dubbia fedeltà e la sua leggendaria conoscenza riguardo ai fatti privati di ogni abitante degno di nota del mondo inquietava più che confortare. Tuttavia Tyrion si era trovato più volte costretto a fidarsi di lui e ormai lo considerava un amico.

“Lord Varys” lo salutò il nano con sarcastica cortesia, “di cosa parleremo oggi?” 

Varys lo fissò, inespressivo come sempre. “Credevo me l’avresti detto tu” rispose con la sua voce sussurrata, “non sei per caso il Primo Cavaliere della regina?”

Tyrion sbuffò. “In verità l’ho saputo pochi minuti fa e del tutto casualmente” disse scuotendo la testa. “Se non avessi incontrato Verme Grigio, mi avreste dovuto recuperare mentre facevo il bagno a mare e non riesco ad immaginare situazione più imbarazzante.”

“Non sarebbe stato un bello spettacolo, è vero” concordò Varys inarcando le sopracciglia. “In ogni caso, da quello che ho potuto dedurre, Daenerys Targaryen intende mettere al corrente l’esercito delle novità che ci giungono dai Sette Regni.” 

Tyrion sgranò gli occhi. “Vuole spifferare i nostri piani di guerra a tutta questa gente?!” chiese allarmato “E se fossimo traditi? Io non mi fiderei di tutti i soldati. Passassero gli Immacolati che sono incorruttibili e i Dothraki che non parlano la nostra lingua, ma gli altri…”

“La regina è dell’idea che i suoi sostenitori debbano conoscere i motivi di questa invasione” spiegò con voce piatta Varys, “altrimenti non sarebbero spronati a dare il meglio in battaglia.”

“Perché non mi ha messo al corrente di questa idea suicida?” chiese Tyrion sentendosi offeso “Che senso ha investirmi della facoltà di dare i consigli se poi lei è la prima a non volerli?”

“Perché sapeva che ti saresti opposto” fece notare l’eunuco, “proprio come stai facendo adesso.”

Tyrion voleva ribattere, ma in quel momento Daenerys entrò nella sala. Immediatamente calò un silenzio irreale. La regina indossava un lungo abito bianco che le copriva le braccia e ai polsi portava due bracciali d’argento che tintinnavano ad ogni passo. I capelli erano acconciati in complicate trecce che le allontanavano le ciocche ribelli dal viso. Daenerys Targaryen sorrise a Tyrion, ma rifiutò il seggio che le era stato destinato.

“Benvenuti alla Roccia del Drago!” urlò per farsi sentire da tutti. Immediatamente Missandei tradusse l’esclamazione in alto valyriano e in dothraki.

“Questa è stata la dimora della mia famiglia per centinaia di anni” stava proseguendo la regina, “prima che l’Usurpatore ci costringesse a fuggire nel Continente Orientale. Egli osò chiamarsi re e assegnò quest’isola a suo fratello come fosse un trofeo da spartire. Lui ha ucciso mio fratello Rhaegar, lui ha fatto massacrare i miei nipoti, lui ha ordinato il mio assassinio. Voleva vedere la gloriosa dinastia del drago estinguersi, ma io sono ancora viva. Io sono l’ultima Targaryen e vi chiedo, dov’è Robert Baratheon? Dov’è Stannis a cui fu ceduto questo castello? Dov’è Eddard Stark che parteggiò contro mio padre nella Ribellione? Sono tutti morti e io sono tornata a prendermi ciò che mi spetta di diritto.” Daenerys fece una pausa d’effetto, nonostante tutti sapessero ciò che stava per dire.

“Il Trono di Spade!”

Un boato di applausi, urla e battiti di mani esplose e sovrastò la voce di Missandei che tentava a fatica di tradurre il discorso facendosi al tempo stesso udire dagli interessati.

Eh sì, si disse Tyrion osservando la scena. Daenerys sa proprio come suscitare entusiasmo. Adesso però era il momento di affrontare faccende serie. Tyrion si schiarì rumorosamente la voce. Daenerys lo fissò allibita.

“Credo sia il caso di passare ai fatti, vostra grazia” suggerì Tyrion incoraggiante. Daenerys annuì e fece un cenno a Varys.

“Benissimo” esordì l’eunuco tirando fuori una pergamena. “Innanzitutto vorrei affermare che, secondo calcoli che possiamo ritenere esatti, disponiamo di circa novantamila uomini: poco meno di ottomila Immacolati, duemila Uomini di Ferro, ventimila dorniani, ventimila soldati dell’esercito Tyrell e quarantamila Dothraki.” 

La regina annuì compiaciuta. “Basteranno, come sono organizzati?”

Varys frugò alla ricerca di altri fogli. “Dorniani con Uomini di Ferro per l’avanguardia e Tyrell per la retroguardia. I Dothraki avanzeranno per primi solo in caso di combattimenti a terra, altrimenti resteranno nelle linee difensive ad occuparsi delle navi. Gli Immacolati saranno forze ausiliarie, pronti a sostituire unità in difficoltà. Ogni unità avrà il proprio comandante, quindi sono aperte le votazioni!”

Dopo che la frase fu tradotta, il caos irruppe nella sala. Le votazioni occuparono la mezz’ora successiva e comportarono due litigi, quattro scontri e sei tentativi fortunatamente falliti di accoltellamenti. Alla fine Verme Grigio e Yara furono riconfermati per gli Immacolati e gli Uomini di Ferro. Tra i dorniani fu scelto un certo Benjameen Sand, per i Tyrell ser Garth Hightower, mentre i Dothraki preferirono un colosso muscoloso di nome Rakandro.

Daenerys sembrava soddisfatta. “Vi ringrazio per la vostra partecipazione” disse allargando le braccia, “adesso lord Varys vi illustrerà la situazione nel Continente.”

“Non ne abbiamo bisogno!” esclamò Nymeria Sand seduta con le gambe accavallate “Sappiamo tutti che Cersei Lannister si è presa il Trono, io direi di passare subito a come batterla.” Ci furono mormorii di assenso, ma Daenerys non se ne curò. “Ci sono aggiornamenti che potrebbero ribaltare la situazione” spiegò con calma, per poi invitare Varys a spiegare.

“Riteniamo probabile” iniziò l’eunuco facendo scivolare lo sguardo sulla sala, “un’alleanza fra Cersei ed Euron Greyjoy.” Ci furono esclamazioni di sorpresa provenienti dagli Uomini di Ferro, mentre Immacolati e Dothraki apparivano piuttosto disorientati davanti a nomi che non dovevano dir loro nulla.

“Chi diamine è Euron Greyjoy?” esclamò un dorniano in quinta fila.

“Solo un nostro zio che ama sedersi sul mio trono” rispose Yara. Poi si voltò verso Daenerys. “Diceva di voler far costruire mille navi quell’idiota, c’è riuscito?” Tyrion ne dubitava fortemente, ma la regina annuì. “Pare di sì” disse in tono serio, “i loro numeri hanno quasi raggiunto i nostri.”

“Com’è possibile?” intervenne Ellaria Sand “Tutti sanno che su quelle orrende isole ci saranno massimo novemila abitanti.” 

Tyrion non ci mise molto comprendere il gioco di sua sorella. “Mercenari” esclamò mentre tutti si voltavano a guardarlo, “Cersei sta assoldando dei mercenari!”

Calò un silenzio carico di tensione. “Rischiamo di non avere gli uomini per un assedio” disse Tyrion rivolto alla regina, “dovremmo rimandare l’attacco.” 

Daenerys quasi scoppiò a ridere. “Non serve un esercito numeroso” disse sorridendo, “io ho tre draghi.”

Tyrion scosse la testa. “Mi era sembrato di capire che non volevi ridurre città in cenere come faceva tuo padre” fece notare, “polverizzare Approdo del Re forse non è la mossa giusta. Cerchiamo alleati piuttosto.”

“E dove, se posso chiedere?” esclamò Daenerys “I miei alleati sono qua.”

Tyrion ci pensò un momento. “Allora” iniziò incerto, “capisco che i Bolton non vadano presi in considerazione, ma magari la Valle potrebbe…”

“Sei poco aggiornato, amico mio” intervenne Varys divertito, “i Bolton non tengono più Grande Inverno. Roose Bolton e suo figlio Ramsay sono morti.” Ci fu un rumore secco di sedie spostate e Tyrion riuscì a scorgere Theon precipitarsi fuori dalla sala.

“E chi ha preso il Nord allora?” chiese Tyrion curioso: nessuno sembrava capace di una simile impresa. 

Varys sogghignò. “Tua moglie.”

Tyrion ci mise qualche secondo a realizzare questa affermazione. “Sansa?!” esclamò infine incredulo “Credevo fosse morta!”

“No, evidentemente è viva e vegeta” tagliò corto Daenerys, “va’ avanti, lord Varys, cos’altro sei venuto a sapere?”

“Il Nord ha eletto un nuovo re” spiegò Varys fissando la regina negli occhi, “si chiama Jon Snow.” 

Tyrion rimase di sasso. “Io lo conosco” disse, sorridendo al ricordo di quel ragazzino impacciato che aveva lasciato alla Barriera. Chissà com’è diventato enorme il suo lupo. “E’ il figlio bastardo di Ned Stark” spiegò poi ad alta voce, “era nei Guardiani della Notte.”

“Un disertore” disse Daenerys disgustata.

“Avrà avuto i suoi motivi” ribatté Tyrion con convinzione. “Piuttosto, questo Re del Nord ha un esercito?”

Varys annuì. “Può contare sui Cavalieri della Valle e sui soldati delle Terre dei Fiumi” disse facendo visibilmente dei calcoli a mente, “arriverà a trentamila uomini.”

“L’alleato perfetto!” esclamò Tyrion battendo le mani. Daenerys non sembrava convinta. “Non mi fido degli Stark” disse con voce dura, “suo padre era il migliore amico di Robert Baratheon.”

“Se posso, vostra grazia” intervenne con cortesia Varys, “lord Eddard era contrario al piano che prevedeva il tuo assassinio. Ha perfino litigato con il re per questo.”

“Gli Stark sono onorevoli” continuò Tyrion, “puoi fidarti di loro.”

“Ma così dovrei concedere al Nord l’indipendenza” osservò Daenerys. “E’ metà del regno!”

“A questo penseremo dopo” disse Tyrion. Poi si alzò, fissando la regina dritta negli occhi.

“Maestà” sussurrò con voce seria, “permettimi di darti un consiglio: non attaccare Approdo del Re senza almeno aver provato a portare il Nord dalla tua parte. Quando siederai su quel Trono, dovrai essere amata dal maggior numero possibile di casate. Dammi retta, abbiamo tempo… Non rischiare di bruciare la tua occasione per l’impazienza.”

Daenerys lo scrutò per qualche secondo. “Molto bene” decretò voltandosi, “scriverò una lettera a questo Re del Nord e lo convocherò alla Roccia del Drago.” 

Tyrion tirò un sospiro di sollievo. Speriamo solo non si porti dietro quel suo lupo.


Sansa

 

Quella sera Grande Inverno assomigliava al castello fiabesco che Sansa aveva tanto sognato da bambina. Erano state appese lanterne nel Parco degli Déi e i corridoi erano illuminati da candele profumate. Arazzi colorati coprivano le pareti spoglie e un fuoco crepitava in ogni camino. Gli stendardi del meta-lupo erano appesi ovunque e dalle cucine saliva il profumo di pietanze squisite. La Sala Grande non era mai stata così allegra e piena di vita, nemmeno durante la visita di re Robert che aveva formalmente dato inizio agli eventi infausti che avevano colpito gli Stark.

Alcuni lord avevano portato le loro famiglie al completo e Sansa, nascosta dietro le tende, cercava di riconoscere qualche viso familiare. Ammettendo l’impossibilità dell’impresa, tornò nella propria stanza. Si osservò con sguardo critico allo specchio.

Il vestito che aveva scelto era verde smeraldo, di tessuto morbido che ricadeva in mille pieghe. Il corpetto era cosparso di piccoli ricami argentei e le maniche larghe le coprivano quasi le mani. I capelli acconciati in spessi boccoli le ondeggiavano sulle spalle nude, trattenuti solo da due trecce laterali fissate con un fiocco argentato. Sorrise al proprio riflesso e lasciò nuovamente la camera.

Nei corridoi i domestici si affaccendavano trasportando vassoi o vasi di fiori e Sansa impiegò qualche minuto per ritornare alla sala del banchetto. La festa dell’incoronazione sarebbe iniziata a breve: Jon, nonostante fosse contrario a questo genere di svago in tempi difficili, aveva dovuto cedere alle richieste dei lord che invocavano una pausa dalla guerra che stavano combattendo.

Sansa tentò di orientarsi facendosi largo tra la gente, ricambiando saluti ed inchini. Strinse le labbra quando riconobbe Alys Karstark che rideva con un giovane elegante. Quella ragazza non le piaceva: le sembrava falsa e presuntuosa. Con un brivido di invidia Sansa dovette ammettere che Alys era davvero stupenda in quel suo abito rosso fuoco dalla scollatura generosa. I capelli perfetti erano raccolti e solo poche ciocche le incorniciavano ad arte il volto.

“Lady Sansa” la salutò Alys sorridente. 

Sansa si sforzò di apparire rilassata. “E’ un piacere vederti alla festa, lady Alys” rispose con macchinosa cortesia, “pensavo saresti tornata a Karhold dopo l’udienza.”

“Oh, non mi sarei persa questa festa per nulla al mondo” esclamò Alys guardandosi intorno, “non trovi che sia organizzata splendidamente?”

Io l’ho organizzata splendidamente. “Mi fa piacere che tu l’apprezzi” disse Sansa con un sorriso.

“Ho notato che il posto alla tua destra è libero” disse con voce vaga Alys, “sarebbe un onore per me sedere al tuo fianco. Una ragazza tutta sola tra uomini…” Sansa era abbastanza intelligente da capire dove volesse arrivare.

Per me invece sarebbe un fastidio e tu vuoi solo stare vicina a Jon.

“Certamente, lady Alys.”

“Chiamami solo Alys” ribatté lei prima di sparire nella folla.

Rimasta sola, Sansa si diresse verso il tavolo d’onore, quello più in alto di tutti. Sulla strada incontrò Tormund e dovette reprimere una risata. L’enorme bruto, così invincibile sul campo di battaglia, appariva completamente fuori posto a quel ricevimento. “Che cosa devo fare?” chiese imbarazzato scrutando i vicini.

“Solamente stare seduto e mangiare” spiegò a bassa voce Sansa, “e semmai applaudire ad un eventuale discorso di Jon.” Tormund sembrava in procinto di sommergerla con altre domande, ma in quel momento Jon fece il suo ingresso nella sala.

Indossava un meraviglioso mantello blu notte ornato con un fermaglio d’argento a forma di lupo. Per l’occasione aveva accettato di portare la corona che lord Manderly aveva fatto forgiare per lui: un anello semplice di metallo scuro ornato con pietre preziose nere. Immediatamente la sale esplose in urla di acclamazione.

“Il Re del Nord! Il Re del Nord! Il Re del Nord!”

Jon prese posto accanto a sua sorella e le rivolse un timido sorriso. Sansa notò che Alys si era alzata in piedi a battere le mani. Provò l’irresistibile voglia di schiaffeggiarla. Jon borbottò una specie di discorso incentrato soprattutto sulle guerre imminenti e Sansa, conoscendolo ormai quasi a memoria, ne approfittò per scrutare la gente ai lunghi tavoli di legno. I Cavalieri della Valle sedevano composti, ma di Baelish nessuna traccia. Sansa si scoprì sollevata dalla sua assenza.

Nel frattempo Jon aveva terminato di parlare e il banchetto ebbe ufficialmente inizio. La prima portata era zuppa di legumi bollente: l’ideale per scaldare i cuori infreddoliti dall’inverno. Sansa iniziò a sorseggiarla senza staccare gli occhi da Alys, che continuava a fare domande a Jon e a ridere delle battute di quello o quell’altro lord.

“Davvero hai ucciso un Estraneo?” stava chiedendo eccitata “Come sei stato coraggioso, deve essere stato un avversario terribile…” 

Jon era mezzo arrossito. “Sì… cioè no” farfugliò imbarazzato, “alla fine non era molto abile con la spada. Però ce ne sono tanti e…”

“E smettila di fare il pessimista!” lo rimbeccò Tormund grugnendo “Non vedi che la stai spaventando?”

“Spaventando?” chiese dolcemente Alys “Oh no, mio lord, sono molto colpita dalle vostre imprese.” A quel punto anche Tormund era a disagio, probabilmente commosso dall’essere stato chiamato lord.

In quel momento lord Manderly si avvicinò al tavolo d’onore, facendosi strada a fatica a causa della sua considerevole mole. “Vostra grazia” disse chinando il capo, “vorrei presentarti Leona, mia nuora, e le sue figliole: Wynafryd e Wylla. Su, ragazze, non siate timide, andate a salutare il re…”

Si fecero avanti due fanciulle che tenevano gli occhi bassi dalla vergogna. Jon sorrise loro e le invitò a presentarsi. Da dietro, lord Manderly e lady Leona osservavano la scena speranzosi.

“I-io sono Wylla” borbottò la più piccola, una tipetta tutta pelle e ossa con il viso coperto da lentiggini. Jon non sembrava capace di gestire la situazione, così Sansa si sentì in dovere di intervenire.

“Vi do il benvenuto a Grande Inverno” disse calorosamente lanciando un’occhiataccia a suo fratello, “spero che…”

“COS’E’ QUELLO?!” urlò quella che doveva essere Wynafryd indicando un punto sotto il tavolo. Silente come al solito, Spettro tentò di saltare sul tavolo per raggiungere l’arrosto che lo chiamava invitante. Wylla cacciò un urlo e Jon dovette alzarsi.

“Spettro, seduto.” Il meta-lupo lo fissò per un attimo con i suoi occhi fiammeggianti per poi andarsi ad accucciare ai piedi del trono di legno.

“Molto bene” intervenne lord Manderly riprendendo in mano la situazione, “ho promesso alle mie nipoti che avresti ballato con loro, vostra grazia, non vorrai deluderle spero…” Jon sorrise. “Certo che no” ripose gentilmente, “ma devo avvertirvi, mie signore, che non sono affatto un bravo ballerino. Sansa ha tentato di insegnarmi, ma è stato inutile.” Le due ragazze scoppiarono a ridere e scomparvero nella folla. Manderly strizzò l’occhio a Jon prima di seguire Leona verso il loro tavolo.

Alys ridacchiò. “Hai fatto centro, vostra grazia” osservò solare. Jon la guardò interrogativo. Alys sbuffò. “Ora che sei re tutte le ragazze vorranno starti vicine” spiegò maliziosa, “così che tu…” Lasciò la frase in sospeso.

Jon era diventato color del sole a tramonto. “Loro vogliono… cioè vorrebbero che io…” balbettò confuso “che noi…”

Alys alzò gli occhi al cielo. “Non quello” spiegò esasperata. Jon parve rilassarsi. “Cioè, non solo” specificò la ragazza. “Non hai pensato che dovresti trovarti una regina?” Sia Jon che Sansa rimasero a bocca aperta. Sansa sentì la vita abbandonarle le membra. E’ normale, si disse per calmarsi. Jon ha bisogno di eredi, è una cosa naturale. Ma allora perché le veniva da piangere?

“Io ho fatto un voto” disse Jon scandalizzato. “Avevi fatto un voto” lo corresse divertita Alys, “ora sei un uomo libero di sposarsi e mettere al mondo tanti bei pargoletti.” Questo fu troppo per Jon, che si accasciò sul tavolo. “Io non sarò mai padre di bastardi” disse convinto. 

“E chi dice che debbano esserlo?” gli chiese ironica Alys “Sei re, puoi fare ciò che vuoi. Puoi prendere il cognome di tuo padre e…” Jon stava per collassare e Sansa fu grata ai musicisti che proprio in quel momento iniziarono a suonare. Fortunatamente Alys si distrasse subito e Jon poté riacquisire il giusto autocontrollo.

I cantastorie iniziarono ad alternarsi per intrattenere gli ospiti. Sansa aveva dato disposizioni affinché potesse essere riprodotta qualsiasi ballata, tranne Le Piogge di Castamere, la tetra canzone che i Frey avevano scelto come firma per il massacro delle Nozze Rosse.

Le portate continuarono a susseguirsi. Ci fu l’insalata con gli ultimi pomodori estivi, le tartine al formaggio aromatizzato, il vitello al latte ed il maiale allo spiedo. I giullari cantarono tutte le canzoni immaginabili e Sansa dovette subire L’orso e la fanciulla bionda almeno quattro volte quella sera. Mai quanto al matrimonio di Joffrey, dovette tuttavia ammettere.

Jon mangiava in silenzio, mentre Tormund combatteva con la forchetta. Sansa era ancora turbata dall’idea che Jon potesse sposarsi. E se dovessi risposarmi anch’io? si chiese rabbrividendo al solo pensiero. Tentò di tranquillizzarsi: Jon non l’avrebbe mai venduta ad uno sconosciuto, non l'avrebbe mai permesso. Avrebbe atteso il suo consenso e lei non avrebbe mai accettato.

“Sei fortunata ad avere un fratello così” le sussurrò all’orecchio Alys facendola sobbalzare. 

Sansa si voltò irritata. “Un tempo ne avevo altri tre di fratelli così” disse guardandola negli occhi.

“Anch’io” replicò semplicemente Alys e Sansa la vide per la prima volta per quello che era: una ragazzina che aveva perso tutta la sua famiglia. Io almeno ho Jon, pensò improvvisamente malinconica. Lei non ha nessuno. Magari sarebbero potute diventare amiche. Mentre stava pensando a qualcosa di carino da dire, la sala ammutolì di colpo.

Un signore anziano oltre l’inimmaginabile avanzava tremante verso il loro tavolo. Aveva una lunghissima barba bianca e la pelle chiazzata. Gli occhi però erano acuti come quelli di un ragazzo. Tra le mani stringeva una lira argentata.

“Vostra grazia” disse con voce roca inchinandosi, “mia signora…mi chiamo Malak lo Sveglio e sono un umile cantastorie. Vengo da lontano per farti dono della mia canzone più preziosa, mai udita da anima viva.” Ci furono delle risate, ma Jon fece segno al vecchio di proseguire.

“Non l’ho scritta io, ma mi fu insegnata da un amico che ora è morto. Spero che stanotte possa rivivere grazie al suo capolavoro.” Detto ciò, Malak si sedette sullo sgabello, chiuse gli occhi e pizzicò le corde della lira.

La melodia che se ne sprigionò era dolcissima, così come la voce che intonò la canzone che  riempì la sala silenziosa.

 

La notte avanza, la luce arretra                                                                                                                                      

il tempo scorre e non perdona;

il grido è alto, la fiamma è accesa

la vita uccide, la morte dona.

 

Una regina senza nome, un re senza corona

la rosa appassisce, la leonessa è sola.

La guerra divampa e con nulla ragiona;

il lupo risorge, il drago vola.

 

Un bambino nato dall’amore.

Una spada forgiata all’inferno.

Una scheggia di Vetro piantata nel cuore.

Una breccia nel Ghiaccio Eterno.

 

L’Alba ha trionfato, sconfitto è il terrore.

La vostra attenzione ora dunque invoco,

aprite gli occhi, calmate il tremore:

è la Canzone del Ghiaccio e del Fuoco!

 

Sansa sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Se le asciugò rapidamente a disagio. Era solo una canzone, come le altre mille che amava ascoltare da bambina, come mai le faceva quest’effetto? Si voltò incerta verso Jon e scoprì spaventata che era pallido come un cencio.

“Jon?” gli chiese lei preoccupata prendendogli la mano. Era fredda come il ghiaccio. “Tutto bene?” Quando Jon si voltò, Sansa vide la confusione nei suoi occhi grigi.

“S-sì, credo di sì” rispose lui prendendosi la testa fra le mani, “è solo che quella canzone io… ecco credo di averla già sentita, ma non so dove e… ah, lascia perdere.” Jon si alzò assorto nei suoi pensieri e Sansa temette che l’avrebbe abbandonata da sola alla festa.

Fortunatamente in quel momento la musica si fece più lenta e qualcuno annunciò l’inizio delle danze. Sansa scattò in piedi afferrando il fratello per il mantello. Jon la fissò, visibilmente sconvolto dal suo comportamento. Ti ci dovrai abituare, io ho chiuso con le buone maniere.

“Dove credi di andare?” gli chiese ironica.

“Ho bisogno di riposare” tentò di giustificarsi lui. Sansa scosse la testa severa. “E’ la tua festa” gli ricordò, “non puoi lasciarla così. Dai, vieni a ballare con me…”

“Sansa…”

“Che c’è di male? Io sono tua sorella…”

“Proprio per questo” spiegò Jon accarezzandole i capelli con affetto, “sembrerebbe un po’ strano, non trovi?”

Sansa lo fissò con sufficienza. “Preferisci che conceda questo onore a Ditocorto?” chiese mettendolo alle strette. Jon sospirò, imprecò, supplicò, ma alla fine cedette ad accompagnare Sansa in pista. Lei doveva guidarlo in tutti i movimenti e Jon era piuttosto goffo, ma presto si lasciarono catturare dalla musica.

“Sei bellissima” le sussurrò lui all’improvviso. Sansa si ritrovò ad arrossire. “Assomigli tanto a tua madre.”

“E tu a nostro padre.”

Jon sorrise e per un po’ rimasero in silenzio. “Cosa direbbero?” chiese ad un tratto senza guardarla “Cosa direbbero nostro padre, lady Catelyn e Robb vedendoci ora?” 

Sansa sentì un nodo alla gola. “Sarebbero fieri di te” rispose in un sussurro cercando il suo sguardo.

“Fieri di noi, Sansa” la corresse affettuosamente lui, “vorrei solo che anche Arya, Bran e Rickon fossero ancora qui…” 

“Lo sono, Jon” rispose enigmatica Sansa e, quando lui la guardò confuso, raccontò una leggenda. “La Vecchia Nan diceva sempre che Grande Inverno è abitato dai fantasmi di tutti gli Stark che ci hanno vissuto. Loro ci osservano, ci aiutano, ci guidano. Non saranno morti invano, Jon, noi siamo vivi e possiamo ancora ricordarli. E perfino mia madre ti adorerebbe dopo tutto quello che hai fatto per la nostra famiglia.”

Jon accennò un sorriso e continuarono a volteggiare facendosi spazio tra la folla. Jon le mise una mano sul fianco e Sansa si sentì attraversata da una scarica elettrica mentre il suo cuore accelerava. Si impose di restare indifferente. Stiamo solo danzando, solo danzando. Delicatamente appoggiò la testa sulla spalla del fratello e sperò che quell’attimo non conoscesse fine.

Ma la musica cambiò, i lord li separarono e Sansa perse rapidamente di vista Jon, conteso com’era da tutte le lady della sala. Sansa continuò a cambiare compagno nel tentativo di riavvicinarsi a lui, ma le risultava impossibile. Alla fine si ritrovò tra le braccia di Petyr Baelish.

“Lady Sansa” la salutò lui sorridendo e stringendole la mano, “che piacere vederti.” 

Sansa era esterrefatta. “Da dove arrivi, lord Baelish?” gli chiese dubbiosa “Non ti ho visto al banchetto…”

“Avevo affari da sbrigare” spiegò vago lui, “ma non mi sarei mai perso un ballo con te.” Iniziarono a danzare, ma Sansa era rigida e per niente aggraziata. Continuava a cercare con gli occhi Jon e trasalì quando lo vide fare coppia con Alys. Baelish dovette indovinare la direzione del suo sguardo, perché sogghignò. “Lady Karstark è proprio una ragazza affascinante, non trovi?” le sussurrò all’orecchio “Sarebbe una perfetta regina…” 

Sansa tentò di liberarsi dalla sua stretta. “Perdonami, ma devo andare” disse con freddezza senza perdere di vista Alys che, trascinata dall’impeto della danza, aveva abbracciato Jon. Lui sembrava imbarazzato, ma non dava segno di volerla allontanare. Baelish continuò a trattenerla. “Per fare cosa?” le chiese ironico “Separarli, per caso? Non ha diritto il nostro amato Re del Nord ad un po’ di tranquillità?”

Sansa si rese conto di star trattenendo il respiro. La danza la portò ancora più vicina a suo fratello, che tuttavia non si accorse della sua presenza.

“Lui ha altre priorità ora” le spiegò comprensivo Ditocorto, “deve pensare ad avere eredi, non ha più tempo da passare con te. Ma non temere, io per te ci sarò sempre.” Sansa avrebbe voluto urlare. Si decise a voltare le spalle a suo fratello per fronteggiare Baelish.

“Jon troverà sempre del tempo per me” disse convinta mascherando il proprio turbamento, “io sono la sua famiglia, non mi metterà da parte. Mai.”

Ditocorto sorrise. Un sorriso viscido, crudele, e per un istante Sansa rivide Ramsay. “L’ha già fatto” disse con un sussurro di morte.

Colta da un’angoscia improvvisa, Sansa si girò lentamente ed il suo cuore perse un battito. Erano avvinghiati e lei lo stava baciando. 

No, pensò Sansa sentendo il mondo vacillare sotto i suoi piedi. No! Poi Alys aprì gli occhi, quei suoi meravigliosi occhi dorati, e fissò Sansa con sguardo trionfante.

A quel punto Sansa non si curò più dell’immagine che avrebbe dato e si liberò violentemente dalla stretta di Baelish per poi correre verso l’uscita.

Solo quando fu sola in camera, la porta sbarrata e le finestre chiuse, si lasciò cadere a terra, le lacrime che le scorrevano bollenti in viso ed il cuore lacerato da un dolore che nemmeno avrebbe saputo spiegare.

 

Davos

 

La strada sterrata e polverosa non accennava a terminare e Davos si chiedeva quanto ancora distasse Porto Bianco. Lasciata Grande Inverno, avevano seguito per qualche ora la Strada del Re per poi proseguire costeggiando il Coltello Bianco, un fiume che, a dispetto del nome, appariva tetro a causa delle pietre nere che costituivano il suo fondale. L’acqua, schiumosa e gelida, era l’unico elemento del paesaggio apparentemente immune all’inverno che aveva abbracciato la natura. Il ghiaccio non riusciva ancora a paralizzare le sue acque e il fiume scorreva pigramente creando ombre sinistre.

A un certo punto il cavallo di Brienne era scivolato sulla neve fresca che copriva il sentiero poco battuto e Davos si era sentito in dovere di intervenire. Le aveva porto una mano, aiutandola a restare in sella mentre lui recuperava il controllo del cavallo. Brienne l’aveva guardato con un’espressione corrucciata a metà fra l’esasperato e l’infastidito. “Grazie” aveva borbottato solamente riprendendo la marcia. Davos aveva sospirato, limitandosi a seguirla. Si scambiavano poche parole di rado e sempre su argomenti inerenti alla loro missione.

Era strano tornare alla Roccia del Drago. In realtà erano passati solo pochi mesi da quando la flotta di Stannis Baratheon aveva abbandonato l’isola, ma a Davos sembravano passati anni tanto la situazione era cambiata. Sono partito come Primo Cavaliere di un re, era solito pensare. E ora ci torno per volere di un re diverso.

I suoi pensieri continuavano a soffermarsi più di quanto avrebbe voluto su Stannis. Quell’uomo era stato la sua vita: Davos l’aveva seguito in guerra, l’aveva difeso dai suoi nemici, l’aveva consigliato. E ora Stannis era morto. Ucciso dalla donna che cavalca al mio fianco.

Davos era rimasto sconcertato osservando Brienne allenarsi con la spada. E’ molto più abile di quanto io potrò mai essere, aveva dovuto ammettere. Poi aveva notato la spada.

“E’ di acciaio di Valyria?” aveva chiesto senza pensare. Brienne gli aveva lanciato un’occhiataccia, rinfoderando rapidamente l’arma. “Sì, e con questo?” aveva chiesto sfrontata.

“Devi sapere che quella spada può…” aveva iniziato Davos, ma Brienne l’aveva interrotto sgarbata. “Risparmiami i tuoi discorsi” gli aveva detto con una smorfia, “non ho alcuna intenzione di ascoltarli.” E Davos aveva taciuto.

Al crepuscolo giunsero ad una piccola osteria la cui sbiadita insegna recitava L’Albero Cavo. Davos si guardò intorno curioso, ma non scorse nessun albero. L’interno della locanda era un misto di legno umido e metallo arrugginito. L’oste venne loro subito incontro. Era un uomo piuttosto anziano con capelli folti e disordinati ed il viso coperto da verruche.

“Benvenuti” disse in tono cavernoso, “io sono Rufoldo, cosa desiderate?” Brienne parlò prima che Davos avesse modo di aprire bocca. “Siamo pellegrini” rispose sicura, “cerchiamo un posto per dormire… Possiamo pagare.”

Il vecchio sembrò pensarci su. “In questo periodo difficile l’osteria è sempre piena” rifletté mostrando i denti gialli, “ma forse mi è rimasta una stanza…”

“Ce ne servirebbero due” precisò Brienne impaziente. Rufoldo scoppiò a ridere. “Signorina, è inutile giocare alla timida verginella” sogghignò ironico, “non avete necessità di celare la vostra relazione. Anche se lui forse è un po’ vecchio…” Davos avrebbe volentieri condiviso il riso dell’oste, ma Brienne sembrava serissima.

“Hai capito male” intervenne lei allarmata, “noi non…”

“Ma certo, ma certo” la frenò Rufoldo facendo l’occhiolino a Davos, “venite che vi mostro la camera: è la migliore della locanda…” Brienne era rossa di collera, ma annuì dignitosa.

La stanza tanto elogiata si riduceva alla fine ad un angusto spazio soffocante il cui arredamento consisteva in un letto tarmato ed un mobile cigolante. L’unico lusso concesso era una tinozza di legno nascosta in un angolo. Davos non sapeva bene come comportarsi. “Dormirò per terra” si offrì imbarazzato, “se vuoi farti il bagno, io vado a fare una passeggiata.” 

Brienne scosse energicamente la testa. “A terra ci dormo io” decise in tono che non ammetteva repliche, “non voglio essere trattata come una stupida ragazzina.”

“Io non intendevo…”

“Vado a chiedere all’oste tra quanti giorni dovremmo raggiungere Porto Bianco” tagliò corto Brienne uscendo dalla camera.

Davos si sedette sul letto prendendosi la testa fra le mani. Che cosa le aveva mai fatto per spingerla ad odiarlo così tanto? Lo incolpava della morte di Renly Baratheon, questo era certo, e Davos non ci aveva messo molto a capire che Brienne era stata innamorata del bel principe che giocava con i re più potenti di lui. Renly era uno sciocco, pensava Davos evitando di dar voce alle sue convinzioni, ma non meritava quella morte.

Stannis aveva ucciso suo fratello, eppure Davos per mesi aveva ignorato la verità, crogiolandosi nell’illusione del suo re benefattore e giusto. Ma Stannis non era neanche lontanamente perfetto e i fatti avevano solo confermato questa cruda realtà.

Brienne tornò chiudendo di scatto la porta cigolante. “Rufoldo dice che Porto Bianco dista neanche un giorno di viaggio” spiegò con voce distaccata, “adesso ci converrebbe andare a cena.” Davos annuì e insieme discesero le scale che scricchiolavano ad ogni passo.

Si sedettero al primo tavolo che trovarono e ordinarono due arrosti di maiale. Davos chiese anche una birra, che iniziò a tracannare sotto lo sguardo inquisitore di Brienne. “Non ubriacarti” lo rimproverò acida, “non servi a niente altrimenti.”

“Bevo perché mi aiuta a dimenticare” spiegò Davos posando il boccale, “e perché mi fa sentire meglio.”

Brienne fece una smorfia. “E cosa vorresti dimenticare?” gli chiese sarcastica “La vita ti sta andando bene a quanto pare. Primo Cavaliere di Stannis Baratheon e ora consigliere fidato di Jon Snow, si cambia velocemente partito…” 

Davos non aveva voglia di discutere, ma sapeva di dover chiarire qualche questione lasciata in sospeso troppo a lungo. “So che forse non stimavi Stannis…”

“Stimare?!” urlò Brienne “Ha ucciso suo fratello! E con la magia del sangue poi!”

“So che forse non lo stimavi” ripeté paziente Davos, “ma Stannis sarebbe diventato un grande re, migliore di Renly.”

Brienne sembrava sul punto di esplodere. “E allora se lo amavi così tanto” continuò furiosa, “perché non eri con lui quando morì? Dov’eravate tu e quella strega rossa?” 

Davos contrasse i pugni al pensiero di Melisandre. “Il re mi aveva ordinato di tornare alla Barriera” spiegò tentando di mantenere la calma, “avrei dovuto convincere il lord Comandante a concedere dei viveri a Stannis, ma poi è arrivata Melisandre a dirci della sua sconfitta.”

“Perché lei non è morta?” chiese diffidente Brienne. “Perché è fuggita dopo essersi accorta del suo imperdonabile errore” rispose Davos abbassando lo sguardo.

Brienne lo stava fissando, per la prima volta vagamente interessata. Davos sentì le lacrime scorrergli sulle guance e non riuscì più a trattenersi.

“Aveva voluto che venisse con loro” iniziò singhiozzando mestamente. “In guerra, capisci? Una bambina! Io avevo pregato Stannis di concedermi di riportarla alla Barriera, ma lui era stato irremovibile. La mia famiglia resta con me, aveva detto e io non avrei mai potuto immaginare che… E’ stata colpa mia, avrei dovuto comprendere, fermare Stannis prima che anche solo l’idea gli sfiorasse la mente. Ma sono andato alla Barriera e quando Melisandre mi disse che la bambina era morta io non feci domande. Poi trovai questo.” Davos estrasse da sotto gli indumenti il cervo bruciacchiato.

“Glielo avevo intagliato io stesso. Voleva che le regalassi anche una femmina, gliel’avevo promesso… Lei era come una figlia per me… Mi ha insegnato a leggere e non ha mai perso il sorriso nonostante tutti gli orrori a cui ha assistito.” Davos si fermò, incapace di proseguire. Brienne gli mise una mano sulla spalla.

“L’hanno bruciata viva” disse Davos con voce atona ed occhi spenti, “quella strega ha convinto Stannis a sacrificarla per una vittoria contro i Bolton. Ma sono tutti morti ugualmente, mentre quella donna ancora respira.” 

Brienne sembrava commossa. “Chi era?” chiese con ruvida dolcezza “La bambina…”

Davos sollevò il viso tremante. “Shireen Baratheon” rispose guardandola negli occhi. “Stannis ha condannato a morte la sua stessa figlia.” 

L’orrore sconvolse i lineamenti di Brienne. “Dov’è quella strega?” chiese aggressiva. “Avevo chiesto a Jon Snow il permesso di giustiziarla” spiegò Davos distogliendo lo sguardo, “ma lui ha preferito esiliarla dal Nord. Alla fine è grazie a Melisandre se è tornato in vita.”

La verità era amara e difficile da digerire. Davos sapeva di dovere a quella donna più di quanto meritasse. Sansa Stark aveva riconquistato il posto che le spettava e si era salvata dai sicari del suo aguzzino grazie soprattutto all’appoggio del fratello, ma tutto ciò era stato reso possibile proprio dalla Donna Rossa. E’ paradossale, pensava ridendo istericamente. Il Nord le deve la sua libertà, ma lei è stata quasi condannata a morte.

Davos rabbrividiva ancora al solo ricordo del vuoto terribile che aveva provato quando aveva scoperto il cadavere di Jon Snow che giaceva sulla neve imbevuta del suo stesso sangue. Era stato lui a supplicare Melisandre di riportarlo indietro, ad incoraggiarla, a sperare in un miracolo. Il miracolo era avvenuto e Jon si era rialzato. Davos l’aveva sorretto mentre scendeva le scale di legno del Castello Nero davanti agli sguardi sbigottiti dei bruti.

Brienne lo stava fissando stranamente silenziosa. “Allora?” le chiese Davos sarcastico “Non trovi più nulla di cui accusarmi?”

Brienne abbassò lo sguardo. “E’ vera?” chiese incerta “La storia della bambina… Di Shireen…” 

Davos annuì gravemente. “E’ vera.”

“Ti sei comportato con onore” osservò calma la donna.

Davos represse una risata. “Stannis odiava l’onore” disse senza guardarla. “Diceva che può essere fatale… Guarda la fine che hanno fatto gli uomini d’onore, Ned Stark, Jon Arryn, Barristan Selmy… No, Stannis credeva nella giustizia e nell’onestà, ma non era orgoglioso: avrebbe combattuto al fianco dei suoi soldati per morire con loro.” Fece una pausa. “Proprio come ha fatto.”

Brienne sembrò irrigidirsi. “Non ti biasimo per averlo ucciso” si affrettò ad aggiungere il Cavaliere delle Cipolle, “Stannis ha fatto cose orribili ed era giusto che pagasse.”

“Sai quali sono state le sue ultime parole?” chiese Brienne “Fa’ il tuo dovere.”

Davos ne rimase genuinamente colpito e sorrise suo malgrado. In fondo doveva saperlo, si disse rincuorato. La morte è stata un dono per lui.

In quel momento arrivarono le pietanze. L’arrosto sembrava un grumo di terra verdastra e Davos si accorse di aver perso l’appetito. “Con il tuo permesso” disse alzandosi, “vado a dormire. Domani dobbiamo svegliarci presto ed io sono molto stanco… Mangia anche la mia razione se vuoi.” Brienne annuì e Davos poté giurare di averla vista sorridere.

Giunto in camera, non ebbe il coraggio di coricarsi sul letto, così trascinò in terra delle coperte, si rannicchiò avvolgendosi stretto e cadde in un sonno profondo senza sogni.

Fu svegliato poche ore più tardi da mani che lo scuotevano quasi con gentilezza. Aprì gli occhi a fatica e riuscì a mettere a fuoco la figura di Brienne, già completamente vestita.

“E’ l’alba” disse lei solamente. Davos annuì, affrettandosi a raccattare le proprie cose.

Saldarono il conto e salutarono Rufoldo, che regalò loro due pani come dono di nozze. Davos si trattenne a stento dal ridere mentre Brienne alzava gli occhi al cielo.

Si rimisero subito in cammino rabbrividendo per l’aria frizzante e bagnandosi gli stivali a causa della rugiada del mattino. Dopo circa tre ore di viaggio, quando ormai il sole era sorto completamente, il fiume che seguivano da giorni trovò la sua foce. Porto Bianco appariva come una vivace cittadina, completamente a proprio agio in quel tetro inverno. I bambini correvano per le strade litigando e i passanti era cortesi ed educati. Davos desiderò poter vivere lì, in un paese tranquillo a due passi dal mare. Brienne era taciturna e lui preferì non inoltrarsi in conversazioni compromettenti.

Arrivati al porto, dovettero girare parecchio prima di trovare le navi che erano state di Stannis. Davos le riconobbe facilmente: sventolavano ancora il vessillo del cuore fiammeggiante accanto al meta-lupo degli Stark. Erano sorvegliate da una piccola guarnigione che sembrava prendere ordini da un uomo di mezza età intento a scarabocchiare frasi su un pezzo di pergamena.

Davos si schiarì sonoramente la voce. “Salve” esordì in tono confidenziale, “vorremmo prendere una di quelle navi per…”

“Non è possibile” tagliò corto l’uomo senza distogliere gli occhi da ciò che stava scrivendo, “nessuna nave lascerà il porto. Negli ultimi giorni ci sono stati attacchi lungo le coste e non vogliamo rischiare. E poi, quelle navi sono di proprietà del Re del Nord.”

“Sì, si dà il caso che io sia il suo consigliere” fece notare sarcastico Davos.

L’uomo finalmente si degnò di guardarlo. “Sono Ser Davos Seaworth” continuò il Cavaliere delle Cipolle, “e sono in missione per ordine di sua grazia.”

“Seaworth dici?” chiese con una smorfia l’uomo “Aye, lord Manderly mi aveva accennato qualcosa nell’ultima lettera, ma è troppo pericoloso far salpare navi.”

“Questo è un ordine del re” intervenne acida Brienne.

L’uomo la fissò ironico. “Da quando in qua mandano in missione le ragazze?” 

Brienne sfoderò la spada. “Da quando sono in grado di difendersi da sole.”

“Il punto” intervenne Davos deciso ad evitare una disputa, “è che noi dobbiamo arrivare alla Roccia del Drago e non possiamo attendere. Non vuoi perdere le tue navi, è vero, ma a noi ce ne basta una vecchia: l’importante è che sappia navigare. Non ci serve neanche l’equipaggio, la guiderò io.” 

L’uomo lo fissò accarezzandosi il mento. “E sia” decretò infine alzandosi dallo sgabello dove era seduto, “seguitemi.” Davos lanciò un’occhiata trionfante a Brienne che accennò un sorriso.

La Regina di Corallo era una barchetta al confronto delle vicine, ma sarebbe stata di gran lunga più veloce. Davos aveva deciso di saltare i controlli di rito e incitò Brienne a salire. 

Lei lo fissò dubbiosa. “Sei sicuro di saperla manovrare?” chiese incerta.

“Ho guidato l’attacco ad Approdo del Re” le ricordò lui, “credo proprio di sì.” Rassicurata, Brienne si sistemò a poppa. L’uomo li salutò dal molo. “Buon viaggio” disse con un cenno di congedo della mano.

Davos si concentrò sul timone. Era semplice, i gesti gli tornavano facilmente in mente così come i cupi ricordi. Per distrarsi, lanciò la piccola imbarcazione a tutta velocità, testandone le prestazioni inaspettatamente alte. Il mare calmo ed il vento favorevole consentirono loro di giungere in vista della Roccia del Drago in appena tre giorni. Davos sentì un tuffo al cuore nel rivedere la sua isola.

Attraccarono in una baia riparata, evitando di esporsi troppo. “Perché tutta questa cautela?” chiese nervosa Brienne “Non dicevi che era deserta?”

“E’ così” affermò Davos, “ma potrebbero esserci spie Lannister, meglio non rischiare.” Si diressero verso il cuore dell’isola attraverso la rada vegetazione.

“Dov’è questo Vetro di Drago che dobbiamo cercare?” chiese d’un tratto Brienne.

“Stannis diceva che i Targaryen l'hanno estratto tutto e che ora si trova nei sotterranei” spiegò Davos continuando ad avanzare, “dobbiamo arrivare al palazzo.”

Improvvisamente un fruscio li fece voltare repentinamente verso destra. Brienne sguainò la spada, ma Davos non fece in tempo neanche a muoversi. Una dozzina di uomini era saltata fuori dai cespugli e li minacciava con diversi tipi di armi, molte delle quali sconosciute a Westeros.

“Buttate le armi” ordinò un enorme uomo abbronzato con lunghi capelli legati a treccia e un forte accento straniero, “voi in arresto.” Brienne sembrava vogliosa di combattere, ma Davos sapeva che non avevano speranze. Gettò la spada e alzò le braccia. Brienne lo fissò furente, ma alla fine fu costretta a capitolare.

“Chi siete?” chiese Davos udendo gli uomini parlare in una lingua sconosciuta “Per chi combattete?”

L’uomo che aveva parlato prima si voltò a fissarlo. “Io Rakandro” disse come presentazione, poi tornò serio. “Noi con la regina.”

Davos non capiva. “Quale regina?” chiese disperato “Cersei Lannister?” 

Rakandro fece una smorfia. “Altra regina” rispose come disgustato dalla domanda di Davos. “Khaleesi, la Madre dei Draghi: Daenerys Targaryen.”


                                                                                                     "Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce."




N.D.A.


Ben tornati a tutti! Se riuscite a sopportare questi capitoli così lunghi siete davvero mitici XD Non ci posso fare niente, mi viene da scrivere tanto e allora perchè mai farli più corti?
Come avete visto la storia inizia a distaccarsi completamente dalla settima stagione (grazie al cielo) e dai prossimi capitoli si vedrà ancora meglio.

Spero davvero che abbiate apprezzato la mia Cersei, certamente meno sana di mente di quella della serie XD L’incontro con Euron è completamente differente, così come il futuro evolversi del loro “rapporto”.
Cosa ne pensate di Tyrion e del suo piano? Diciamo che sta facendo esattamente il gioco di Cersei, ma come non perdonarlo XD XD
Ma soprattutto ditemi come vi è sembrata la mia Canzone del Ghiaccio e del Fuoco! Sì, l’ho inventa io ^_^’, mi assumo la responsabilità se ho distrutto un vostro sogno XD
Ovviamente l’ho adatta come una sorta di profezia, o per meglio dire “profezia di ciò che potrebbe accadere” riguardo il futuro della storia, quindi siete liberi di sbizzarrire la vostra creatività :-)

 
Le vostre splendide recensioni mi lasciano senza parole ogni volta, ragazzi siete tutti fantastici e mi spingete a continuare con questa follia XD Sapere che la state apprezzando significa il mondo per me, grazie davvero…
Ma per fare le cose per bene ringrazio in ordine: Red_Heart96, giona, NightLion, leila91 (e vi invito a leggere le sue storie… sono tutte stupende), Spettro94 e Valkira7… Grazie mille a tutti e ci vediamo presto!
Un ringraziamento anche a tutti i nuovi che hanno inserito questa storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, sappiate che, anche se non vi sento, vi adoro lo stesso XD

 
E niente, io vi auguro buona Pasqua e buone vacanze (a chi le ha, sigh) e spero davvero di avervi invogliato a lasciare una recensione ^_^
Al prossimo capitolo!

PS: la citazione di questa settimana è di un grande filosofo e matematico, ovvero Pascal. L'ho scelta perchè studiare la sua filosofia mi è piaciuto molto e la frase ben descrive i sentimenti turbolenti di Sansa :-)



   
 
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