The Song of Ice and Fire
Cersei
La
odiavano. Cersei lo sentiva, lo vedeva chiaramente nei loro occhi
saturi di rancore, nei loro sguardi cospiratori. Si prostravano al suo
passaggio, ma le sussurravano alle spalle.
“Tramano
nell’ombra per strapparmi quello che ho conquistato” aveva detto a
Jaime, “aspettano solo un mio accenno di debolezza e colpiranno.” Ma
Jaime aveva riso, tentando di abbracciarla. “Ti preoccupi troppo di
questa città” le aveva fatto notare, “il vero pericolo arriverà da
fuori.” Cersei si era liberata bruscamente dalle braccia del fratello.
“A volte mi chiedo da che parte stai” aveva osservato freddamente
lasciandolo solo. Non aveva bisogno di lui in fondo, sapeva benissimo
ciò che doveva fare.
Intimidire,
minacciare, distruggere.
Non
era poi così complicato e Cersei si scoprì stranamente appagata dalle
esecuzioni che avevano raggiunto cadenza giornaliera. Si sedeva sul
Trono di Spade, le dita contratte intorno ai braccioli, godendo delle
balbuzie insignificanti dei condannati. Amava vederli soffrire,
disperarsi, supplicare. Amava vederli morire.
“Le
erbe marce vanno estirpate da questa città” aveva spiegato a Qyburn,
“la gente dovrà ricordare a chi rimanere fedele quando quella Targaryen
ci attaccherà. Semmai, ci attaccherà.”
Cersei
non era mai stata libera di decidere per la sua vita. Adesso il terrore
era la sua spada, la forza il suo scudo e l’orrore suo marito. Ho dovuto sputare sangue per prendermi
questo Trono, era solita pensare. E se quella ragazzina crede di potermi
fare paura con tre lucertole troppo cresciute si sbaglia di grosso.
Il
giorno in cui il tempio di Baelor era saltato in aria, Cersei aveva
sorriso. Per un momento il mondo era stato il paradiso. Margaery era
morta insieme a quell’idiota di suo padre e l’Alto Passero non avrebbe
più potuto sfoggiare il suo ghigno beffardo. Poi avevano scoperto il
corpo di Tommen. “Il Re si è suicidato” avevano mormorato. Cersei non
si era sentita in colpa, neanche per un momento. Il cuore non le aveva
concesso lacrime, solo sospiri.
La
profezia si era avverata, Cersei non aveva nemmeno tentato di evitarla. Il
re avrà sedici figli, tu solo tre. D’oro saranno le loro corone, d’oro
i loro sudari. Dopo la morte di Joffrey aveva
sperato di poter proteggere i figli che le restavano. Aveva mandato
Jaime a Dorne, l’aveva fatto entrare clandestinamente in quelle terre
sconosciute per riportare indietro Myrcella. Ma lei era stata uccisa
comunque. E ora Tommen l’aveva seguita nella tomba.
La potente famiglia che sognavi è morta,
padre, pensava Cersei ridendo isterica. Cosa diresti ora vedendoci oltraggiare il
nome dei Lannister? Ma Tywin Lannister era
cenere ormai, per la gioia dei suoi nemici, così come Kevan, Lancel,
Joffrey, Myrcella e Tommen. Siamo rimasti solo io e Jaime, si
era resa conto Cersei.
E
Tyrion.
Il
pensiero di quel nano deforme le faceva ribollire il sangue. “E’ ancora
vivo” era stata costretta ad ammettere Cersei, “sta tornando per me.”
Il processo era vinto, la Montagna aveva ucciso Oberyn Martell e Tyrion
era stato condannato a morte. Cersei aveva creduto che tutto avrebbe
seguito il giusto sentiero. Non aveva mai perdonato Jaime per aver
fatto fuggire quel mostriciattolo.
E
quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le
mani attorno alla tua gola bianca e stringerà finché non sopraggiungerà
la morte.
Le
parole della profezia continuavano ad ossessionarla. Valonqar, valonqar, non
riusciva a smettere di pensare.
Fratellino.
Stavolta no, non lascerò che la profezia
vinca di nuovo. Cersei era una leonessa e chi
osava mettersi contro di lei avrebbe assaggiato i suoi artigli.
Un
servo bussò alla porta. “Che cosa vuoi?” lo aggredì irritata la regina.
“V-vostra g-grazia” balbettò lui, “lord Euron Greyjoy è arrivato.”
Cersei
annuì gelida. “Ottimo, sparisci.” Il ragazzo si dileguò. Cersei passò
una mano tra i corti capelli biondi che le arrivavano a stento alla
nuca. Si chiese se avesse dovuto avvertire Jaime. Concluse che
l’incontro sarebbe proseguito meglio senza di lui: non le era sfuggito
il sospiro di sollievo emanato da suo fratello quando era giunta la
notizia della fuga di Edmure Tully.
Delta delle Acque è di nuovo in mano ai
nostri nemici, pensò allacciandosi il corpetto. Complimenti, Jaime, se tu avessi ucciso
Edmure quando ne avevi l’opportunità tutto questo non sarebbe successo. Aprì
la porta e scorse la rassicurante figura di Gregor Clegane.
“Andiamo
a parlare con Euron Greyjoy” gli spiegò Cersei, “non minacciare finché
non ti darò segnale.” Camminarono a passo spedito fino alla sala del
Concilio Ristretto.
Qyburn
era già dentro.
“E
Re delle Isole di Ferro” specificò con voce divertita l’uomo che dava
le spalle alla regina per ammirare il paesaggio dalla finestra. Poi si
voltò.
La
prima impressione di Cersei fu di sorpresa. Si era aspettata un uomo
vecchio e acido come Balon, e invece se ne trovava davanti uno molto
più giovane e per certi versi perfino attraente. Aveva penetranti occhi
azzurri e decise arcate sopraccigliari che conferivano al suo sguardo
un’espressione severa. Il sorriso ironico che gli tirava perennemente
le labbra restituiva l’equilibrio. I capelli erano folti e castani e
sembravano spettinati dal vento. Sul capo portava la più brutta corona
che Cersei avesse mai visto, fatta di legno rozzamente intrecciato.
Notando dove lo sguardo della regina si fosse soffermato, Euron scoppiò
a ridere. Aveva i denti leggermente storti.
Cersei
rimase inespressiva.
Euron
allargò le braccia. “E per cosa?” chiese divertito “Per portare questo
pezzo di legno in testa? Assomiglia forse ad una corona?”
“No”
dovette ammettere Cersei. “Possiamo dunque affrontare il problema che
ti ha portato qui?” Fece cenno ad Euron di sedersi e prese posto
davanti a lui. A dividerli, solo un basso tavolino da tè. Qyburn rimase
in piedi alle spalle della regina.
“Come
avrai certamente sentito” iniziò Cersei, “Daenerys Targaryen ha
lasciato Meeren e sta navigando verso Approdo del Re. Non sappiamo dove
sia ora, ma senza ombra di dubbio sarà qui presto.”
“Aye”
replicò Euron accarezzandosi la barba, “le avrei offerto la mia flotta,
ma i miei stupidi nipoti si sono messi in mezzo e l’hanno raggiunta per
primi. Da quello che so, la Regina dei Draghi adesso appoggia la
pretesa al trono di Yara.”
Cersei
decise di sorvolare sul fatto che Euron avesse tentato di allearsi con
Daenerys per strapparle il Trono di Spade.
“Ovviamente”
disse sorridendo, “e adesso ti serve il mio aiuto per affrontarla.”
Euron
sogghignò.
Cersei
non batté ciglio.
“Nella
lettera dicevi di volere terre nel Sud” ricordò Cersei, “come mai? Voi
Uomini di Ferro non siete devoti alle vostre isole?”
Euron
rise. “Forse altri” rispose, “ma io le vedo per quello che sono, un
ammasso di pietre e sale. Io ho viaggiato, ho visitato i più bei posti
del Continente Orientale, non posso più accontentarmi delle Isole di
Ferro. Voglio l’Altopiano. Anche Dorne non sarebbe male, dicono che le
loro siano le donne più belle del mondo.”
“Avrei
un’offerta migliore” propose la regina, “il Nord.”
Euron
si appoggiò allo schienale. “Il Nord è freddo e duro” fece notare, “non
come le terre del Sud.” Cersei sorrise. “Tu credi che esisteranno
ancora queste terre del Sud dopo
che avrò sconfitto Daenerys Targaryen?” chiese sarcastica “Brucerò ogni
città, ogni villaggio, ogni uomo di Dorne e dell’Altopiano per quello
che i Martell e i Tyrell hanno fatto alla mia famiglia. Il Nord invece,
ha solo bisogno di un’altra lezione, pare che l’ultima non l’abbiano
recepita. Avevo inviato loro un ordine di supporto, sai cosa mi hanno
risposto? Il Nord non conosce altro re che il Re
del Nord il cui nome è Stark.”
Euron
represse una risata. “E quindi cosa farai?” chiese alzando le
sopracciglia. “Costringerò questo Re del Nord in ginocchio” rispose
Cersei alzandosi, “ed ho bisogno di qualcuno che lo faccia per me.”
“Credevo
che il problema fosse Daenerys Targaryen” osservò Euron, “non possiamo
combattere due nemici contemporaneamente.”
“Ed
è proprio per questo che dovrai spingere Jon Snow ad allearsi con
questa Regina dei Draghi” ribatté Cersei versandosi il vino in una
coppa dorata. “Qualche scorreria lungo le coste, a Porto Bianco e nelle
Terre dei Fiumi e quel ragazzino correrà dalla Targaryen per ottenere
protezione. Noi dobbiamo solo impedire che la raggiunga.”
“Da
quanto ci dicono” intervenne Qyburn in direzione di Euron, “la sua
presa sul Nord è ancora troppo debole per permettergli di portare
l’intero esercito a Sud. Non potrà quindi tentare di supportare la
Madre dei Draghi con molti uomini ed il tuo esercito li annienterà
facilmente.”
“State
forse suggerendo” chiese Euron incrociando le gambe, “un’imboscata?”
Cersei
sorrise.
“Cosa
devo farci con il bastardo?” chiese Euron portandosi il calice alle
labbra.
“Prendilo
prigioniero” spiegò Cersei, “e uccidi gli altri: che veda cosa ha
provocato con la sua stupidità. Poi portalo ad Approdo del Re. Sarà
nostro ostaggio per assicurarci la fedeltà del Nord e dei suoi uomini
contro Daenerys Targaryen. Allora avremo dalla nostra anche la Valle e
le Terre dei Fiumi e riusciremo facilmente a debellare questa minaccia.
Quando la guerra sarà finita lo uccideremo insieme ad eventuali eredi
ed il Nord passerà a te. Sarai lord di Grande Inverno e Protettore del
Nord e riporterai ordine in quelle terre selvagge. Forse potrei
addirittura nominarti lord del Tridente. Che ne dici? Ti stanno bene
queste condizioni?”
“Certamente”
affermò Euron, “ho sempre amato piegare i popoli fieri. Ma avrei alcune
domande. Come fai ad essere certa che Snow deciderà di allearsi con
Daenerys? I Targaryen e gli Stark si odiano da vent’anni…”
“Lo
farà” disse convinta Cersei, “se crederà di poter salvare il suo
popolo. Gli Stark sono tutti uguali, non pensano ad altro. Se
necessario Jaime con il suo esercito minaccerà l’Incollatura. Questo
unito alle tue razzie basterà.”
“Ma
Daenerys potrebbe attaccare Approdo del Re prima che abbiamo costretto
il Nord a fornirci gli uomini che ci servono” osservò Euron, “e allora
manderemmo tutto a puttane.”
“Conosco
mio fratello Tyrion” sibilò Cersei stringendo i pugni, “le consiglierà
di attendere, di avere il supporto del popolo e delle altre casate.
Quella Targaryen si è mossa da Meeren solo con le Serpi delle Sabbie e
i Tyrell a pararle il culo, non attaccherà senza aver provato a
stipulare un’alleanza con il Nord. Avremo tutto il tempo per
programmare le nostre prossime mosse.”
Euron
sembrava soddisfatto, mentre tracannava il vino bagnandosi i baffi
corti e ispidi.
Cersei
poteva ritenersi compiaciuta.
“Aye”
rispose lui annoiato. “Alcuni dei Corvi della Tempesta e della
Compagnia del Gatto sono già dalla tua parte e sto contrattando con
altri mercenari per l’appoggio dei loro gruppi. In tutto per ora sono
cinquantamila uomini.”
Cersei
annuì rincuorata.
“Certamente,
vostra grazia” assicurò Euron con una smorfia, come se quelle parole di
cortesia gli causassero fastidio.
“Io
avrei una domanda, se è possibile” intervenne pacatamente Qyburn. Euron
e Cersei si voltarono verso di lui.
“Che
ne è stato di Balon Greyjoy? E perché il titolo di re non è passato a
suo figlio?”
Euron
sogghignò. “Queste sono due domande, vecchio” osservò, “comunque ti
risponderò francamente. Mio fratello era un inetto e un incapace. Ha
portato le Isole di Ferro attraverso guerre devastanti e non era più in
grado di guidarci.” Fece una pausa.
“Quindi?”
lo incalzò Qyburn.
“L’ho
ammazzato” rispose con naturalezza Euron. Cersei non ne era affatto
stupita, né tantomeno impressionata. “Mi chiedevi perché il trono non
sia passato a mio nipote” continuò Euron iniziando a camminare per la
stanza. “Beh, non so se sono arrivate notizie qui a Sud, ma diciamo che
dopo quello che Ramsay gli ha fatto Theon non riuscirebbe ad ispirare
lealtà nemmeno ad un mucchio di letame.”
“E
sua sorella?” chiese a sorpresa Cersei.
“Yara
è solo una donna e…”
“Quindi
credi che le donne non siano adatte a governare?” lo interruppe Cersei
freddamente “Io sono una donna. Daenerys
Targaryen è una donna. Margaery Tyrell era una donna. Come ci chiamano?
Seduttrici… Io preferisco regine. Abbiamo
condizionato, condizioniamo e condizioneremo la storia. Margaery è il
passato, Daenerys è il presente, ma io sono il futuro. Dimmi, Euron, tu
dove sei in tutto questo?” Euron stava per rispondere, ma Cersei fece
un cenno e la Montagna avanzò minacciosa.
“Grazie
per la tua disponibilità, lord Euron” disse la regina voltandogli le
spalle. “Ser Gregor, accompagna per favore il nostro ospite all’uscita:
l’udienza è terminata.”
Euron,
rosso di vergogna, fu costretto ad uscire dalla sala sotto il muto
sguardo assassino di Gregor Clegane.
Qyburn
si inchinò reverenzialmente.
Cersei
sospirò buttando giù un altro sorso di vino. “Molto bene” rispose
infine, “adesso abbiamo chi sconfiggerà per noi il Nord, e, se anche
Euron dovesse fallire, non avremmo perso nemmeno un uomo del nostro
esercito.”
Qyburn
non appariva convinto. “Ma abbiamo bisogno di quegli uomini per
abbattere Daenerys Targaryen.” osservò incerto.
Cersei
scoppiò a ridere.
Tyrion
“Non
se ne parla nemmeno!” stava urlando fuori di sé Obara Sand.
Tyrion
sospirò, trattenendosi a stento dall’alzare gli occhi al cielo. “Per
favore, Obara…” disse tentando la via diplomatica, ma lei non lo lasciò
neppure iniziare.
“Non
lascerò la mia lancia per nulla al mondo: è un dono di mio padre”
sbraitò irata puntando minacciosa l’arma contro il petto di Tyrion. “Tu
lo conoscevi mio padre, vero, Lannister?” Il ricordo della Montagna che
schiacciava la testa di Oberyn Martell come fosse stata un melone gli
fece salire un conato di vomito.
“Sì”
dovette ammettere Tyrion, “e lo ammiravo molto, ma…”
“Oh,
risparmiaci le tue false cortesie per piacere” lo interruppe nuovamente
Obara disgustata, “mio padre non avrebbe mai voluto che le sue figlie
andassero in giro disarmate. Il pericolo è dietro
ogni roccia, diceva sempre.”
Tyrion
capì di dover cambiare tattica.
Nymeria
lo fissò con sufficienza, ma Tyene annuì. “Se lo dice la regina” disse
in tono conciliante posando il suo coltello, “dobbiamo ubbidire. Spero
solo che a nessuno salti in mente di attaccare delle fanciulle
indifese.”
Tyrion
le sorrise compiaciuto ed attese le mosse delle altre due. Nymeria
consegnò sbuffando la frusta, mentre Obara ancora non si muoveva.
Tyrion le fece un cenno col capo. La ragazza strinse le labbra e
scagliò con furia la lancia a terra. “Questa me la pagherete!” esclamò
prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta.
“Obara
è sempre stata un po’ suscettibile” spiegò con voce annoiata Nymeria,
“ci tiene molto a quella lancia.”
“Io
farei attenzione se fossi in te, nano" lo avvertì Tyene abbassando
teatralmente la voce. “Uno di questi giorni potresti svegliarti senza
un occhio.”
Tyrion
fece una smorfia. “Aver perso quasi tutto il naso mi basta e avanza,
grazie” disse in tono sarcastico. Nymeria e Tyene sogghignarono ed
uscirono senza dire una parola.
Tyrion
si lasciò cadere su una sedia e si versò da bere. E una è fatta, pensò
battendo una mano sul tavolo. Cosa mi inventerò quando dovrò convincere
i Dothraki a lasciare le armi? Non parlo nemmeno la loro lingua! Decise
che si sarebbe occupato di quel problema in seguito: voleva vedere il
mare. Si sgranchì le gambette storte, bevve l’ultimo sorso di vino e
lasciò la stanza.
I
corridoi erano attraversati dall’incessante viavai di gente
disorganizzata. Tyrion dovette stare attento per non finire calpestato.
Un guerriero Dothraki quasi lo buttò a terra. Gli urlò qualcosa nella
sua lingua aspra e Tyrion intuì che gli stava dicendo di levarsi dalle
scatole. Si affrettò ad eseguire il consiglio: in fondo i Dothraki non
erano ancora stati disarmati. Più avanti incontrò Verme Grigio che
correva tutto sudato.
“Che
cosa sta succedendo?” chiese Tyrion guardandosi intorno “Perché corrono
tutti?”
“La
regina deve fare un annuncio” spiegò l’Immacolato.
Tyrion
era esterrefatto. “Ma il Concilio Ristretto non era in programma per
stasera?” si informò confuso.
Verme
Grigio alzò le spalle.
Tipico
stile di Daenerys, la nostra regina se la cava molto bene coi discorsi.
Sembrava
proprio che la visita alla Spiaggia di Fuoco dovesse attendere. Tyrion
tornò controvoglia sui suoi passi: il pomeriggio si preannunciava
noioso. Seguì Verme Grigio attraverso quel labirinto di stanze che era
il castello della Roccia del Drago ed insieme giunsero nella grande
sala dei banchetti. Le lunghe panche di legno erano cariche di uomini e
donne urlanti e il vociare era insostenibile.
Tyrion
vide Olenna Tyrell rimproverare aspramente quello che, dalla lunga
treccia di capelli, si capiva essere un Dothraki. “Giovanotto?” stava
berciando l’anziana lady dandogli colpetti sulla spalla “Ti sembra
buona educazione lasciare un’anziana signora in piedi?” Il giovane la
fissava ebete. “Non parla la tua lingua, mia signora” le spiegò con
delicatezza Missandei. Poi tradusse la frase in dothraki e finalmente
il ragazzo cedette il seggio a lady Olenna, che immediatamente iniziò a
lamentarsi per il freddo.
Tyrion
si avviò verso il tavolo riservato alla regina sorridendo leggermente.
Ridivenne serio solo quando il suo sguardo incontrò quello di Obara
Sand, che con naturalezza gli mostrò il pugnale alla cintura. Questa mi vuole ammazzare, si
disse Tyrion deglutendo a fatica. E non le ho nemmeno fatto nulla!
Prese
posto alla destra del trono improvvisato e nell’attesa si guardò
intorno. Daenerys ancora non era arrivata, ma tutti gli altri
personaggi di spicco erano già presenti. Tyrion vide Yara e Theon
Greyjoy seduti nella terza fila insieme ad alcuni uomini della loro
flotta. Yara, cotta di maglia e capelli legati a crocchia, scherzava
con i vicini ridendo alle loro battute oscene, mentre Theon teneva gli
occhi bassi sobbalzando al minimo rumore.
Tyrion
inizialmente aveva riso del terrore che il ragazzo sembrava provare per
qualsiasi cosa, ma con il tempo aveva iniziato a provare pena per lui. Come ha fatto a ridursi così? si
chiedeva con un filo di angoscia Cosa gli è successo dopo che i Bolton
hanno preso Grande Inverno? Nessuno
dell’esercito Greyjoy aveva mai raccontato quella storia e neppure
Varys era riuscito a sciogliere il segreto.
Il
Ragno Tessitore fece il suo ingresso proprio in quel momento, con il
solito sorriso derisorio che gli tirava le labbra. Tyrion digrignò i
denti. Varys aveva da sempre rappresentato un alleato di dubbia fedeltà
e la sua leggendaria conoscenza riguardo ai fatti privati di ogni
abitante degno di nota del mondo inquietava più che confortare.
Tuttavia Tyrion si era trovato più volte costretto a fidarsi di lui e
ormai lo considerava un amico.
“Lord
Varys” lo salutò il nano con sarcastica cortesia, “di cosa parleremo
oggi?”
Varys
lo fissò, inespressivo come sempre.
Tyrion
sbuffò. “In verità l’ho saputo pochi minuti fa e del tutto casualmente”
disse scuotendo la testa. “Se non avessi incontrato Verme Grigio, mi
avreste dovuto recuperare mentre facevo il bagno a mare e non riesco ad
immaginare situazione più imbarazzante.”
“Non
sarebbe stato un bello spettacolo, è vero” concordò Varys inarcando le
sopracciglia. “In ogni caso, da quello che ho potuto dedurre, Daenerys
Targaryen intende mettere al corrente l’esercito delle novità che ci
giungono dai Sette Regni.”
Tyrion
sgranò gli occhi.
“La
regina è dell’idea che i suoi sostenitori debbano conoscere i motivi di
questa invasione” spiegò con voce piatta Varys, “altrimenti non
sarebbero spronati a dare il meglio in battaglia.”
“Perché
non mi ha messo al corrente di questa idea suicida?” chiese Tyrion
sentendosi offeso “Che senso ha investirmi della facoltà di dare i
consigli se poi lei è la prima a non volerli?”
“Perché
sapeva che ti saresti opposto” fece notare l’eunuco, “proprio come stai
facendo adesso.”
Tyrion
voleva ribattere, ma in quel momento Daenerys entrò nella sala.
Immediatamente calò un silenzio irreale. La regina indossava un lungo
abito bianco che le copriva le braccia e ai polsi portava due bracciali
d’argento che tintinnavano ad ogni passo. I capelli erano acconciati in
complicate trecce che le allontanavano le ciocche ribelli dal viso.
Daenerys Targaryen sorrise a Tyrion, ma rifiutò il seggio che le era
stato destinato.
“Benvenuti
alla Roccia del Drago!” urlò per farsi sentire da tutti. Immediatamente
Missandei tradusse l’esclamazione in alto valyriano e in dothraki.
“Questa
è stata la dimora della mia famiglia per centinaia di anni” stava
proseguendo la regina, “prima che l’Usurpatore ci costringesse a
fuggire nel Continente Orientale. Egli osò chiamarsi re e assegnò
quest’isola a suo fratello come fosse un trofeo da spartire. Lui ha
ucciso mio fratello Rhaegar, lui ha fatto massacrare i miei nipoti, lui
ha ordinato il mio assassinio. Voleva vedere la gloriosa dinastia del
drago estinguersi, ma io sono ancora viva. Io sono l’ultima Targaryen e
vi chiedo, dov’è Robert Baratheon? Dov’è Stannis a cui fu ceduto questo
castello? Dov’è Eddard Stark che parteggiò contro mio padre nella
Ribellione? Sono tutti morti e io sono tornata a prendermi ciò che mi
spetta di diritto.” Daenerys fece una pausa d’effetto, nonostante tutti
sapessero ciò che stava per dire.
“Il
Trono di Spade!”
Un
boato di applausi, urla e battiti di mani esplose e sovrastò la voce di
Missandei che tentava a fatica di tradurre il discorso facendosi al
tempo stesso udire dagli interessati.
Eh sì, si disse
Tyrion osservando la scena. Daenerys sa proprio come suscitare
entusiasmo. Adesso però era il momento di
affrontare faccende serie. Tyrion si schiarì rumorosamente la voce.
Daenerys lo fissò allibita.
“Credo
sia il caso di passare ai fatti, vostra grazia” suggerì Tyrion
incoraggiante. Daenerys annuì e fece un cenno a Varys.
“Benissimo”
esordì l’eunuco tirando fuori una pergamena. “Innanzitutto vorrei
affermare che, secondo calcoli che possiamo ritenere esatti, disponiamo
di circa novantamila uomini: poco meno di ottomila Immacolati, duemila
Uomini di Ferro, ventimila dorniani, ventimila soldati dell’esercito
Tyrell e quarantamila Dothraki.”
La
regina annuì compiaciuta.
Varys
frugò alla ricerca di altri fogli. “Dorniani con Uomini di Ferro per
l’avanguardia e Tyrell per la retroguardia. I Dothraki avanzeranno per
primi solo in caso di combattimenti a terra, altrimenti resteranno
nelle linee difensive ad occuparsi delle navi. Gli Immacolati saranno
forze ausiliarie, pronti a sostituire unità in difficoltà. Ogni unità
avrà il proprio comandante, quindi sono aperte le votazioni!”
Dopo
che la frase fu tradotta, il caos irruppe nella sala. Le votazioni
occuparono la mezz’ora successiva e comportarono due litigi, quattro
scontri e sei tentativi fortunatamente falliti di accoltellamenti. Alla
fine Verme Grigio e Yara furono riconfermati per gli Immacolati e gli
Uomini di Ferro. Tra i dorniani fu scelto un certo Benjameen Sand, per
i Tyrell ser Garth Hightower, mentre i Dothraki preferirono un colosso
muscoloso di nome Rakandro.
Daenerys
sembrava soddisfatta. “Vi ringrazio per la vostra partecipazione” disse
allargando le braccia, “adesso lord Varys vi illustrerà la situazione
nel Continente.”
“Non
ne abbiamo bisogno!” esclamò Nymeria Sand seduta con le gambe
accavallate “Sappiamo tutti che Cersei Lannister si è presa il Trono,
io direi di passare subito a come batterla.” Ci furono mormorii di
assenso, ma Daenerys non se ne curò.
“Riteniamo
probabile” iniziò l’eunuco facendo scivolare lo sguardo sulla sala,
“un’alleanza fra Cersei ed Euron Greyjoy.” Ci furono esclamazioni di
sorpresa provenienti dagli Uomini di Ferro, mentre Immacolati e
Dothraki apparivano piuttosto disorientati davanti a nomi che non
dovevano dir loro nulla.
“Chi
diamine è Euron Greyjoy?” esclamò un dorniano in quinta fila.
“Solo
un nostro zio che ama sedersi sul mio trono” rispose Yara. Poi si voltò
verso Daenerys. “Diceva di voler far costruire mille navi quell’idiota,
c’è riuscito?” Tyrion ne dubitava fortemente, ma la regina annuì. “Pare
di sì” disse in tono serio, “i loro numeri hanno quasi raggiunto i
nostri.”
“Com’è
possibile?” intervenne Ellaria Sand “Tutti sanno che su quelle orrende
isole ci saranno massimo novemila abitanti.”
Tyrion
non ci mise molto comprendere il gioco di sua sorella.
Calò
un silenzio carico di tensione. “Rischiamo di non avere gli uomini per
un assedio” disse Tyrion rivolto alla regina, “dovremmo rimandare
l’attacco.”
Daenerys
quasi scoppiò a ridere.
Tyrion
scosse la testa.
“E
dove, se posso chiedere?” esclamò Daenerys “I miei alleati sono qua.”
Tyrion
ci pensò un momento. “Allora” iniziò incerto, “capisco che i Bolton non
vadano presi in considerazione, ma magari la Valle potrebbe…”
“Sei
poco aggiornato, amico mio” intervenne Varys divertito, “i Bolton non
tengono più Grande Inverno. Roose Bolton e suo figlio Ramsay sono
morti.” Ci fu un rumore secco di sedie spostate e Tyrion riuscì a
scorgere Theon precipitarsi fuori dalla sala.
“E
chi ha preso il Nord allora?” chiese Tyrion curioso: nessuno sembrava
capace di una simile impresa.
Varys
sogghignò.
Tyrion
ci mise qualche secondo a realizzare questa affermazione. “Sansa?!”
esclamò infine incredulo “Credevo fosse morta!”
“No,
evidentemente è viva e vegeta” tagliò corto Daenerys, “va’ avanti, lord
Varys, cos’altro sei venuto a sapere?”
“Il
Nord ha eletto un nuovo re” spiegò Varys fissando la regina negli
occhi, “si chiama Jon Snow.”
Tyrion
rimase di sasso.
“Un
disertore” disse Daenerys disgustata.
“Avrà
avuto i suoi motivi” ribatté Tyrion con convinzione. “Piuttosto, questo
Re del Nord ha un esercito?”
Varys
annuì. “Può contare sui Cavalieri della Valle e sui soldati delle Terre
dei Fiumi” disse facendo visibilmente dei calcoli a mente, “arriverà a
trentamila uomini.”
“L’alleato
perfetto!” esclamò Tyrion battendo le mani. Daenerys non sembrava
convinta. “Non mi fido degli Stark” disse con voce dura, “suo padre era
il migliore amico di Robert Baratheon.”
“Se
posso, vostra grazia” intervenne con cortesia Varys, “lord Eddard era
contrario al piano che prevedeva il tuo assassinio. Ha perfino litigato
con il re per questo.”
“Gli
Stark sono onorevoli” continuò Tyrion, “puoi fidarti di loro.”
“Ma
così dovrei concedere al Nord l’indipendenza” osservò Daenerys. “E’
metà del regno!”
“A
questo penseremo dopo” disse Tyrion. Poi si alzò, fissando la regina
dritta negli occhi.
“Maestà”
sussurrò con voce seria, “permettimi di darti un consiglio: non
attaccare Approdo del Re senza almeno aver provato a portare il Nord
dalla tua parte. Quando siederai su quel Trono, dovrai essere amata dal
maggior numero possibile di casate. Dammi retta, abbiamo tempo… Non
rischiare di bruciare la tua occasione per l’impazienza.”
Daenerys
lo scrutò per qualche secondo. “Molto bene” decretò voltandosi,
“scriverò una lettera a questo Re del Nord e lo convocherò alla Roccia
del Drago.”
Tyrion
tirò un sospiro di sollievo. Speriamo solo non si
porti dietro quel suo lupo.
Sansa
Quella
sera Grande Inverno assomigliava al castello fiabesco che Sansa aveva
tanto sognato da bambina. Erano state appese lanterne nel Parco degli
Déi e i corridoi erano illuminati da candele profumate. Arazzi colorati
coprivano le pareti spoglie e un fuoco crepitava in ogni camino. Gli
stendardi del meta-lupo erano appesi ovunque e dalle cucine saliva il
profumo di pietanze squisite. La Sala Grande non era mai stata così
allegra e piena di vita, nemmeno durante la visita di re Robert che
aveva formalmente dato inizio agli eventi infausti che avevano colpito
gli Stark.
Alcuni
lord avevano portato le loro famiglie al completo e Sansa, nascosta
dietro le tende, cercava di riconoscere qualche viso familiare.
Ammettendo l’impossibilità dell’impresa, tornò nella propria stanza. Si
osservò con sguardo critico allo specchio.
Il
vestito che aveva scelto era verde smeraldo, di tessuto morbido che
ricadeva in mille pieghe. Il corpetto era cosparso di piccoli ricami
argentei e le maniche larghe le coprivano quasi le mani. I capelli
acconciati in spessi boccoli le ondeggiavano sulle spalle nude,
trattenuti solo da due trecce laterali fissate con un fiocco argentato.
Sorrise al proprio riflesso e lasciò nuovamente la camera.
Nei
corridoi i domestici si affaccendavano trasportando vassoi o vasi di
fiori e Sansa impiegò qualche minuto per ritornare alla sala del
banchetto. La festa dell’incoronazione sarebbe iniziata a breve: Jon,
nonostante fosse contrario a questo genere di svago in tempi difficili,
aveva dovuto cedere alle richieste dei lord che invocavano una pausa
dalla guerra che stavano combattendo.
Sansa
tentò di orientarsi facendosi largo tra la gente, ricambiando saluti ed
inchini. Strinse le labbra quando riconobbe Alys Karstark che rideva
con un giovane elegante. Quella ragazza non le piaceva: le sembrava
falsa e presuntuosa. Con un brivido di invidia Sansa dovette ammettere
che Alys era davvero stupenda in quel suo abito rosso fuoco dalla
scollatura generosa. I capelli perfetti erano raccolti e solo poche
ciocche le incorniciavano ad arte il volto.
“Lady
Sansa” la salutò Alys sorridente.
Sansa
si sforzò di apparire rilassata.
“Oh,
non mi sarei persa questa festa per nulla al mondo” esclamò Alys
guardandosi intorno, “non trovi che sia organizzata splendidamente?”
Io
l’ho organizzata splendidamente. “Mi fa piacere che tu l’apprezzi”
disse Sansa con un sorriso.
“Ho
notato che il posto alla tua destra è libero” disse con voce vaga Alys,
“sarebbe un onore per me sedere al tuo fianco. Una ragazza tutta sola
tra uomini…” Sansa era abbastanza intelligente da capire dove volesse
arrivare.
Per
me invece sarebbe un fastidio e tu vuoi solo stare vicina a Jon.
“Certamente,
lady Alys.”
“Chiamami
solo Alys” ribatté lei prima di sparire nella folla.
Rimasta
sola, Sansa si diresse verso il tavolo d’onore, quello più in alto di
tutti. Sulla strada incontrò Tormund e dovette reprimere una risata.
L’enorme bruto, così invincibile sul campo di battaglia, appariva
completamente fuori posto a quel ricevimento.
“Solamente
stare seduto e mangiare” spiegò a bassa voce Sansa, “e semmai
applaudire ad un eventuale discorso di Jon.” Tormund sembrava in
procinto di sommergerla con altre domande, ma in quel momento Jon fece
il suo ingresso nella sala.
Indossava
un meraviglioso mantello blu notte ornato con un fermaglio d’argento a
forma di lupo. Per l’occasione aveva accettato di portare la corona che
lord Manderly aveva fatto forgiare per lui: un anello semplice di
metallo scuro ornato con pietre preziose nere. Immediatamente la sale
esplose in urla di acclamazione.
“Il
Re del Nord! Il Re del Nord! Il Re del Nord!”
Jon
prese posto accanto a sua sorella e le rivolse un timido sorriso. Sansa
notò che Alys si era alzata in piedi a battere le mani. Provò
l’irresistibile voglia di schiaffeggiarla. Jon borbottò una specie di
discorso incentrato soprattutto sulle guerre imminenti e Sansa,
conoscendolo ormai quasi a memoria, ne approfittò per scrutare la gente
ai lunghi tavoli di legno. I Cavalieri della Valle sedevano composti,
ma di Baelish nessuna traccia. Sansa si scoprì sollevata dalla sua
assenza.
Nel
frattempo Jon aveva terminato di parlare e il banchetto ebbe
ufficialmente inizio. La prima portata era zuppa di legumi bollente:
l’ideale per scaldare i cuori infreddoliti dall’inverno. Sansa iniziò a
sorseggiarla senza staccare gli occhi da Alys, che continuava a fare
domande a Jon e a ridere delle battute di quello o quell’altro lord.
“Davvero
hai ucciso un Estraneo?” stava chiedendo eccitata “Come sei stato
coraggioso, deve essere stato un avversario terribile…”
Jon
era mezzo arrossito.
“E
smettila di fare il pessimista!” lo rimbeccò Tormund grugnendo “Non
vedi che la stai spaventando?”
“Spaventando?”
chiese dolcemente Alys “Oh no, mio lord, sono molto colpita dalle
vostre imprese.” A quel punto anche Tormund era a disagio,
probabilmente commosso dall’essere stato chiamato lord.
In
quel momento lord Manderly si avvicinò al tavolo d’onore, facendosi
strada a fatica a causa della sua considerevole mole.
Si
fecero avanti due fanciulle che tenevano gli occhi bassi dalla
vergogna. Jon sorrise loro e le invitò a presentarsi. Da dietro, lord
Manderly e lady Leona osservavano la scena speranzosi.
“I-io
sono Wylla” borbottò la più piccola, una tipetta tutta pelle e ossa con
il viso coperto da lentiggini. Jon non sembrava capace di gestire la
situazione, così Sansa si sentì in dovere di intervenire.
“Vi
do il benvenuto a Grande Inverno” disse calorosamente lanciando
un’occhiataccia a suo fratello, “spero che…”
“COS’E’
QUELLO?!” urlò quella che doveva essere Wynafryd indicando un punto
sotto il tavolo. Silente come al solito, Spettro tentò di saltare sul
tavolo per raggiungere l’arrosto che lo chiamava invitante. Wylla
cacciò un urlo e Jon dovette alzarsi.
“Spettro,
seduto.” Il meta-lupo lo fissò per un attimo con i suoi occhi
fiammeggianti per poi andarsi ad accucciare ai piedi del trono di legno.
“Molto
bene” intervenne lord Manderly riprendendo in mano la situazione, “ho
promesso alle mie nipoti che avresti ballato con loro, vostra grazia,
non vorrai deluderle spero…” Jon sorrise. “Certo che no” ripose
gentilmente, “ma devo avvertirvi, mie signore, che non sono affatto un
bravo ballerino. Sansa ha tentato di insegnarmi, ma è stato inutile.”
Le due ragazze scoppiarono a ridere e scomparvero nella folla. Manderly
strizzò l’occhio a Jon prima di seguire Leona verso il loro tavolo.
Alys
ridacchiò. “Hai fatto centro, vostra grazia” osservò solare. Jon la
guardò interrogativo. Alys sbuffò. “Ora che sei re tutte le ragazze
vorranno starti vicine” spiegò maliziosa, “così che tu…” Lasciò la
frase in sospeso.
Jon
era diventato color del sole a tramonto. “Loro vogliono… cioè
vorrebbero che io…” balbettò confuso “che noi…”
Alys
alzò gli occhi al cielo.
“Io
ho fatto un voto” disse Jon scandalizzato. “Avevi fatto
un voto” lo corresse divertita Alys, “ora sei un uomo libero di
sposarsi e mettere al mondo tanti bei pargoletti.” Questo fu troppo per
Jon, che si accasciò sul tavolo.
“E
chi dice che debbano esserlo?” gli chiese ironica Alys “Sei re, puoi
fare ciò che vuoi. Puoi prendere il cognome di tuo padre e…” Jon stava
per collassare e Sansa fu grata ai musicisti che proprio in quel
momento iniziarono a suonare. Fortunatamente Alys si distrasse subito e
Jon poté riacquisire il giusto autocontrollo.
I
cantastorie iniziarono ad alternarsi per intrattenere gli ospiti. Sansa
aveva dato disposizioni affinché potesse essere riprodotta qualsiasi
ballata, tranne Le Piogge di Castamere, la
tetra canzone che i Frey avevano scelto come firma per il massacro
delle Nozze Rosse.
Le
portate continuarono a susseguirsi. Ci fu l’insalata con gli ultimi
pomodori estivi, le tartine al formaggio aromatizzato, il vitello al
latte ed il maiale allo spiedo. I giullari cantarono tutte le canzoni
immaginabili e Sansa dovette subire L’orso e la
fanciulla bionda almeno quattro volte quella sera. Mai quanto al matrimonio di Joffrey, dovette
tuttavia ammettere.
Jon
mangiava in silenzio, mentre Tormund combatteva con la forchetta. Sansa
era ancora turbata dall’idea che Jon potesse sposarsi. E se dovessi risposarmi anch’io? si
chiese rabbrividendo al solo pensiero. Tentò di tranquillizzarsi: Jon
non l’avrebbe mai venduta ad uno sconosciuto, non l'avrebbe mai
permesso. Avrebbe atteso il suo consenso e lei non avrebbe mai
accettato.
“Sei
fortunata ad avere un fratello così” le sussurrò all’orecchio Alys
facendola sobbalzare.
Sansa
si voltò irritata.
“Anch’io”
replicò semplicemente Alys e Sansa la vide per la prima volta per
quello che era: una ragazzina che aveva perso tutta la sua famiglia. Io almeno ho Jon, pensò
improvvisamente malinconica. Lei non ha nessuno. Magari
sarebbero potute diventare amiche. Mentre stava pensando a qualcosa di
carino da dire, la sala ammutolì di colpo.
Un
signore anziano oltre l’inimmaginabile avanzava tremante verso il loro
tavolo. Aveva una lunghissima barba bianca e la pelle chiazzata. Gli
occhi però erano acuti come quelli di un ragazzo. Tra le mani stringeva
una lira argentata.
“Vostra
grazia” disse con voce roca inchinandosi, “mia signora…mi chiamo Malak
lo Sveglio e sono un umile cantastorie. Vengo da lontano per farti dono
della mia canzone più preziosa, mai udita da anima viva.” Ci furono
delle risate, ma Jon fece segno al vecchio di proseguire.
“Non
l’ho scritta io, ma mi fu insegnata da un amico che ora è morto. Spero
che stanotte possa rivivere grazie al suo capolavoro.” Detto ciò, Malak
si sedette sullo sgabello, chiuse gli occhi e pizzicò le corde della
lira.
La
melodia che se ne sprigionò era dolcissima, così come la voce che
intonò la canzone che riempì la sala silenziosa.
La
notte avanza, la luce arretra
il
tempo scorre e non perdona;
il
grido è alto, la fiamma è accesa
la
vita uccide, la morte dona.
Una
regina senza nome, un re senza corona
la
rosa appassisce, la leonessa è sola.
La
guerra divampa e con nulla ragiona;
il
lupo risorge, il drago vola.
Un
bambino nato dall’amore.
Una
spada forgiata all’inferno.
Una
scheggia di Vetro piantata nel cuore.
Una
breccia nel Ghiaccio Eterno.
L’Alba
ha trionfato, sconfitto è il terrore.
La
vostra attenzione ora dunque invoco,
aprite
gli occhi, calmate il tremore:
è
la Canzone del Ghiaccio e del Fuoco!
Sansa
sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Se le asciugò rapidamente a
disagio. Era solo una canzone, come le altre mille che amava ascoltare
da bambina, come mai le faceva quest’effetto? Si voltò incerta verso
Jon e scoprì spaventata che era pallido come un cencio.
“Jon?”
gli chiese lei preoccupata prendendogli la mano. Era fredda come il
ghiaccio. “Tutto bene?” Quando Jon si voltò, Sansa vide la confusione
nei suoi occhi grigi.
“S-sì,
credo di sì” rispose lui prendendosi la testa fra le mani, “è solo che
quella canzone io… ecco credo di averla già sentita, ma non so dove e…
ah, lascia perdere.” Jon si alzò assorto nei suoi pensieri e Sansa
temette che l’avrebbe abbandonata da sola alla festa.
Fortunatamente
in quel momento la musica si fece più lenta e qualcuno annunciò
l’inizio delle danze. Sansa scattò in piedi afferrando il fratello per
il mantello. Jon la fissò, visibilmente sconvolto dal suo comportamento. Ti
ci dovrai abituare, io ho chiuso con le buone maniere.
“Dove
credi di andare?” gli chiese ironica.
“Ho
bisogno di riposare” tentò di giustificarsi lui. Sansa scosse la testa
severa. “E’ la tua festa” gli ricordò, “non puoi lasciarla così. Dai,
vieni a ballare con me…”
“Sansa…”
“Che
c’è di male? Io sono tua sorella…”
“Proprio
per questo” spiegò Jon accarezzandole i capelli con affetto,
“sembrerebbe un po’ strano, non trovi?”
Sansa
lo fissò con sufficienza. “Preferisci che conceda questo onore a
Ditocorto?” chiese mettendolo alle strette. Jon sospirò, imprecò,
supplicò, ma alla fine cedette ad accompagnare Sansa in pista. Lei
doveva guidarlo in tutti i movimenti e Jon era piuttosto goffo, ma
presto si lasciarono catturare dalla musica.
“Sei
bellissima” le sussurrò lui all’improvviso. Sansa si ritrovò ad
arrossire. “Assomigli tanto a tua madre.”
“E
tu a nostro padre.”
Jon
sorrise e per un po’ rimasero in silenzio. “Cosa direbbero?” chiese ad
un tratto senza guardarla “Cosa direbbero nostro padre, lady Catelyn e
Robb vedendoci ora?”
Sansa
sentì un nodo alla gola.
“Fieri
di noi, Sansa” la corresse affettuosamente
lui, “vorrei solo che anche Arya, Bran e Rickon fossero ancora qui…”
“Lo
sono, Jon” rispose enigmatica Sansa e, quando lui la guardò confuso,
raccontò una leggenda.
Jon
accennò un sorriso e continuarono a volteggiare facendosi spazio tra la
folla. Jon le mise una mano sul fianco e Sansa si sentì attraversata da
una scarica elettrica mentre il suo cuore accelerava. Si impose di
restare indifferente. Stiamo solo danzando, solo
danzando. Delicatamente appoggiò la testa sulla spalla del fratello
e sperò che quell’attimo non conoscesse fine.
Ma
la musica cambiò, i lord li separarono e Sansa perse rapidamente di
vista Jon, conteso com’era da tutte le lady della sala. Sansa continuò
a cambiare compagno nel tentativo di riavvicinarsi a lui, ma le
risultava impossibile. Alla fine si ritrovò tra le braccia di Petyr
Baelish.
“Lady
Sansa” la salutò lui sorridendo e stringendole la mano, “che piacere
vederti.”
Sansa
era esterrefatta.
“Avevo
affari da sbrigare” spiegò vago lui, “ma non mi sarei mai perso un
ballo con te.” Iniziarono a danzare, ma Sansa era rigida e per niente
aggraziata. Continuava a cercare con gli occhi Jon e trasalì quando lo
vide fare coppia con Alys. Baelish dovette indovinare la direzione del
suo sguardo, perché sogghignò.
Sansa
tentò di liberarsi dalla sua stretta.
Sansa
si rese conto di star trattenendo il respiro. La danza la portò ancora
più vicina a suo fratello, che tuttavia non si accorse della sua
presenza.
“Lui
ha altre priorità ora” le spiegò comprensivo Ditocorto, “deve pensare
ad avere eredi, non ha più tempo da passare con te. Ma non temere, io
per te ci sarò sempre.” Sansa avrebbe voluto urlare. Si decise a
voltare le spalle a suo fratello per fronteggiare Baelish.
“Jon
troverà sempre del tempo per me” disse convinta mascherando il proprio
turbamento, “io sono la sua famiglia, non mi metterà da parte. Mai.”
Ditocorto
sorrise. Un sorriso viscido, crudele, e per un istante Sansa rivide
Ramsay. “L’ha già fatto” disse con un sussurro di morte.
Colta
da un’angoscia improvvisa, Sansa si girò lentamente ed il suo cuore
perse un battito. Erano avvinghiati e lei lo stava baciando.
No, pensò Sansa
sentendo il mondo vacillare sotto i suoi piedi. No! Poi
Alys aprì gli occhi, quei suoi meravigliosi occhi dorati, e fissò Sansa
con sguardo trionfante.
A
quel punto Sansa non si curò più dell’immagine che avrebbe dato e si
liberò violentemente dalla stretta di Baelish per poi correre verso
l’uscita.
Solo
quando fu sola in camera, la porta sbarrata e le finestre chiuse, si
lasciò cadere a terra, le lacrime che le scorrevano bollenti in viso ed
il cuore lacerato da un dolore che nemmeno avrebbe saputo spiegare.
Davos
La
strada sterrata e polverosa non accennava a terminare e Davos si
chiedeva quanto ancora distasse Porto Bianco. Lasciata Grande Inverno,
avevano seguito per qualche ora la Strada del Re per poi proseguire
costeggiando il Coltello Bianco, un fiume che, a dispetto del nome,
appariva tetro a causa delle pietre nere che costituivano il suo
fondale. L’acqua, schiumosa e gelida, era l’unico elemento del
paesaggio apparentemente immune all’inverno che aveva abbracciato la
natura. Il ghiaccio non riusciva ancora a paralizzare le sue acque e il
fiume scorreva pigramente creando ombre sinistre.
A
un certo punto il cavallo di Brienne era scivolato sulla neve fresca
che copriva il sentiero poco battuto e Davos si era sentito in dovere
di intervenire. Le aveva porto una mano, aiutandola a restare in sella
mentre lui recuperava il controllo del cavallo. Brienne l’aveva
guardato con un’espressione corrucciata a metà fra l’esasperato e
l’infastidito.
Era
strano tornare alla Roccia del Drago. In realtà erano passati solo
pochi mesi da quando la flotta di Stannis Baratheon aveva abbandonato
l’isola, ma a Davos sembravano passati anni tanto la situazione era
cambiata. Sono
partito come Primo Cavaliere di un re, era
solito pensare. E
ora ci torno per volere di un re diverso.
I
suoi pensieri continuavano a soffermarsi più di quanto avrebbe voluto
su Stannis. Quell’uomo era stato la sua vita: Davos l’aveva seguito in
guerra, l’aveva difeso dai suoi nemici, l’aveva consigliato. E ora
Stannis era morto. Ucciso dalla donna che cavalca al mio fianco.
Davos
era rimasto sconcertato osservando Brienne allenarsi con la spada. E’ molto più abile di quanto io potrò mai
essere, aveva dovuto ammettere. Poi aveva
notato la spada.
“E’
di acciaio di Valyria?” aveva chiesto senza pensare. Brienne gli aveva
lanciato un’occhiataccia, rinfoderando rapidamente l’arma. “Sì, e con
questo?” aveva chiesto sfrontata.
“Devi
sapere che quella spada può…” aveva iniziato Davos, ma Brienne l’aveva
interrotto sgarbata. “Risparmiami i tuoi discorsi” gli aveva detto con
una smorfia, “non ho alcuna intenzione di ascoltarli.” E Davos aveva
taciuto.
Al
crepuscolo giunsero ad una piccola osteria la cui sbiadita insegna
recitava L’Albero Cavo. Davos si guardò
intorno curioso, ma non scorse nessun albero. L’interno della locanda
era un misto di legno umido e metallo arrugginito. L’oste venne loro
subito incontro. Era un uomo piuttosto anziano con capelli folti e
disordinati ed il viso coperto da verruche.
“Benvenuti”
disse in tono cavernoso, “io sono Rufoldo, cosa desiderate?” Brienne
parlò prima che Davos avesse modo di aprire bocca. “Siamo pellegrini”
rispose sicura, “cerchiamo un posto per dormire… Possiamo pagare.”
Il
vecchio sembrò pensarci su. “In questo periodo difficile l’osteria è
sempre piena” rifletté mostrando i denti gialli, “ma forse mi è rimasta
una stanza…”
“Ce
ne servirebbero due” precisò Brienne impaziente. Rufoldo scoppiò a
ridere. “Signorina, è inutile giocare alla timida verginella” sogghignò
ironico, “non avete necessità di celare la vostra relazione. Anche se
lui forse è un po’ vecchio…” Davos avrebbe volentieri condiviso il riso
dell’oste, ma Brienne sembrava serissima.
“Hai
capito male” intervenne lei allarmata, “noi non…”
“Ma
certo, ma certo” la frenò Rufoldo facendo l’occhiolino a Davos, “venite
che vi mostro la camera: è la migliore della locanda…” Brienne era
rossa di collera, ma annuì dignitosa.
La
stanza tanto elogiata si riduceva alla fine ad un angusto spazio
soffocante il cui arredamento consisteva in un letto tarmato ed un
mobile cigolante. L’unico lusso concesso era una tinozza di legno
nascosta in un angolo. Davos non sapeva bene come comportarsi.
Brienne
scosse energicamente la testa.
“Io
non intendevo…”
“Vado
a chiedere all’oste tra quanti giorni dovremmo raggiungere Porto
Bianco” tagliò corto Brienne uscendo dalla camera.
Davos
si sedette sul letto prendendosi la testa fra le mani. Che cosa le
aveva mai fatto per spingerla ad odiarlo così tanto? Lo incolpava della
morte di Renly Baratheon, questo era certo, e Davos non ci aveva messo
molto a capire che Brienne era stata innamorata del bel principe che
giocava con i re più potenti di lui. Renly era uno sciocco, pensava
Davos evitando di dar voce alle sue convinzioni, ma non meritava quella morte.
Stannis
aveva ucciso suo fratello, eppure Davos per mesi aveva ignorato la
verità, crogiolandosi nell’illusione del suo re benefattore e giusto.
Ma Stannis non era neanche lontanamente perfetto e i fatti avevano solo
confermato questa cruda realtà.
Brienne
tornò chiudendo di scatto la porta cigolante. “Rufoldo dice che Porto
Bianco dista neanche un giorno di viaggio” spiegò con voce distaccata,
“adesso ci converrebbe andare a cena.” Davos annuì e insieme discesero
le scale che scricchiolavano ad ogni passo.
Si
sedettero al primo tavolo che trovarono e ordinarono due arrosti di
maiale. Davos chiese anche una birra, che iniziò a tracannare sotto lo
sguardo inquisitore di Brienne.
“Bevo
perché mi aiuta a dimenticare” spiegò Davos posando il boccale, “e
perché mi fa sentire meglio.”
Brienne
fece una smorfia. “E cosa vorresti dimenticare?” gli chiese sarcastica
“La vita ti sta andando bene a quanto pare. Primo Cavaliere di Stannis
Baratheon e ora consigliere fidato di Jon Snow, si cambia velocemente
partito…”
Davos
non aveva voglia di discutere, ma sapeva di dover chiarire qualche
questione lasciata in sospeso troppo a lungo.
“Stimare?!”
urlò Brienne “Ha ucciso suo fratello! E con la magia del sangue poi!”
“So
che forse non lo stimavi” ripeté paziente Davos, “ma Stannis sarebbe
diventato un grande re, migliore di Renly.”
Brienne
sembrava sul punto di esplodere. “E allora se lo amavi così tanto”
continuò furiosa, “perché non eri con lui quando morì? Dov’eravate tu e
quella strega rossa?”
Davos
contrasse i pugni al pensiero di Melisandre.
“Perché
lei non è morta?” chiese diffidente Brienne. “Perché è fuggita dopo
essersi accorta del suo imperdonabile errore” rispose Davos abbassando
lo sguardo.
Brienne
lo stava fissando, per la prima volta vagamente interessata. Davos
sentì le lacrime scorrergli sulle guance e non riuscì più a trattenersi.
“Aveva
voluto che venisse con loro” iniziò singhiozzando mestamente. “In
guerra, capisci? Una bambina! Io avevo pregato Stannis di concedermi di
riportarla alla Barriera, ma lui era stato irremovibile. La
mia famiglia resta con me, aveva detto e io non
avrei mai potuto immaginare che… E’ stata colpa mia, avrei dovuto
comprendere, fermare Stannis prima che anche solo l’idea gli sfiorasse
la mente. Ma sono andato alla Barriera e quando Melisandre mi disse che
la bambina era morta io non feci domande. Poi trovai questo.” Davos
estrasse da sotto gli indumenti il cervo bruciacchiato.
“Glielo
avevo intagliato io stesso. Voleva che le regalassi anche una femmina,
gliel’avevo promesso… Lei era come una figlia per me… Mi ha insegnato a
leggere e non ha mai perso il sorriso nonostante tutti gli orrori a cui
ha assistito.” Davos si fermò, incapace di proseguire. Brienne gli mise
una mano sulla spalla.
“L’hanno
bruciata viva” disse Davos con voce atona ed occhi spenti, “quella
strega ha convinto Stannis a sacrificarla per una vittoria contro i
Bolton. Ma sono tutti morti ugualmente, mentre quella donna ancora
respira.”
Brienne
sembrava commossa.
Davos
sollevò il viso tremante. “Shireen Baratheon” rispose guardandola negli
occhi. “Stannis ha condannato a morte la sua stessa figlia.”
L’orrore
sconvolse i lineamenti di Brienne.
La
verità era amara e difficile da digerire. Davos sapeva di dovere a
quella donna più di quanto meritasse. Sansa Stark aveva riconquistato
il posto che le spettava e si era salvata dai sicari del suo aguzzino
grazie soprattutto all’appoggio del fratello, ma tutto ciò era stato
reso possibile proprio dalla Donna Rossa. E’ paradossale, pensava
ridendo istericamente. Il
Nord le deve la sua libertà, ma lei è stata quasi condannata a morte.
Davos
rabbrividiva ancora al solo ricordo del vuoto terribile che aveva
provato quando aveva scoperto il cadavere di Jon Snow che giaceva sulla
neve imbevuta del suo stesso sangue. Era stato lui a supplicare
Melisandre di riportarlo indietro, ad incoraggiarla, a sperare in un
miracolo. Il miracolo era avvenuto e Jon si era rialzato. Davos l’aveva
sorretto mentre scendeva le scale di legno del Castello Nero davanti
agli sguardi sbigottiti dei bruti.
Brienne
lo stava fissando stranamente silenziosa. “Allora?” le chiese Davos
sarcastico “Non trovi più nulla di cui accusarmi?”
Brienne
abbassò lo sguardo. “E’ vera?” chiese incerta “La storia della bambina…
Di Shireen…”
Davos
annuì gravemente.
“Ti
sei comportato con onore” osservò calma la donna.
Davos
represse una risata. “Stannis odiava l’onore” disse senza guardarla.
“Diceva che può essere fatale… Guarda la fine che hanno fatto gli
uomini d’onore, Ned Stark, Jon Arryn, Barristan Selmy… No, Stannis
credeva nella giustizia e nell’onestà, ma non era orgoglioso: avrebbe
combattuto al fianco dei suoi soldati per morire con loro.” Fece una
pausa. “Proprio come ha fatto.”
Brienne
sembrò irrigidirsi. “Non ti biasimo per averlo ucciso” si affrettò ad
aggiungere il Cavaliere delle Cipolle, “Stannis ha fatto cose orribili
ed era giusto che pagasse.”
“Sai
quali sono state le sue ultime parole?” chiese Brienne “Fa’ il tuo
dovere.”
Davos
ne rimase genuinamente colpito e sorrise suo malgrado. In fondo doveva saperlo, si
disse rincuorato. La
morte è stata un dono per lui.
In
quel momento arrivarono le pietanze. L’arrosto sembrava un grumo di
terra verdastra e Davos si accorse di aver perso l’appetito.
Giunto
in camera, non ebbe il coraggio di coricarsi sul letto, così trascinò
in terra delle coperte, si rannicchiò avvolgendosi stretto e cadde in
un sonno profondo senza sogni.
Fu
svegliato poche ore più tardi da mani che lo scuotevano quasi con
gentilezza. Aprì gli occhi a fatica e riuscì a mettere a fuoco la
figura di Brienne, già completamente vestita.
“E’
l’alba” disse lei solamente. Davos annuì, affrettandosi a raccattare le
proprie cose.
Saldarono
il conto e salutarono Rufoldo, che regalò loro due pani come dono
di nozze. Davos si trattenne a stento dal ridere mentre Brienne
alzava gli occhi al cielo.
Si
rimisero subito in cammino rabbrividendo per l’aria frizzante e
bagnandosi gli stivali a causa della rugiada del mattino. Dopo circa
tre ore di viaggio, quando ormai il sole era sorto completamente, il
fiume che seguivano da giorni trovò la sua foce.
Arrivati
al porto, dovettero girare parecchio prima di trovare le navi che erano
state di Stannis. Davos le riconobbe facilmente: sventolavano ancora il
vessillo del cuore fiammeggiante accanto al meta-lupo degli Stark.
Erano sorvegliate da una piccola guarnigione che sembrava prendere
ordini da un uomo di mezza età intento a scarabocchiare frasi su un
pezzo di pergamena.
Davos
si schiarì sonoramente la voce. “Salve” esordì in tono confidenziale,
“vorremmo prendere una di quelle navi per…”
“Non è possibile” tagliò corto l’uomo senza distogliere gli occhi da ciò che stava scrivendo, “nessuna nave lascerà il porto. Negli ultimi giorni ci sono stati attacchi lungo le coste e non vogliamo rischiare. E poi, quelle navi sono di proprietà del Re del Nord.”
“Sì,
si dà il caso che io sia il suo consigliere” fece notare sarcastico
Davos.
L’uomo
finalmente si degnò di guardarlo. “Sono Ser Davos Seaworth” continuò il
Cavaliere delle Cipolle, “e sono in missione per ordine di sua grazia.”
“Seaworth
dici?” chiese con una smorfia l’uomo “Aye, lord Manderly mi aveva
accennato qualcosa nell’ultima lettera, ma è troppo pericoloso far
salpare navi.”
“Questo
è un ordine del re” intervenne acida Brienne.
L’uomo
la fissò ironico. “Da quando in qua mandano in missione le ragazze?”
Brienne
sfoderò la spada.
“Il
punto” intervenne Davos deciso ad evitare una disputa, “è che noi
dobbiamo arrivare alla Roccia del Drago e non possiamo attendere. Non
vuoi perdere le tue navi, è vero, ma a noi ce ne basta una vecchia:
l’importante è che sappia navigare. Non ci serve neanche l’equipaggio,
la guiderò io.”
L’uomo
lo fissò accarezzandosi il mento.
La Regina
di Corallo era una barchetta al confronto delle
vicine, ma sarebbe stata di gran lunga più veloce. Davos aveva deciso
di saltare i controlli di rito e incitò Brienne a salire.
Lei
lo fissò dubbiosa.
“Ho
guidato l’attacco ad Approdo del Re” le ricordò lui, “credo proprio di
sì.” Rassicurata, Brienne si sistemò a poppa. L’uomo li salutò dal
molo. “Buon viaggio” disse con un cenno di congedo della mano.
Davos
si concentrò sul timone. Era semplice, i gesti gli tornavano facilmente
in mente così come i cupi ricordi. Per distrarsi, lanciò la piccola
imbarcazione a tutta velocità, testandone le prestazioni
inaspettatamente alte. Il mare calmo ed il vento favorevole
consentirono loro di giungere in vista della Roccia del Drago in appena
tre giorni. Davos sentì un tuffo al cuore nel rivedere la sua isola.
Attraccarono
in una baia riparata, evitando di esporsi troppo. “Perché tutta questa
cautela?” chiese nervosa Brienne “Non dicevi che era deserta?”
“E’
così” affermò Davos, “ma potrebbero esserci spie Lannister, meglio non
rischiare.” Si diressero verso il cuore dell’isola attraverso la rada
vegetazione.
“Dov’è
questo Vetro di Drago che dobbiamo cercare?” chiese d’un tratto Brienne.
“Stannis
diceva che i Targaryen l'hanno estratto tutto e che ora si trova nei
sotterranei” spiegò Davos continuando ad avanzare, “dobbiamo arrivare
al palazzo.”
Improvvisamente
un fruscio li fece voltare repentinamente verso destra. Brienne sguainò
la spada, ma Davos non fece in tempo neanche a muoversi.
“Buttate
le armi” ordinò un enorme uomo abbronzato con lunghi capelli legati a
treccia e un forte accento straniero, “voi in arresto.” Brienne
sembrava vogliosa di combattere, ma Davos sapeva che non avevano
speranze.
“Chi
siete?” chiese Davos udendo gli uomini parlare in una lingua
sconosciuta “Per chi combattete?”
L’uomo
che aveva parlato prima si voltò a fissarlo. “Io Rakandro” disse come
presentazione, poi tornò serio. “Noi con la regina.”
Davos
non capiva. “Quale regina?” chiese disperato “Cersei Lannister?”
Rakandro
fece una smorfia.
"Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce."
N.D.A.
Ben tornati
a tutti! Se riuscite a sopportare
questi capitoli così lunghi siete davvero mitici XD Non ci posso fare
niente,
mi viene da scrivere tanto e allora perchè mai farli più corti?
Come avete visto la storia inizia a distaccarsi
completamente dalla settima stagione (grazie al cielo) e dai prossimi
capitoli
si vedrà ancora meglio.
Spero
davvero che abbiate apprezzato la mia Cersei,
certamente meno sana di mente di quella della serie XD L’incontro con
Euron è
completamente differente, così come il futuro evolversi del loro
“rapporto”.
Cosa ne pensate di Tyrion e del suo piano? Diciamo
che sta facendo esattamente il gioco di Cersei, ma come non perdonarlo
XD XD
Ma soprattutto ditemi come vi è sembrata la mia
Canzone del Ghiaccio e del Fuoco! Sì, l’ho inventa io ^_^’, mi assumo
la
responsabilità se ho distrutto un vostro sogno XD
Ovviamente l’ho adatta come una sorta di profezia,
o per meglio dire “profezia di ciò che potrebbe accadere” riguardo il
futuro
della storia, quindi siete liberi di sbizzarrire la vostra creatività
:-)
Le vostre splendide recensioni mi lasciano senza
parole ogni volta, ragazzi siete tutti fantastici e mi spingete a
continuare
con questa follia XD Sapere che la state apprezzando significa il mondo
per me,
grazie davvero…
Ma per fare le cose per bene ringrazio in ordine: Red_Heart96,
giona, NightLion, leila91
(e vi invito a leggere le sue storie…
sono tutte stupende), Spettro94 e Valkira7…
Grazie mille a tutti e ci
vediamo presto!
Un ringraziamento anche a tutti i nuovi che hanno
inserito questa storia tra le seguite, le preferite e le ricordate,
sappiate
che, anche se non vi sento, vi adoro lo stesso XD
E niente, io vi auguro buona Pasqua e buone vacanze
(a chi le ha, sigh) e spero davvero di avervi invogliato a lasciare una
recensione ^_^
Al prossimo capitolo!