Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Camila Serpents    02/04/2018    0 recensioni
"Che hai tatuato sul polso?"
C’è scritto Gratia. E’ una parola latina che identifica il gesto che faceva l’imperatore quando durante uno scontro nel circo, durante i giochi, doveva decidere sulla sorte del gladiatore in fin di vita. Se poneva il pollice verso, lo condannava. Se lo alzava, allora lo graziava, salvandogli la vita.
"E allora?"
Spero che Dio faccia la stessa cosa con me.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La mano destra appoggiata sul microfono della sala registrazione era abbellita con due anelli dorati, uno con una tigre con le fauci aperte con al posto degli occhi due pietre rosse, l’altro un anello a scudo con su inciso O’Mal. Le cuffie gli incorniciavano la testa da un orecchio all’altro, dalle labbra carnose aderenti al metallo freddo del microfono uscivano le strofe che aveva scritto con un’energia che trasudava voglia di riscatto. Gli occhi azzurri fissavano raramente il vetro dove c’erano i suoi amici e produttori, erano sempre diretti verso il basso, malinconici.

"Fratmo sto ultimo pezzo spacca".

Enzo sfilò le cuffie e sorrise soddisfatto.
​"Grazie frà".

Lo studio era piccolo, lo avevano ideato in un appartamento del palazzo in cui vivevano. Era tutto fatto da loro, niente case discografiche o manager prepotenti. Enzo si era circondato di alcuni buoni amici su cui contare. Lo accompagnavano ai live, si occupavano dell’organizzazione delle serate, delle grafiche, dei beat. Dietro di lui c’era un mondo, un mondo in netto contrasto con quello interiore.

"Ieri notte che fine avevi fatto? Ti abbiamo aspettato più del solito".

"Nulla, non trovavo la vena".
Stappò una bottiglia di birra e ne prese un sorso.

"E la tipa che abbiamo accompagnato qua alle Vele chi era?"
Mattia lo guardava con aria sospetta.

"Dai diccelo che te la sei chiavata".

Questa frase provocò un momento di ilarità nei ragazzi che aspettavano una risposta.
Enzo li guardò uno ad uno, poi sorrise.

"Non ti tradirei mai, ammò".
Diede un buffetto sulla nuca al suo interlocutore e prese la via della porta. Scese le scale di ferro a passo svelto, fino ad arrivare nel corridoio principale che collegava tramite altre infinite rampe di scale i due grossi edifici. Imboccò la terza sulla destra, e si ritrovò, dopo aver sceso una seconda scalinata che convergeva verso il basso, davanti ad un’unica porta.
Non era certo che quella fosse proprio casa di lei, ma si ricordava di averla accompagnata fino a quell’immenso corridoio e l’aveva guardata confondersi con il buio mentre imboccava la terza rampa di scale.
Era incapace di capire perché fosse davanti a quella porta così mal messa, in fondo non la conosceva affatto. Eppure aveva visto in lei quell’aria da bambina che era in netto contrasto con quello che era esteriormente. Probabilmente la cosa che lo aveva colpito all’inizio era che lei non lo conoscesse. Cosa che lo stranì ancora di più quando venne a scoprire che abitavano nello stesso squallido e fatiscente plesso di case.

"Scusami cerchi qualcuno?"
Una voce femminile interruppe il filo dei suoi pensieri, si voltò e la vide. Leggins grigio, maglioncino di ciniglia rosa e delle scarpe da ginnastica bianche. In mano aveva diverse buste della spesa e le chiavi di casa.

"Cercavo te".
I loro occhi si incontrarono per qualche secondo, lei gli sorrise imbarazzata. Non era abituata a certe frasi.
Enzo sperò di non avere stampata in faccia l’espressione di un idiota, la raggiunse sull’ultimo gradino su cui era e le prese le buste della spesa da mano.
Lei sorridendo mollò la presa dai manici e li posò nelle mani di lui.

"Grazie mille".

Un piccolo sorriso fece capolino sulle labbra spoglie di Marta, prive di rossetto. Era completamente struccata, gli occhi castani sembravano ancora più grandi senza quel trucco pesante e sul viso notò una spruzzata di lentiggini che le ricopriva il naso e le gote.
Le chiavi fecero due giri nella toppa e la porta si spalancò.

"Poggia pure il tutto sul tavolo, io arrivo subito".

La vide entrare nella stanza sulla sinistra poco più avanti della cucina che era inglobata nel salotto. Una casa per niente sfarzosa, si vedeva che non se la cavava bene. C’erano delle infiltrazioni di acqua nel soffitto che non promettevano nulla di buono, le finestre avevano solo gli infissi ma erano prive dei vetri, evidentemente avevano occupato quelle quattro mura abusivamente. 

"Ti affascina la muffa Enzo?"
Anche stavolta lo aveva preso di sorpresa.

"Ti diverti proprio a prendermi nei momenti in cui sto assorto".

Lei aveva stampato in faccia un sorriso da furbetta che lo intenerì nell’immediato.

"Ti faccio un caffè, lo prendi?"

"Sì grazie, zuccherato".

Marta mise su la macchinetta piccola, dopo aver messo l’acqua e poi il caffè cercò di avvitarla.

"Visto che ci sei, assicurati che sia ben stretta".

Enzo la prese fra le mani e la strinse con forza.
"Son proprio curioso di sapere poi come la sviterai".

Marta si limitò ad alzare un sopracciglio, fissandolo in quegli occhi color ghiaccio.

"Che hai da guardare Bambi?"
Sorrise scherzosamente cercando di sostenere lo sguardo di lei. Aveva un taglio degli occhi orientale, grandi e con l'iride scura, con toni caldi ed ambrati a seconda del sole. Non sapeva perchè ci stava pensando così tanto, eppure di ragazze avvenenti in quello squarcio di quartiere ce ne erano.
Ma Marta era particolare e questo lui lo aveva intuito.
La macchinetta incominciò a sbuffare, e Marta spense il fuoco.

"Niente, non posso guardarti Malament?"

"Certo che puoi nonnina".

"Almeno il mio maglione di ciniglia è del mercato del rione, ma non lo spaccio per originale come fai tu".
Posò la tazzina di fronte a lui, mettendo un cucchiaino di zucchero al suo interno.

"Basta così?"

"Sì, grazie. E comunque i miei capi sono finti originali, ma hanno stile".

Risero come i bambini che fanno uno scherzo durante la lezione, sommessamente ma di gusto. Enzo non si era mai trovato così a suo agio con nessuna donna. Aveva sempre avuto come obiettivo quello di non impegnarsi seriamente e di vivere delle relazioni libere e senza vincoli. Non sapeva identificare il valore dell’amore, in fondo lui di amore non ne aveva mai avuto esempio, il padre in carcere e la madre sempre con compagni differenti. Avrebbe dovuto avere un fratellino qualche anno fa, ma la madre lo aveva solo partorito e poi dato in adozione, non sentiva l’istinto materno. Non aveva voluto neanche prenderlo in braccio dopo che le ostetriche lo avevano pulito. Lui lo venne a scoprire solo qualche mese dopo, tramite una discussione fra sua madre e il compagno.

"Che hai tatuato sul polso?"
La voce pacata di Marta interruppe l'immensa cascata dei suoi pensieri.
​Lui le sorrise convergendo il suo sguardo nell'esatto punto che lei stava indicando.

"C’è scritto Gratia. E’ una parola latina che identifica il gesto che faceva l’imperatore quando durante uno scontro nel circo, durante i giochi, doveva decidere sulla sorte del gladiatore in fin di vita. Se poneva il pollice verso, lo condannava. Se lo alzava, allora lo graziava, salvandogli la vita".

"E allora?"
Marta sentiva che c'era qualcosa di incompiuto nelle sue parole.

"Spero che Dio faccia la stessa cosa con me".

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Camila Serpents