Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Rebi_7_24    08/04/2018    0 recensioni
Se avesse saputo a cosa stava andando incontro, se qualcuno le avesse detto in anticipo cosa sarebbe venuto poi, se avesse potuto prevedere anche un singolo frammento di ciò che sarebbe diventata la sua vita....
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°°°°°°°°°Dal°°primo°°capitolo°°°°°°°°°°°°
「Quell'amore, si era promessa, avrebbe fatto in modo di guardarlo dritto in faccia almeno una volta. Voleva che lui sapesse. Doveva sapere che, tra l'infinità di gente che lo acclamava, che lo supportava e lo amava, c'era anche lei.」
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....avrebbe desiderato che accadesse molto prima.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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Un’auto nera dai vetri oscurati avanzava per le strade di Londra, diretta nel luogo in cui si sarebbero svolte le ultime prove dell’imminente concerto.
Accanto al Re del Pop sedeva  Frisk, che finalmente aveva ricevuto il suo tanto agognato autografo e ora chiacchierava allegra con il suo idolo, insieme a Diana.
Lui venne a sapere dei suoi amici in orfanotrofio, del suo legame con la ragazza che era con lei, del fatto che il suo vero nome non era Frisk, bensì Rachel.
Come spiegazione a tale cambiamento, la bambina rispose semplicemente che l’originale non le piaceva. Una piccola bugia bianca per evitare un discorso che non tirava fuori da tanto, tanto tempo.
A sua volta, Michael le raccontò di Neverland, dei suoi figli, della vita da popstar e di quando suo cugino aveva chiuso il suo supermercato per permettergli di fare la spesa come una persona comune.
Anche Bill, dal posto di guida, aveva fatto conoscenza con le loro ospiti, per poi tornare a concentrarsi sulla strada indicata dal navigatore. Il resto dello staff viaggiava dietro di loro con altre auto.
I tre sui sedili posteriori si facevano domande su domande, incredibilmente presi gli uni dagli altri, e diventava sempre più evidente un certo feeling tra Michael e Frisk. Venne fuori che la piccola aveva un sacco di cose in comune con sua figlia Paris, oltre alla stessa età. Più di una volta, il cantante aveva affermato che un po’ gliela ricordava, e gli sarebbe tanto piaciuto se ci fossero stati anche lei e i due fratelli, Prince e Blanket, a conoscere le sue nuove amiche.
L’auto parcheggiò in un parcheggio privato al coperto, e la meta finale si rivelò essere una sala prove inaspettatamente modesta, semplice. Era insonorizzata, con diversi strumenti, impianti audio e un piccolo palco rialzato. Ma scoprirono le due che il lavoro di quel giorno consisteva soltanto in prove del suono e organizzazione di alcuni effetti speciali tramite computer.
Michael si scusò per la sua temporanea assenza, e raggiunse una decina di uomini, tra cui Bill, che lo attendeva per cominciare.
Frisk e Diana si sedettero sul rialzo del palco, e si scambiarono un perfetto sguardo di intesa. Entrambe avevano in testa lo stesso identico pensiero: “Oh. Mio. Dio.”
Era assurdo, non poteva star succedendo davvero. Cioè, non a loro! Quel genere di cose si vedeva soltanto nei libri che leggevano insieme, a volte in qualche film o al massimo potevano riguardare persone estranee. Ma roba simile non si viveva MAI in prima persona!
Diana prese il cellulare per avvisare del loro ritardo, poi tornò a guardare la sua amica, compiaciuta.
“Allora, ho mantenuto la mia promessa?”
 
[***]
 
Passò circa una mezz’oretta, e il cantante tornò da loro.
“Scusate l’attesa, credo di aver finito ora”, dichiarò sorridente, sedendosi insieme a loro. Chiacchierò ancora con Diana per qualche minuto, quando Frisk, rimasta in silenzio fino ad allora, gli toccò un braccio.
“Mi insegni il moonwalk?” Gli chiese quasi sottovoce, e lui non si fece attendere nel rispondere. Si alzò e le porse la mano per aiutarla. Lei accettò di buon grado, e tutti e tre si posizionarono al centro del palco. Ebbero quindi inizio le lezioni di danza.
Andarono avanti tra spiegazioni, prove, risate e qualche caduta. Michael aveva insegnato loro diversi altri passi, dopo quello iniziale.
Frisk non si divertiva così da… Nemmeno lei ricordava da quanto. Ma tutto quel divertimento stava essendo stancante, e quando si fermarono per una pausa lei non perse tempo a trovare posto sulle gambe di Diana, che la accolse tra le braccia consapevole che di lì a poco sarebbe crollata. E così fu.
Gli altri due ne approfittarono per parlare più comodamente.
Trascorso qualche minuto, Michael chiese delle condizioni dell’orfanotrofio. Era accogliente? I bambini erano accuditi correttamente? Da quanti anni Frisk si trovava lì? E perché? Stava bene? Era felice? Perché nessuno l’aveva ancora presa con sé?
Diana non rispondeva a tutto, ma lui continuava a far domande.
Era sua abitudine visitare orfanotrofi e ospedali pediatrici, per far sorridere quei bambini sfortunati anche solo per un giorno. Gli portava dei regali, parlava e giocava con loro. Ma c’era qualcosa in lei che non riusciva a spiegarsi, e che lo spingeva a volerla conoscere meglio, a cercare di scoprire di più sul suo conto.
Tra domande e risposte, domande e risposte, altre domande e altre risposte, giunse il momento di rientrare, seppur a malincuore. Michael si offrì di accompagnarle in auto, e portò in braccio lui stesso la piccola che non voleva saperne di alzarsi.
 
[***]
 
“Grazie per tutto, è stato un onore passare del tempo con te”, Diana salutò il cantante sorridendo, con un velo di malinconia negli occhi ma felice e molto soddisfatta della giornata trascorsa. Le dispiaceva di non essere riuscita a svegliare Frisk, ma dopo alcuni tentativi Michael aveva proposto di lasciarla dormire.
“L’onore è stato mio, ci vediamo”, le disse, prima di ripartire e lasciarla all’entrata dell’orfanotrofio.
Diana si soffermò un attimo su quel saluto. Cosa significava? Loro non si sarebbero di certo rivisti. Poi però lasciò perdere, probabilmente anche lui era stanco dopo tutto l’accaduto.
Sospirò, diretta alle camerette. Era stata un’esperienza splendida, avrebbe avuto molto da raccontare.
Michael, dal canto suo, quella sera rientrò in hotel con un pensiero in testa.
Credeva nel destino, da sempre. E l’incontro di quel giorno non era stato un caso.
 
 
 
   
 
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