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Autore: Axel Knaves    10/04/2018    1 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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[12]» Demolire casa, una passione «[12]

 

3rd POV - Helel

Appena padre e figlia furono usciti dalla stanza, il Diavolo e le due donne iniziarono a sparecchiare. Solo al terzo giro di piatti sporchi che portava in cucina, Helel si accorse che suo fratello e il fratello di Eva erano scomparsi.
«Sapete dove sono A e Davide?» Chiese.
Cecilia era l’addetta al lavandino, Serena all’asciugatura dei piatti ed Helel sarebbe diventato l’addetto al mettere al loro posto ogni singola cosa asciugata appena avrebbe finito di portare nella stanza i piatti sporchi.
«Credo che Davide stia tenendo il discorso da “fratello maggiore” ad Azrael». Gli rispose Serena mentre stava asciugando un bicchiere.
«Non vorrei mai trovarmi nei suoi panni», borbottò l’uomo dagli occhi chiari.
Se Davide era solo un decimo spaventoso quanto Eva da arrabbiato; sperava solo di rivedere il fratello tutto intero.
«Io non vorrei mai trovarmi nei nostri», lo corresse Serena. «Conoscendo Davide, avrà avuto la brillante idea di occupare il bagno con Azrael». Sentenziò scocciata, prendendo il piatto bagnato che le stava offrendo la madre.
«Perchè? Avresti voluto occuparlo tu con Azrael?»Chiese beffardo il Diavolo.
Helel non lo avrebbe mai rivelato ad alta voce, ma frustare una ragazza dal carattere così forte gli provocava una piccola punta di piacere.
A Serena quasi scivolò il piatto dalle mani a quell’affermazione. E non perché si vergognass, ma per via del suo cervello che, sì l’aveva immaginata nel bagno dell’appartamento, però non in compagnia di Azrael, ma dell’uomo che aveva davanti in quel momento.
E in comportamenti molto compromettenti, a cui sua madre sarebbe potuta svenire.
«È per caso gelosia quella che sento?» Chiese lei, di rimando, mentre sentiva le guance diventare bordeaux.
Fu il turno di Helel di diventare un peperone ambulante.
Se una cosa avrebbe dovuto imparare, dopo aver bruciato la padella preferita di Eva, era che giocando con il fuoco ci si può scottare.
«Nei tuoi sogni», sbottò, facendo ridere Serena sotto i baffi.
Cecilia, che nel mentre era rimasta in silenzio, ascoltando l’interazione dei due, aveva un sorriso ebete in faccia.
Non era mai capitato che qualcuno, al di fuori della loro famiglia, riuscisse a far alterare così tanto la figlia minore. La donna aveva la sensazione che i due giovani, conosciuti oggi, sarebbero entrati a far parte della loro famiglia in non molto tempo.

3RD POV - GIACOMO

Eva ebbe una scarica di brividi appena suo padre propose di fermarsi a parlare nel parco giochi vicino al suo appartamento.
Giacomo era un paio di passi davanti alla donna, eppure anche lui riusciva a percepire il disagio che sua figlia stesse provando in quel momento.
Questo lo preoccupò.
Seppur tutti e tre i suoi figli erano cresciuti diventando persone dal carattere forte, Eva era sempre stata quella con il carattere più caparbio.
Aveva sempre avuto la testa dura come il marmo e davvero poche volte permetteva che le emozioni si mettessero in mezzo alle sue decisioni.
Il padre guardò la figlia da oltre la spalla e sentì il cuore stringersi alla visione che aveva di fronte: Eva era pallida come un lenzuolo e le mani le stavano tremando.
«Eva?» Chiese preoccupato. Che cosa era successo in quel luogo da mandare in panico la figlia?
La ragazza deglutì rumorosamente e fissò il padre con uno sguardo di puro panico. Anche se aveva passato l’ultimo mese ad allenarsi, Eva si rese conto che non aveva ancora affrontato pienamente il  trauma di quella notte.
Essere di nuovo lì le aveva fatto crollare tutti i muri che si era creata per proteggersi.
Essere di nuovo lì le aveva ricordato quanto in realtà fosse debole.
Giacomo tolse ogni distanza che lo divideva dalla figlia appena vide le lacrime accarezzarle le guance, in un attimo Eva fu avvolta nelle braccia forti di suo padre mentre i singulti le facevano sussultare in modo scomposto le spalle.
Tutte le sensazioni che aveva provato quella sera tornarono in lei come se fosse ancora lì.
La gioia che si era trasformata in panico, il panico che era mutato nella paura della morte. La speranza e la sollevazione che aveva causato l’apparizione di Azrael.
«Ssshhh». Le sussurò il padre, mentre le accarezzava i capelli e la dondolava per calmarla. «Eva tranquilla. Ora va tutto bene. È tutto passato».
«Pa-Papà ho...» Sniff. «Avuto co-così ta-tanta paura». Balbettò lei tra le lacrime e Giacomo si pietrificò all’idea di cosa poteva essere successo in quel parco alla sua bambina. Di come qualcuno l’avesse potuta toccare come non si dovrebbe mai toccare una persona.
L’uomo sentì come gli occhi iniziavano a inondarsi di lacrime solo all’idea e d’istinto strinse Eva ancora di più contro di sè.
«Ci sono qua io ora, Eva», le disse con tono spezzato, «nessuno ti potrà più toccare».
Eva non seppe per quanto pianse, ma finalmente a un certo punto le sue lacrime decisero di placarsi e dare tempo al suo corpo di calmarsi.
Quando Giacomo si fu assicurato che la figlia avesse ripreso un certo contegno, si andarono a sedere sulle panchine che erano a pochi passi da loro.
Per qualche minuto tutto ciò che ci fu tra loro fu un silenzio pieno di domande da parte di Giacomo e di risposte che Eva non voleva dare.
«Va bene se non vuoi raccontare ciò che è successo». La tranquillizò il padre ed Eva si sorprese nel scoprire che riusciva a sorridere, toccata dall’apprensione del padre.
«Quasi successo, fortunatamente Azrael è intervenuto in tempo». Corresse lei.
Giacomo si trovò a guardare la figlia di sottecchi.
«Non ti preoccupare, anche lui prova lo stesso».
Eva scattò dritta e guardò il padre a occhi sgranati, totalmente rossa in faccia. I suoi sentimenti per l’angelo della Morte erano davvero diventati così espliciti, che anche suo padre se n’era accorto? E se se ne fosse accorto anche Azrael?! Sperava proprio di no!
«Cosa vorresti intendere con ciò?» Chiese lei, guardando ovunque meno che al padre. Cercando di giocare la carta della finta tonta.
Giacomo dovette sopprimere una risata e scosse la testa. Davvero sua figlia credeva che lui non la riuscisse a leggere come un libro aperto? Aveva solo un dubbio che gli dava fastidio.
«Dimmi solo che non ti sei dichiarata a quel ragazzo - che anche un cieco vedrebbe che è innamorato di te - perché vuoi essere sicura dei tuoi sentimenti; e non per quello che Thomas ti ha fatto passare tanto tempo fa».
A quella richiesta Eva si morse con forza il labbro..
Anche se continuava a ripetere a se stessa che era proprio quello il motivo per cui era rimasta in silenzio su i sentimenti, che aveva iniziato a provare per Azrael; sapeva che la realtà era tutt’altra: la paura che si ripetesse ciò che anni prima era successo con Thomas, era ancora molto forte.
Giacomo comprese dalle dita della figlia, che avevano iniziato a muoversi come se stesse avendo degli spasmi, che il suo timore era ben fondato. Sospirò, era proprio vero quello che gli ripeteva Cecilia: i suoi figli, avevano sì, ereditato il suo carattere forte; ma il pacchetto aveva anche compreso la sua stupidità.
Per un momento, l’uomo, però, rivide il sé stesso più giovane nella donna che era seduto accanto a sé. Anche lui, proprio come Eva, aveva avuto paura di dichiararsi a Cecilia - seppur anche i muri sembravano comprendere che alla donna lui interessasse - e, proprio come stava capitando in quel momento, c’era voluto suo fratello per comprendere che stava facendo una stupidata a stare zitto solo per paura.
L’uomo di mezz’età sorrise alla figlia che ancora stava evitando il suo sguardo.
«Quanto ti fa felice Azrael?» Chiese, pronunciando le stesse parole che suo fratello gli aveva pronunciato molti decenni prima. Se Matteo fosse stato ancora in vita sarebbe sicuramente stato fiero di lui.
Eva lasciò andare il labbro inferiore dalla morsa in cui l’aveva rinchiuso e finalmente tornò a guardare il padre. Lo guardò negli occhi e lì vide la serietà con cui le era stata imposta quella domanda; ordinandole tra le righe di rispondere solo con la verità e non ciò che lei voleva far credere a sé stessa.
«Più di quanto abbia mai immaginato che una persona potesse farmi essere». Dichiarò grattandosi la nuca, imbarazzata a dire quella piccola verità davanti al padre.
«E vuoi davvero rinunciare a quella felicità per paura e per un’idiota come Thomas?» Continuò il suo ragionamento Giacomo, avvicinandosi a Eva. «Ma soprattutto; sei sicura che lui - disse appoggiando l’indice sopra il cuore di lei - riuscirebbe a sopravvivere se la paura ti lasciasse scappare quel ragazzo?»

EVA’S POV

Dire che la visione al mio ritorno fu sorprendente, sarebbe davvero poco.
Io e mio padre eravamo rimasti nel parco per quasi due ore a parlare dopo il mio attacco di panico; all’inizio di Azrael ed Helel, ma poi il discorso era facilmente divagato su come andava la mia carriera universitaria, a come era difficile gestire Serena senza me o Davide nei dintorni o semplicemente a come le ultime ricette di mamma non erano venute proprio appetibili come lei sperava.
C’era un motivo se il cuoco principale di casa era sempre stato mio padre.
Di certo non avremmo mai immaginato di tornare alla situazione che ci si presentò.
«Arrendetevi!» Stava urlando mia sorella dietro a un fortino creato con il divano e i suoi cuscini. «Ormai non avete scampo!» Continuò mio fratello prima di uscire allo scoperto per tirare un pennarello al secondo fortino presente nella stanza, creato dalla due poltrone rimanenti.
Dietro a quest’ultimo vi erano nascosti i due angeli con cui dividevo l’appartamento, che si stavano stringendo l’un l’altro cercando di mettere al riparo anche gli altri che uscivano ai lati.
«Non ci arrenderemo mai!» Urlò contro i miei fratelli Helel, prima di prendere il pennarello che gli era appena atterrato accanto e lanciarlo all’indietro senza neanche prendere la mira; sperando ovviamente di prendere il bersaglio.
«Credo di aver appena capito cosa si prova ad avere figli». Dissi ancora immobile a mio padre che si era fermato accanto a me; anche lui ovviamente sorpreso della situazione. «Ho deciso che non ne avrò mai uno mio». Aggiunsi.
«Oh! Giammy, Eva, siete tornati!» Esclamò mia madre, spuntando dalla cucina.
La guardai un attimo strabiliata a vedere come la situazione attorno a lei sembrava non darle fastidio; poi mi venne in mente che aveva cresciuto me, Davide e Serena sotto uno stesso tetto… Era decisamente abituata a peggio.
Mio padre si riprese, si avvicinò a mia madre e le diede un bacio a stampo.
«Era da un po’ che non tornavo a casa per trovare il finimondo». Le disse divertito mio padre. «Quasi direi che mi mancava come situazione».
«Anche a me ha fatto tornare in mente molti ricordi». Concordò mia madre, guardando un attimo la guerra di pennarelli che era ancora in corso. «Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta che abbiamo dovuto riprendere i nostri figli per aver rotto qualcosa mentre stavano facendo la lotta e non solo un paio di anni!»
A quell’affermazione sentii le guance tingermisi di rosso per l’imbarazzo: mi ricordavo bene di ogni singolo oggetto prezioso che avevamo rotto facendo gli idioti tra noi, in casa… Questo comprendeva un vaso originario cinese, un albero di natale e un intero presepe fatto di statue da venti centimetri.
«Ecco la principessa!» Urlò Davide riportandomi al presente. La testa mi scattò nella sua direzione e vidi il suo indice indicarmi.
Oh, ti supplico no…
«Chi la riuscirà a rapire per primo avrà vinto!»
Io lo uccido prima o poi…
In un attimo mi ritrovai davanti tre uomini che correvano verso di me a tutta velocità. Grazie all’allenamento a cui mi ero sottoposta per tutto quel mese riuscì ad evitare agilmente sia Davide che Helel; ma non fui abbastanza veloce da evitare Azrael che mi avvolse le braccia attorno alla vita e, alzandomi di qualche centimetro da terra, fece aderire la mia schiena al suo petto scolpito.
«AH-AH!» Urlò rivolto a Davide. «Abbiamo vinto noi!»
«Noooooo!» Pianse, per finta, Davide iniziando a battere il pugno a terra. «Come sono riuscito a farmi soffiare così Eva dalle mani?»
Alle nostre spalle potevo benissimo sentire Serena ridere a crepa pelle.
Cercai di rimaner seria ma non riuscii a trattenermi dal sorridere e dall’iniziare a ridere a tutta la scena che si era venuta a creare.
Però la vita non è mai quella camminata in un prato pieno di margherite che tutti vorremmo, no?
Ci fu solo un istante di tensione, un solo istante in cui percepii che le cose stavano per mettersi male, prima che una manciata di demoni irruppe nel mio appartamento sfondando le finestre della sala alle spalle di Serena.
Tre si lanciarono contro me, Azrael, Helel e Davide; uno contro i miei genitori e uno contro mia sorella.
Bastarono quei pochi secondi per far scattare i due angeli e me.
Azrael mi lasciò andare, lanciandomi verso i miei genitori, così da poter attaccare uno dei tre demoni che ci avevano caricato, mentre Helel si occupava del secondo; così che non arrivassero a Davide.
Io feci volare attraverso un muro il demone che stava cercando di attaccare i miei genitori, prima che il terzo diavolo che aveva attaccato me e i due angeli mi placcasse a terra.
L’istinto e la memoria muscolare presero il controllo del mio corpo e in pochi secondi - grazie a tutto ciò che Mikael mi aveva insegnato - ero riuscita a divincolarmi da sotto al diavolo, mettendogli un piede sul torace e utilizzando un’onda d’energia per farlo volare via.
Mi riuscì appena a rimettermi in piedi quando un secondo demone mi si avventò contro. Saltai all’indietro evitando per un soffio che un pugnale infernale mi perforasse il collo.
Fu in quel momento che l’urlo di terrore di Serena invase l’appartamento.
Serena… Non c’era nessuno vicino a lei in grado di aiutarla! Il terrore mi bloccò sul posto. Il demone di fronte a me se ne accorse e ne stava per approfittare quando…
«NON OSARE NEANCHE SFIORARE SERENA CON UN DITO!» Il ringhiò di Helel fu seguito da un’onda di energia così potente che mise fuori gioco tutti i demoni in un unico colpo e mi fece quasi perdere l’equilibrio.
Anche se ancora non ero proprio certa che il demone ai miei piedi fosse inerme, guardai cosa stava succedendo alle mie spalle: Azrael era in piedi davanti a un Davide ancora raggomitolato a terra, di fronte a loro un demone K.O.; Helel, invece, si stava dirigendo nella direzione di mia sorella, calpestando con tutti i suoi poteri il demone che aveva cercato di ucciderlo, facendo scoppiare il corpo in una nuvola di cenere grigia.
Il Diavolo percorse in pochi secondi la sala e, dopo aver fatto scoppiare in cenere il demone che sovrastava mia sorella, strinse il corpo tremante e ferito di Serena al suo petto; così da assicurarsi che stesse bene e cercare di calmarla.
Mia sorella scoppiò a piangere neanche qualche secondo dopo, preda inerme di un attacco di panico.
Guardai allora in che stato erano i miei genitori e li trovai seduti a terra, schiena contro alla parete, mentre mio padre stringeva forte le braccia intorno a mia madre, che gli stava piangendo contro al petto.
«Cos’è appena successo?» Chiese la voce tremante di Davide alle mie spalle. «Cosa sono quei mostri? Cosa siete voi? COSA AVETE FATTO AD EVA?!»
Azrael sospirò intensamente prima di uccidere il demone che aveva di fronte dandogli una tallonata in volto.
«Vi spiegheremo tutto con calma, ma prima devo fare una cosa importante». Gli rispose l’Angelo della Morte, come se quello a cui avevano appena assistito non fosse nulla di che.
Azrael si avvicinò a me e mi fissò intensamente negli occhi.
«Stai bene?» Mi chiese e io riuscii solo ad annuire; ancora incapace di capacitarmi dell’ira che aveva pervaso Helel all’urlo di mia sorella.
«Sei stata splendida». Aggiunse e mi diede un bacio in fronte. Al contatto delle sue labbra sulla mia pelle riuscii finalmente a rilassarmi un poco.
Infine l’angelo si staccò da me e si inginocchiò sul demone ai miei piedi, prima di iniziare a prendere a schiaffi il corpo inerme finché il mostro in rosso non si fu ripreso.
«Ora ascoltami bene, demone inferiore», minacciò con un tono profondo, freddo e calcolatore. Il demone che stava cercando di divincolarsi dalla mano che lo teneva per il collo si fermò a quell’ordine. «Adesso t–» Cercò di dirgli il giovane angelo, ma il fratello maggiore gli sfilò il demone dalle mani.
Helel alzò al di sopra della sua testa il demone, stringendogli la gola, così che le punte dei piedi penzolanti erano ben lontani dal suolo.
«Ritorna con quel sacco di merda sopravvissuto a Corte», sibilò ogni parola con un odio e una rabbia che mi fecero accapponare la pelle. Quello non era Helel, quello che avevo davanti era il Diavolo; gli occhi iniettati di sangue e l’aria di pericolo che lo circondava ne erano chiari indizi.
«E dì ad Erezel di non provare mai più a toccare questi umani, oppure potrei distruggere l’intero Inferno da solo pur di ucciderlo».
Il demone iniziò ad annuire freneticamente.
«MI HAI CAPITO?»
«S-S-Sì, mio Sire!» Rispose con voce roca e priva di ossigeno il demone, ormai completamente spaventato a morte.
Helel lo lasciò andare.
Il demone si accasciò per qualche secondo a terra, tossendo e recuperando un po’ di ossigeno; poi si avvicinò al corpo ancora inerme del secondo superstite e in un attimo entrambi sparirono dalla nostra vista.

3rd POV

«SONO STATI GLI ANGELI!» Urlò Erezel alla massa di demoni che si era raggruppata davanti alle porte della Corte demoniaca.
Quando i due superstiti erano tornati alcune ore prima riferendogli tutto ciò che era successo, il demone, ora a capo dell’Inferno, aveva compreso che quella era la pedina che stava aspettando da qualche tempo ormai.
Così aveva mandato a chiamare tutti i demoni del suo regno, per finalmente mettere in moto il suo piano. Non c’era voluto molto perché anche i demoni ancora leali ad Helel cadessero nella trappola e credessero che l’umana fosse un angelo che aveva preso il controllo del loro Sire per conto di Gavriel e Mikael.
«HANNO PRESO IL NOSTRO SIRE COSÌ DA POTER AVER IL CONTROLLO ANCHE SUL NOSTRO REGNO!» Continuò. «E VOI VOLETE LASCIARGLIELO FARE?»
«NO!» Gli rispose la massa demoniaca all’unisono.
«COSA FAREMO ALLORA?»
«INVADEREMO IL PARADISO!»
«COSA FAREMO?»
«INVADEREMO IL PARADISO!»
«CHI È CON ME?»
La folla gli rispose con urla innaturale e mostruose, segno che i demoni erano pronti per la guerra.
Ed Erezel era finalmente pronto a compiere la sua vendetta e prendere il potere su tutti e tre i regni celesti.
Tridel guardò la folla esultare alla dichiarazione di guerra che Erezel aveva appena concluso, con uno sguardo disgustato. Era arrivato che anche lui, proprio come Helel, abbandonasse l’Inferno. Doveva avvisare immediatamente Mikael di ciò che stava succedendo.
Senza essere notato sparì in uno schiocco di dita, sperando di essere in tempo per riuscire a fare la differenza.
 

» Angolo Autrice «

A chi era mancato il nostra caro e vecchio Erezel? A me sinceramente non più di tanto.
Quando la situazione sembrava essersi finalmente tranquillizzata ecco che i demoni tornano di nuovo all'attacco e questa volta cercando di attaccare non solo Eva, ma anche la sua famiglia.
Cosa succederà ora? Erezel avrà ciò che vuole oppure Tridel arriverà in tempo?
Per saperlo dovrete semplicemente aspettare il prossimo capito!
Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Lasciate un commento (e fatemi sapere dove faccio orripili errori, vi supplico e cercherò di rimetterli a posto) o iniziate a seguire la storia!
Al prossimo capitolo,


Axel Knaves

 
   
 
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