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Autore: Fata_Morgana 78    11/04/2018    2 recensioni
Al mondo tutti meritano una seconda possibilità, anche quelle persone che... dopo aver abbracciato per anni il buio, credono di non avere nessun diritto ad essere felici... La seconda possibilità, per avere una vita felice, per Severus Piton potrebbe chiamarsi Clarice Johnson una sua ex studentessa Serpeverde... Una cosina piccola, piccola per la Festa della Donna...
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Opportunità'
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A Dreamsneverend che non solo ha creduto che questa storia valesse la pena di essere pubblicata ma che mi ha anche spinto ad andare oltre il primo ed unico capitolo che avevo deciso di scrivere…

Quarta Parte

Le giornate nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts trascorrevano serene e dense di impegni. I bambini, e gli stessi genitori che non avevano avuto la possibilità di frequentare la Scuola, erano entusiasti sia dei programmi sia dell’ambiente che li aveva accolti così calorosamente.
Clarice, osservava il figlio correre insieme al gruppo di amici che si era creato passando da una lezione all’altra come se fosse cresciuto in quell’ambiente, anziché in un piccolo villaggio scozzese.
- Signorina Prince, buongiorno. – la salutò Draco facendola sobbalzare – Tutto bene, Clary? – le chiese dispiaciuto di averla fatta spaventare.
- Sì, tutto bene Dray, grazie. Ero solo persa nei miei pensieri. Stavo osservando i bambini. – e glieli indicò con la testa, Draco ed Harry le erano stati molto vicini in quei giorni, spronandola a non perdere la speranza di far breccia nel cuore del loro insegnante.
- Ti piacciono molto i bambini, vero? – chiese Harry raggiungendoli.
- Sì. – annuì lei sorridendo, raccontando loro alcuni dei momenti più importanti vissuti con suo figlio.
- Adesso ci vorrebbe proprio o un fratellino o una sorellina.
- Oppure entrambi. – ridacchiò Draco abbracciando il fidanzato, anche loro desideravano dei figli e non vedevano l’ora di poter ufficializzare la loro unione per iniziare le pratiche di adozione.
- Ci vorrebbe della materia prima che, - sospirò sconsolata – al momento non ho sottomano.
La prima campanella della mattina suonò, interrompendo la loro conversazione. Draco ed Harry salutarono Clarice con un bacio sulla guancia, lei li abbracciò e, augurando loro buona giornata, andò alla ricerca del figlio che trovò in cortile intento a discutere, nuovamente, con i gemelli che erano spalleggiati da un adulto che sembrava più bambino di loro.
- Daniel. – lo chiamò – Va tutto bene? – chiese avvicinandosi, l’uomo si girò e le dedicò uno sguardo beffardo.
- Hai bisogno della mammina a difenderti?
- I suoi figli, signore, hanno bisogno del papà per intrattenere una conversazione? – sbottò di rimando lei mettendosi al fianco del figlio, guardando l’uomo con espressione dura.
- Ma come…? – iniziò, ma la voce seccata di un altro uomo interruppe quella diatriba.
- Ancora a mettere zizzania tra i bambini, Sirius? Non ti vergogni neanche un po’? Eppure sei un docente di questa Scuola, non uno studente!
- Uffa, tu non sai proprio divertirti Lunastorta! – fece una specie di labbrino l’uomo con i capelli neri, lunghi sulle spalle ed il pizzetto aristocratico che l’altro aveva chiamato “Sirius”.
- Lei è Sirius Black? – inarcò un sopracciglio la giovane strega – Docente di Difesa contro le Arti Oscure? – lo guardò mandando la testa di lato.
- Già anche se non si direbbe, mio marito è un buon insegnante. – sorrise colpevole l’altro uomo che, tendendole la mano, si presentò – Io sono Remus Lupin in Black. E loro sono i nostri figli, Elettra e Zahir.
- Piacere di conoscerla professor Lupin. – sorrise Clarice – Ho letto alcune delle sue pubblicazioni, io sono Clarice Prince. Lui è mio figlio, Daniel.
- Daniel, la mia Elettra parla molto di te.
- Ooh lo immagino! – alzò gli occhi al cielo il bambino, quel gesto ricordò a tutti l’espressione di Severus.
- Oddei! – gemette Remus – Ho rivisto… - guardò Clarice – Il nostro Preside bambino.
- Già. – annuì lei – So che voi docenti siete a conoscenza della sua vera identità. Poi, voi avete la sua stessa età, andavate a Scuola insieme. Siete due dei quattro Malandrini. – li guardò assottigliando gli occhi, sapeva dei tiri gobbi che avevano fatto al “suo” Severus e non poteva provare né affetto né simpatia per loro. Soprattutto per Sirius Black, alias Felpato.
- Come può un essere viscido come Mocc… - iniziò Sirius, ma non riuscì a terminare la frase: Remus l’aveva zittito con un bacio, impedendogli di dire qualcosa di sconveniente. Clarice, aspettò a disagio che i due finissero di scambiarsi tenere effusioni e, dopo aver raggiunto il fianco di Sirius, gli sussurrò all’orecchio:
- Professor Black, non sono affatto come le donnette che è abituato ad affrontare lei. Non mi faccio mettere in soggezione dalla sua aria dark, così vissuta. Non mi spaventa il suo ghigno né la sua facciata da pazzo. – gli puntò gli occhi negli occhi – Io ho affrontato una guerra, esattamente come voi. Sono sfuggita ad un gruppo di Mangiamorte che voleva stuprarmi e uccidermi, non necessariamente in quest’ordine, con un bambino di poche settimane stretto al seno. Tutto questo mi ha reso la donna che sono. E non le permetterò, né ora né mai di offendere una persona che per me è importante. Non le permetterò di chiamare con quell’orrendo soprannome il padre di mio figlio, non esiterò a schiantarla la prossima volta. Ringrazi l’intervento di suo marito e la presenza dei bambini, altrimenti l’avrei fatto anche adesso.
- Non avrei saputo farti una ramanzina migliore, Sir. – parlò Remus incrociando le braccia sul petto.
- La ringrazio professor Lupin.
- Non ha niente di cui ringraziarmi, signorina. – scosse la testa Remus – Suo figlio stava difendendosi egregiamente, quando Sirius ha deciso di mettersi in mezzo. I bambini stavano giocando, sai? Non hanno lezione e stavano sfidandosi ad una partita di gobbiglie. Danny è molto bravo a giocare. – sorrise – Li ho osservati attentamente.
- Volevo solo mettere un pizzico di pepe nella loro partita noiosa! – si strinse nelle spalle Sirius – Vi devo chiedere scusa, mi sono lasciato prendere la mano.
- Papà tu sei troppo competitivo! – sbuffò il gemello – Ci stavamo divertendo con lui. È il primo amico che abbiamo.
- Già, papà. – annuì la bambina – L’unico che ha avuto il coraggio di avvicinarsi a noi. Di diventare nostro amico senza provare soggezione per i nostri “famosi genitori”. Non possiamo passare tutto il tempo con Draco; Harry e voi due. – gemette stringendosi nelle spalle.
Remus e Sirius, restarono colpiti dalle parole dei loro figli: non avevano mai valutato il fatto che per loro potesse essere complicato farsi degli amici, perché erano dei Black figli degli Eroi del Mondo Magico.
- Abbiamo iniziato con il piede sbagliato. – mormorò dispiaciuta Clarice guardando ora gli adulti ora i bambini, sentendosi in colpa per aver creato quell’atmosfera così tesa – Io sono Clarice Prince, lui è mio figlio Daniel. Siamo molto felici di vivere questa esperienza. Ho frequentato questa Scuola quand’ero una bambina. La materia che preferivo era Pozioni. – quando Sirius ridacchiò, lei non poté impedirsi di arrossire ed Elettra la difese dicendo:
- Come se tu non avessi scelto di insegnare Difesa perché non sopporti di stare lontano da papà.
- Già. – biascicò il fratello.
- Perché il suo cognome mi dice qualcosa, ragazzina? – mormorò pensieroso Remus passandosi una mano stanca sul viso.
- Perché sono colei che rifornisce la Scuola del necessario per le pozioni, decotti e quant’altro crea il vostro superbo Preside. – rispose con un sorriso sincero lei.
- Anche la nostra pozione? – domandò Elettra.
- Sì, anche la vostra pozione. – annuì Sirius scompigliando loro i capelli con affetto. Clarice mandò la testa di lato, cercando di capire; ma, davanti agli occhi spaventati di Remus, decise di non chiedere niente.
- Perché non andate a giocare nella vostra camera, ragazzi? – disse loro Sirius – Portate anche Danny, mi sembra che dopo avete lezione insieme.
- Sì papà. – annuì Elettra.
- Grazie papà. – sorrise Zahir.
- Posso andare mamma? – chiese Daniel.
- Ma certo tesoro. – lo baciò sulla nuca – Va pure, mi raccomando!
- Dai mamma. In fin dei conti sono figlio di due fantastici Serpeverde! – ridacchiò facendo sorridere gli adulti.

Non appena i bambini scomparvero dalla loro vista, Remus si girò verso Clarice dicendo:
- Abbiamo adottato i bambini che avevano un anno. Erano stati abbandonati dai loro genitori.
- Da loro padre. – annuì Sirius prendendo per mano il marito.
- Già. La madre è stata una delle vittime della guerra. – riprese il racconto – Prima di morire, durante la loro rocambolesca fuga, era stata morsa da un Licantropo e…
- I bambini potrebbero essere come lei. – concluse Clarice capendo immediatamente ciò che pesava nei cuori dei due professori – Prendono una pozione simile alla sua, vero?
- Sì. Ma, ti prego, smettiamola con questo “lei”, mi fa sentire ancora più vecchio. – ridacchiò, Sirius e Clarice annuirono sorridendo - Le pozioni sono distillate in modo diverso. Loro non hanno ancora sviluppato la mia…
- Usa pure il termine “patologia”. – si strinse nelle spalle Sirius con rabbia – Non mi piace e lo sai. Perché non è una malattia. E patologia è un temine talmente brutto da sentire che mi fa andare il sangue in fumo.
- Concordo con Sirius. – annuì lentamente Clarice – Non è una patologia. È una particolarità che può essere tenuta sotto controllo. Per fortuna esistono cure che possono essere create ad hoc. Ma non sto dicendovi niente di nuovo, avete a vostra diposizione il miglior Potion Master di sempre. – concluse con un sorriso.
Una campanella li fece trasalire, strappandoli dai loro ragionamenti. I due insegnanti si girarono a guardare Clarice dicendo:
- Noi dobbiamo andare. – sorrise Remus, lei lo ricambiò annuendo comprensiva:
- Non vi trattengo oltre. Buona lezione. – fece un breve inchino e si congedò.
- A presto, signorina. – le dedicò un sorriso furbo Sirius, ma nelle sue parole non c’era più la strafottenza di prima; infatti, non appena furono abbastanza lontani da lei, mormorò al marito: - È una donna molto forte.
- È la degna compagna del nostro Piton. – annuì il Licantropo ridacchiando. Scambiandosi un bacio, i coniugi Black raggiunsero ognuno la propria classe.

Clarice iniziò a girovagare per i corridoi di quella Scuola che amava con tutta sé stessa. Non l’avrebbe ammesso con nessuno, ma quel luogo le era mancato tanto, al pari di quanto le era mancato trascorrere del tempo con Severus.
Lungo il suo peregrinare, incontrò gruppi di genitori e studenti che si affrettavano a raggiungere la classe per la lezione successiva. Per scrupolo, la strega controllò l’orario suo e di Daniel: il bambino aveva lezione di Erbologia e l’insegnante aveva creato per loro qualcosa di semplice, che i bambini delle varie età potevano gestire in tranquillità, senza la presenza costante dei genitori.
La strega, riempiendosi i polmoni degli odori conosciuti durante il proprio soggiorno di studi lì, si sentì attratta da una rampa di scale e, senza una ragione apparente, iniziò a salire.
Seguendo un’aura magica che non aveva mai avvertito prima, Clarice raggiunse l’ultimo piano e si trovò davanti ad una porta che, per quanto si sforzasse di ricordare, nei suoi anni di studio non aveva mai visto.
Mandando la testa di lato, e dopo aver controllato che non ci fosse nessun altro con lei, Clarice spinse lentamente la porta e quando i suoi occhi si abituarono alla penombra che vi regnava dentro, si portò una mano alla bocca guardandosi attorno scioccata.
Quell’aula, nei tempi che lei era una semplice studentessa, non c’era mai stata. Tutto lì dentro era nuovo; gli arredi, i tendaggi i materiali. Con un incantesimo fece aprire le tende, lasciando che la luce del Sole invadesse pienamente la stanza. Era talmente concentrata a guardarsi attorno, dai libri sulle tecniche di pittura; a quelli di Storia dell’Arte; ai colori; pennelli; tele che si accorse di essersi messa a piangere commossa, solo quando una lacrima le colpì la mano che aveva portato sul cuore.
Severus aveva creato nella Scuola un’aula di Pittura. Era perfetta: l’esposizione della luce, la disposizione delle tele sui cavalletti erano stati studiati con cura maniacale, rendendo l’ambiente luminoso, familiare e confortevole. Clarice mosse alcuni passi sui tappeti soffici che ricoprivano il pavimento vicino alle librerie; poi si diresse verso una delle tele poste sul cavalletto vicino alla finestra e, seguendo il proprio cuore, iniziò a disegnare usando il carboncino che aveva trovato lì vicino.
Disegnò seguendo solo il proprio cuore, senza ascoltare il cervello che le diceva di smetterla che stava rendendosi solo ridicola. Disegnò nel silenzio solitario della stanza fino a quando sentì due forti braccia maschili serrarla da dietro.
Il respiro di Clarice accelerò come i suoi battiti cardiaci; ma, non appena l’uomo la strinse contro il proprio petto, si rilassò riconoscendone l’odore: era Severus. Lei gli si appoggiò contro sospirando di piacere, riempiendosi le narici dell’odore di lui, così mascolino e particolare mescolato com’era agli ingredienti per Pozioni che erano parte della sua stessa vita.
- Ti piace? – le sussurrò con la sua voce roca e bassa, terribilmente sexy lui.
- È perfetta! – annuì cercando le mani di lui con le proprie – È l’aula che mancava per rendere ancora più unica questa scuola, Sev. – ammise lei senza smettere di sorridere.
- Pensavo a te quando l’ho creata. – ammise e solo in quel momento la strega notò che il colore predominante della stanza era quello dei suoi occhi.
- Tu sì che sai come farmi restare senza parole. – ingollò a vuoto, troppo emozionata per cercare di dire qualcosa di sensato.
Lui ridacchiò contro il suo collo, sfiorando con le labbra il tatuaggio delle proprie mani.
- Ti ho interrotta, stavi creando qualcosa. – disse senza accennare a lasciarla andare.
- Mi piace che tu mi abbia interrotta. – mormorò arrossendo e, girando leggermente il busto, si trovò vicino alle labbra di lui che, rapido e silenzioso, la baciò senza darle il tempo né di parlare né di pensare.
Clarice si aggrappò con forza alla veste nera dell’uomo e, avvicinandosi il più possibile a lui, ricambiò il bacio approfondendolo. Continuarono a baciarsi, giocando l’uno con la lingua dell’altra, fino a quando la necessità di respirare fu talmente impellente per entrambi da costringerli a separarsi.
Severus, appoggiò la fronte contro quella di Clarice, restando ad occhi chiusi per dare il tempo al proprio cuore di tornare a battere normalmente.
- Preside Piton! Preside Piton, è qui? – gracchiò qualcuno fuori dalla porta, dalla voce sembrava la professoressa di Storia della Magia.
La giovane strega tra le braccia di Severus, scostò la testa indietro per guardarlo negli occhi con aria interrogativa.
- Vado a vedere cosa vuole. Ti prego aspettami qui. – la baciò nuovamente, in modo più breve ma ugualmente bisognoso – Non scappare.
- Non ho intenzione di scappare. – sorrise accarezzandogli la guancia – E una mezza idea di ciò che vuole da te, io ce l’avrei.  – sospirò lasciandolo andare lentamente – Basta che mi avvisi in qualche modo se non puoi tornare da me. Hai degli impegni come Preside. Lo capisco; ma, ti prego, non lasciarmi qui tutto il giorno… - lo implorò e lui annuì mentre usciva.
Clarice, fuori dall’aula, sentì alcune voci non solo quella della professoressa che voleva portarle via Severus. Erano insegnanti e genitori che chiedevano di poter andare a visitare il Villaggio. Severus annuì, dicendo che la visita poteva essere organizzata ma che, per farlo, occorrevano alcuni giorni per preparare al meglio ogni dettaglio. L’uomo disse loro che avrebbero potuto usare le carrozze per garantire a tutti, compresi i bambini, di potersi godere la visita del Villaggio senza stancarsi o perdersi lungo il cammino. Con la sua voce pacata e profonda, garantì ai presenti che tutto sarebbe stato organizzato per domenica. Soddisfatti, i docenti e i genitori salutarono il Preside lasciandolo libero di tornare alle proprie mansioni.
- Clarice? – la chiamò Severus.
- Sono qua. – si mostrò lei che stava sfogliando un libro di Storia dell’Arte – Devi andare via, vero? – chiese mestamente.
- Purtroppo sì. Non avevo previsto una vista al Villaggio. Non volevo rischiare di perdere qualche ospite; ma…
- È giusto che tutti possano vedere il Villaggio, bere una Burrobirra da Madama Rosmerta o comprare dei dolcetti da Mielandia. – sorrise con dolcezza.
- Avrei una cortesia da chiederti. – sospirò passandosi una mano sul viso.
- Se posso. – posizionò al suo posto il libro e seguì fuori dall’aula Severus, aspettando che le chiedesse questo “favore” che sembrava metterlo a disagio.
- Non guardarmi così! – la pregò distogliendo a fatica gli occhi dalle sue labbra piene – Vorrei tornare a baciare le tue labbra, Clarice. E non farei altro per tutto il giorno! – le sussurrò con un soffio dentro l’orecchio, facendola arrossire come un pomodoro maturo.
- Professore… - si fece aria con la mano – Non sono cose da dire. Ma da fare! -  sorrise lei audace facendolo scoppiare in una risata sincera.
- Rimedierò a questa mancanza! – annuì – Però avrei bisogno adesso che tu prendessi il mio posto a lezione. Avrai pieni poteri, come se fosse la loro insegnante. – le accarezzò le labbra con un dito -  Ho pozioni con quegli zucconi del settimo anno.
- Io? – trillò lei – Sev, ma non sono in grado di…
- Ssshhh… - la zittì con un bacio rapido dato in mezzo al corridoio – Lo sei! – le sussurrò sulle labbra, strappandole un gemito – Sei un’eccelsa pozionista. E se non vai via adesso, ti riporto dentro quell’aula di Pittura e… - non finì la frase, lasciandole intuire quali fossero le sue intenzioni: Severus la desiderava ancora, esattamente come lei desiderava lui.
- Andrò a tenere la tua lezione. – annuì ad occhi chiusi, Clarice temeva che dentro il suo sguardo lui potesse leggere quel sentimento che le traboccava dal cuore.
- Sono felice che hai deciso di venire. – mormorò lui, ma lo disse talmente piano e senza darle il tempo di aprire gli occhi o replicare; che Clarice credette di esserselo solo immaginato. La curatrice non poté rispondere, perché Severus era scomparso nel corridoio, rapido e silenzioso come uno spettro, lasciandola piena di dubbi e domande che sarebbero rimaste, al momento, senza risposte.
Così, con il cuore che batteva come un tamburo, corse verso l’aula di Pozioni dove arrivò con le guance rosse e il fiato corto. Portandosi una mano sul petto, cercò di calmarsi e di trovare un contegno: non voleva certo né far sfigurare il Preside, né farsi mettere i piedi in testa da una classe di ragazzi quasi maggiorenni. Dopo un ultimo lungo sospiro, varcò la soglia dell’aula, e il lieve mormorio che regnava all’interno si chetò: tutti temevano l’arrivo del “pipistrello dei sotterranei”.
- Buongiorno classe. – parlò cercando Harry e Draco tra gli studenti, erano seduti ad un banco in seconda fila e le sorrisero felici di vederla – Io sono la signorina Clarice Prince. Sono una Pozionista nel villaggio dove abito ed oggi, per impegni improrogabili, il vostro docente e Preside, mi ha pregato di prendere il suo posto.
- Perché non resta per sempre, signorina? – sospirò un ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini al primo banco facendola sospirare.
- Lei è troppo gentile. – scosse la testa Clarice – Ma amo troppo il mio lavoro per rinunciarvi. – si strinse nelle spalle – Bene, che ne dite di iniziare? – guardò la classe che annuì di rimando – Chi sa dirmi a che punto del programma siete arrivati?
Subito la mano di una ragazza Grifondoro scattò verso l’alto, Clarice le dette il permesso di parlare con un cenno regale della testa; pregandola di presentarsi perché lei in classe conosceva solamente Draco ed Harry, rispettivamente il proprio accompagnatore e quello di suo figlio.
- Mi chiamo Hermione Granger, signorina e siamo arrivati a… - la strega Babbana parlò dettagliatamente del programma a Clarice, lei la ascoltò attenta sorridendo di tanto in tanto e, non appena Hermione concluse, disse:
- Grazie signorina Granger, io ci provo ma non se funziona… ehm ehm… 20 punti a Grifondoro. – strizzò loro l’occhio – Fatemi sapere se li avete presi.
- Ma non è giusto! – si lamentò una ragazza Serpeverde – Quella antipatica so-tutto-io vuole sempre stare in primo piano.
- Signorina…?
- Parkinson. – rispose lesto Draco.
- Grazie signor Malfoy. – sorrise grata – Signorina Parkinson, perché non facciamo un gioco?
- Gioco? – la guardò – Che gioco?
Draco e Harry scuotevano la testa, ma nessuno sembrava prenderli in considerazione.
- Vista la spiegazione dettagliata datami dalla signorina Granger, voi dovreste essere in grado di preparare una perfetta “Pozione Rituale della Seconda Possibilità”, giusto?
- Ehm… - la Parkinson si mosse a disagio sulla sedia – Teoricamente sì.
- Allora facciamo una sfida: Serpeverde contro Grifondoro. La Casa che preparerà la Pozione migliore, avrà ben 100 punti. – un mormorio eccitato si diffuse nell’aria – Ascoltatemi bene: terrò conto non solo della preparazione finale della pozione; ma di tutta una serie di fattori: scelta degli ingredienti; preparazione; cura del calderone; messa in sicurezza. Se uno di questi elementi dovesse venire a mancare, toglierò almeno 50 punti alla squadra vincente. Avete capito?
Gli studenti mormorarono frasi di assenso, la giovane strega li pregò di divedersi in due gruppi poi dette loro il via per preparare la pozione.
Portandosi le mani dietro la schiena, iniziò a camminare tra i vari banchi osservando con attenzione le diverse modalità di lavoro dei due gruppi: i Grifondoro facevano gruppo unito, tutti si rendevano utili, chi leggendo gli ingredienti, chi andando a prenderli, chi iniziando a sistemarli sul tavolo per la preparazione. I Serpeverde sembravano meno organizzati, ma lavoravano ugualmente insieme seguendo le direttive che gli venivano impartite dal loro leader naturale: Draco Malfoy.
Clarice sorrise ed annuì lentamente in direzione dell’uno e dell’altro gruppo, facendo capire loro che al momento era molto compiaciuta da entrambe le fazioni.
La strana lezione, era quasi giunta al termine quando la porta si aprì lasciando entrare l’arcigno professore di Pozioni: Severus Piton.
- Cosa succede qua dentro? – domandò avvicinandosi a Clarice – Perché c’è tutto questo silenzio e…
- Ssshhh! – lo zittì lei mettendosi un dito sulla bocca – Non disturbarli per cortesia. Stanno lavorando duramente.
- Ah. – annuì lui con un sorriso – Ovviamente. – e restò sorpreso per il modo così diverso che aveva Clarice di interagire con la classe, dando piccoli spunti e suggerimenti ma senza far sentire gli studenti degli inetti come, spesso, si divertiva a fare lui. Clarice batté le mani un attimo prima che la campanella terminasse la fine della lezione, dicendo:
- Tempo scaduto ragazzi. – un mormorio contrariato si levò dagli studenti, ma entrambi i gruppi avevano terminato nei tempi la loro pozione.
- Adesso, di grazia. – parlò Severus – Posso sapere cosa è successo?
- Ho lanciato loro una sfida. – spiegò Clarice – Ho voluto vedere se erano in grado di lavorare insieme e fare fronte comune ad una richiesta, ad un’emergenza. – spiegò indicandoglieli con la testa – Li ho messi sotto pressione e un gruppo contro l’altro. – sorrise – Ma hanno reagito esattamente come speravo: tirando fuori il meglio di loro. – gli indicò i tavoli – I Grifondoro sono più abituati a lavorare in gruppo, sono più organizzati e la signorina Granger è un vero mastino. – le sorrise – I Serpeverde sono più per il “vivi e lascia vivere”; ma si sono aiutati molto e Malfoy è un leader naturale. – concluse.
- Cosa hai chiesto loro di preparare? – chiese con un sorriso, il primo che mostrò ai suoi studenti.
- Pozione Rituale della Seconda Possibilità. – sorrise davanti all’ironico nome della pozione: sembrava rappresentare esattamente la loro situazione attuale.
- Ed ha promesso, signore, - parlò Malfoy – 100 punti alla Casa che avesse creato la pozione migliore.
- Ah sì? – arcuò un sopracciglio l’uomo – E quale dei due gruppi avrebbe lavorato meglio? – chiese.
- Questo deve deciderlo lei, professore. – si strinse nelle spalle Clarice – È tornato e ho perso i miei “poteri” di insegnante. – sospirò.
- Ma non è giusto! – bubbolò Harry – Clarice è o non è la fidanzata del Preside? – continuò, beccandosi un’occhiataccia da parte di Hermione; Ron; Draco; Severus e Clarice.
- Potter! Visto che non perde mai l’occasione di stare zitto, inficio la prova della signorina Prince non dando a nessuna delle due case i punti in palio. Anzi, la aspetto stasera alle 21 per una detenzione che si protrarrà per tutta la settimana. I miei calderoni hanno sentito la sua mancanza. – la campanella suonò, gli studenti scivolarono fuori dall’aula borbottando arrabbiati verso la stupidità di Harry.
Non appena restarono soli, Clarice si avvicinò ai banchi ed osservò con attenzione le pozioni che avevano distillato: erano entrambe perfette e, portandole a Severus, glielo fece notare.
- Hai degli studenti dotati.
- Non come lo eri tu. – le sorrise.
- Dici così perché sono la tua “fidanzata”? – ridacchiò mimando le virgolette sull’ultima parola.
- Non ti ci mettere anche tu, per favore, Clary! – rispose con un basso ringhio, irritato – Non va bene che vengano messe in giro simili voci. Tu non sei la mia fidanzata.
- No, hai ragione. – annuì lei ferita facendo un passo indietro – Sono solo l’egoista e stronza madre di tuo figlio. – distolse lo sguardo dalle mani che l’uomo chiuse a pugno sulla scrivania – Adesso è meglio che vada, professore. Ho una lezione con mio figlio, non vorrei arrivare tardi. – fece un sorriso di circostanza – Con permesso… - fece per andarsene ma lui la bloccò con la più stupida delle domande:
- Che lezione avete in comune?
- Pozioni, purtroppo. – mormorò con una mano sullo stipite della porta e, senza guardarlo in viso, uscì dall’aula con il cuore gonfio di dolore. Immaginava che non sarebbe stato facile, ma trovare tutto quell’ostruzionismo, la deprimeva.
Clarice andò a cercare Daniel e lo trovò in compagnia di Rose; suo marito William, Remus e dei loro rispettivi figli.
- Salve. – salutò la strega con un sorriso tirato – Andiamo a lezione, Danny? – domandò.
- Arrivo mamma. – saltò giù dal muretto lui – Sai che le lezioni di oggi sono state bellissime? – ridacchiò – Ci siamo divertiti moltissimo. Soprattutto con Hagrid e le sue bestioline strane. – la guardò mandando la testa di lato – Tu cosa hai fatto? Dove sei stata?
- Se ve lo raccontassi, non ci credereste! – cercò di sorridere, ma non era affatto facile – Ho aiutato il Preside con la lezione di Pozioni, ho finito da pochi minuti. Stamattina, però, ho scoperto che la Scuola ha un’aula di Pittura. – i suoi occhi brillarono e Remus annuì dicendo:
- È stata voluta da Severus. Ci ha detto che, secondo lui, dovevamo stimolare i talenti degli studenti. Non esiste un vero corso di Pittura. Non dà crediti per gli esami. È come…
- Una biblioteca per lo spirito? – sorrise Rose.
- Esattamente. – annuì il Licantropo – Abbiamo scoperto, per esempio, che Elettra e Zahir sono molto bravi a dipingere. Farlo, li calma e li rasserena durante le fasi più acute della luna.
- Mia mamma è una pittrice con la “P”maiuscola. – mormorò fiero Daniel osservando Remus, quell’uomo gli piaceva a pelle, così come i suoi figli.
- Veramente? – il professore sorrise, ma fu interrotto dalla figlia che chiese alla strega se poteva insegnarle qualcosa.
- Ma certo Elettra! – annuì felice Clarice – Mi piacerebbe dipingere con te. Anche con te, Zahir se vuoi.
- Perché no? – si strinse nelle spalle il bambino fingendo indifferenza; ma, in realtà, era felice di essere stato però accolto nel gruppo.
- Quando?
- Tra le vostre lezioni e le mie, le nostre giornate sono sempre molto dense di impegni. – parlò Remus lisciandosi i baffi – Potremmo organizzarci dopo cena. I nostri dopo cena sono tutti molto tranquilli. Che ne dite? – erano arrivati davanti alla classe di Pozioni, dovevano entrare e smettere di parlare dei loro progetti.
- Per me va bene. – annuì Clarice – Amber, Tom, vi unite a noi?
- Certo! – annuì Amber – Tu che farai Danny? – chiese.
- Mi piacerebbe partecipare. Posso mamma?
- Non devi neanche chiederlo, sei sempre il benvenuto amore! – lo abbracciò e lo baciò sulla nuca, facendo ridacchiare gli altri bambini, felici di poter passare altro tempo insieme. Fu in quel momento che arrivò trafelato Sirius, interrompendo i loro discorsi.
- Scusate! – ansimò – Mi ero scordato della lezione di Pozioni! – si era appoggiato le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato – Chi fa lezione con me?
- Elettra! – disse subito Remus – Lei è molto portata per le Pozioni. Io terrò sott’occhio questo giovane Malandrino! – concluse bloccando il figlio con una mano sulla spalla.
Clarice sorrise e, incitandoli ad entrare, condusse suo figlio fin dentro l’aula per partecipare alla lezione di Pozioni come studentessa, anziché docente stavolta. Nonostante il tumulto interiore che sentiva, la lezione si svolse serena, fortunatamente non ci furono incidenti e Piton fu meno glaciale e antipatico rispetto alle altre volte. Quando la campanella suonò, il professore chiese a Clarice e Daniel di fermarsi.

Clarice era a disagio, si guardava la punta delle scarpe e non alzava il viso. Avrebbe voluto essere altrove in quel momento, non aveva voglia di stare sola con Severus e loro figlio. Non si sentiva ancora pronta a parlare con entrambi. Il bambino osservò con attenzione prima la madre poi il padre e, incrociando le braccia sul piccolo petto, disse:
- Allora? Posso sapere da uno di voi cosa è successo, o devo andare a chiedere ad Harry o Draco?
- Se sei un ragazzino così intelligente come pensa tua madre, Danny, potresti provare a capire da solo cosa è successo. Giusto? – chiese acidamente Severus.
- Visto che fai l’antipatico, - lo guardò arrabbiato - tu e la mamma non vi siete ancora messi insieme. E iniziano a circolare voci sul fatto che lei potrebbe essere la tua fidanzata.
- Sei più vicino alla verità di quanto credi, Danny. – mormorò Clarice stringendosi nelle spalle.
- Non mi farò giudicare da voi. – tuonò dando un pugno sul tavolo Severus – Vi ho chiesto di fermarvi perché volevo invitarvi a cena.
- Meglio di no. – rispose con una risata nervosa lei – Io declino l’invito. Non ho voglia di passare una serata silenziosa nei suoi appartamenti, signore. E non mi sembra nemmeno giusto, visto che per lei non rappresentiamo niente. – guardò il figlio – Andiamo Daniel, abbiamo approfittato anche troppo del tempo del Preside. Ha molti impegni inderogabili da portare a termine.
- Ma… Mamma… - cercò di fermarla Daniel – Io vorrei andare a cena con papà!
- Ssshh! – gli poggiò un dito sulle labbra – Rivolgiti a lui chiamandolo “signore” o “professore”. Nessuno deve sapere chi siamo. – concluse e, senza aspettare una risposta, lo prese per il polso e lo trascinò fuori dalla porta dell’aula che si chiuse alle loro spalle con un tonfo talmente forte che sentirono tintinnare alcuni barattoli di vetro.

Clarice trascinò Daniel in camera loro e, senza dire niente a nessuno, cambiò la parola d’ordine che faceva aprire la porta. Ricordava ancora l’incantesimo necessario per farlo e non voleva che qualcuno entrasse senza il suo consenso. Da studentessa, non poteva impedire al Preside di varcare quella soglia anche senza parola d’ordine; ma ora non era più una studentessa e doveva a tutti i costi difendere suo figlio dalla tempesta che stava per abbattersi su di lei.
Non appena la porta si chiuse alle loro spalle, Daniel strattonò la mano da quella della madre urlando:
- Perché lo hai fatto? Perché? Perché mamma?
Clarice si accasciò sul pavimento come un sacco vuoto, troppo stanca per riuscire a combattere contro la rabbia di Daniel. Lo lasciò urlare, lo lasciò piangere. Lasciò che riversasse su di lei tutta la sua rabbia e la sua furia e, quando ebbe finito di strillare, si alzò in piedi dicendo:
- Sei bravo ad umiliarmi, esattamente come tuo padre. Dov’è il bagno lo sai. Sei abbastanza grande per lavarti e vestirti da solo. Va pure a cena con chi vuoi. – lo guardò un attimo negli occhi, i suoi erano privi di luce; quelli del bambino dilatati per la paura delle cose che stava dicendogli la madre.
- Mamma… - parlò, gli faceva male la gola per quanto aveva urlato. Clarice finse di non sentire quel richiamo singhiozzato, non sarebbe riuscita ad evitare di riversare sul figlio il dolore che sia le sue parole sia quelle di Severus le avevano scavato dentro.
Senza voltarsi indietro, la curatrice uscì dalla stanza. Non aveva bisogno di qualcuno che la portasse in giro. Conosceva bene le strade e i passaggi segreti della Scuola, anche con la ricostruzione certe cose non erano state cambiate. Evitando i corridoi troppo rumorosi, raggiunse la biblioteca sempre vuota e silenziosa.
Clarice, scelse il tavolo più nascosto che riuscì a trovare e, non appena si rese conto di essere sola, si lasciò andare ad un pianto disperato costellato di singhiozzi talmente forti che le toglievano il fiato.
- Clarice! Clarice! – la voce di Draco la strappò dall’incoscienza che tanto agognava – Harry, vieni presto l’ho trovata!
- Draco… - parlò con voce inferma – Cosa fai qui…?
- Oddei Clarice! – la abbracciò di slancio Harry, si sentiva in colpa.
- Lasciatemi stare. – li pregò – Non voglio vedere nessuno.
- Tuo figlio è disperato. – le appoggiò una mano sulla spalla Draco – Sei sparita ieri pomeriggio.
- Ieri? – aveva pianto così tanto da essere riuscita a svenire, erano anni che non le succedeva.
- Ti abbiamo trovata grazie alla Mappa del Malandrino. L’avevo modificata in modo da non vedere tutte le persone presenti, ma Severus ci ha pregato di cercarti. È molto in ansia per te. – le rivelò Harry.
- Certo. – fece un sorriso sarcastico lei – Lo immagino. – ingollò e sentì la gola ardere – Vorrei andare in camera a prendere alcune cose. – li guardò – Che giorno è, oggi?
- Mercoledì. – rispose prontamente Draco.
- Solo mercoledì? – gemette – Draco, porterai tu mio figlio a lezione da Piton. Né il vostro Preside né il bambino hanno piacere a trascorrere del tempo con me.
- Perché dici così? – le sorrise con dolcezza Harry – Tuo figlio ti ama immensamente.
- Certo. Come io amo il pianto della Mandragola. – sbuffò alzandosi – Non ho bisogno che mi seguiate, per cortesia. Conosco la Scuola a menadito. – li guardò – Dite al vostro caro Preside, che non ho bisogno di baby-sitter.
- Diglielo tu stessa! – si arrabbiò Draco alzandosi – Non è difficile, va da lui e digli: “non ho bisogno di dei baby-sitter”! Non hai bisogno della nostra compagnia perché sei una tipa tosta, una che sa reagire al meglio alle situazioni. E poi, che fai? Ti nascondi dietro le nostre toghe perché non sei abbastanza donna per affrontare l’uomo che ami? – e, senza darle il tempo di rispondere, il biondo Malfoy lasciò la Biblioteca con uno svolazzo di mantello del tutto simile a quello di Severus.

Clarice restò a guardare il corridoio nel quale era sparito mordicchiandosi il labbro, un attimo dopo sentì qualcosa di caldo sulle proprie spalle, sbattendo gli occhi per mettere a fuoco chi o che cosa fosse sorrise vedendo Harry.
- Dray vuole molto bene a Severus. – le disse sottovoce – È solo arrabbiato.
- Non è il solo ad essere arrabbiato con me. – sospirò – Tu cosa ci fai ancora qua, Harry?
- Il fatto è che mi piaci. – ammise – Mi piace vederti interagire con Danny e Sev. – arrossì – Vorrei essere al posto di tuo figlio a volte. Devi essere una gran mamma! – sorrise imbarazzato davanti a quell’ammissione.
- Sono un disastro in realtà! – sospirò.
- Andiamo a colazione. – la pregò – A stomaco pieno parleremo di un’idea che mi è venuta in mente ora.
- Quale idea?
- Ricreare il vostro primo incontro. – le strizzò l’occhio.
- Dovrei entrare in classe dicendogli “professore, posso farle una domanda”? – ridacchiò lei alzandosi, sentiva il corpo pesante.
- Dovrete trovare il modo di chiarirvi, o no? Vuoi impedire a tuo figlio di avere un padre? Vuoi rendere tutti e tre infelici? Allora sì che saresti una stronza!
Clarice avrebbe voluto ribattere a tono, usando il suo sarcasmo come scudo, ma non ci riuscì perché la voce di suo figlio glielo impedì.
- Mamma! – squittì il bambino, Clarice alzò lo sguardo e restò senza fiato: Severus e Daniel si tenevano per mano, entrambi avevano l’aria triste e stanca.
- Danny. – lo chiamò inginocchiandosi ed aprendo le braccia lo invitò a raggiungerla.
- Scusami mamma! Scusami! Scusami! Scusami! – pianse stringendosi a lei, infilando il viso nell’incavo del suo collo, riempiendosi i polmoni del suo odore.
- Non dovevo dirti quelle cose, Danny. – lo cullò, stringendolo con amore – Perdonami amore! Mamma è stata cattiva.
- Perdonami tu. – la supplicò – Volevo davvero stare con papà. – ammise e Clarice si irrigidì leggermente – Mi ha detto lui di chiamarlo così.  – spiegò con un singhiozzo.
- Va bene, amore… - lo baciò sulla nuca ed alzò gli occhi incerta, cercando lo sguardo di Severus che era freddo e distante.
- Ora che avete chiarito, posso tornare al mio lavoro. – parlò con la sua voce strascicata, sembrava distante anni luce da lì. Come se guardasse delle immagini all’interno dello Specchio delle Emarb (Specchio delle Brame), ben conscio che non fossero reali.
- Grazie per averlo protetto. – mormorò lei alzandosi, avrebbe voluto aggiungere altro, ma tutto diventò nero e l’ultima cosa che sentì fu la voce di Daniel che la chiamava spaventato.
Clarice si risvegliò tempo dopo, sentiva la testa pulsare e le sembrava di avere mille spilli piantati in altrettante parti del corpo. Ovattata, le giunse la voce dell’infermiera che stava rassicurando Daniel.
- La mamma si riprenderà presto. Stai sereno.
- Lascia lavorare la signora. – lo pregò Rose con voce dolce – Vedrai che la mamma starà subito meglio. – lo rassicurò.
- Sono sveglia. – parlò Clarice, tentando di nascondere la delusione di essersi svegliata in Infermeria, anziché nel letto di Severus.
- Mamma! – trillò il bambino fiondandosi sopra il letto per abbracciarla stretta.
- Madama Chips ha ragione, ieri sera non ho cenato. – confessò – Mi sono dimenticata sia della cena sia della colazione.
- Stai meglio ora? – la guardò.
- Sì, amore. – lo abbracciò.
- Mi dispiace di aver litigato con te, mamma. – sospirò accoccolandosi contro il suo fianco – Ho parlato con rabbia. Ho fatto il…
- Sono stata io una mamma egoista, Danny. – lo contraddisse – Ero molto arrabbiata con lui. – ingollò a vuoto - E tu hai subito la mia rabbia.
- Tu la mia. – ammise sospirando – Non penso nessuna delle cose che ti ho urlato. Volevo solo passare la serata con te e papà. Come abbiamo fatto a casa. Mi piace stare insieme.
- Non credo sarà più possibile. – parlò lei mordendosi il labbro – Io e tuo padre abbiamo litigato pesantemente.
- Più pesantemente di quando eravate studentessa/insegnante? – le domandò Madama Chips portando un vassoio ricolmo di cibo.
- Madama Chips, lei…? – Clarice la guardò con gli occhi sgranati e la vecchia infermiera, ridacchiando, replicò:
- Certo che lo sapevo, mia cara. Eravate molto bravi a nascondervi agli occhi di tutti. Ma, alcune volte, non avete notato me nei pressi della Serra. – le sorrise con affetto – Erano anni che non vedevo Severus così felice come quando stavate insieme. – accarezzò con un gesto gentile la testa del bambino – Questo giovanotto poi, è la copia di suo padre.
- Già. – mormorò Clarice con un sospiro triste.
- Adesso mangiate. – ordinò tornando al suo cipiglio di sempre – Più tardi, quando avrò finito di somministrarle tutte le pozioni di Piton, sarete liberi di andare via.
Clarice sgranò gli occhi e si girò verso il comodino che era zeppo di fiale.
- Le ha portate papà quando dormivi. – spiegò Daniel – Ha chiesto, anzi, ordinato a Madama di fartele prendere. E senza storie! – concluse usando il cipiglio tipico di Piton.
- Agli ordini, principino! – lo prese in giro ridacchiando; poi dedicarono la loro attenzione al vassoio pieno di cibo; erano entrambi affamati.
Mangiarono di gusto, alla fine del pasto, Clarice fu costretta a prendere tre pozioni; una delle quali, la fece cadere in un profondo sonno ristoratore.

La giornata trascorse lentamente, a tratti fu noiosa. Clarice passò molto tempo dormendo, mentre Daniel partecipò a tutte le attività, compresa la lezione di Pozioni dove fu accompagnato da Draco.
Sospirando, la strega prese dal comodino un libro che le aveva lasciato Harry per aiutarla a distrarsi e sobbalzò quando sentì una voce dire:
- Vedo che stai meglio. – era Severus, ma era rimasto sulla soglia della stanza, senza entrare completamente.
- Molto meglio. Grazie. – annuì lei a disagio, non le piaceva dover stare a letto mentre lui era in piedi e così lontano – Puoi entrare se vuoi. – lo invitò.
- Non vorrei disturbare. – provò a dire l’uomo, anche se moriva dalla voglia di raggiungerla e stringerla e sgridarla per essere scappata di nuovo da lui.
- Ti prego. – sospirò – Gradirei un po’ di compagnia. Anche silenziosa. Ma sono stanca di stare qui a fissare quella parete bianca che sembra prendersi gioco di me. Sono stanca di aspettare i passi di Madama Chips per dover prendere le pozioni. Lei non si ferma mai un minuto più del dovuto. – sorrise, anche se un po’ incerta.
- Allora mi fermo. – annuì – Cosa stavi leggendo? – le domandò tanto per non restare completamente in silenzio.
- Non l’ho ancora aperto. – confessò – Me lo ha portato Harry. – glielo porse, le loro dita si sfiorarono ed entrambi sentirono come una scossa elettrica attraversarli. Si guardarono negli occhi e lei si passò la lingua sulle labbra improvvisamente secche.
Severus si tirò indietro lentamente, portando il libro con sé, resistendo al forte impulso di baciare quella bocca che gli mancava come l’aria nei polmoni.
- Storia dell’Arte. – parlò con tono svogliato – Vuoi leggere? – chiese.
- Non ne ho voglia. – ammise stringendosi nelle spalle, poi distolse lo sguardo dall’uomo seduto sulla poltrona vicino al letto, distratta da un movimento dietro le loro spalle.
- Severuuusss! – miagolò la professoressa di Storia della Magia ancheggiando – Finalmente ti ho trovato, brutto malandrino!
- Penelope. – sbuffò lui – Abbiamo finito di parlare meno di venti minuti fa. – disse alzandosi, sembrava a disagio e le labbra della donna erano troppo gonfie.
- Ho capito il tuo gioco. – ridacchiò sistemandosi la scollatura in modo che i suoi seni fossero più “in bella mostra” – Sei venuto a trovare questa mammina e non vuoi metterla a disagio. Hai tutto grande allora, anche il cuore! – concluse ridendo con cattiveria.
Clarice si limitò a stringere le mani a pugno, sentiva tutto il corpo tremare di rabbia; ma non avrebbe dato soddisfazione né a quell’arpia né a Severus di vederla piangere nuovamente.
- Questa è un’Infermeria. – tuonò Madama Chips che aveva sentito le risate sguaiate della professoressa fin dentro il proprio ufficio – Non la piazza del mercato. – guardò prima Clarice; poi Severus ed infine Penelope, il pallore della sua giovane paziente non le piacque affatto e non le piacque nemmeno che il Preside non l’avesse guardata neanche un momento – Fuori! – continuò – La signorina ha bisogno di riposo assoluto. Non ho detto che poteva ricevere visite. Anche le sue, Preside, sono fuori luogo! – concluse.
- Ma come si permette, vecchia strega! – replicò sentendosi intoccabile Penelope – Lei non deve parlarmi così.
- Lei non deve permettersi di entrare nelle camere dei miei pazienti ridendo così. La signorina ha subito un trauma, e non deve essere disturbata finché non si sarà ristabilita.
- Penelope, sta zitta! – la zittì duramente Severus – Usciamo subito Madama Chips.
Il Preside fece uscire la professoressa dall’Infermeria, fece per girarsi a guardare Clarice ma si trovò davanti il corpo di Madama Chips che lo guardava con occhi furenti.
- Lei non la merita affatto! – lo congedò prima di chiudere la porta sul viso dell’uomo. Clarice si era stesa di fianco, mostrando la schiena alla porta; ma sembrava che stesse piangendo.
Severus avrebbe voluto rientrare, ma la voce di Minerva che lo stava cercando, lo costrinse a desistere e tornare ad occuparsi dei suoi impegni di Preside.

Quel mercoledì scivolò così: lento e silenzioso. Clarice riuscì a lasciare l’infermeria solo nel tardo pomeriggio, dopo aver ingannato Madama Chips, non aveva più preso le pozioni non voleva niente che fosse stato preparato da quell’uomo che le aveva spezzato il cuore.
Clarice scivolò silenziosamente lungo il corridoio, amava passeggiare in mezzo a quelle antiche mura. Le donavano quel pizzico di tranquillità che, in quel momento, le mancava.
Rincorrendo i suoi pensieri, la giovane strega raggiunse l’ingresso del suo “appartamento”, dove trovò ad aspettarla un impacciato Sirius.
- Signor Black. – gli sorrise lei.
- Signorina Prince. – sospirò – Posso chiamarti Clarice? – la guardò, lei annuì dicendo:
- Con piacere, Sirius. – lo guardò – Posso aiutarti?
- Eravamo preoccupati per te. – ammise – Rem è a lezione, i bambini lo stesso ma Zahir mi ha chiesto di venire a trovarti.
- Grazie. – arrossì lievemente – I vostri bambini sono dolcissimi.
- Elettra ha una cotta per tuo figlio. – ghignò, ma senza cattiveria strappando un sorriso alla strega più giovane.
- Io sono innamorata di entrambi i gemelli! – sospirò portandosi una mano sul cuore – Amo i bambini, infinitamente. – concluse distogliendo lo sguardo.
- Stai male, Clary? – le domandò sollecito.
- Sono un po’ triste. – ammise – Ho litigato con Draco. Ho perso Severus. – ingollò a vuoto.
- Vuoi fare due passi? – la invitò.
- Mi vorrei cambiare. – si indicò – È da ieri che indosso gli stessi abiti. – fece un sorriso imbarazzato, Sirius annuì dicendo:
- Ti aspetto in giardino. Non restare chiusa dentro.
- Grazie. – lo baciò sulla guancia, poi sussurrò la propria parola d’ordine e scomparve all’interno della stanza.
Facendo profondi sospiri, si concesse una lunga doccia: aveva bisogno di lavare via la stanchezza e la tristezza accumulate. Dopo, si vestì indossando un completo nero, che rispecchiava il suo umore in quel momento, che le calzava a pennello e metteva in risalto il suo bellissimo fisico.
Pettinandosi i capelli fino a farli diventare una vaporosa nuvola d’oro rosso, Clarice si guardò allo specchio ma senza vedersi realmente. C’erano molte cose di lei che non le piacevano in quel momento, le occhiaie profonde erano la peggiore tra queste.
- Su Clarice! – si disse – Sorridi! – e, con un colpo di bacchetta magica, si acconciò i capelli in una complicata treccia. Non appena fu soddisfatta del risultato, uscì dal suo appartamento per raggiungere Sirius in giardino.
Il professore di Difesa, la stava aspettando fumando una strana pipa; ma non era solo. Con lui c’era un giovane uomo che Clarice non aveva mai visto ma che, a colpo d’occhio, le ricordò moltissimo uno degli amici più cari di Harry.
- Chiedo scusa. – parlò sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio lei – Ci ho messo un’eternità. – sorrise.
- Sei stata velocissima, Clarice! – scosse la testa Sirius – Stavo rivangando il passato con un caro amico! – glielo indicò con la testa – Lui è il secondogenito della famiglia Weasley. Si chiama Charles, ma…
- Preferisco essere chiamato Charlie! – le dedicò un sorriso sghembo, imbarazzato. Clarice gli tese la mano presentandosi a sua volta:
- Piacere, io sono Clarice Prince. – Charlie ricambiò la stretta di mano, poi si mosse a disagio sui talloni, sentendosi come di troppo.
- Di cosa stavate parlando, se posso saperlo… - chiese.
- Di argomenti non molto piacevoli. – sospirò Sirius – Abbiamo vissuto insieme la Seconda Guerra Magica, quella della liberazione definitiva da Voldemort.
- Oh. – gli occhi di Clarice si accesero di curiosità e, mettendosi seduta, chiese – Vi va di raccontarmi qualcosa? Se non è troppo doloroso per voi… - e posò gli occhi su Charlie, così diverso dal tipo d’uomo che era solita frequentare, di solito cercava “copie” di Severus capelli ed occhi scuri, introversi e taciturni. Quel giovane uomo aveva capelli rosso acceso, che portava lunghi a sfiorargli le spalle; un viso solare sempre pronto a sorridere; occhi chiari e sinceri, azzurri come il cielo; ed una spruzzata di lentiggini che le misero allegria.
- Non si ricorda mai volentieri il passato. – mormorò Charlie sospirando, infilò le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni e Clarice notò solo in quel momento che fosse più alto di Sirius e molto muscoloso.
- Sono stata indiscreta, scusate. – mormorò incrociando le mani sulle gambe – Nel villaggio dove abito, si sono sentite molte storie. Alcune troppo ridicole per essere vere. Altre troppo romanzate per riuscire a crederci. – osservò i due uomini ed arrossì notando lo sguardo intenso di Charlie.
- Che lavoro fai? – le chiese il rosso.
- La guaritrice. – rispose – Ho sempre mandato i rifornimenti di medicinali e ingredienti durante la guerra. – spiegò – Nel mio piccolo, ho cercato di aiutare il più possibile.
Charlie e Sirius avrebbero voluto dirle che aveva fatto molto, perché era rischioso spostare rifornimenti durante una guerra; ma nessuno dei due riuscì a dire una sola parola perché furono interrotti dall’arrivo di una splendida bambina bionda in lacrime.
- Zioooo! Zio Charlie! – disse con un accento francese che fece sorridere Clarice.
- Viky, tesoro, - la raggiunse lui – cosa è successo?
- Quel bambino laggiù. – e indicò un ragazzino grassoccio con i capelli color sabbia – Mi ha detto che sono brutta e che ho un brutto odore!
- Ma non è assolutamente vero! – cercò di consolarla Charlie, scatenando in lei un pianto ancor più isterico.
- Non ha figli, eh? – mormorò Clarice a Sirius che stava ridendo come un matto davanti alla scena.
- No. Charlie alleva i draghi. Ed è molto bravo nel suo lavoro. Ma…
- Con le persone non è granché. – sbuffò Clarice – Lo vedo! – e si alzò, con un movimento fluido ed elegante.
- Ti prego, tesoro dello zio, non piangere. – la supplicò, ma la bambina sembrava non riuscire a trattenere i forti singhiozzi che la scuotevano tutta.
- Ciao. – le si inginocchiò davanti Clarice per essere al suo livello – Perché stai piangendo, Petite étoile? – la bambina e Charlie la guardarono sgranando gli occhi, lei li osservò e, stringendosi nelle spalle, disse – Mi piace studiare le lingue straniere. Non sono bravissima in francese, ma qualcosa so dirla…
- Io mi chiamo Victoire Weasley e sono sua nipote. – spiegò.
- Io mi chiamo Clarice, - le sorrise asciugandole gli occhi con un fazzoletto pulito, Charlie la guardava affascinato – perché stavi piangendo Victoire? – chiese.
- Perché mi hanno detto che puzzo e sono brutta. – rispose singhiozzando.
- E chi te lo ha detto? – chiese indurendo lo sguardo la donna, la bambina le indicò con un dito il colpevole di quelle lacrime – Quel bambino non merita nessuna delle lacrime che stai versando, sai? – le sussurrò all’orecchio – Secondo me, tu gli piaci molto. Ma lui è uno sciocco e non sa come dirtelo.
- Dirmi cosa? – sgranò gli occhi la bambina.
- Che sei bellissima! – rispose con semplicità Clarice, le lacrime scomparvero dal volto della bambina, ed un sorriso sfavillante le arricciò le labbra.
- Veramente?
- Sei splendida, piccola stella! – annuì lo zio con un sorriso sincero – Era quello che cercavo di dirti anch’io, sai?
- Ma tu sei maschio. – lo accusò incrociando le braccia sul petto – Certe cose non sai dirle, altre non le capisci proprio! – concluse scuotendo i lunghi capelli biondi.
- Non posso darle torto! – rise Clarice, la prima risata dopo ore di interminabili lacrime.
- Insegni qui, Clarice? – chiese Victoire curiosa.
- Dei no. – scosse la testa la strega – Sono una mamma, mio figlio è… - si guardò intorno e lo vide arrivare di corsa, ridendo in compagnia dei suoi nuovi e vecchi amici – È quel bambino laggiù, quello con i capelli neri e gli occhi…
- D’ambra! – concluse Victoire – Siamo insieme ad Erbologia. È molto simpatico!
- Ed un gran rubacuori. – borbottò Sirius che li aveva raggiunti – Non gli bastano Amber ed Elettra? – ridacchiò finendo di pulire la pipa.
- Io sono per un quarto Veela. – dichiarò – Se realmente lo volessi, lui sarebbe mio. – replicò guardando Sirius – Ma a me piace l’altro bambino. – ed indicò Zahir arrossendo – Lui mi fa sentire sempre speciale.  – ammise.
Sirius gonfiò il petto, orgoglioso, Charlie e Clarice lo guardarono e, all’unisono, dissero:
- Non montarti la testa. Merito di Remus! – non appena terminarono di parlare, si guardarono scoppiando a tutti ridere.
- Mamma! Mamma! – la chiamò Daniel correndole incontro – Stai meglio?
- Sono in perfetta forma, amore! – lo abbracciò – E stavo facendo conoscenza con Victoire e suo zio Charlie. – glieli indicò e Daniel sorrise loro, educato.
- Ciao Viky! – la salutò Zahir seguito a ruota dalla gemella.
- Ciao. – mormorò la biondina felice – Zio, posso andare con loro?
- Avete lezione? – chiese Charlie.
- Abbiamo un incontro con Hagrid. – rispose prontamente Amber che aveva consultato il suo orario – Una di quelle lezioni che possiamo seguire da soli. – mostrò il foglio prima ai suoi genitori poi a Clarice.
- Allora andate. – annuì la guaritrice – Mi raccomando. – concluse guardando il figlio.
- Sì, mamma! – annuì Daniel prima di correre dietro il resto dei suoi amici.
- Ufh! – parlò il marito di Rose – Non so voi, ma io sono stanco di correre dietro quei monelli. – andiamo a riposare un po’ Rosy? – la abbracciò e la strega annuì, nascondendo a fatica uno sbadiglio.
- È stato Danny vero? – arrossì Clarice – Vi chiedo immensamente scusa! – si frugò in tasca e dette loro due fiale di sua creazione di pozione ricostituente – Prendete queste, starete subito meglio. – poi li baciò sulla guancia, osservandoli andare verso il Castello.
Con una scusa, anche Sirius si dileguò, lasciando Charlie e Clarice da soli. Il giovane Weasley, grattandosi la testa, cercò qualcosa da dire ma lei lo anticipò dicendo:
- Facciamo due passi? Sono stata costretta a letto con una terrificante emicrania per un giorno intero. – mentì, ma non voleva raccontargli la verità – Avrei voglia di camminare un po’.
- Ma certo! – le porse il braccio, ricordando le lezioni di “galanteria” che sua madre lo aveva costretto a prendere da un vecchio e aristocratico zio – Mi piace camminare. Lavoro all’aria aperta, sai?
- Veramente? – lo guardò per un momento – Che lavoro fai, Charlie?
La conversazione, grazie a quella semplice domanda, partì piacevole e leggera. Charlie raccontò a Clarice nel dettaglio che tipo di lavoro facesse, quale fosse la sua reale passione: era un allevatore di Draghi. Aveva portato lui dalla Romania i Draghi per il Torneo Tremaghi; lui stava allevando la draghessa che Hagrid gli aveva affidato. Era molto soddisfatto del suo lavoro e dei risultati ottenuti con i suoi bestioni e Clarice lo ascoltava con attenzione, rapita dai suoi racconti.
Camminarono e parlarono molto, fino a quando si trovarono nei pressi del Lago Nero dove si fermarono a riposare un po’. Fu in quel momento che Severus tornò dalla Serra di Erbologia con una cesta carica di ingredienti. Era così concentrato sui propri pensieri che sussultò quando, alzando lo sguardo, li vide: Charlie Weasley e la sua Clarice, seduti su un masso a godersi gli ultimi raggi del sole, che parlavano spalla contro spalle, ridacchiando sommessamente. I capelli di lei che sfioravano la pelle del collo di lui.
Una furia cieca si impossessò dell’uomo che, senza fermarsi a riflettere, si parò davanti a loro dicendo:
- Non dovreste controllare i vostri figli?
- Hm? – Charlie alzò lo sguardo, mettendo a fuoco il professore – Piton! – lo salutò con un sorriso sincero – Sono arrivato da poco e devo ambientarmi. C’era Bill qui con Viky, ma è dovuto tornare a casa di corsa, sembra che a Fleur si siano rotte le acque. Io ero libero. – spiegò stringendosi nelle spalle – Ed ho pensato di venire da mia nipote.
- E dov’è tua nipote? – chiese trattenendo a stento la rabbia, Clarice gli guardò le mani, stringevano con tanta forza quel cesto che avrebbero potuto romperlo da un momento all’altro.
- A lezione da Hagrid. – rispose la strega alzandosi – Con mio figlio. – lo guardò, sfidandolo a dire qualcosa.
- La lezione, signorina, – ringhiò – terminerà tra una decina di minuti.
- Saranno sufficienti per raggiungere la Capanna di Hagrid! – ridacchiò Charlie tendendole la mano – Vieni Clary, conosco ancora molte scorciatoie che il caro pipistrello non sa! – concluse irriverente verso Piton.
Clarice sorrise, prese la mano di Charlie e lo seguì correndo lungo i sentieri che conducevano alla casa del Guardiacaccia della Scuola.
Severus ruppe dalla rabbia il cesto e, maledicendosi per non essere riuscito a trattenerla, raggiunse in fretta la sua aula per sistemare le radici prima di perderle lungo il percorso.

Non appena furono fuori dalla vista di Severus, Charlie smise di correre ma non lasciò andare la mano di Clarice che continuava a sghignazzare divertita.
- Grazie Charles. – mormorò.
- Per cosa? – chiese continuando a camminare lungo quei sentieri che portava impressi nel cuore.
- Per avermi fatta sorridere. – rispose onesta.
- Sei triste? – le chiese scostandole il ramo di un albero per farla passare.
- Ho litigato con una persona… - iniziò lei, ma Charlie la interruppe dicendo:
- Sei innamorata, molto innamorata, di questa persona. E lui è geloso di te. – la guardò in tralice e, vedendola sbiancare, spiegò – Non sono molto bravo nei rapporti con i miei simili. Passo troppo tempo in mezzo a bestioni enormi, che potrebbero uccidermi in più modi di quelli che saresti capace di elencare. – ridacchiò quando notò il luccichio offeso negli occhi di lei – Però ho notato che molti comportamenti tra i Draghi e gli esseri umani sono simili.
- Simili? – lo guardò aggrottando le sopracciglia.
- Certo ragazzina! – ridacchiò.
- Ma per favore! Non sei tanto più grande di me. Non fare l’uomo vissuto! – sbuffò una risata.
- Io stavo parlando del linguaggio del corpo. – le dette una spallata leggera, facendola sorridere.
- E cosa avresti capito, o sommo professore, dal linguaggio del mio corpo?
- Non posso rispondere a questa domanda, o potrei venire schiantato talmente lontano che sarei un vecchio sdentato al mio ritorno! – rispose riprendendo a correre, ma senza più tenerle la mano stavolta. Clarice, fu talmente destabilizzata da quella risposta, che si limitò a restare ferma alla fine del sentiero per poi scoppiare a ridere fino a restare senza fiato.
Quando raggiunse la capanna di Hagrid, i bambini stavano uscendo entusiasti dalla lezione: Charlie si era fermato a salutare un gruppo di persone (altri genitori) che Clarice non aveva mai notato in quei giorni. Lei era sempre rimasta nei pressi dei sotterranei Serpeverde, in quei luoghi si sentiva più a proprio agio.
- Ehi Clary! – la chiamò lui con un sorriso – Vieni, ti presento alcuni amici.
- Non ci conosciamo. – parlò un uomo stringendosi nelle spalle – In quale casa sei stata smistata tu?
- Ma come, non lo ricordi caro? – gracchiò acidamente la donna sistemandosi gli occhiali sul naso – È una Serpeverde, per questo non ti ricordi di lei.
- Complice anche il fatto che sono più giovane di voi? – chiese usando lo stesso tono cattivo della donna – Magari voi vi siete diplomati l’anno che ho fatto lo smistamento. Per questo ignoro felicemente chi siete. – concluse stringendosi nelle spalle.
- Woooooowwww! – fischiò Charlie – Un lungo applauso alla strega Clarice che ha zittito la logorroica coppia! – lo Weasley le dedicò un applauso e un sorriso, Clarice lo guardò arcuando un sopracciglio e mimando con le labbra un “cresci va”, girò loro le spalle e per raggiungere l’ingresso della capanna.
- Eccomi qua. – si palesò salutando il mezzo gigante.
- Ben arrivata Clarice. – le sorrise Hagrid – Ho saputo da voci di corridoio che ti sei sentita male. Ora come stai?
- Ottimamente, Hagrid, grazie. – sorrise con gentilezza.
- Te la fai con il secondo cucciolo degli Weasley? – domandò in tono cospiratorio.
- Cosa? – Clarice lo guardò sgranando gli occhi, il figlio, che aveva sentito tutto, la osservò in silenzio in attesa di una risposta – Non me la faccio con nessuno! – replicò – E poi, di grazia, non sono affari tuoi!
- Lo sono, se il Preside della Scuola arriva a passo di carica sbuffando come un drago a cui hanno appena rubato l’uovo! – rise di gola il Guardia caccia facendola sobbalzare.
- Danny, - supplicò il bambino, Severus era ancora abbastanza lontano, forse potevano scappare – ti prego andiamo via. Non ho voglia di affrontarlo. Non adesso. Non così.
- Ti piace quel pagliaccio Grifondoro con i capelli color carota, mamma? – chiese usando lo stesso tono accusatorio del padre, il cuore di Clarice perse alcuni battiti.
- Prima di tutto, modera i termini ragazzino. Non è educato parlare così di una persona che non conosci.
- Prima di tutto, mamma, è buona educazione rispondere ad una domanda diretta. Non girarci attorno cercando di farmi perdere il filo del discorso e…
- Clarice. – tuonò perentorio Severus, lei alzò gli occhi al cielo supplicando tutti gli Dei di darle una mano.
- Sì, Preside Piton? – si girò a fronteggiarlo.
- Gradirei parlarti in privato. – disse a denti stretti, tremava di rabbia e la cosa non piacque né al bambino né alla giovane donna.
- No, grazie. – rifiutò con garbo – In questo momento lei è molto adirato con la sottoscritta che ha la colpa di aver riso in compagnia di un nuovo amico. – e indicò Charlie che non si era allontanato di un passo, pronto ad intervenire in caso di bisogno.
- Nuovo amico? – ripeté sprezzante Severus – Adesso si chiama così…?
- Non dirlo! – lo pregò – Per rispetto sia della tua intelligenza sia per la presenza di Danny. Altrimenti, dovrei farti notare che non sono stata io a baciare un’altra donna. – il colpo andò a segno, il Preside sgranò gli occhi e Daniel spalancò la bocca, ferito dal comportamento del padre.
- Andiamo via mamma. A questo punto, vorrei conoscere anch’io la persona che ti ha fatto ridere. – mormorò rabbiosamente.
Clarice prese la mano del figlio e si avvicinò al rosso che li osservava con un sorriso sghembo dipinto sulle labbra.
- Ciao. – parlò Daniel non appena gli furono davanti – Io sono Daniel Prince. Prima non ci siamo presentati.
- Ciao Daniel. Io sono Charles Weasley. Lo zio di Viky. Ci siamo visti prima, dimmi, che tipo è la mia nipotina?
- Una tosta! – ridacchiò, trovando subito simpatico quel ragazzo.
Severus era rimasto fermo lì, nello stesso punto dove loro lo avevano lasciato. Li guardava con un misto di dolore e rabbia dipinto sul viso.
- Adesso, - parlò Charlie – vorrei la verità.
- Quell’uomo è mio padre. – rispose schiettamente Daniel, Charlie spalancò occhi e bocca, facendo ridacchiare Clarice.
- Weasley. – parlò Severus che li aveva raggiunti silenziosamente, come il suo solito – Vorrei parlare privatamente con Clarice.
- Professor Piton. – sorrise Charlie tendendogli la mano – Per me non è un problema, ma deve chiedere alla signorina e al figlio se sono d’accordo.
- Ovviamente. – lo guardò indurendo lo sguardo – Non che la loro opinione mi interessi! – concluse e, senza dare il tempo a Clarice di dire qualcosa, la prese per un polso facendo smaterializzare entrambi nel suo ufficio.

La giovane donna, con il senso di nausea tipico della smaterializzazione, impiegò un attimo a riprendersi e capire che erano svaniti dal parco davanti alla capanna di Hagrid per apparire nell’ufficio del Preside, lasciando il loro bambino nelle mani di un perfetto sconosciuto.
- Come hai potuto! – urlò lei battendogli alcuni pugni sul petto – Riportarmi subito da nostro figlio! – continuò a picchiarlo, ma erano colpi talmente deboli che Severus a fatica li sentiva.
- Smettila. – le prese entrambe le mani in una delle sue, Clarice rabbrividì sentendo quel tepore che aveva imparato così bene a conoscere – Charlie è un Weasley, ha sei fratelli più piccoli e alcuni nipoti. – la guardò – Tuo figlio è abbastanza intelligente da…
- Non è solo “abbastanza intelligente”! – replicò arrabbiata, divincolandosi come un Basilisco per liberarsi – È un bambino fin troppo sveglio per la sua età. Ma avrei gradito avvertire Rose. Non voglio che sia un peso per una persona che neanche conosce. – spiegò e Severus annuì, non aveva considerato il fatto da quel punto di vista.
- Giusta osservazione. – e, prendendo la propria bacchetta dalla scrivania, recitò – Expecto Patronum. – dalla punta della bacchetta iniziò ad uscire una luce argentata che si trasformò prima in fumo e poi in un Patronus corporeo. Il mago e la strega lo guardarono sorpresi: era da molto tempo che non il Preside non si avvaleva di un Patronus e non aveva idea che avesse cambiato forma dalla Cerva di Lily al Lupo Siberiano di Clarice.
- E la Cerva? – balbettò Clarice.
- Non so quando sia cambiato. – biascicò continuando a guardare incantato quel Patronus e lui ricambiava lo sguardo, in attesa di sapere cosa dovesse fare – Rose, io e Clarice abbiamo bisogno di parlare da soli. Occupati tu di Danny, per cortesia. – disse e, dopo aver ordinato al lupo di raggiungere la strega Rose, quello sparì dallo studio correndo velocemente tra i corridoi del Castello.
- Potresti lasciare andare le mie mani? – lo pregò Clarice – Ho capito che non potrò andare da nessuna parte, fintanto che tu non lo permetterai.
- Non sei mia prigioniera, Clary. – scosse la testa lui.
- Hai ragione. Non lo sono. – ammise facendo qualche passo per la stanza, erano anni che non entrava nell’ufficio del Preside – È quasi uguale a prima. – sorrise girandosi verso l’uomo che la osservava.
- Sì. – annuì – Non volevo dare un’impronta troppo diversa. – ammise – Ero a mio agio qua dentro. Sia come studente, sia come professore. – spiegò.
- Sev. – ingollò a vuoto – Perché siamo qua? – chiese torturandosi le mani.
- Perché dobbiamo parlare. Parlare sul serio.
- Parlare di cosa? – chiese accarezzando alcune copertine di vecchi libri – Di te e quella Penelope? – non poté evitare di sputare il nome di quella donna con astio.
- O di te e Charles Weasley, se preferisci. – ribatté con rabbia mista a disgusto il Preside.
- L’ho conosciuto non più tardi di oggi. – spiegò con un’alzata di spalle – È stato il tuo professore di Difesa a presentarmelo. Non il Licantropo, quel Black. – concluse piazzando i suoi occhi in quelli neri di lui.
- Dobbiamo dirci tutta la verità. Senza nasconderci dietro paure. – disse l’uomo alzandosi con un gesto elegante dalla scrivania dove si era seduto – Non voglio avere paura di parlarti con il cuore in mano. E tu devi fare lo stesso con me. Saremo soli, Clarice. – con uno schiocco di dita apparve un vassoio con una teiera e due tazze, al centro della composizione c’era una fiala di Veritaserum che faceva bella mostra di sé.
- Veritaserum? – fece un mezzo sorriso Clarice – Davvero?
- Sarai onesta fino in fondo con me?
- Non lo so. – ammise – E tu?
- Ci sono cose che non vorrei dirti. Ma non voglio avere ombre tra noi.
- Allora accetto. – la strega versò il the nelle due tazze, poi osservò i gesti eleganti di Severus che aggiungeva ad entrambe le bevande le stesse gocce di pozione.
In silenzio, il mago e la strega bevvero il loro the corretto; poi si accomodarono nelle poltrone davanti al caminetto acceso ed iniziarono a parlare.
Parlarono a ruota libera di tutto quello che veniva loro in mente. Il siero della verità più potente del Mondo, distillato dal miglior Pozionista del Mondo, aveva fatto sciogliere loro la lingua e condivisero segreti e ricordi l’uno con l’altra, anche quelli più nascosti e dolorosi.
Severus, disse dei maltrattamenti subiti da bambino a causa del padre babbano. Parlò a lungo del suo amore non corrisposto per Lily Evans in Potter; di come si fosse lasciato lusingare dalla Magia Oscura di Voldemort e di come, per rimediare agli errori commessi, avesse dato anima e corpo per proteggere Harry Potter, l’unica speranza per l’intero Mondo (non solo quello Magico) di sopravvivere alla follia di quel mago oscuro. Le raccontò di come si fosse lentamente e inesorabilmente innamorato di lei. Di come non l’avesse ammesso con sé stesso i primi tempi; di quanto fosse spaventato dal fatto che lei gli avesse detto che l’amava e del terrore che aveva di non saperla corrispondere.
Le raccontò di quanto le fosse mancata, di come la sua vita fosse cambiata in meglio grazie alla sua presenza e del tempo che aveva sprecato per cercarla, non solo nell’Inghilterra Magica ma anche in Bulgaria dove pensava che fosse sposata con un uomo che non amava. Parlò a lungo Severus, continuando a bere il suo the corretto al Veritaserum per darsi coraggio, per non permettere alla parte razionale del proprio cervello di prendere il sopravvento.

Clarice ascoltò con attenzione ogni parola. Ascoltò con il cuore, con la mente e l’anima. Gli erano mancate quelle lunghe chiacchierate con Severus. Quando si frequentavano, passavano molto tempo a discorrere di tutto quello che incuriosiva Clarice, lei aveva sempre voglia di imparare cose nuove e Severus era un insegnante paziente, ma solo con lei.
Si rese conto di essere rimasta in silenzio un momento di troppo, quando un colpo di tosse dell’uomo la riportò al presente.
- Scusami. – disse – Stavo pensando al passato. A quando passavano le notti, quando non potevamo fare l’amore, a parlare di tutto quello che mi passava per la testa. Ricordo che leggevo qualcosa in biblioteca e poi ti tempestavo di domande e teorie assurde. – ridacchiò vedendolo annuire.
- È un bel ricordo. – mormorò con voce morbida – Era bello stringerti a me, anche solo per dormire insieme.
- Sì… - annuì – Lo era.
- Tocca a te parlare. – la incitò e Clarice, prima di aprire il proprio “vaso di Pandora”, bevve un lungo sorso di tea al Veritaserum; dopo aver tirato un lungo sospiro, chiuse gli occhi ed iniziò a parlare esattamente come aveva fatto lui.
Raccontò della paura di non ricevere la lettera della Scuola. Della gioia quando il gufo planò dritto di fronte a lei il giorno del suo undicesimo compleanno e del lampo d’emozione che brillò negli occhi dei suoi genitori che non l’avevano mai realmente né amata né capita.
Descrisse con dovizia di particolari i suoi primi anni al Castello, la gioia di essere stata smistata in Serpeverde (la prima della sua famiglia); il fascino del proprio Capocasa e l’idiozia di alcuni compagni di Scuola che pensavano che lei fosse una facilina come molte delle altre compagne, sia di Casa sia di Scuola.
Raccontò di come si fosse innamorata di lui. Il più silenzioso, cupo e arcigno professore che avesse mai avuto modo di incontrare sul suo percorso scolastico. Di come l’aveva colto, ogni tanto, a guardarla con una luce diversa negli occhi, con una punta di orgoglio e qualcos’altro a cui non aveva mai saputo dare un nome. Di come il suo cognome, anche detto con un pizzico di rabbia, detto da lui provocasse in lei lunghi brividi. Gli disse del coraggio che aveva dovuto raccogliere, lei che non aveva mai fatto niente per farsi notare da nessuno in particolare, per riuscire ad attirare l’attenzione del giovane uomo. Di come si fosse tagliata apposta, solo per potersi avvicinare a lui, per essere toccata da lui.
Gli raccontò di quanto il suo primo rifiuto le avesse spezzato il cuore e di come i loro successivi baci avessero fatto esplodere d’amore e passione il suo giovane cuore.
Gli disse che avrebbe voluto chiedere ai suoi genitori il permesso di poterlo frequentare alla “luce del sole”; ma di non averlo mai potuto fare perché le avevano comunicato, tramite gufo, che doveva sposarsi con un mago bulgaro per azzerare il debito causato dalla pessima gestione degli affari del padre.
Piangendo, confessò di come si fosse ribellata a questa decisione dicendo ai suoi genitori che non avrebbe potuto sposare un altro uomo perché era innamorata. Di come loro le dissero che era tutto scritto e deciso.
Di come, ridendo, suo padre le avesse detto che se quest’altro uomo che lei tanto amava l’avesse ricambiata almeno un po’, avrebbe potuto averla pagando però i debiti di famiglia.
Mentre la madre, bevendo l’ennesimo drink della mattina, guardandola le disse “ma chi potrebbe innamorarsi mai di una come te. Sei così scialba e insignificante.” Aggiungendo con cattiveria “mentre ti stringe le tette o ti tocca là sotto, te lo dice che ti ama?”.
Clarice ammise di non aver risposto a quella domanda, perché non poteva. Perché non avevano mai parlato di sentimenti, almeno non esplicitamente.
Così, gli disse di come aveva avuto l’idea della gravidanza e gli raccontò, con più dovizia di particolari la storia che Severus già sapeva passando dalla nascita del bambino, fino ad arrivare al modo in cui si erano ritrovati. Il Pozionista si accorse di stare piangendo solo quando lei, che gli si era seduta in grembo con le gambe di lato, asciugò le sue lacrime con caldi baci.
- Non piangere, Sev! – lo pregò con un sorriso incerto.
- Abbiamo distrutto le nostre vite. – ammise il Preside abbracciandola – Non ho pensato che tu fossi scialba e insignificante. Ma non pensavo che fosse giusto legarti a me visto che…
- Visto che eri una spia. Un Mangiamorte doppiogiochista. – fece un sorriso triste – Chissà, forse mio padre se avesse saputo che eri un Mangiamorte, avrebbe acconsentito a farci frequentare.
- Avrei avuto paura. – disse Severus – Paura che qualcuno facesse del male a te e nostro figlio. Non avrei fatto bene il mio lavoro. Forse sarei scappato, abbandonando Harry al proprio destino.
- Io e Danny avremmo causato la fine del giovane Potter e l’avvento dell’Oscurità. – rabbrividì abbracciandolo – Ho sbagliato, Severus. Alla fine della guerra, avrei dovuto cercarti e raccontarti tutto. Avrei dovuto coinvolgerti nella vita di nostro figlio. – una lacrima rigò il suo viso ed andò a morire nella veste nera dell’uomo.
- Non ho avuto nessuna relazione dopo di te. – le confessò cullandola – Nessuna donna, seppur spigliata e vogliosa di compiacermi, era te.
- Non ho avuto nessun altro uomo nella mia vita, dopo te. – mormorò colpita dalle parole di Severus – Escluso Danny, ovviamente. – il Preside ridacchiò facendo rimbombare la cassa toracica della donna.
- Non ho mai baciato la professoressa Smith. Di lei mi dà fastidio tutto. Anche l’odore. – confessò.
- Perché la tieni? – chiese.
- Perché non ho ancora trovato di meglio. – si strinse nelle spalle.
- Rose è una storica. – disse ricordandosi d’un tratto della sua migliore amica – Lavora con me in negozio, perché non ha trovato di meglio. – gli sorrise – Potresti prenderla in considerazione?
- Ci penserò. – annuì – Ma le parlerò non appena gli effetti della pozione saranno svaniti.
- Hai tempo fino a domenica! – mormorò con un sorriso sincero, il primo dopo tanto tempo, lei.
- Ti amo Clarice! – disse di getto – E non lo dico perché indotto dalla pozione. Lo dico perché è vero!
- Ti amo anch’io Severus. – gli prese il viso tra le mani – Non ho mai smesso di amarti! – confessò; poi non ci fu più tempo per le parole e il silenzio dell’ufficio del Preside fu interrotto da gemiti, sospiri e frasi senza senso, mormorate l’uno sulle labbra dell’altro.
Passarono la notte così: coccolandosi, baciandosi, respirandosi, parlando come facevano quando lei era una studentessa e non avevano la possibilità di fare l’amore. Clarice, avvolta dal calore del corpo di Severus, si addormentò con il viso nascosto nell’incavo del collo dell’uomo che continuò ad accarezzarle la schiena fin quando le fiamme del caminetto smisero di crepitare.
- Ragazzo mio. – parlò Albus dal suo quadro – Perché non la porti a letto?
- Non voglio addormentarmi. – mormorò – Se fosse solo un inganno della mia mente stanca? Se lei non fosse qui?
- Lei è qui! – ridacchiò un altro ex Preside – Abbiamo sentito tutti la sua voce, percepito la sua magia. È una strega forte.
- È una mamma! – parlò una ex Preside dal proprio quadro – Ma è reale, Piton. Portala a dormire, siete entrambi molto stanchi. – sorrise e l’uomo annuì. Depositando un bacio sulla tempia di Clarice, si alzò dalla poltrona con lei in braccio e, come se non avesse peso, la condusse fino alla camera da letto. Non andò nella sua nei sotterranei del Castello, era troppo stanco per fare tutta quella strada.
Con un incantesimo non verbale, fece scivolare il copriletto e le lenzuola fino ai piedi del letto; poi trasfigurò i loro abiti in qualcosa di comodo e la sistemò nel letto con un gesto gentile.
- Mmmm… - mugolò lei rabbrividendo – Severus… - il cuore dell’uomo si fermò, anche nell’incoscienza del sonno mormorava il suo nome con un amore e una passione che non aveva mai sentito pronunciare da nessun’altra voce.
- Sono qui, anice stellata, sono qui. – si stese al suo fianco e l’abbracciò.
Clarice sorrise nel sonno, si accomodò nell’abbraccio caldo dell’uomo e si lasciò trasportare nel mondo dei sogni, serena come non era da tempo.
Il Pozionista coprì entrambi i corpi con le coperte che aveva sistemato in fondo al letto; poi, troppo stanco per continuare a pensare, si lasciò scivolare nel sonno.

La nottata trascorse tranquilla, Severus e Clarice dormirono abbracciati, riempiendosi l’uno i polmoni dell’odore dell’altra. Al mattino furono svegliati dall’arrivo, in successione, della civetta delle nevi di Harry e del Patronus corporeo di Draco, un Drago.
- Svegliaaaa! – urlò il Patronus dello studente Serpeverde facendoli sobbalzare – Dove è finita Clarice, zio Severus? Se le hai fatto del male, giuro sui resti di Salazar, che uso i tuoi organi interni per creare pozioni o cibo per lo stupido cane di Hagrid! Rispondi alla civetta del mio Harry. – ordinò il Patronus prima di scomparire.
Severus e Clarice erano svegli, i cuori di entrambi battevano come rulli compressori al lavoro; il primo a riprendersi fu l’uomo che, girandosi verso di lei, con un sorriso le disse:
- Buongiorno Cly.
- Giorno Sev. – si scambiarono un bacio a fior di labbra, poi lei si stiracchiò nel letto a baldacchino, notando solo in quel momento che non fossero nella camera di Severus.
- Abbiamo dormito nella mia seconda camera da letto. – spiegò notando il suo sguardo curioso – È la camera da letto dell’Ufficio del Preside. – le disse – Era molto tardi ed ero troppo stanco.
- Mi dispiace. – arrossì accarezzandogli il viso – Mi sono addormentata profondamente. Tutte quelle emozioni…
- Non devi dispiacerti. – si alzò dal letto l’uomo – Raggiungo quel dannato pennuto, poi torno da te.
- Ti aspetto. – annuì lei godendosi il tepore delle coperte, finché l’immagine del figlio che non vedeva dal pomeriggio precedente le invase con prepotenza la testa.
Alzandosi dal letto rapidamente, Clarice si fiondò nella stanza adiacente alla ricerca della sua bacchetta magica.
- Clarice? – la chiamò Albus dal suo quadro.
- Albus! – gli sorrise con affetto – Dei, sono impresentabile… - arrossì rendendosi conto di indossare una camicia da notte lunga sul ginocchio nera con lo scollo a barca che lasciava scoperte le sue spalle.
- Io ti trovo molto graziosa! – le strizzò l’occhio un Preside con il naso e guance rosse, segno che amava bere molto.
- Clarice. – la chiamò Severus raggiungendola con la lettera di Harry in mano – Perché ti sei alzata? Stai male?
- No, - lo abbracciò – volevo solo inviare un messaggio a Danny. – spiegò e lui le porse la pergamena, la lettera non era da parte di Harry ma di loro figlio.
“Cari mamma e papà,
ieri pomeriggio non è stato divertente essere lasciato con quel Weasley senza riuscire a capire cosa stava succedendo e dove stavate andando. Soprattutto perché, quando ho provato a chiederlo a lui, ha saputo rispondermi tutto arrabbiato che senz’altro eravate andati a farmi un fratellino o una sorellina.”
Le guance di Clarice diventarono rosse come frutti maturi, Severus accentuò la stretta del proprio abbraccio e le spostò i capelli di lato per poter continuare a leggere con lei la lettera del figlio.
“Non che la cosa mi dispiaccia, tu lo sai mamma. Ma, prima di prendere qualunque decisione, o prima di chiederle di sposarla, professore, dovrai reclamare e conquistare la sua mano. Lei è il mio mondo.”
- Sei anche il mio. Lo sei stata quando ti ho persa. Sei tornata ad esserlo quando ti ho visto dietro il bancone del negozio. – mormorò con voce commossa l’uomo stringendo Clarice – E vorrei poter entrare a fare parte del vostro mondo. – le girò il viso per poterla guardare negli occhi.
- Non posso deciderlo da sola. – mormorò commossa lei – Vorrei parlarne anche con Daniel.
- Va bene. – annuì solenne Severus che, senza lasciare i fianchi della donna, chiamò un Elfo Domestico ordinandogli di andare a prendere Daniel Prince e di condurlo subito al cospetto del Preside.
La creatura fece un profondo inchino e, dopo ossequiosi saluti a Severus e Clarice, scomparve per ricomparire alcuni istanti dopo con il bambino addormentato tra le braccia.
Clarice corse a togliere quel pesante fardello dalle braccia dell’Elfo che le dedicò un sorriso riconoscente.
- Che ore sono? – chiese la strega bisbigliando.
- Le sette e mezza. – rispose Severus dopo aver controllato l’orologio sulla scrivania – Se Danny dorme così beatamente, quando ha scritto la lettera?
- Ieri sera. Magari ha passato del tempo con Harry e Draco. – baciò la tempia della donna e le indicò la camera da letto – Tu e il bambino rimettetevi a dormire. La mia mattina, generalmente, inizia alle sei.
- Cosa fai di solito? – domandò la donna dopo aver sistemato il figlio al centro del letto.
- Mi piace tenermi in forma. Faccio un po’ di allenamento correndo lungo la riva del Lago Nero. Mi aiuta a schiarirmi le idee e creare un elenco mentale di tutte le cose che devo fare durante la giornata.
- Anch’io mi sveglio molto presto. – spiegò la donna – Ci sono delle piante che hanno esigenze particolari e devono essere curate prima del sorgere del sole.
- Facciamo colazione prima che Daniel si svegli?
- Volentieri. – annuì lei prendendo la mano che lui le porgeva.
Severus e Clarice si accomodarono al tavolo che era stato portato dalle cucine della Scuola e mangiarono in silenzio, ascoltando il crepitio del caminetto che era stato riacceso.
Clarice stava bevendo il suo caffelatte quando la porta della camera si aprì, lasciando uscire uno stranito Daniel che stropicciandosi gli occhi, cercava di capire dove si trovasse: si era addormentato con Tommy, com’era arrivato lì? Cercando di orientarsi, il bambino vide i suoi genitori allo stesso tavolo che lo fissavano sorridendo felici. Si passò nuovamente le mani sugli occhi, si dette un pizzicotto sul braccio poi corse verso di loro lanciandosi tra le braccia del padre, piangendo emozionato. Severus lo strinse contro il proprio petto, affondando il viso nei suoi capelli morbidi e setosi.
- Non è un sogno, vero? – pigolò strusciando il viso contro il petto del padre – Siamo tutti e tre insieme nello stesso posto e voi non state litigando?
- È tutto vero, piccolo! – annuì Severus accarezzandogli con dolcezza la schiena.
- Siete la cosa più bella che io abbia mai visto! – sorrise Clarice portandosi una mano davanti alla bocca.
- Mamma! – le sorrise lui senza staccarsi dall’abbraccio del padre.
- È la verità piccolo mio! – annuì abbracciando entrambi.
- Ti amo Clarice. – mormorò Severus, sentiva il cuore esplodergli nel petto – E amo questo mostriciattolo.
- Ehi. Non sono un mostriciattolo! – finse di offendersi Daniel, gli occhi ambra brillavano come pietre preziose.
- Certo. E io non sono tuo padre. – ridacchiò davanti all’espressione sbalordita del figlio.
- Papà! – lo colpì sulla spalla con un pugno – Non ti libererai di me così facilmente. Ma impegnati a trovare un soprannome migliore. – lo sfidò con lo sguardo, Severus lo guardò poi scoppiò a ridere davanti all’espressione buffa del figlio, coinvolgendo subito dopo Clarice e Daniel.
La strega baciò a lungo Severus sulle labbra, fino a quando Daniel li fece separare, stanco di essere schiacciato tra i loro corpi.
- Mamma, papà. – li guardò serio con le labbra serrate – Ve lo dico in anticipo: voglio una famiglia. Non pretendo una famiglia “normale”. – mimò il gesto delle virgolette sull’ultima parola - Vorrei solo essere felice con voi.
- Mi impegnerò a darti quanto meriti, ragazzino. – annuì commosso Severus – Anche a me piacerebbe avere una famiglia felice con voi.
- E vorresti altri figli, vero? – lo guardò speranzoso.
- Tutti quelli che tua madre è disposta a darmi. – annuì.
Felice, il bambino abbracciò un’ultima volta i suoi genitori poi corse in giro per l’ufficio ridendo, troppo soddisfatto per restare fermo un minuto di più. Severus baciò Clarice e Daniel, finì di fare colazione poi disse loro che doveva andare perché la mattina di scuola stava per iniziare e lui aveva sia lezioni normali sia quelle con gli ospiti. A tal proposito, Clarice si ricordò che anche loro dovevano sbrigarsi perché quella mattina avevano delle lezioni in comune da seguire.

La giornata trascorse nel migliore dei modi: Daniel brillò in tutte le attività alle quali partecipò, si sentiva felice e vedere sua madre sorridere dopo tanto tempo lo faceva sentire pieno di energia e vitalità.
La stessa Clarice dette il meglio di sé durante alcuni laboratori, guadagnandosi i complimenti sia della professoressa McGranitt sia della professoressa Smith che aveva sostituito l’insegnante di Aritmanzia perché si era sentita poco bene dopo la colazione.
All’ora di pranzo, finalmente Daniel e Clarice riuscirono a raggiungere i loro vicini e più cari amici.
- Ehi! – la accolse William con il suo sorriso cordiale – Ciao straniera!
- Ciao Willy. – si abbracciarono – Scusate, ieri sono scomparsa! – continuò a parlare stringendo con forza la sua migliore amica.
- Ne è valsa la pena? – chiese Rose dandole un bacio sulla guancia.
- Diciamo che abbiamo fatto enormi passi avanti.
- Tanto enormi che devo preparare la culla? – ridacchiò William malizioso.
- Noooo! – Clarice arrossì – Non ancora almeno. – rise felice.
Un colpo di tosse li fece sobbalzare, erano arrivati in “branco” Harry; Draco; Hermione; Charlie ed un ragazzo che gli somigliava parecchio, lo stesso che l’aveva supplicata di fermarsi ad insegnare Pozioni al posto di Piton.
- Buongiorno. – salutò Draco – Come va Clarice? – chiese, era ancora arrabbiato; ma Harry lo aveva costretto a fare il primo passo.
- Draco, - lo avvolse in un abbraccio stritolante, da mamma – scusami. Sono stata una scema egoista.
- Ehi! – ridacchiò Harry – Non è tutto merito di Draco se siamo qui, sai? – fingeva di essere geloso, ma i suoi occhi verdi brillavano di gioia.
- Potter, lasciami abbracciare una donna in pace! – sospirò Draco, felice di aver fatto pace con quella strega – I suoi sì che sono abbracci morbidi, mica come quelli della babbana e di Pansy!
- Ehi! – gli dette uno scappellotto Hermione – Se non ti piacciano i miei abbracci, smetti di chiedere le “coccole” quando Harry non c’è! Sei imbarazzante!
- Strega! – gli fece la linguaccia Draco staccandosi dall’abbraccio di Clarice, lasciando ad Harry la possibilità di abbracciarla.
- Sono felice che abbiate parlato! – le disse all’orecchio – E mi dispiace se mi hai odiato all’inizio. – sospirò – Non è facile avere i suoi occhi. – concluse.
- Mi dispiace di essere stata una sciocca, Harry. – lo baciò sulla guancia – E di essermi fermata alle apparenze.
- Miseriaccia! – parlò il ragazzo rosso più giovane – Non voglio crederci! – sospirò guardando Clarice – Una così bella ragazza…
- Non sono malata. – rise lei non appena Harry la lasciò andare.
- Non ascoltare mio fratello Ron. – roteò gli occhi al cielo Charlie – È sempre molto teatrale nell’esternazione dei suoi sentimenti.
- Ron Weasley. – intuì la strega – Sai, Charlie, che tuo fratello mi ha fatto il filo durante la mia lezione di Pozioni? – Ron arrossì, incassando la testa tra le spalle.
- Non è vero! – pigolò.
- Ooh è verissimo! – rise Draco che amava metterlo in imbarazzo – L’ho visto io.
- E quando, Drake. – ghignò Hermione – Prima o dopo aver finito di pomiciare con Harry?
- Non eri attenta Granger! Eravamo già stati separati in due gruppi. – sospirò – Purtroppo non potevo più baciare il mio Potterino!
- Malfoy, contegno! – lo intimò Harry imitando la voce della professoressa di Trasfigurazione, facendo scoppiare a ridere i presenti.
- Dei, - mormorò Rose – non pensavo che foste così spassosi. Insomma… - indicò Harry – Tu sei una persona famosa…
- Non per mia scelta. – mormorò toccandosi la cicatrice.
- Ah, ah. – gli prese la mano Draco – Tu sei molto di più di quella cicatrice.
- Lo so! – gli sorrise – A volte dimentico.
- Per fortuna hai un fidanzato bello e intelligente come me, che ti ricorda l’ovvio! – replicò Draco alzando il mento con aria di provocazione, sfidando tutti a dire il contrario.
La risata di pancia che parti da Clarice, lasciò prima tutti interdetti poi li coinvolse.
- Scusami Draco! – parlò asciugandosi le lacrime dai lati degli occhi – Non volevo ridere di te. Ma siete così belli che…
- Lo so. – annuì il platinato – Siamo favolosi! – le sorrise strizzando l’occhio.
- Clarice. – la chiamò Charlie dopo che lo scoppio di ilarità cessò.
- Sì?
- Potrei parlarti in privato? – chiese arrossendo.
- Ma certo! – sorrise lei – Ragazzi, io e Charlie andiamo fino al campo da Quidditch. Ci raggiungete là?
- Sì cara. – annuì Rose – Aspettiamo che i bambini finiscano la lezione, poi veniamo a lezione di volo. Oggi la prendo anch’io una lezione. – cinguetto allegra facendo sorridere il marito.
- A dopo. – salutò la strega.
Clarice e Charlie raggiunsero il campo da Quidditch camminando in silenzio, erano entrambi tesi ed imbarazzati. Lui avrebbe voluto chiederle molte cose; ma temeva di farla allontanare mostrandosi irragionevolmente geloso.
- Quindi tu e Piton avete avuto una relazione. – iniziò e, notando la mascella di lei irrigidirsi, comprese di aver detto subito le cose sbagliate.
- In un certo senso, sì. – annuì cercando le parole adatte per spiegargli della sua storia d’amore.
- Circolano strane voci su voi due. – la guardò – Ho sentito dire da alcuni ex studenti, credo tuoi compagni di Scuola, che…
- Non mi interessa ciò che gli altri dicono. – lo interruppe – Ciò che conta è ciò che so. Che ho vissuto.
- Io…
- No, tu vuoi sapere. Ti racconterò la verità: mi sono innamorata di Severus Piton il primo giorno di Scuola. Avevo 11 anni ed un desiderio incredibile di finire nella Casa capeggiata da quel mago così scuro e misterioso. L’ho amato come si ama da ragazzini: da lontano, platonicamente. Poi sono cresciuta e sono uscita con altri ragazzi. Niente di serio. Qualche passeggiata, qualche bacio e qualche carezza più maliziosa. Ma nessuno era lui. Nessuno aveva i suoi occhi magnetici o le sue mani. – sospirò appoggiandosi ad un albero – Dei, le sue mani! Ne ero ossessionata sai?
- Non c’è bisogno che tu mi racconti tutto, Clarice. – mormorò imbarazzato – Non volevo offenderti.
- È che sono stanca di sentire voci. Racconti e bugie. Vorrei, da adesso, che venisse fuori la verità.
Clarice continuò a parlare con Charlie, raccontandogli di come la relazione con Severus fosse iniziata e di come, per colpa dell’egoismo dei suoi genitori finita prima che lei potesse dirgli di essere incinta di Daniel. Cambiò leggermente il finale della storia: quella parte, intima e privata, delle scelte che aveva compiuto non voleva discuterla con un estraneo, era stanca di essere giudicata da tutti.
- È una bella storia. – annuì il rosso allevatore di Draghi – E, da quello che ho capito, è finita nel migliore dei modi. – le sorrise.
- Ci stiamo lavorando. – ammise arrossendo lei – Sei anni di silenzio sono lunghi da riempire.
- Saprei io come farti riempire i silenzi! – mugugnò osservandola con malcelato desiderio, Clarice lo guardò aggrottando le sopracciglia, avrebbe voluto rispondere a tono ma l’arrivo del Patronus di Severus glielo impedì:
- Raggiungimi con Daniel in sala professori tra dieci minuti. Ti spiegherò tutto appena arrivi. – concluse, Clarice accarezzò il lupo siberiano un attimo prima che scomparisse.
- Devo andare. – si strinse nelle spalle.
- Ho sentito. – sospirò Charlie – Mi dispiace che tu abbia scelto lui di nuovo. Sentivo che poteva esserci qualcosa di speciale tra noi. – le sfiorò il viso con una carezza.
- Sei un ragazzo molto simpatico Charlie. – gli prese la mano, fermando quel tocco indesiderato – Ma lui non è mai uscito dal mio cuore. – la voce del figlio distrasse entrambi dal discorso – Devo andare. Ti auguro veramente di essere felice, lo meriti!
- Anche tu streghetta. – le strizzò l’occhio lasciandola andare a malincuore.
- Mamma! Mamma! – Daniel agitava la mano mentre la chiamava – È arrivato un messaggio da papà, andiamo?
- Eccomi tesoro. – gli prese la mano, sentì lo sguardo di Rose penetrante sulla nuca – Cosa c’è? – le domandò.
- Ha convocato anche me e William. – rispose con voce tremula per l’emozione.
- Non ne sapevo niente! – sorrise la guaritrice – Andiamo dai, non sopporta i ritardatari. Non li ha mai sopportati quand’era più giovane, figuratevi ora. – concluse facendo scoppiare a ridere gli adulti.
- Mamma. – parlò il bambino dopo qualche momento di silenzio – Se dovesse chiederti di sposarlo lo faresti? Verremmo a vivere qua?
- Non so per quale motivo ci ha mandato a chiamare Danny. – sospirò – Però non mi piacerebbe vivere al Castello. Il mio lavoro al villaggio mi piace e…
- Ma non vedrei mai papà! – sbuffò.
- Danny, stiamo curandoci per una ferita che al momento non esiste. – lo baciò sulla nuca e il bambino annuì sconsolato: sua madre aveva ragione, dovevano parlare con il Preside per scoprire cosa stesse realmente succedendo.
In silenzio, ascoltando il vociare degli ospiti e degli studenti, il gruppo raggiunse la sala insegnanti. Fu Clarice a bussare e la porta le fu aperta dalla professoressa di volo.
- Ben arrivati signore e signori. – li accolse – Prima parleremo in privato con la signorina Prince e suo figlio. – annunciò facendosi da parte per farli passare – Accomodatevi pure su quelle sedie lì. – disse rivolta a Rose e Richard che annuirono.
- Buongiorno a tutti. – salutò Clarice – Danny, saluta anche tu.
- ‘Giorno… - pigolò il bambino, emozionato di trovarsi di fronte a quella folla di persone che lo fissavano curiosamente.
- Clary, Danny. – parlò Severus comparendo da una porta laterale – Grazie per essere venuti con così poco preavviso.
- Stavamo aspettando l’inizio della prossima lezione. – si strinse nelle spalle il bambino – Eravamo liberi. – sorrise.
- Ottimo. Ruberò ad ognuno di voi solo pochi attimi. – annunciò Severus, i professori parlottarono tra loro in risposta alla dichiarazione del Preside che, dopo averli zittiti con un gesto della mano, continuò – Ricordate tutti una nostra ex alunna, il suo nome è Clarice Johnson, vero?
- Come dimenticarla! – annuì l’insegnante di Erbologia – Eccelleva in tutte le materie. Soprattutto nella mia e nella tua, Piton.
- Esattamente. – annuì Minerva – Un talento naturale per pozioni. Ma anche in Trasfigurazione non era affatto male.
- Si impegnava molto in tutto quello che faceva, - si aggiunse a loro la voce di Sibilla Cooman – ma perché stiamo parlando di lei come se non ci fosse, visto che è qui? – concluse indicandola con un cenno della testa la professoressa di Divinazione.
- Era qui che volevo arrivare. – sbuffò Severus – Signore e signori, Clarice Prince in realtà è la signorina Johnson, e questo bambino è nostro figlio.
Un mormorio concitato e scandalizzato si levò dal tavolo dei professori, Severus aveva appena confessato di aver avuto una relazione con una sua ex-studente e di aver concepito con lei un figlio mentre ancora era il suo insegnante.
- Non voglio né essere difesa né giudicata da nessuno di voi. – parlò Clarice prendendo la mano di Severus, intrecciando le loro dita insieme – Ho amato profondamente il mio professore di Pozioni. Lui era l’unico che mi trattava da persona. Che non si fermava all’apparenza dell’educata, seria, marionetta purosangue e Serpeverde. – si strinse nelle spalle – Era così bello poter essere me stessa in sua compagnia. Curiosa, logorroica, spaventata. – Severus l’abbracciò, coinvolgendo il figlio nell’abbraccio – Quando ho scoperto di essere rimasta incinta, ho avuto paura a tornare qua a scuola perché la guerra incombeva su tutti noi. La mia famiglia mi aveva portato via, isolandomi dal resto del mondo. Volevano che io sposassi un uomo per salvare i loro conti in banca e quando non ho potuto farlo, mi hanno cancellato dalle loro vite. – fece un sorriso accarezzando i capelli del figlio – Mi sono ricostruita una nuova vita. Una nuova identità, prendendo il nome della madre di Severus, un modo per sentirlo vicino. – guardò i presenti – Sapevo da Albus tutto quello che stava accadendo. Lui era l’unico a conoscenza della presenza del bambino, che fosse figlio di Severus. L’avevo scongiurato di non dire niente. Perché non volevo dare altri pensieri all’uomo che non ho mai smesso di amare. – concluse e Severus unì le proprie labbra a quelle della giovane donna in un bacio profondo e carico d’amore.
- Ho creduto per anni che tu fossi morta. – sospirò sulle labbra di lei alla fine del bacio – Sono felice di essermi sbagliato e di averti ritrovato. Quando la tua famiglia ti ha portato via dalla Scuola, ho tentato di cercarti ma poi ho dovuto desistere credendoti più al sicuro lontano da qui, fulcro di molti scontri.
Continuarono a parlare a lungo, fino a quando la campanella non indicò loro che era giunta l’ora di pranzo.
Severus congedò tutti gli insegnati, tranne la McGranitt la Vice Preside.
- Devo parlare con te, Minerva. – le disse e la donna annuì, restando comodamente seduta al proprio posto.
Penelope Smith, passò vicino al Preside con gli occhi sgranati era furente e non riusciva a gestire la propria rabbia.
- La ucciderò Piton! – urlò rivolgendosi a Clarice – Ucciderò quella puttana e suo figlio e tu sarai mio. Solo mio! Devi essere mio Severus! – cercò di lanciarsi addosso a Clarice, ma Severus fu più veloce e, lanciandole un incantesimo bloccante, fermò ogni sua mossa.
- Questa donna è completamente pazza. – parlò Minerva – È un pericolo per l’intera scolaresca. Come abbiamo fatto a non accorgerci prima che fosse così…?
- Perché credeva di poterlo conquistare. – rispose Daniel stringendosi nelle spalle – Non si sentiva minacciata dalla presenza né di voi professoresse né da quelle delle studentesse. – era logico, un perfetto ragionamento alla Piton.
- Impressionante! – ansimò Minerva – È realmente un piccolo te, Severus!
- Ho fatto un buon lavoro, vero? – ridacchiò Clarice per scacciare la tensione.
- Ottimo mia cara. Ottimo. – Minerva le batté con affetto le dita sulla mano senza mai staccare gli occhi dall’altra donna che si agitava e mugolava peggio di una creatura intrappolata – Dovremmo fare qualcosa per lei. – disse rivolgendosi al Preside.
- Ha bisogno di aiuto. – annuì Severus – Ho scritto ad un vecchio amico che fa il Medimago al San Mungo. Descrivendo nel dettaglio i comportamenti della donna. Soprattutto della sua ossessione per me. – si mosse a disagio – Mi ha detto che sono patologie comuni a chi ha subito maltrattamenti o abusi durante la guerra. In me vede una specie di salvatore. Vuole avermi non perché mi ama, ma perché è convinta che legandomi a sé, nessuno possa più farle del male.
- Utopia! – sospirò Clarice provando pena per quella strega.
- Ho inviato un gufo all’ospedale e… - non terminò la frase che dal camino della sala arrivarono due infermieri e il Medimago amico di Severus – Eccoli qua, puntuali come non mai. – li accolse.
- Buongiorno. – parlò il medico – Scusate, ho avuto un’emergenza. – si grattò la testa – Chi mi regala i suoi ricordi? Ho bisogno di sapere cos’è successo per poterla internare e curare. – la osservò – Lei non mi darà mai il permesso spontaneamente.
- Non ha famiglia? – domandò Clarice.
- Nessuno. – rispose l’infermiera che aveva accompagnato il medico – Da quello che è scritto qua, sono morti durante un attacco di Mangiamorte.
- Capisco. – annuì la guaritrice che, prendendo la sua bacchetta, estrasse un lungo filamento argenteo dalla testa, era il ricordo delle minacce e dell’attacco scongiurato contro la propria persona.
Dopo di lei, anche Minerva e Severus passarono al medico i loro ricordi; Daniel, osservando la madre, chiese:
- Puoi togliere anche il mio, mamma? – singhiozzò – Non voglio avere incubi per colpa sua! – e indicò Penelope con un cenno del capo.
- Ma certo amore! – Clarice sfilò dalla mente del figlio quel ricordo, lo imbottigliò e lo passò al medico che lo prese con un sorriso.
- Grazie giovanotto. – gli disse – Questo sarà il più prezioso di tutti, perché è il più reale.
- È stato orribile dottore! – tremò.
- È andato tutto bene. – lo consolò Severus e il bambino annuì, lasciandosi abbracciare.
- Piton! – ridacchiò il medico mentre i suoi aiutanti prendevano Penelope – Brutto marpione, dove hai tenuto nascosto un figlio e una moglie?
- Lontano dalle tue grinfie. – ridacchiò il Preside senza rettificare le parole dell’uomo, in fondo lui e Clarice non erano ancora sposati.
- Bravo. – rise l’uomo – Noi qui abbiamo finito. – disse – Buona giornata. Ti farò sapere come procede la cura.
- Grazie. – annuì Severus – Buona giornata a voi. – li salutò un attimo prima di vederli sparire nel camino.
- Moglie, eh? – ridacchiò Minerva mentre Clarice si controllava entrambe le mani alla ricerca dell’anello che avrebbe attestato questa sua dichiarazione.
- Lui è un caro amico, mi ha ricucito molte volte dopo i miei scontri durante la guerra; ma ha una passione troppo smodata per le belle donne. – spiegò con un sospiro alla guaritrice – Non volevo spaccargli la faccia con un pugno alla babbana. – la baciò – Ho preferito lasciargli credere che tu fossi…
- Ma lo sarà, vero? – lo interruppe Daniel incrociando le braccia sul petto – Cioè, vi sposerete, non è così?
- Vorrei avere la possibilità di fare a tua madre una proposta degna di questo nome, ragazzino. Ma succede sempre qualcosa che manda all’aria i miei piani.
- Mh. – annuì Daniel – Ti darò tempo fino a domenica. – disse puntandogli il dito sul petto – Pensa ad un modo per chiedere la mano della mamma. Un modo originale. Non banale. Perché lei è unica. – sorrise.
- Basta adesso! – li pregò Clarice – Ho già fatto carico di troppe emozioni e non è ancora ora di pranzo. – baciò il figlio e poi Severus, dolcemente, sulle labbra.
- Andate a raggiungere Draco e Harry. – li pregò l’uomo – Sono sicuro che saranno mortalmente curiosi di sapere tutti i dettagli.
- Posso farli spaventare un pochino? – ridacchiò Daniel da perfetto Serpeverde – Magari arrivando prima io con la faccia un po’ triste. – i genitori, ridendo, annuirono.
- È così bello vederti ridere, Preside! – si asciugò una lacrima furtiva Minerva.
- Mi è mancato il suono della sua risata! – annuì Clarice – Ma ora vi lascio al vostro lavoro. Dico a Rose di entrare?
- Te ne sarei enormemente grato. – assentì con il capo osservandola uscire.
Clarice, sorrise ai due insegnanti; poi aprì la porta uscendo in corridoio e trovando Richard e Rose seduti dove li aveva lasciati.
- Ehi. – si alzò Rose – Tutto bene?
- Tutto ok. – si abbracciarono – Sev ha parlato di noi a tutta la Scuola. Finalmente siamo la sua famiglia. – sorrise felice.
- Oooh! – William strinse entrambe nel suo “abbraccio da orso” – Non potevi rendermi più felice di così, splendore! – la baciò sulla tempia, con l’affetto di un fratello.
- Grazie Willy! – arrossì Clarice – Vorrebbero parlarvi. – continuò staccandosi dal loro abbraccio pieno di affetto.
- Tosca santissima. – gemette Rose – Spero non sia successo niente…
- Credo che potrebbe piacerti ciò che ha da dirti Severus. – la incoraggiò ad entrare e spinse oltre la pesante porta anche un recalcitrante William.
Non appena la porta dell’aula professori si chiuse, Clarice si incamminò verso la Sala Grande dov’era certa che avrebbe trovato Harry con Draco e quel dispettoso di suo figlio.
- Allora?! – la raggiunse squittendo felice Draco – Racconta tutto. Dalla prima all’ultima parola che vi siete detti.
- Tuo figlio ci ha fatto prendere un colpo! – la raggiunse Harry, seguito a ruota dal resto dei loro amici – È arrivato qua che stava piangendo.
- Merito della polvere piperina. – ridacchiò Daniel – Se non fossi una schiappa in pozioni, avresti riconosciuto il mio pianto assolutamente finto.
- Danny! – lo sgridò la madre – Ma…
- Ehi, è Harry che vuole essere trattato come un ragazzo normale. – si strinse nelle spalle il bambino.
- È ciò che è. Non mi sarei aspettata da te un comportamento diverso. – strinse le braccia sotto al seno la donna – Sai che non mi piacciono i miti. E non mi piace neanche enfatizzare la popolarità. Harry è un ragazzo meraviglioso e unico nel suo genere. – sorrise con dolcezza – Esattamente come te.
- Grazie Cly! – Harry la abbracciò, commosso di ricevere da lei una simile dimostrazione d’affetto.
- Non sono una che fa complimenti a caso, ragazzo. – ricambiò l’abbraccio – Se mi farai arrabbiare o il tuo comportamento non mi piacerà, te lo dirò.
- Anche se mi farà soffrire, vero, zia Clary? – la guardò Draco con un adorabile espressione da cucciolo bastonato.
- Ma certo. – ridacchiò stando al gioco – Sei il mio biondino preferito! Per te solo coccole e biscottini.
- Ehi! – sbuffò – Non sono un cucciolo!
- Ooooh lo sei! – lo abbracciò Harry – Il mio meraviglioso e indomabile cucciolo di Drago! – si scambiarono un bacio, facendo sospirare tutte le ragazze presenti in Sala che, forse, ancora speravano di poter conquistare un cuore di uno o dell’altro.
- Oche illuse. – ghignò Hermione – Hanno provato a somministrare loro l’Amorentia talmente tante volte che ho perso il conto.
- Sapete che la mia mamma ha creato una specie di antidoto?
- Ma l’antidoto esiste già. – gli fece notare Ron con un’alzata di spalle.
- Sì, infatti. – annuì Hermione sorridendo al neo-fidanzato.
- Ho detto “una specie”. – sbuffò – Mamma, come si chiama la cosa che hai distillato per quel principe?
- Dovrei distillare qualcosa per farti stare zitto. – ridacchiò – Comunque, il principe di un regno qua vicino, mi ha chiesto di creare per lui un rimedio in grado di bloccare il filtro d’amore.
- E sei riuscita a distillare una pozione del genere? – gli occhi di Draco brillavano.
- Certo! – annuì – Non è stato facile. Ho dovuto lavorarci a lungo, soprattutto per non avvelenare il mio cliente. – ridacchiò.
- Mi vorresti come assistente? – sospirò il Serpeverde.
- Sei un eccellente studente di pozioni. – annuì lei – Mi piacerebbe averti come mio assistente.
- Dici sul serio mamma? – sgranò gli occhi Daniel – Hai mandato via tutti quelli che sono venuti a chiederti un lavoro, tranne Rose.
- Rose non prepara le pozioni. Lei non è una Pozionista come me e tuo padre. – spiegò – Lei mi aiuta in negozio.
- Perché non hai mai preso con te un assistente? – domandò curioso Ron.
- Perché volevano entrare nel mio letto, e non solo per dormire. – replicò indurendo lo sguardo.
- Scusa. – arrossi Ron – Non volevo essere invadente.
- Non chiedere scusa, Ron. – gli dette un bacio sulla guancia – Hai fatto una domanda lecita, scusa per la mia risposta dura. Certi comportamenti, sia maschili sia femminili, mi fanno arrabbiare molto.
- Hai ragione. – annuì Hermione – A volte noi femmine sappiamo essere veramente stupide.
- Così come noi maschi. – le fece eco Harry causando un mormorio d’assenso nel resto del gruppo.
- Adesso, però, possiamo andare a mangiare mammina? – la pregò Daniel – Ho una faaaameeee! – piagnucolò.
- Certo amore! – ridacchiò la strega più grande che, prendendo il figlio per mano, si lasciò guidare ad un tavolo con sufficienti posti liberi per tutti.

Mangiarono parlando allegramente con i loro vicini di tavolo. La mattina era stata molto impegnativa per tutti, sia i genitori sia i bambini erano molto soddisfatti e la Scuola aveva ricevuto già molte richieste di iscrizione per giovani maghi e giovane streghe intenzionati a studiare lì.
- Mamma. – parlò il bambino mentre mangiava il dolce – Io voglio venire a studiare qua.
- Lo avevo intuito Danny. – sorrise la donna dopo essersi pulita la bocca con il tovagliolo, avrebbe voluto dire altro, ma la voce del Preside glielo impedì:
- Signore, signori. – parlò dal suo leggio con il gufo – Vi prego di fare silenzio e di ascoltarmi con attenzione per qualche momento. – li pregò; in sala calò un silenzio rilassante, l’uomo sorrise e continuò – Vorrei dire che, per problemi gravi di salute, la professoressa di Storia della Magia Penelope Smith, ci ha dovuto lasciare prima della fine dell’anno scolastico e che al suo posto, abbiamo assunto la professoressa Rose Quentin.
L’applauso partì spontaneo dal tavolo di Clarice e, ben presto, tutta la sala ne fu coinvolta.
Severus aspettò che il rumore causato dal battito delle mani cessasse, poi continuò a parlare:
- Colgo l’occasione per portarvi a conoscenza di una nuova aula della Scuola, un’aula di Pittura. Da alcuni di voi è stata definita una “biblioteca dell’anima” e non avrei saputo trovare un nome migliore per descriverla. – ammise con un sorriso sincero – Vorrei approfittare della presenza della signorina Clarice Prince, una ex-studentessa della Scuola che è da sempre stata un’eccelsa pittrice. Vorrei, in accordo con gli altri insegnanti, chiederle di tenere alcune lezioni di base. Senza impegno. Per chiunque volesse partecipare.
Gli studenti della Scuola iniziarono a parlottare tra loro, alcuni erano felici di avere la possibilità di prendere lezioni di pittura; altri un po’ meno perché temevano di dover studiare una nuova materia e di avere più compiti da fare durante la giornata. Sentendo queste voci, Clarice si alzò dicendo:
- Nessuno vi chiede mai di fare un esame su ciò che fate in Biblioteca, per il corso di Pittura sarebbe uguale. Non è obbligatorio. È solo un modo per sfogare un momento “no”, non tutti possono giocare a Quidditch e sfogarsi prendendo a randellate le Pluffe! – concluse stringendosi nelle spalle e molti ridacchiarono, dandole ragione. Severus, dal proprio leggio, le dedicò un sorriso carico d’amore che la fece arrossire.
- Siete veramente una bella coppia. – sussurrò a bassa voce una ragazzina che sedeva vicino ad Hermione.
- Grazie. – mormorò la strega colpita dall’arguzia della strega Corvonero.
- Mi chiamo Luna, piacere. – le sorrise.
- Piacere mio Luna. – ricambiò il sorriso la strega più grande che, più serena, riprese a mangiare chiacchierando con i vicini di posto del più e del meno, soprattutto della propria passione per la Pittura.
Alla fine del pasto, poco prima che le persone iniziassero ad uscire dalla Sala Grande, una studentessa del settimo anno di Tassorosso, si avvicinò a Clarice chiamandola con voce incerta.
- Signorina Prince…
- Sì? – Clarice si girò e le sorrise, era una ragazzina graziosa, con lunghi capelli neri con boccoli perfetti ed occhi color nontiscordardime.
- Mi scusi se la disturbo. – sorrise a disagio, le sue amiche la incoraggiavano a parlare – Vorrei… Ecco…
- Parla tranquilla. – la esortò – Non ho mai mangiato nessuno. Giuro!
- Volevo chiederle se potesse darmi alcune lezioni di pittura. Vorrei fare un quadro da regalare al ragazzo che mi piace. – sbottò d’un fiato, arrossendo fino alla radice dei capelli.
- Ma certo! – annuì Clarice – Sei libera adesso e per la prossima ora?
- Ho due ore libere. – gioì.
- Bene! – Clarice si voltò verso il figlio che sorrideva felice – Che orario hai, Danny?
- Ho un’ora di buco, - rispose il bambino mostrandole l’orario – e poi Divinazione. Ma posso saltarla? – la pregò. Clarice annuì, baciandolo sulla nuca e, voltandosi verso la studentessa disse – Precedimi pure, io passo a prendere delle cose, poi ti raggiungo.
- Grazie. – sorrise felice la ragazza correndo verso l’aula di Pittura. Clarice aspettò che la sala si svuotasse, poi si girò verso il tavolo dei professori dov’erano rimasti solamente Severus, Rose e Minerva.
- Hai reso molto felice quella ragazzina. – le sorrise la sua migliore amica.
- Vuole solo imparare a dipingere. – mormorò arrossendo Clarice – Per me è stato importante saperlo fare. – confessò toccandosi il collo dov’erano tatuate le mani di Severus.
- Sono le mani di Piton? – domandò Rose osservandole con attenzione per la prima volta, Clarice non permetteva mai a nessuno di vedere cosa celavano i suoi lunghi capelli.
- Certo. – assentì la guaritrice – Le mani che mi hanno perseguitata durante gli anni che ho studiato qua. Le stesse mani che… - e non finì la frase perché Severus l’aveva raggiunta e baciata sulle labbra per impedirle di dire qualcosa di troppo personale.
- Questo sì che è un buon metodo di zittire la propria donna! – ridacchiò William abbracciando Rose, era felice per il nuovo lavoro di sua moglie, finalmente avrebbe insegnato in una Scuola di prestigio e lui poteva aprire la sua bottega di artigiano in uno dei fondi di Hogsmeade, cercando di creare un futuro migliore per i loro figli.
Quando i due si separarono per mancanza di fiato, Clarice aveva le guance rosse come un pomodoro maturo e le labbra gonfie e vogliose di baci. Alzando i suoi occhi ambra, trovò quelli color pece di lui e l’amore che vi lesse dentro, la stordì al pari di un potente schiantesimo.
- Dovresti raggiungere la “biblioteca per lo spirito”. – le disse con la sua voce bassa e morbida Severus.
- Lo so. – annuì lei trattenendo a stento un sussulto, quella voce era carica di promesse erotiche che avevano scosso profondamente i suoi nervi tesi – Ma non credo di saper trovare l’aula dopo un bacio così. – mormorò facendo ridere i presenti.
- Se papà ti lasciasse andare. – ridacchiò Daniel – Potrei portarti io.
- Vuoi dipingere con me, Danny? – chiese Clarice osservando con amore il figlio.
- Se vuoi. – si strinse nelle spalle.
- Vorresti fare una passeggiata nella Foresta Proibita con me, Danny? – lo invitò Severus, mai sazio di passare del tempo con il figlio.
- Mi piacerebbe moltissimo. – annuì il bambino che, girandosi verso la madre, chiese – Posso andare con papà?
- Ma certo amore! – lo abbracciò – Mi raccomando, non ti allontanare e dai ascolto a papà. La Foresta è bella quanto pericolosa. – lo baciò sulle labbra, un breve bacio a stampo che Daniel ricambiò con gli occhi ricolmi di gioia per poter andare a visitare la Foresta di cui aveva tanto sentito parlare in quei giorni da Harry e Draco.
Dandosi appuntamento per il tardo pomeriggio, il gruppo si separò: Daniel e Severus raggiunsero il portone per uscire dalla Scuola chiacchierando allegramente; la professoressa di Trasfigurazione andò verso il proprio ufficio, aveva un interessante saggio da finire di leggere sul quale stava preparando alcune lezioni per gli studenti più grandi; Rose e suo marito raggiunsero l’appartamento negli alloggi di Corvonero, per festeggiare degnamente la svolta che aveva preso il loro futuro.
I bambini erano in compagnia dei gemelli Black, li avevano visti allontanarsi subito dopo pranzo. Clarice sorrise felice, in quei giorni di Scuola si erano create delle belle amicizie che sperava potessero proseguire anche in futuro.

La strega, persa nei propri pensieri, raggiunse l’aula di Pittura dove trovò la studentessa Tassorosso in compagnia delle sue amiche.
- Eccomi. – salutò entrando.
- Ben arrivata. – la salutò – Mi chiamo Honey Jackson, grazie per avermi concesso un po’ di tempo.
- Piacere di conoscerti, Honey. – le sorrise – Hai già un’idea su cosa vorresti dipingere? – le chiese mettendosi seduta su uno sgabello non lontano dal gruppo di studentesse.
- Ecco io… - Honey arrossì, ed una delle ragazze che l’accompagnava ridacchiò incitandola a continuare.
- Non sono un insegnante. Non sono qui per giudicarti né per prenderti in giro.
- Lei è una strana Serperverde, allora. – mormorò una ragazzina con i capelli corti dai riflessi blu notte.
- Strana? – arcuò un sopracciglio Clarice – Atipica. Mi piace di più. – si strinse nelle spalle – Ma non amo le etichette. – confessò – Forza, Honey. Senza un soggetto da dipingere, è un problema insegnarti qualcosa. – concluse aprendo le braccia in un gesto rassegnato la donna.
- Ecco ho questo. – si fece coraggio la studentessa passandole una foto ritagliata da una rivista. Clarice la guardò con attenzione: nella foto c’era Charlie Weasley mentre stava interagendo con una coppia di enormi Draghi.
- È bellissima. – annuì Clarice con un sorriso – Verrà un bellissimo quadro. – la incoraggiò – Scegli una postazione.
La strega più giovane osservò con attenzione i vari cavalletti con le tele, poi prese posto in uno di quelli che la ispiravano di più. Con interesse osservò Clarice prendere alcuni oggetti da un mobile lì vicino, ma lei si limitò ad estrarre la bacchetta magica, in attesa di cominciare.
- Ecco qua. – parlò la curatrice mettendole vicino tutto ciò che poteva servirle – Visto che è la prima volta per te, ti sconsiglio di usare il carboncino. Anche perché la foto è a colori, e penso che vorresti qualcosa di più simile all’originale possibile, vero? – Honey annuì, Clarice continuò – Ottimo, scegli la matita che senti più… tua…
- Matita? – Honey arcuò entrambe le sopracciglia – Come matita? Dobbiamo disegnare veramente? Cioè, lei non sta per insegnarmi un incantesimo in grado di ricreare questa foto su tela come se fosse stata dipinta da me?
- Incantesimo? – sgranò gli occhi color ambra Clarice – Davvero tu credi che io crei le mie opere usando degli incantesimi? – guardò le ragazze che avevano iniziato a mormorare frasi incomprensibili – Vorresti dirmi che anche in Biblioteca lasciate che la magia faccia tutto al posto vostro? Che non leggete libri né prendete appunti? – incrociò le braccia sul petto quando loro annuirono.
- Siamo Tassorosso, ci piace fare tutto con il minimo dello sforzo. – parlò una castana con i capelli a caschetto – La magia ci aiuta molto in questo.
- Allora mi spiace deludervi. Ma qui si lavora veramente. Non conosco nessun incantesimo. Nessuna magia che possa aiutarti a creare quella foto sulla tela. Io posso insegnarti come disegnare e poi dipingere.
- Oppure potresti fare tu il disegno per me. – le chiese unendo le mani in segno di preghiera Honey.
- Spiacente ragazzina. – scosse la testa Clarice – È a te che interessa conquistare il ragazzo. Non a me.
Honey si mordicchiò le labbra nervosamente: non avrebbe voluto cedere alle parole di Clarice, ma non poteva perdere l’occasione per creare a Charlie qualcosa di speciale, per fargli capire quanto lui le piacesse realmente.
- Insegnami, per cortesia! – mormorò alla fine di una lunga lotta interiore.
- Ottimo. Togli la toga, arrotola bene le maniche e… preparati a sporcarti mentre crei! – le sorrise Clarice incoraggiante.
- Sono pronta! – annuì Honey e le sue amiche la incoraggiarono battendo piano le mani.
- Ma il tuo pubblico deve restare a fare lezione, oppure hai intenzione di mandarle via? – chiese la strega più grande indicandole con un cenno del capo.
- Anche loro vorrebbero imparare. – si strinse nelle spalle Honey arrossendo di colpo.
- Ok… su, prendete posto ed iniziamo…
Clarice aspettò che tutte le ragazze si fossero sistemate poi iniziò a spiegare loro i rudimenti del disegno. Insegnò il modo corretto per imprimere il tratto sulla tela, consigliò loro che tipo di matita usare per disegnare, come fare la prospettiva e come rendere unica ogni loro opera.
Mentre spiegava, lasciandosi trasportare dalla passione per il disegno e la pittura, Clarice non si accorse che Charlie era arrivato e che si era fermato sulla porta dell’aula ad ascoltarla rapito.

Clarice riuscì a far disegnare qualcosa di decente a tutte le ragazze presenti e le premiò, permettendo loro di usare delle tempere incantate che avrebbero reso i loro disegni più simili alla realtà. Il più bello di tutti, risultò essere quello di Honey che, con le lacrime agli occhi per l’emozione, si gettò tra le braccia di Clarice ringraziandola per averla aiutata a creare quella bellissima tela.
La strega abbracciò la studentessa, poi si allontanò di un passo non appena sentì una risatina provenire dall’ingresso dell’aula.
- Charlie. – strinse gli occhi Clarice – Cos’hai da ridere?
- Mi piace guardarti insegnare. – rispose.
- Mi piace insegnare. – ammise Clarice – Il nostro tempo, ragazze, - continuò mentre loro mettevano a posto il materiale – è terminato. Potete portare via i vostri dipinti. Le tempere incantate asciugano subito. – concluse.
Con un mormorio sommesso, le studentesse terminarono di sistemare i materiali che avevano usato e, dopo aver preso ognuna la loro tela, uscirono in fila indiana dall’aula di Pittura.
- Vorresti farmi un ritratto? – chiese Charlie facendo fermare Honey fuori dalla porta, tremava di gelosia perché la domanda non era stata rivolta a lei ma alla strega più grande.
- No, grazie. – declinò l’invito Clarice – Non ho voglia di mettermi a dipingere adesso. E non ho mai amato fare ritratti con i soggetti reali davanti. – fece un sorriso a Charlie e conquistò lei stessa l’uscita, approfittando del fatto che Honey era rimasta lì ferma – Avevi bisogno di parlare con me, piccola Honey? – le domandò.
- Ooh sì. – annuì la studentessa rossa come un frutto maturo – Vorrei alcuni consigli su come migliorare il mio tratto… - rispose con la prima cosa che le venne in mente, riuscendo così a trascinare via dall’aula vuota Clarice.
- Grazie. – le disse quando furono abbastanza lontane – So come difendermi dalle avances indesiderate, ma l’aula di Pittura è sacra per me. Non volevo creare là dentro brutti ricordi.
- Io sono innamorata di lui. – mormorò Honey – I miei genitori sono di origini Rumene. Charlie lavora vicino casa nostra. Lui non mi ha mai guardata come guarda te.
- Nessuno l’ha mai guardato come tu guardi lui. – ridacchiò facendola arrossire – A me lui non piace, è simpatico e sa farmi ridere, ma sono innamorata di un’altra persona. La amo da tutta la vita. Vorrei costruire con lui il mio futuro.
- È un uomo fortunato. – rispose dopo alcuni istanti di silenzio.
- Cosa te lo fa credere?
- Dal modo in cui ne parli. – si strinse nelle spalle lei – Da come hai iniziato a brillare quando hai preso a pensare a lui. A parlarmi di lui. Dovete amarvi molto se solo parlarne ti rende così… luminosa…
- Grazie Honey. – arrossì Clarice – Hai detto cose molto carine. – le sorrise – Ma adesso andiamo, tra poco dovrai essere a lezione.
In silenzio, le due streghe scesero le scale che conducevano all’aula di Pittura ognuna persa nei propri pensieri. Il resto delle giornate trascorsero serene a Scuola e ricche di impegni. Le lezioni serali di pittura tenute da Clarice avevano un largo seguito. La prima sera si presentarono pochi studenti; la maggior parte di loro troppo scettica per partecipare; ma, davanti ai racconti dei rispettivi compagni di Casa e Scuola, furono costretti a ricredersi.
Le lezioni di Clarice erano armoniose e simpatiche. Lei insegnava a disegnare con il cuore: ascoltando la propria anima, cercando di bloccare sulla tela tutto ciò che rendeva felice l’artista.
Le lezioni successive, furono veri e propri “tutto esaurito”, costringendo i professori presenti a creare nuove tele e più materiale per riuscire a far partecipare tutti.
Fu quella sera che Clarice, istigata dalla folla, si pose al centro della stanza e prese lei stessa a disegnare riversando sulla tela bianca che aveva davanti ciò che viveva nel proprio cuore.
Clarice disegnò Severus, era il suo soggetto preferito: in tutto ciò che disegnava l’uomo era presente in qualche modo. Lo disegnò come lo aveva visto ad inizio settimana: cupo e arrabbiato sotto il loggiato della Scuola, quando l’aveva vista ridere e scherzare con Charlie Weasley. Tracciò sulla tela la gelosia presente nella posa tesa del suo corpo, e la rabbia che faceva brillare i suoi occhi neri come la pece. Si dedicò alle labbra, tese in una linea sottile; ed infine alle mani che stringevano con forza alcuni libri.
Disegnò, particolareggiandolo al massimo, il paesaggio che lo circondava e la piega delle vesti; lasciando la classe completamente senza parole.
Fu Daniel, quando la madre dette l’ultimo colpo di colore al muro della Scuola, a far partire l’applauso: quello era in assoluto il lavoro più bello e dettagliato che le avesse mai visto fare.
- Wow! – mormorò Remus che le era stato dietro le spalle tutto il tempo.
- Ragazzina. – ingollò a vuoto Sirius – Hai lasciato senza parole anche me. – le dette un bacio sulla tempia – È bellissimo.
- Sirius, - sbuffò Draco – dire che è bellissimo è riduttivo! – sorrise – È eccelso. Complimenti Clary.
- Grazie Draco. – sorrise lei arrossendo, osservando solo in quel momento la propria tela.
- Tu disegni senza renderti conto, vero? – domandò Harry che osservava sia lei sia il dipinto.
- Nella maggior parte dei casi è così. – annuì – Mi lascio trasportare dalla passione per la pittura e…
- Crei meraviglie! – annuì Honey che non si era persa una lezione, migliorando notevolmente.
- Grazie Honey. – ingollò a vuoto la strega.
- Su ragazzi. – batté le mani Minerva con gli occhi lucidi dall’emozione – È molto tardi, domani avete lezione. Andate tutti a letto. Su.
Con alcuni, sapienti, colpi di bacchetta i professori presenti nell’aula, pulirono e ordinarono tutto; uscendo dalla stanza insieme agli alunni presenti.
Nell’aula restarono solo Clarice e Severus che lei, in mezzo a quella folla di persone, non aveva assolutamente notato.
- Sei diventata ancora più brava. – le disse osservando il dipinto che si stava asciugando.
- Dici? – gli sorrise con il cuore che batteva forte contro le costole – Sono troppo monotematica? – chiese mandando la testa di lato.
- Finché i soggetti siamo io e Danny, continua ad esserlo! – ridacchiò abbracciandola – È stata una lezione molto interessante. Ti piacerebbe insegnare a Scuola? – le chiese prima di chinarsi a baciarla dolcemente.
- Oooh no… Tenere dei corsi di pittura sì, ma essere un insegnante e dover fare le stesse cose tutti i giorni no. Non riuscirei.
- E stare con me, tutti i giorni, riusciresti? – le chiese.
Clarice sorrise audacemente al Preside e, dopo aver bloccato gli ingressi all’aula con alcuni incantesimi, replicò:
- Stai attento a quello che chiedi, Sev. Perché la mia risposta potrebbe… - ma non finì la frase perché Severus azzerò ulteriormente la distanza tra i loro corpi. Clarice gli cinse i fianchi con le esili braccia ed alzò il viso vogliosa di ricevere altri baci che non tardarono ad arrivare.
Furono baci rabbiosi, famelici, ricchi di parole non dette. Furono baci di lingua; saliva e denti. Furono baci che incendiarono i sensi ad entrambi, riattizzando il fuoco della passione che non si era mai sopito tra loro.
Con pochi, rapidi, gesti Severus sfilò gli abiti di Clarice facendoli cadere a terra dove presto furono raggiunti dai propri. Senza mai staccare gli occhi neri da quelli ambra di lei, la stese sul tappeto del pavimento e la venerò con lo sguardo.
- Sei bellissima. Semplicemente perfetta. – mormorò accarezzandole i seni più pieni dopo la gravidanza.
- Sono cresciuta… - mormorò inarcandosi verso le sue carezze.
- Sei diventata donna. – annuì chinandosi a baciarla, poi non ci fu più tempo per le parole perché era troppa l’urgenza, per entrambi, di tornare a possedersi completamente: anima e corpo.
Severus scivolò in lei con un’unica fluida spinta, Clarice si aprì per riceverlo più che poté; poi si aggrappò con le gambe e le braccia al busto dell’uomo donandogli libero accesso al proprio corpo voglioso.
Si amarono senza fretta, mangiando i sospiri e i gemiti l’uno dalla bocca dell’altro e, quando raggiunsero l’apice del piacere, lo fecero insieme chiamandosi dolcemente per nome.
Clarice, con gli occhi chiusi ed il respiro ansante, cullò sopra il proprio corpo Severus che, con il viso affondato nel collo di lei, sembrava non volerne sapere né di togliersi né di uscire da quel corpo che l’aveva accolto con lo stesso calore e amore di tanti anni prima.
Ansimando, Severus scivolò di fianco a Clarice e l’abbracciò tirandosela addosso. La giovane strega sospirò beata, godendosi le sensazioni meravigliose che stare tra le braccia dell’uomo le donava.
- Mi era mancato tutto questo. – ammise Clarice con il viso appoggiato sul petto di Severus.
- Mi eri mancata tu, Clarice. – la strinse con dolcezza, la sentì sorridere contro la propria pelle nuda e sorrise di rimando, improvvisamente felice. A disturbare la loro quiete, ci pensò Edwige la civetta delle nevi di Harry – Maledizione! – tuonò Severus alzandosi con un movimento fluido.
- Che succede? – si preoccupò la donna stringendosi addosso il mantello del Pozionista.
- È un messaggio di Harry, vuole sapere se Danny può dormire con Draco stasera visto che noi siamo… - tossì – Ehm, spariti.
- Morgana benedetta! – squittì lei arrossendo – Abbiamo dimenticato Danny! – si guardarono e scoppiarono a ridere, Severus vergò una rapida risposta poi guardò la civetta volare via.
- Ho detto di sì. – la fece alzare, nuda e bellissima baciata dalla luna che filtrava dalla finestra – Vorrei passarla con te questa notte. – le mormorò mordicchiandole il labbro.
Severus e Clarice trascorsero quella notte magica chiusi dentro l’aula di Pittura della Scuola, amandosi e venerandosi come non avevano fatto per troppi anni.
Il mattino, li trovò teneramente abbracciati sul tappeto vicino alla finestra, i corpi intrecciati coperti dal mantello nero dell’uomo. Il primo a svegliarsi fu Severus che, stringendo il corpo caldo di Clarice contro il proprio, le dette un tenero bacio sulla tempia.
- Non voglio alzarmi. – pigolò lei.
- Dobbiamo Cly. – le baciò le labbra con un bacio soffice – La Scuola ha bisogno di me. Nostro figlio ha bisogno di te.
- Sai come essere convincente, Piton! – ridacchiò mentre strofinava il naso contro il suo petto.
Si rivestirono in silenzio dopo aver usato sui rispettivi corpi un incantesimo di pulizia, per renderli presentabili almeno fino ai rispettivi appartamenti dove si sarebbero potuti lavare e cambiare.
Severus ripulì la stanza con attenzione e, mentre tendeva la mano a Clarice, disse:
- Stavo pensando di organizzare un ballo.
- Ballo? – sorrise lei mandando la testa di lato.
- Un modo per ringraziare tutti di aver partecipato. Per regalare loro un buon ricordo della Scuola. Qui non si viene solo per studiare. Ma anche per socializzare.
- È una bella idea. – annuì la strega intrecciando le dita della mano a quella dell’uomo – Mi piace.
- Harry e Draco, hanno vissuto il Ballo del Ceppo. – disse.
- Ne ho sentito parlare. – rispose – Quando c’ero io, non avete fatto il Torneo Tremaghi. Ma ho letto qualcosa su qualche libro. Oppure una rivista. Ora non ricordo.
- La Gazzetta del Profeta ha raccontato un sacco di fandonie sul Torneo. – ringhiò Severus – Soprattutto sulla partecipazione di Harry.
- Amore… - lo zittì lei fermandosi – Per quanto io rispetti e voglia bene ad Harry e Draco, non mi interessa parlare di loro adesso! – si scambiarono un bacio che lasciò entrambi senza fiato.
- Sai che non sarò mai propenso alle smancerie in pubblico, vero?
- Non te ne ho mai chieste e non te ne chiederò mai. – sorrise Clarice – Avevo solo bisogno del bacio del buongiorno.
- Ti amo Clarice! – mormorò stringendola contro il proprio petto, respirando a pieni polmoni l’odore della donna.
Restarono abbracciati in silenzio per alcuni istanti; poi delle voci nel corridoio li fecero separare, mandandoli ognuno per la propria strada.
La strega raggiunse rapidamente l’appartamento che le era stato affidato, entrò e si dedicò con passione e serenità alla propria persona. Si sentiva bene, si sentiva amata. Erano anni che non le capitava di sentirsi così viva. Era felice di avere la possibilità di costruire un futuro con l’uomo che non aveva mai smesso di amare.

Severus, con la mente affollata di mille pensieri, raggiunse il suo appartamento nei sotterranei. Si tolse gli abiti che aveva tenuto tutto il giorno e si diresse verso il bagno.
Riempiendo la vasca di acqua tiepida e Sali da bagno profumati, si osservò allo specchio: Clarice aveva lasciato un enorme succhiotto tra il collo e la spalla, in quella porzione di pelle che restava sempre coperta dalla camicia. Sorrise, quando stavano insieme da più giovani, nessuno dei due aveva mai osato pensare di poter fare una cosa simile. La loro relazione doveva restare nascosta, altrimenti lui avrebbe rischiato non solo di perdere il posto; ma di bruciare la sua copertura tra le fila dei Mangiamorte.
Ma ora aveva un’altra possibilità. Poteva essere felice e crearsi quella famiglia che aveva sempre desiderato. Rincorrendo i propri pensieri, finì di lavarsi poi si preparò per affrontare al meglio una nuova giornata scolastica.
Aprendo il suo armadio, quel giorno decise di non indossare la sua solita veste nera ma di limitarsi a vestire un paio di pantaloni aderenti di pelle di drago che mettevano in risalto le sue gambe toniche ed il suo sedere sodo ed una camicia bianca sulla quale abbinò una giacca elegante a monopetto.
Soddisfatto del risultato, pettinò i capelli corvini e, dopo aver indossato le scarpe, uscì dal suo appartamento raggiungendo la Sala Grande per la colazione.
A metà strada trovò Clarice; Draco; Harry; Rose; William; Daniel; Amber e Thomas che camminavano chiacchierando animatamente.
- Buongiorno. – parlò facendoli sobbalzare, il primo a riprendersi dallo stupore fu William che, con un sorriso, rispose:
- Buongiorno a lei professore.
- Papà! – lo abbracciò Daniel felice di vederlo – Oggi mi porterai nella Foresta con te? – chiese.
- Foresta? – trillò Amber – Perché Danny può andare a vedere la Foresta Proibita e noi no, mamma? – si lamentò osservando Rose – Non è giusto, uffa!
- Perché andare nella Foresta è proibito. – spiegò Clarice – È sempre stato proibito. A nessuno degli studenti è mai stato concesso di andarci. – sorrise.
- Ma c’era qualcuno, - ghignò Severus – che si divertiva molto a non rispettare le regole.
- Ma dai Sev! – arrossì infatti la curatrice – Andare a disegnare ai margini della Foresta, non era come entrare a fare due passi.
- Quello infatti, - sghignazzò Draco – quello lasciatelo fare al mio Potterino. A lui piace tanto perdersi nella Foresta.
- Fortuna che ho te che mi vieni sempre a cercare, Malfoy! – ghignò di rimando il Grifondoro prima di zittirlo con un bacio a stampo.
- Miseriaccia! – sbuffò Ron, si erano congiunti con il resto degli studenti e ospiti presenti al Castello - Possibile che non riuscite a tenere le labbra lontano per più di qualche istante?
- Parli così perché sei geloso, Weasley! – rise Draco appoggiando la testa sulla spalla di Harry.
- Tzh! – arrossì Ron – E di cosa dovrei essere geloso?!
- Del fatto che il mio fidanzato mi dia tutti i baci di cui ho bisogno mentre la tua preferisce i libri alle tue labbra e alle tue… - lo guardò assottigliando lo sguardo, in cerca della parola giusta – Grazie maschili. – concluse non volendo essere troppo maleducato, c’erano sempre dei bambini.
- Dracoooo! – urlarono gli adulti come se fossero un’unica voce.
Il biondo platino, mandò la testa all’indietro scoppiando a ridere divertito mentre i bambini guardavano ora lui ora il resto degli adulti senza capire fino in fondo il perché di quello scoppio di ilarità.
Erano arrivati alla porta di ingresso al salone, quando Severus si fermò dicendo:
- Rose, noi dovremmo andare al tavolo degli insegnanti.
- Sì, sono molto emozionata. – mormorò l’amica di Clarice storcendosi le mani.
- Non devi esserlo. – la abbracciò l’amica – Sii te stessa. Fai conoscenza con gli altri insegnanti. Il più cupo e taciturno, l’hai già imparato a conoscere. – indicò con la testa Severus che la guardò arcuando un sopracciglio – Come hai visto non morde, fa solo finta.
- Prima che dica qualcosa di cui potrei pentirmi, - sbuffò Severus – entrate in Sala Grande e fate colazione. Anche questa giornata sarà molto impegnativa. – salutò tutti con un cenno del capo, poi si chinò su Clarice, baciandola dolcemente sulle labbra.
- Buona giornata Sev. – gli sorrise con le guance rosse.
- Anche a te, Cly. Anche a te. – sghignazzò allontanandosi con la sua camminata elegante.
Daniel osservò i suoi genitori con un sorriso sornione dipinto sulle labbra e, prendendo per mano la madre, chiese:
- Avete finalmente fatto pace, mamma?
- Sì, amore. – annuì la donna – Ci siamo detti tutta la verità. Anche quella più dolorosa. Ne avevamo bisogno, sai? – continuò mentre prendevano posto a tavola vicino a quelli che erano diventati i loro amici in quei giorni.
- Ne sono felice. – ridacchiò.
- Ti prego di non dire niente però. – gli sorrise accarezzandogli la guancia con un dito – Vorremmo farlo noi.
- Mamma, ma per chi mi hai preso!? – sbuffò indignato e, con uno scintillio felice negli occhi, si concentrò sulla colazione e sulle chiacchiere degli altri bambini intorno a lui.

Angolo dell’Autrice:

E per fortuna che questa storia non doveva andare oltre la terza parte… Siamo arrivati alla quarta, a cui seguirà una quinta perché… ho creato un capitolo troppo lungo, raccontando troppe cose e si è sdoppiato.
Dream, ti vedo ridere anche da qua… Per favore, contegno Serpeverde! ^_^
A parte gli scherzi e le battute, vorrei ringraziare chi passa a leggere le mie storie; chi ha inserito questa fiction in una delle categorie; chi si ferma a lasciare un messaggio o una recensione a chi, come Dreamsneverend è stata con me fin dall’inizio, sopportando e supportando le mie farneticazioni; e, soprattutto, che mi ha spinto a pubblicare questa fiction che mi convinceva veramente poco.
Un abbraccio speciale a Gremilde che, nonostante il periodo poco piacevole che sta attraversando, continua con passione e pazienza a trascrivere la storia su Wattpad. Una dedica e un abbraccio speciali al gruppo di maghi e streghe più bello di tutto Whatsup: Hogsmeade, onorata di camminare al vostro fianco!

 

  
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