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Autore: time_wings    14/04/2018    1 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RACCONTI E REGALI DI UN NATALE ALLE PORTE
 
Era da tempo che Nico non aveva incubi del genere. Erano anni che domava l’ansia come il migliore degli addestratori da circo, eppure questa qualche volta riusciva a sfuggire alla sua presa presentandosi ogni volta rafforzata dal periodo di quiescenza appena trascorso, come se avesse passato il suo tempo a ricaricarsi, pronta a colpire. I momenti in cui il panico prendeva posto nella sua calma piatta ed apatica erano pochi ma potenti e avvenivano quasi sempre di notte, attraverso i sogni. Disintossicarsi non era stato facile. Ogni volta che ci ripensava non poteva che maledire l’anima trapassata di suo padre. Se non fosse stato per Hazel, per quella ragazzina premurosa ed altruista che all’inizio si era trovato costretto ad avere tra i piedi, probabilmente, sarebbe stato ancora bloccato in quel circolo vizioso. Vedere la sua famiglia morire per mano di quell’uomo viscido che nemmeno conosceva era stato doloroso. Eppure riscoprire nei sogni quel momento, vederlo e rivederlo, senza preavviso, una notte come le altre, era quasi più stressante. Nel bel mezzo della notte, Nico si svegliò con un urlo in una pozza di sudore, il panico trionfante sulle altre emozioni, il respiro tremante: “Hazel…” Iniziò a chiamare alzandosi e dirigendosi, di corsa, in camera della sua sorellastra. I motivi per cui Hazel aveva un potere incredibilmente forte sulle sue crisi erano piuttosto semplici: vedere davanti a sé che almeno una delle sue sorelle stava bene gli faceva ricordare in un lampo che era stato solo un sogno a svegliarlo, facendolo tornare alla realtà con una velocità impressionante. In più la ragazza aveva sempre avuto un potere calmante su di lui. Nico spalancò la porta respirando a fatica e ciò che si trovò davanti lo pietrificò. Il letto era vuoto, perfettamente rifatto, i raggi lunari attraversavano la finestra riflettendosi sul tappeto ai piedi del letto di Hazel dando alla stanza una luce irreale. È con i suoi amici pensò ricordandosi improvvisamente i programmi della ragazza per la sera. Senza pensarci due volte tornò di corsa in camera sua agguantando il cellulare, non lasciandosi troppo infastidire dal getto di luce bianca che emanò in un attimo.
“Pronto, Nico, tutto bene? Sono le tre…” La voce impastata dal sonno di Will, dall’altro lato del telefono, bastò a convincere Nico a fare una serie di respiri profondi. Il moro puntò gli occhi sul soffitto, cercando di ritrovare la calma.
“Ehi, Nico, ci sei?” Domandò Will, la voce improvvisamente più attenta.
“Will…” Iniziò il moro con un sussurro: “Ti prego, puoi passare qui?”
Will non ci aveva messo molto ad arrivare. La curiosità e la preoccupazione l’avevano portato a vestirsi in meno di un minuto. Quando Nico gli aprì la porta di casa, fu sicuro che fosse successo qualcosa. Le occhiaie del ragazzo erano ancora più marcate del solito e la sua pelle bianca sembrava più pallida. Gli occhi rassegnati e spaventati insieme di Nico non gli dicevano nulla di buono. Il moro lo lasciò entrare senza dire una parola, si limitò a richiudere la porta dopo avergli fatto cenno di entrare: “Scusa se ti ho chiamato. Avrei dovuto aspettare. Sto molto meglio.” Disse dopo un po’: “Vuoi qualcosa?” Domandò come se non fossero state le 3:15 del mattino e Will fosse piombato all’improvviso a disturbare: “Un po’ d’acqua.” Rispose il biondo seguendolo in cucina e guardandolo versare l’acqua nel bicchiere. Il moro alzò gli occhi su di lui con uno sguardo interrogativo.
“Stai male?” Azzardò Will. Sapeva che Nico non voleva che gli chiedesse qualcosa su di lui. Tra loro non ci doveva essere un rapporto del genere. Nico aveva messo le cose in chiaro molto tempo prima. Eppure Will non poté fare a meno di pensare che se il moro l’aveva chiamato nel bel mezzo della notte, un motivo ci doveva essere stato. Nico lo guardò come pronto ad ucciderlo, poi il suo sguardo si addolcì, lasciando posto alla tristezza: “Sì.” Ammise con lo sguardo basso.
“Be’, qualunque cosa sia posso aiutarti. Studio per questo.” Rispose un attimo dopo Will. Nico si stava aprendo e la paura che il moro decidesse all’improvviso di smettere di rivelargli qualcosa su di lui lo stava divorando. Nico rise piano nel silenzio notturno della stanza: “Cristo, Will, sei un idiota. Non… insomma non sto male fisicamente. Non ho bisogno di un dottore.”
“Oh.” Si limitò a rispondere il biondo. La situazione si complicava. Le emozioni non erano un campo che conosceva bene. La medicina, per quanto continua ricerca, era una scienza. Le cose erano o bianche o nere. I fatti erano fatti, mai opinioni. Le infinite sfumature delle emozioni umane lo mettevano a disagio.
“Ti va… uhm… ti va di vedere un film?” UN FILM? Nico di Angelo lo aveva chiamato in preda al panico alle tre del mattino facendolo correre da lui per poi chiedergli di vedere un film sul suo divano?
“Va bene.” Accettò il biondo come se la sua risposta fosse stata perfettamente ordinaria.
“Nico… Vuoi dirmi che c’è?” Domandò Will più o meno dopo mezz’ora che la commedia stupida che il moro aveva scelto era iniziata. Nico alzò la testa dal suo petto per incatenare i loro sguardi, poi tornò a guardare lo schermo, come se Will non avesse parlato. Quando il biondo ebbe ormai smesso di sperare in una risposta fu sorpreso, per l’ennesima volta, quella notte.
“Mia madre e mia sorella sono morte quando avevo cinque anni. È così che ho scoperto che mio padre giocava d’azzardo. Quel viscido sconosciuto è entrato in casa, una notte, e le ha uccise, mentre papà non c'era. Non ho la più pallida idea di chi sia. Non l’ho mai saputo. Probabilmente mio padre aveva troppi debiti. Sono corso a nascondermi e non mi ha visto. Non le ho salvate.”
Una sensazione opprimente si diffuse improvvisamente nei suoi polmoni, impedendogli di respirare regolarmente. Nico sembrò notarlo, perché alzò di nuovo gli occhi su di lui. Will vide solo dolore e senso di colpa in quello sguardo: “Non è…” Iniziò. Non poteva sopportare la voce rotta del ragazzo.
“Non è colpa mia? Me l’hanno detto tutti.” L’interruppe Nico con una risata amara.
“Da quel giorno mio padre ha iniziato a bera. Incredibile quante dipendenze possa avere un uomo infelice. Ogni tanto partiva e stava via per mesi. Forse voleva solo allontanarsi da me, non mi sorprenderebbe. Non è più tornato da uno dei suoi viaggi. È morto di overdose. Ero di nuovo solo, per quanto l’odiassi mi mancava. Ho iniziato a giocare anch’io. Era un’ossessione.” Will sgranò gli occhi. Non l’avrebbe mai detto.
“Un giorno si presentò una ragazza dai capelli ricci e la carnagione scura. Diceva di essere la mia sorellastra. Mio padre, a quanto pare, girava solo per mettere incinte donne a caso. La odiavo. Metteva bocca nella mia vita e nelle mie scelte ed io non la volevo nemmeno tra i piedi. È stata la mia salvezza.” Nico non sembrò dire altro. La storia, a quanto pare, era finita e Will sentiva l’aria nei polmoni abbandonarlo ad ogni parola di Nico. Si addormentarono così, una sola lacrima solitaria che solcava la guancia di del moro.

La scuola era in subbuglio. Ragazzi che ripetevano ansiosi nei bagni della scuola prima delle temutissime presentazioni di progetti di fine trimestre, urla di gioia per l’ultima risposta dell’ultimo compito dell’anno ormai data. Si respirava aria di festa ed un forte profumo di Natale si diffondeva come un’epidemia tra i corridoi affollati. Ecco, a dire il vero Hazel non sapeva esattamente a cosa corrispondesse l’odore natalizio, ma era risaputo che esisteva eccome. Nonostante l’atmosfera piacevole che c’era in giro, Hazel era allegra per ben altre ragioni. Quando era tornata la sera prima a casa aveva trovato Nico e quello che doveva essere Will abbracciati a dormire sul loro divano. Non aveva idea del perché il biondo fosse lì, ma se la cosa aveva anche solo un minimo a che fare con gli incubi e gli attacchi di panico di Nico, be’, la ragazza non poteva che approvare il ragazzo. Certo, vedere Will svegliarsi e sgranare gli occhi non aspettandosi di trovarla a bere una tazza di latte, poggiata con la schiena sul top della cucina, era stato piuttosto imbarazzante: “Ciao, sono Hazel.” Aveva detto lei cercando di mascherare l’imbarazzo e l’entusiasmo. Doveva ammettere che Will era proprio un bel ragazzo e l’aria sconvolta dei suoi capelli lo rendevano particolarmente carino. Lui aveva sorriso a disagio: “Io… ehm, sono Will… Sono il… mh, il ragazzo di Nico, non so se ti ha mai parlato di me.” Disse indicando il moro addormentato sul divano: “Oh, sì! So di te.” Hazel aveva letto negli occhi del ragazzo quanto il fatto che Nico le avesse parlato di lui l’aveva sorpreso. Capiva benissimo perché. Nico era sempre stato parecchio riservato. Hazel si diresse verso il suo armadietto zigzagando tra un centinaio di studenti su di giri, aprì l’anta e cercò il suo libro di storia. Sebbene non fosse così inquieta come i suoi compagni di scuola, anche Hazel sentiva l’aria natalizia farsi spazio nella sua testa lasciandole ben poco spazio per pensare alla storia. Mentre controllava che tutti gli appunti presi nel corso del trimestre fossero al loro posto nel libro, la ragazza sentì qualcuno picchiettare sulla sua spalla. Quando si girò Frank le sorrise particolarmente imbarazzato, facendole aggrottare la fronte non appena le guance del ragazzo si imporporarono appena: “Ciao, Frank.” Salutò lei alzandosi sulle punte per lasciargli un leggero bacio sulle labbra. Frank ricambio con trasporto abbracciandola: “Io… mh, ti va se oggi pomeriggio vengo da te?”
“Certo!” Rispose la ragazza sorridendo, non capendo il motivo di tanto imbarazzo.
“Be’, allora a dopo.”
“A dopo!” Salutò Hazel, scuotendo la testa con una risatina, mentre il suo ragazzo si allontanava. Si girò per chiudere l’armadietto ed avviarsi nella sua classe quando gli occhi le si posarono su un pacchetto piccolo e colorato che era sicura non fosse stato lì, qualche minuto prima. Su di esso poggiava un biglietto decisamente troppo piccolo per la quantità di parole scritte. Sarei arrossito da matti se te l’avessi dato di persona… E poi così era più romantico! Hazel sorrise appena per poi scartare il pacchetto curiosa. All’interno c’era un ciondolo che replicava la forma di un fiocco di neve al cui centro era incastonato un piccolissimo eppure brillante rubino rosso. Frank doveva aver lasciato cadere il pacchetto nel suo armadietto di proposito quando l’aveva abbracciata. Hazel sorrise mentre un calore rassicurante si diffondeva nel suo petto. Quel pomeriggio gli avrebbe dato l’enorme orso di peluche che gli aveva regalato. Era senza dubbio una sciocchezza in confronto al regalo che il ragazzo aveva pensato per lei e non poté che chiedersi se non avesse sbagliato nell’optare per qualcosa di dolce e scherzoso.
Con un sorriso ancora più smagliante di prima ed una nuova catenina dal ciondolo particolare Hazel si diresse verso la sua classe di storia.
 
Percy, quel giorno, a differenza degli altri, sembrava piuttosto di cattivo umore mentre si avviava pigramente verso il suo armadietto, accanto al quale ci trovò un Frank più impacciato del solito: “Ehilà, come mai così ansioso?” Domandò il corvino con il solito sorriso ironico, mentre cercava di incrociare gli occhi del suo amico.
“Ho dato la collana a Hazel.”
“E…? Non le è piaciuta?” Indagò ancora Percy, questa volta più preoccupato.
“Non ne ho idea. Gliel’ho lasciata nell’armadietto senza che se ne rendesse conto.” Rispose Frank chiudendo l’anta del suo armadietto e poggiandovisi con la schiena: “Sono un coglione.” Esalò in un sussurro.
“Aaaaaw, che romantico!” Gridò Percy con un tono sarcasticamente acuto, che gli fece guadagnare un pugno nello stomaco dal suo amico: “Okay, okay,” Continuò il moro massaggiandosi la pancia, ma non resistendo a lasciarsi andare ad una sonora risata: “le sarà sicuramente piaciuta.”
“Hai regalato qualcosa ad Annabeth?” Domandò Frank tanto per cambiare discorso, mentre si dirigevano verso le loro classi.
“Mh, no. Avrei dovuto?” Il corvino sembrava genuinamente curioso.
“Dio, Percy. Io sarò schifosamente romantico, ma tu sei un disastro!”

Jason era, se possibile, il più impaziente di tutti, a scuola. Le vacanze natalizie gli avrebbero tolto via tutto lo stress che il progetto di geografia gli stava procurando. Erano giorni che lavorava alla presentazione che il professore aveva malignamente fissato per l’ultimo giorno di scuola e se, da un lato, la paura di non aver fatto un buon lavoro lo stesse divorando, la voglia di metterci finalmente una pietra sopra e non pensarci più era di gran lunga più forte. Le sue ultime sere le aveva passate a studiare, fare ricerche e scrivere velocemente ogni più minima notizia importante. Due sere prima Leo aveva pensato di passare per fargli una sorpresa e distrarlo un po’. Inutile dire che, paranoico com’era Jason, il messicano non era riuscito in nessun modo a convincerlo a staccare anche solo per cinque minuti e aveva finito per stravaccarsi sul suo letto a giocare alla playstation. Per fortuna, però, era talmente sicuro di sé, dopo quell’ultima sera, che, la sera dopo, aveva acconsentito senza troppi problemi al folle piano di Percy.
Finalmente il momento era arrivato. Jason sistemò la presentazione in Power Point sulla lavagna interattiva della sua classe di geografia e rilesse velocemente i suoi appunti. Dieci minuti dopo parlava ancora spedito e sicuro di sè al professore ed alla classe elencando i climi più frequenti nelle zone più disparate del globo.
“Le foreste pluviali si trovano, in genere, all’equatore.” Continuò Jason sicuro: “Da sola, la celebre foresta Amazzonica ricopre più della metà dell’intera estensione di foreste pluviali mondiali. Eccone una foto.” Ma, purtroppo per il biondo, al posto della bellissima immagine in HD che aveva faticato per trovare, comparve una slide che non aveva mai visto dallo sfondo nero ed una scritta in bianco che recitava: ‘Ciao, sono Leo e potrei essere nudo.’
Jason sussultò mentre l’intera classe scoppiava a ridere. Nonostante il breve momento di sorpresa il biondo dissimulò cambiando pagina e continuando la sua presentazione decidendo che, quella volta, Leo non ne sarebbe uscito intero.
 
“Grazie, bello.” Disse Percy, a voce bassa.
“Figurati. Solo, mi cogli di sorpresa. Credevo andassi sempre dallo stesso.” Disse Luke, aggrottando le sopracciglia.
“Sì, be’, dopo tutto quello che mi ha fatto credo sia arrivato il momento di allontanarmene.” Dichiarò Percy con un’alzata di spalle, come a dire che per lui il discorso era finito e che non c’era più molto da dire sulla faccenda. Luke annuì, come uno che sembrava saperla lunga sugli spacciatori: “E come mai fumi ancora? Non hai trovato nuovi amici con cui stare bene?” Il biondo non aveva risentimento nella voce, sapeva benissimo che quando Percy si era allontanato dal suo gruppo di amici era stato a causa di altre persone che non avevano nulla a che fare con lui.
“Continua a rilassarmi.”
“Ci vai piano?”
“Sì, mamma, come avrei potuto esagerare con i prezzi di prima?” Domandò ironico, ma, mentre Luke gli passava con disinvoltura una bustina di plastica nelle mani, la figura riccia che veniva verso di loro fece sparire ogni traccia di sorriso sul viso di Percy.
“Perchè lei è qui?” Domandò infatti agguantando la bustina in un lampo e nascondendola agli occhi verde brillante della nuova arrivata.
“Tranquillo, Rachel è a posto.” Lo rassicurò Luke, ma Percy non le risparmiò comunque un’occhiataccia.
“Ciao, Percy!” Salutò lei. Il ragazzo non seppe se non aveva semplicemente notato il suo sguardo che sembrava urlare un infinito ‘VIA DI QUI’, o se era stata semplicemente bravissima nell’ignorarlo: “Non ti vedo da un po’ al mio corso di pittura. Mi dispiace molto, avevi talento da vendere.” Disse sognante, avvicinandosi un po’ troppo, per i gusti di Percy. Evidentemente, però, non era stato solo Percy a notare quanto la ragazza avesse invaso il suo spazio vitale, dal momento che Luke si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito al quale il moro rispose con una nuova occhiata annoiata: “Avrò messo mano su un pennello, al massimo. Non hai neanche avuto il tempo di scoprire il mio incredibile talento.” Replicò sarcastico il corvino.
“Non è un problema. Ti aiuto io, so maneggiare i pennelli alla perfezione.” Rispose la rossa con sguardo chiaramente malizioso facendo aderire, ormai totalmente, il suo petto al corpo tonico di Percy, mentre Luke, dal canto suo, faceva di tutto per contenere le risate.
“Va bene!” Esclamò Percy staccandosi Rachel di dosso. Ne aveva avuto abbastanza: “Grazie, Luke, ci vediamo in giro.” Gli disse lasciandogli dieci dollari in mano e assestandogli una veloce pacca sulla spalla: “Qualche sera dobbiamo organizzarci per uscire!” Gli urlò dietro il biondo. Percy rispose alzando un pollice in aria senza girarsi a guardarlo.
Rachel sospirò appoggiandosi con la schiena al muro: “Chiaramente è cotto di me, ma l’imbarazzo lo limita troppo.” Luke non seppe dire se fosse stata abilmente ironica o totalmente cieca.
 
“E allora, tornato a casa, ho capito di aver perso il cellulare. Insomma non era da nessuna parte. Totalmente sparito.”
“Era nella tasca dei jeans, vero?” Domandò Piper divertita e totalmente presa da quella che si prospettava essere un’esilarante storia.
“Piper, ma che ti salta in testa? Era chiaramente in quell’orrendo e ridicolo passamontagna.” Scherzò Hazel.
“Senza ombra di dubbio.” Acconsentì Piper, stando al gioco. Annabeth si lasciò scappare una risata: “Fatelo continuare.”
“Adesso, casa mia ha questo corridoio dal quale partono tutte le stanze e mia zia mi stava chiamando perché è totalmente fuori di testa con questa storia che siamo…” Leo si gelò. Dopo la serata precedente Piper sapeva qualcosa della storia di Leo e dei motivi per cui era a New York, quindi ci mise qualche secondo a capire che il ragazzo doveva aver rivelato distrattamente qualcosa di doloroso: “Sì, okay, non ci importa del perché tua zia chiamasse, arriva al punto.” Disse Piper cercando di mettere a posto la situazione. Era ormai chiaro a tutti che sotto c’era qualcosa di più grande, ma nessuno si azzardò ad approfondire la questione e Leo ne fu grato: “Be’ sì, praticamente mi convinco che rispondere al telefono sia una questione di vita o di morte e corro per tutto il corridoio per rispondere, quando…”
“Non dirmi che sei caduto.” Si inserì Frank poggiando il suo vassoio sul tavolo della mensa.
“Eccome.” Esclamò Leo alzandosi la maglietta per scoprire il livido enorme che aveva sulle costole come fosse un trofeo. Hazel sussultò appena per la sorpresa per poi guardarsi attorno preoccupata. Per fortuna erano stati tutti troppo concentrati sulla ferita di guerra di Leo per accorgersene. Tutti tranne Annabeth, che la guardò capendo in un lampo. Hazel non seppe spiegare perché, ma lo sguardo della bionda la fece sentire giudicata. Sapeva che non c’era la minima traccia di giudizio nello sguardo dell’amica, ma non potè fare a meno di vergognarsi un po’.
“Tua madre ha detto qualcosa sul furgoncino?” Domandò quindi Hazel per non pensare a quanto era appena successo.
“Be’, ecco…”
“Non ci credo.” Disse Piper portandosi le mani alla bocca.
“Prima mi sono ritrovato sette chiamate perse da lei. Quando l’ho richiamata mi ha chiesto perché l’interno del furgoncino puzzasse di vomito, perché ci fosse un tramezzino schiacciato sul sedile posteriore e perché la fiancata sinistra fosse esageratamente lucidata in confronto al resto dell’esterno.”
“E tu?” Domandò Annabeth, che aveva ormai abbandonato lo sguardo ironico che aveva stampato in viso da quando Leo aveva iniziato a parlare per unirsi agli altri nelle risate.
“Io le ho chiesto che strane abitudini avesse l’uomo che gliel’ha portato. Lei mi ha fatto notare che lo straccio sporco con cui ho pulito l’esterno avrei potuto anche buttarlo, evitando di lasciarlo sulla scrivania.” Rispose Leo sorridendo e fissando Frank, che aveva sporcato la fiancata del furgoncino, la notte precedente. Il ragazzo si limitò ad uno sguardo colpevole, che smorzò un po’ il suo entusiasmo: “Tranquillo, amico. Mia madre è abituata a queste cose.” Disse assestandogli una pacca sulla spalla e risollevandogli l’umore: “Certo, non ti caccerei di certo se venissi a ripulire la mia stanza dagli odori letteralmente nauseabondi che il tuo…”
“Leo!” Lo richiamò Piper: “Stiamo pur sempre pranzando.” Aggiunse la ragazza accavallando le gambe con aria da finta altezzosa, cosa che fece ridere ancora una volta tutti.
“Cosa sta succedendo? Perché ridiamo?” Domandò Percy sedendosi al tavolo in elegante ritardo.
“Leo ci stava raccontando di sua madre e delle strane domande che gli ha fatto riguardo il furgoncino di ieri.” Rispose Annabeth, sorridendo internamente alla vista del ragazzo. Percy sgranò gli occhi.
“Spero non decida di farti il culo appena torni a casa.”
Leo stava per rispondere qualcosa riguardante il fatto che ne sarebbe abilmente uscito indenne, quando una nuova voce si unì al discorso.
“Non penso ci arriverà vivo a casa.” Disse Jason dando uno scappellotto al suo migliore amico, che si ritrasse dolorante: “Ti ucciderò io prima.” Continuò sedendosi.
“Com’è andata la presentazione di geografia?” Domandò Piper interessata. Jason sorrise appena, prima di concedere una veloce occhiata a Leo, che sgranò gli occhi spaventato, realizzando finalmente cosa intendesse Jason.
“Tu che dici, Leo, com’è andata la mia presentazione?”
“Io credo che…” Iniziò sorridendo appena, per poi guardare il modo con cui lo guardava il suo migliore amico: “Be’, dev’essere stata senza dubbio…” Jason inarcò un sopracciglio: “Interessante.” Concluse Leo con un’alzata di spalle. Gli altri ragazzi guardavano lo scambio di sguardi tra i due con un principio di sorriso.
“Oh, puoi dirlo forte.” Disse annuendo, prima di lanciare uno sguardo agli altri commensali: “Oh, Leo ha pensato bene di aggiungere una nuova ed interessantissima slide al mio progetto che recitava, cito testualmente, ‘Ciao, sono Leo e potrei essere nudo’.”
Sul tavolo scese un silenzio tombale. Il primo a romperlo fu Percy, che alzò una mano in aria, in direzione di Leo: “Sei stato un grande. Batti il cinque.” Da lì, le prime risate timide e via via più sguaiate, non tardarono ad arrivare. Jason si lasciò sfuggire un sorriso, mentre scuoteva la testa rassegnato alle follie del suo migliore amico: “Ho avuto una A, comunque.” Disse prima che tutti iniziassero ad urlare qualcosa riguardante il fatto che aveva fatto di una stupidaggine una questione di stato.
 
L’ultimo estenuante giorno di scuola era ormai finito e Hazel era felice di poter tornare a casa, quando si sentì afferrare per una spalla. Si aspettava che a raggiungerla fosse stato Frank, ma, con sua sorpresa, quando si girò, si ritrovò davanti un Leo, a giudicare dall’espressione, piuttosto imbarazzato.
“Io… mh,” Iniziò a disagio il messicano: “quando sono venuto a casa tua ho notato che avevi molti libri. Ho pensato ti piacesse leggere, quindi, so che è una cosa davvero davvero davvero davvero, insomma molto stupida, ma, visto che sei stata così gentile da aiutarmi in storia, ho pensato di darti questo.” Disse Leo tutto d’un fiato tirando fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans un segnalibro rigido con la faccia di Thomas Jefferson stampata.
Hazel sorrise prendendo il segnalibro e rigirandoselo tra le mani.
“Buon Natale.” Disse Leo sorridendo.
“Io non ti ho preso niente, mi dispiace, non credevo che ci saremmo fatti dei regali…”
“Oh, non preoccuparti.” L’interruppe lui: “Non è niente di speciale e poi non l’ho fatto perché volevo qualcosa in cambio, davvero.”
Entrambi si fissarono sorridendo per un tempo che a Leo sembrò infinito, poi si riscosse guardandosi intorno: “Be’, io vado, okay? A presto.” Disse prima di girarsi per incamminarsi verso casa, ma Hazel lo bloccò prima ancora che potesse muovere un passo: “Aspetta. Io… Grazie, Leo.” Disse coinvolgendolo in un abbraccio velocissimo che li lasciò imbarazzati. “Be’, sì… Ciao.” Salutò Leo riuscendo finalmente a scappare.
 
“Queste son davvero liete novelle!” Gridò Hazel lasciando lo zaino e la giacca all’ingresso di casa sua.
“Che cosa?” Domandò Nico strillando a sua volta dalla cucina. Hazel corse saltellando verso di lui, prima di ricominciare a parlare: “No, dico che sono felice per te.” Si limitò a dire appoggiandosi con i gomiti al tavolo della cucina e puntando gli occhi sulla schiena di Nico che cucinava.
“Che vuoi dire?” Domandò lui girandosi a guardarla.
“Intendo…” Iniziò Hazel andando verso di lui per guardarlo meglio: “Che stamattina ho conosciuto Will e mi ha detto l’assurda novità.”
“Be’ dev’essere davvero una gran bella novità se siete solo in due a conoscerla.” Ammise il moro arrossendo lievemente in zona orecchie: parlare di Will con la piccola Hazel lo metteva ancora un po’ in imbarazzo.
“Dai, non far finta che non lo sappia.”
“Giuro che non so di che parli.”
“Mi ha detto che state insieme.” Dichiarò Hazel alzando gli occhi al cielo. La reazione sconvolta di Nico, però, le fece riportare subito gli occhi su di lui. Se avesse avuto dell’acqua in bocca, la ragazza era sicura l’avrebbe sputata dalla sorpresa.
“Che cosa ha detto?” Domandò inquisitorio, la rabbia a lampeggiargli gli occhi.
“Non dovevo dirlo? Mi si è presentato come il tuo ragazzo.”
“Io quello lo uccido.” Sentenziò Nico lasciando la cucina e la cena a cuocere e sbattendo forte la porta della sua stanza.
“Ma allora è vero?” Gridò la ragazza guardando istintivamente verso il soffitto. Tutto ciò che ottenne come risposta, però, fu un verso frustrato che suonava solo lontanamente come ‘Will’.
 
Note di El: Eh, lo so. Due mesi. Sono passati due mesi. Mi dispiace enormemente, ma, sarò sincera, appena aprivo Word mi rendevo conto che non sapevo assolutamente che scrivere. Sia chiaro: so come finirà la storia e so che vicende devono ancora accadere, ho una sorta di scaletta (Che poi puntualmente non rispetto o che finisco per allargare divagando spaventosamente. Ma questa è un’altra storia), ma non riuscivo a darle vita.
ADESSO SONO QUI, quindi direi di non concentrarci su ciò che è passato e di parlare del presente (paraculaggio riuscito malissimo).
Allora
Abbiamo qualche dettaglio sulla storia di Nico (Io boh, dissemino dettagli, ma poi quando la racconto la storia intera? Boh, una delle incognite della vita.) e poi c’è Will. Come avrete intuito il legame nuovo che c’è tra i due è mooolto importante.
Hazel e Frank dovevano essere il momento fluffoso del capitolo. Momento chiaramente riuscito male perché io ed il fluff siamo distanti anni luce, ma vabbè, passiamo avanti.
JASON. Allora, questo capitolo doveva essere leggerissimo tralasciando Nico perché sì, perché finirete per odiarmi più avanti e quindi godiamoci questi momenti cretini che partorisce la mia mente malata. Ecco, parlando della mia mente malata sappiate che questo capitolo è un omaggio. La storia del ‘Ciao sono Leo e potrei essere nudo’ è veramente accaduta tra due miei amici, così come quella della caduta da ubriachi in cerca del telefono (il mio amico S. fa questo ogni volta, MA COME SONO FINITA A PARLARE DEI FATTI MIEI?)
Attenti a Percy, la scena stupida di oggi è da ricordare bene.
Leo è l’imbarazzo fatto messicano. Ho adorato scrivere quella scena. Sapevo esattamente dove mettere le mani e, per quanto riguarda la scena finale… Be’, è Nico. E nulla questo capitolo inizia con la Solangelo e finisce con la Solangelo. Mi avete perdonata almeno un po’?
Grazie davvero di cuore a tutti quelli che continuano a seguire questa storia nonostante i miei ritardi e la mia mente bacata. Grazie come al solito alla mia commentatrice numero 1 _Viola02­_, giuro che se ti trovo qui sclero, perché non aggiorno davvero da troppo.
Cercherò di esserci quanto primaaaaaa (non passeranno due mesi, è stato un caso, amici, dai)
Adieu,
 
El.
   
 
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